GIORNALISTI PERCHE'?

GIORNALISTI, PERCHE’?

DI ROBERTO RAGONE

 Al giornalismo ci si avvicina per passione. Punto. Ciò che succede in appresso dipende da molteplici fattori, che non è qui il caso di analizzare. Fatto sta che ci sono colleghi che fanno opinione sui ‘grandi’ giornali e in televisione, e tanti che invece si accontentano di vedere pubblicato il proprio scritto da qualche parte, senza compenso, e il più delle volte senza un’iscrizione al tanto agognato Albo professionale. Insomma, comune denominatore è comunque la passione: per le notizie, per gli scoop, per la politica, per la musica, per le arti, per la cultura, eccetera. Come vediamo la nostra posizione nei confronti dei fruitori delle nostre fatiche? Certo in maniera positiva: informare i lettori, in ogni senso, sia qualcosa che dovrebbe creare gratitudine nei confronti di chi scrive. Come pure ritengo che informare a proposito di notizie, situazioni e personaggi che hanno avuto, e hanno ancora, l’onore delle cronache, sia meritevole d’attenzione. Ma non tutti la pensano allo stesso modo, e si rimane male quando ci si scontra con una posizione, seppur legittima, di rifiuto di un’intervista, magari telefonica, che, previo accordo, porterebbe via pochi minuti, e darebbe modo al giornalista di fare il suo mestiere, cioè quello di produrre qualcosa di interessante da pubblicare. Poco importa se la testata è prestigiosa, o poco dovrebbe importare: il rispetto per la dignità e per il lavoro di ognuno dovrebbe essere scontato. Rifiutare un’intervista è legittimo, ripeto, e comprensibile. Meno comprensibile è la posizione di alcuni che senza alcun apparente motivo adottano tattiche scorrette per rifiutare un colloquio. Per esempio quando, contattato telefonicamente un avvocato, assurto agli onori della cronaca – soprattutto in televisione – per essersi occupato di un caso di ‘nera’ divenuto molto famoso, –  e non magari per essere un ‘principe del foro’, –  lo stesso ti inviti a richiamare dopo cinque minuti, il tempo necessario per inserire il fax sul numero di telefono, impedendo così di fatto un’ulteriore conversazione. La chiarezza è stata sempre la mia bandiera, insieme alla verità. Se qualcuno mi dovesse rifiutare un’intervista – e finora mi è successo soltanto una volta, per motivi più che comprensibili – il rispetto per l’altro sarebbe doveroso, come in effetti è. Solo alle Iene lasciamo di rincorrere le loro vittime per strada o negli androni di palazzi ufficiali. Non è questo il nostro obiettivo. Ma agire come ha fatto quel ‘famoso per caso’, avvocato, denota mancanza di rispetto per la persona e disprezzo per la professione. È pur vero che questi personaggi bisogna comprenderli: balzare improvvisamente all’attenzione di Rai e Mediaset, magari in compagnia di una fascinosa e più che competente criminologa, provenendo da una provincia non certo ricca ed evoluta, solo per aver accettato un incarico difensivo – anche se poi lo stesso è stato revocato – può cambiare il metro di giudizio di una persona. Ricorrere al sotterfugio, invece di parlare con chiarezza, indica una personalità che forse non si è completamente evoluta. Da parte nostra bisogna comprendere; comprendere e perdonare. Ma dall’altra parte bisogna capire che in una società civile il sotterfugio e la scorrettezza appartengono ai poveri di spirito.




Dal Pd al Dp di Speranza: ecco il nuovo soggetto "Democratici e Progressisti"

 

"C'è bisogno di un nuovo campo del centrosinistra". Con queste parole Vasco Errani, a Ravenna, ha annunciato il suo addio al Partito democratico. "Non voglio fare un nuovo partito e non lo farò", ha detto l'ex presidente della Regione Emilia-Romagna. "Vado dentro a nuova avventura ma sono sicuro che non si tratta di un addio. Si tratta invece di provare a dare contributo per ritrovarci in un nuovo progetto diverso da Ulivo e Pd ma con quella ispirazione. Perché io ho solo quella ispirazione", conclude. Parlando alla platea del suo circolo di Ravenna, Errani ha chiarito di "non voler fare un nuovo partito e non lo farò. Voglio portare avanti queste idee ed è difficile farlo per me". "Sapete qual è la mia storia e non è facile – ha aggiunto – non è stata una scelta facile". Serve, ha argomentato ancora l'ex presidente della Regione Emilia-Romagna, un movimento che "in primo luogo proponga un cambio di idee. Un nuovo campo, abbiamo bisogno di un nuovo campo del centrosinistra".

"L'articolo 1 della Costituzione, "L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro", è il tratto identitario più bello della nostra comunità. Noi siamo questo, è il nostro simbolo, il nostro progetto per l'Italia". Lo ha detto Roberto Speranza presentando "Democratici e Progressisti", il nuovo partito che nasce a sinistra del Pd. "In questi anni abbiamo vissuto una frattura tra il popolo e la sua rappresentanza sul lavoro, la scuola e l'ambiente". Lo ha detto Roberto Speranza alla presentazione del Movimento Democratici e Popolari. Speranza ha indicato nel Jobs Act, nella Buona Scuola e nel referendum sulle trivelle i passaggi che "hanno creato una rottura tremenda". "Basta – ha esclamato – e' il momento di ricucire quella frattura", dando vita a "un Movimento largo che vuole connettere e unire anziché dividere". "Noi siamo qui perche' abbiamo un avversario, che e' la destra e la deriva populista, e la battiamo solo costruendo una sinistra". Lo ha detto Enrico Rossi, alla presentazione del Movimento Democratici e Progressisti, che nasce alla sinistra del Pd. "Non si vince – ha aggiunto – qualificandosi ne' di destra ne' di sinistra, o con politiche neo-reaganiane, o con un moderatismo ne' di destra ne' di sinistra".

Intanto, parte al veleno la campagna per le primarie Pd sull'onda dell'inchiesta Consip che coinvolge il ministro Lotti, il padre di Matteo Renzi e, come testimone, Michele Emiliano. 'La magistratura esamina i fatti liberamente. Ciascuno di noi è obbligato a collaborare. Ci mancherebbe che in una situazione in cui si indaga su un sistema di potere, questo sistema di potere avesse come risultato anche quello di eliminare dal gioco un suo avversario politico', dice il governatore della Puglia sul suo ipotetico conflitto di interesse come candidato alla segreteria del Pd e testimone nell'inchiesta.




Minori Scomparsi: oggi l'iniziativa organizzata da Penelope Sardegna

 
di Angelo Barraco – Paolino Canzoneri
 
Cagliari – Oggi ,alle ore 09.00, è iniziato a Cagliari, nell’Aula Magna della Corte di Appello al piano terra del Palazzo di Giustizia,  il convegno denominato “Minori Scomparsi” promosso dall’Associazione Penelone Sardegna.  L’evento è presentato e moderato dall’Avvocato Gianfranco Piscitelli, Presidente dell’Associazione Penelope Sardegna nonché  avvocato ed esperto nelle investigazioni  e criminologia, Responsabile per la Sardegna dell’I.I.S.C.P.F. (Istituto Internazionale di Scienze Criminologiche e Psicopatologiche Forensi), Presidente il Distretto della Corte di Appello di Cagliari delle Associazioni “Centro Studi e Ricerche sul Diritto della famiglia e dei minori” e “Tutela dei Diritti”. Nel corso del convegno interverranno inoltre atri illustri professionisti come l’Avvocato Antonio Maria La Scala, Presidente dell’Associazione Penelope Italia Onlus, Presidente dell’Associazione Gens Nova Onlus nonché docente di diritto penale e procedurale presso l’Università Lum di Bari. Il tema che affronterà l’Avvocato La Scala ha come titolo “Minori scomparsi a causa di adescamenti online e cyber bullismo – i rischi della rete”. Interverrà inoltre l’Avv. Paola Pischedda, crimonologa e responsabile della sezione Minori dell’Associazione Penelope Sardegna nonché esperta in minori scomparsi. Il tema che affronterà l’Avv. Pischedda è denominato “Kidnapping – Bambini rubati”. Presenzierà anche Antonio Serreli, Sottoufficiale dell’Arma dei Carabinieri e delegato al Consiglio Nazionale di Penelope Italia che parlerà delle “Funzioni della Polizia Giudiziaria in caso di scomparsa di un minore”. Presenzierà inoltre la Dott.ssa Miriam Maura Useli, psicologa, criminologa che parlerà di “Come prevenire la scomparsa di un minore”. L'evento è stato ideato ed organizzato dall'Avv. Paola Pischedda  e dalla commissione della quale fanno parte Antonio Serreli e Miriam Useli. E' stato fortemente voluto dall'Avv. La Scala.
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo parlato con l’Avvocato Gianfranco Piscitelli, Presidente dell’Associazione Penelope Sardegna
– Avvocato lei ha ideato l’evento “Minori Scomparsi” che si terrà il 25 febbraio, come nasce questa idea?
L’evento è stato ideato ed organizzato dall'Avv. Paola Pischedda e dalla mia commissione della quale fanno parte Antonio Serreli e Miriam Useli. E' stato fortemente voluto dall'Avv. La Scala" perché il problema dei minori è un problema molto attuale anche perché, l’arrivo di minori non accompagnati nel nostro territorio con il fenomeno dell’immigrazione e la loro fuga dai centri di accoglienza ha fatto schizzare le statistiche italiane dei minori scomparsi.

– Quali saranno i temi caldi di questo evento e gli esperti che interverranno?
La nostra associazione, sia quella sarda che la nostra madre Penelope Italia, pur se orientata e sorta in favore ed aiuto dei familiari ed amici delle persone scomparse, è molto aperta e sensibile a problemi collaterali quali i minori e la violenza di genere e quindi, anche con la collaborazione di altre associazioni a noi strettamente collegate, studia e svolge attività preventive su fenomeni quali bullismo, cyber bullismo, rapimenti, sottrazione internazionale di minori, commercio di minori ecc
 
– Quanto è importante per l’Associazione Penelope il tema dei Minori scomparsi? Qual è il messaggi sociale che l’Associazione Penelope vuole mandare ai cittadini?
Purtroppo stiamo assistendo a suicidi di minori, abuso di alcool e droga in età minorili sempre più giovanili, microcriminalità, tutte facce di un grave disagio giovanile. Ecco perché entriamo sempre più nelle scuole a parlare con i ragazzi me il nostro messaggio vuole arrivare ai genitori per prevenire e capire. Una scomparsa anche in età adulta a volte è la punta terminale di un disagio che monta sin dall’adolescenza sino ad esplodere. Non al caso il nostro Presidente Nazionale avv. Antonio La Scala parlerà di adescamento in rete e cyber bullismo, la nostra responsabile della Sezione Minori avv. Pischedda parlerà di rapimento di minori, Antonio Serreli  sottufficiale dei Carabinieri parlerà di come si muovono nell’immediatezza della scomparsa e la dr.ssa Miriam Useli psicologa e criminologa parlerà di prevenzione.  
 
L'Associazione Penelope è una importante iniziativa non lucrativa di utilità sociale, (Onlus), a livello nazionale che riunisce le famiglie e gli amici delle persone scomparse in attività e scambio di informazioni nonchè sviluppo e ricerca a 360° coadiuvato e presente in alcune regioni quali Piemonte, Trentino, Lombardia, Veneto, Marche, Lazio, Emilia, Umbria, Marche, Abruzzo, Puglia, Campania, Calabria, Sardegna, Sicilia e presto anche in Liguria. Tenere vivo il ricordo della persona scomparsa senza atteggiamenti rinunciatari, desistenti e  senza che la disperazione possa in qualche modo rappresentare un freno allo sforzo collettivo, rappresenta una priorità possibile grazie all'unione di forze e di volontà in grado fornire seri e incoraggianti risultati oggettivi per risolvere misteri e casi di persone di cui sembrano essersi perse le tracce e per avere una chiara ed esaustiva comprensione del problema in ogni suo minimo dettaglio. La costante e frenetica organizzazione di eventi che ruotano attorno all'Associazione contribuiscono a rendere vivo l'interesse di un numero di partecipanti in costante crescita. Nelle sedi d'ogni regione periodicamente riunioni, convegni e dibattiti offrono spunti cognitivi per una maggiore consapevolezza di importanti spunti di riflessione e piani di azione che sanciscono passi importanti e allargano il bacino di iniziative grazie anche al protocollo di intesa tra Penelope Italia e il Commissario straordinario di Governo per le persone scomparse, l'associazione internazionale di Polizia, Rangers d'Italia etc. 



SIAMO COME GLI SCOIATTOLI?

SIAMO COME GLI SCOIATTOLI?
DI ROBERTO RAGONE
È del 24 febbraio la notizia, riportata dall’ANSA, che in Italia sarebbe stato individuato uno scoiattolo tutto nostrano, particolarmente in Calabria a Basilicata. Si tratta di un animaletto tutto nero, con il ventre bianco, di una specie endemica, il cui nome scientifico è Sciurus Meridionalis, quindi diverso da quello europeo, detto scoiattolo rosso, Sciurus Vulgaris. Purtroppo questa specie appena individuata è già a rischio di estinzione. La quale estinzione è originata e propiziata non solo dal progressivo degrado dell’ambiente idoneo alla sua esistenza, ma anche, e soprattutto, dall’inserimento in natura da parte dell’uomo di altre specie aggressive, come lo scoiattolo grigio (Sciurus Carolinensis), di provenienza nordamericana, e lo scoiattolo variabile (Callosciurus Finlaysonii), che viene dal sud est asiatico, le quali specie danno luogo ad un vero e proprio inquinamento biologico. Va da sé che in Italia, a chi ama la nostra nazione e la nostra natura, sta a cuore che il nostro ambiente e la nostra fauna possano sopravvivere, non contaminate né estinte da parte di fattori esterni, come, ad esempio, è successo con il lancio di lepri ungheresi e di cinghiali esteuropei, specie più prolifiche e robuste che presto hanno soppiantato le nostre. Il parallelo è presto fatto. Stiamo importando, senza alcuna precauzione, cosiddetti ‘migranti’, con il pretesto che si tratta di persone che fuggono dalla guerra o dalla fame, ciò che copre, invece interessi economici ben precisi e individuabili, propiziati da una politica becera e poco lungimirante – o tale solo per i propri interessi – che afferma, tramite i suoi rappresentanti, che a noi Italiani servirebbero ogni anno 650.000 individui, giusto per far quadrare i conti dell’Ente pensionistico. Il quale Ente non può pretendere di addossare a noi la sua storica mala gestione, durante la quale i fondi per le pensioni di chi ha versato sono stati dirottati sul conto di chi non ne aveva e tuttora non ne ha diritto, oltre che utilizzati per una Cassa Integrazione troppo sfruttata dalle grandi imprese ammanigliate con la politica. Una per tutte la Fiat di Gianni Agnelli. Né il patrimonio immobiliare dell’Ente è stato adeguatamente messo a frutto, usato com’è per varie ‘amicizie’ che sfruttano prezzi di locazioni che definire ‘di favore’ è un pallido eufemismo. Mettiamo nel conto anche il pretesto accampato da alcuni – come l’ineffabile abortista Emma Bonino in televisione, forse rimasta indietro di qualche lustro – che gli Italiani non accettino più alcuni lavori, considerati degradanti, per cui è necessario affidarli a chi viene dall’Africa, nonostante il 40% di disoccupazione giovanile. Così anche la nostra etnia andrà progressivamente ad estinguersi, minacciata da stranieri che fanno figli a ripetizione – quasi tutte le donne che arrivano con il barcone sono incinte, forse degli stessi scafisti, e con lo Ius Soli all’orizzonte, il loro pargoletto scodellato sulla banchina del porto è immediatamente italiano – mentre i nostri giovani hanno problemi a metter su famiglia, perseguitati come sono da leggi vessatorie, da disoccupazione galoppante, da lavori a tempo determinato, – quando ce n’è –  da spese che nessuno si sogna di cercare di rendere ragionevoli, oltre che da una politica che non favorisce l’incremento demografico, come nei paesi nordici, più civili ed evoluti di noi. Noi che viviamo in un paese dove la TAV costa sessantadue milioni a chilometro, contro i 16,6 della Francia, come riportato dal Sole 24 Ore, con un costo totale per 125 chilometri di 7,8 miliardi di euro, cifra che è senz’altro soggetta ad ‘adeguamenti’ nel tempo. Rimane da scoprire dove vada a finire la consistente differenza. Ma un’idea ce l’abbiamo. Insomma, l’importazione di razze dalla pelle scura, senza voler essere razzisti, ma solo oggettivamente realisti, corre il rischio di originare l’estinzione della nostra etnia, riveniente da quella greca e latina, che tanto prestigio ha dato a tutta la nazione nei secoli. A rischio quindi la nostra storia, che tutto il mondo ci invidia, e la nostra cultura, minacciata anche da una islamizzazione galoppante ed aggressiva. Faremo la fine degli scoiattoli? Sic stantibus rebus, per conservare un po’ di latino, cioè, stando così le cose, pare proprio di sì. La basi per la nostra estinzione sono state gettate, propiziate da una moneta unica che è solo un accordo fra banche, che ci ha trasformati tutti in azionisti di una globalizzazione europea che ci ha privati dei diritti più elementari, come quello di decidere della nostra nazione e della nostra vita. Una moneta che moneta non è, non essendo garantita da una adeguata riserva aurea, come di prassi, e che collasserà forse molto presto, appena le varie banche mondiali decideranno di non sostenerla. Azionisti, noi, su cui riversare tutto il debito pubblico, che l’Italia ha deciso di pagare con un chimerico avanzo primario, soluzione condannata dall’eminente economista francese Piketty, secondo il quale così ci vorranno decenni per raggiungere un pareggio di bilancio voluto dall’Europa, e considerato anch’esso una grossa idiozia da parte proprio degli economisti non allineati. Ma di questo nessuno parla. Chi dovrebbe fare i nostri interessi, fa invece quelli di un incombente Nuovo Ordine Mondiale, che ha già posto le basi per il controllo totale dell’Europa e dei suoi cittadini. Faremo la fine dello Sciurus Meridionails, oppure combatteremo per sopravvivere? Dipende solo da noi. 



Alitalia, al via lo sciopero di 24 ore

 

Giornata difficile oggi negli aeroporti per una serie di agitazioni legate alla crisi dell' Alitalia. E' di 24 ore lo sciopero di piloti e assistenti di volo proclamato da Anpac e Anpav e dall'Usb Lavoro Privato. Per far fronte alla protesta, la compagnia ha cancellato il 60% dei voli programmati sia nazionali che internazionali, e attivato un piano straordinario che ha permesso di riproteggere oltre il 90% dei passeggeri coinvolti. Anche EasyJet ha fatto sapere di aver adottato una serie di misure operative per minimizzare l'impatto sui passeggeri.

Dalle 14 alle 18 si aggiungerà infatti lo sciopero proclamato dai sindacati confederali del trasporto aereo, che coinvolgerà anche il personale di terra e le compagnie straniere.

Dopo che i sindacati ieri hanno disertato l'incontro con Alitalia sul contratto, il ministro dello sviluppo Carlo Calenda, in un momento "così delicato" per la compagnia, chiede di evitare "iniziative unilaterali" e auspica che si torni a "un modo di lavorare più armonico tra azienda e sindacato, e soprattutto a un confronto".

Il dialogo potrebbe riprendere venerdì, quando è in programma una nuova convocazione.




Taxi-Uber, Delrio: "Riforma seria senza cedere alla piazza"

 

"Una riforma seria, senza cedere alla piazza". Così il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha definito la soluzione raggiunta ieri tra governo e tassisti. Intervistato dal TG1, il ministro ha sottolineato che "abbiamo ripristinato la regolarità del servizio e contestualmente abbiamo preso l'impegno di una riforma seria che non si può fare con delle proroghe". Per Delrio, "uno stato serio dà diritti a tutti, a quelli che hanno investito il loro denaro e ai cittadini che devono potersi muovere liberamente" anche utilizzando le innovazioni più recenti.

Dopo giorni di protesta in tutta Italia e l'odierna manifestazione a Roma sfociata in momenti di tensione, tafferugli, a tratti vera e propria guerriglia urbana, i tassisti ritornano al lavoro. E' la decisione condivisa con il governo, in un incontro che si è tenuto al ministero dei trasporti, sottoscritta da tutte le 21 sigle della categoria, secondo quanto ha resto noto il viceministro Riccardo Nencini.

Le proteste dei tassisti non fermano la corsa del decreto milleproroghe che si avvia al voto di fiducia alla Camera oggi. Il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, al termine di una lunga mediazione trova l'intesa proponendo due decreti, uno per il riordino del settore e l'altro per la lotta all'abusivismo. Una soluzione che superi quindi di fatto il contenuto dell'emendamento al Milleproproghe a firma di Linda Lanzillotta che ha scatenato la protesta. I decreti dovranno includere tutti i temi, già concordati con le categorie a suo tempo, tra cui miglioramento del sistema di programmazione e organizzazione su base territoriale, regolazione e salvaguardia del servizio pubblico, necessità di migliorare i servizi ai cittadini evoluzione tecnologica del settore, lotta all'abusivismo, migliore incontro tra domanda e offerta. "L'impegno è a iniziare i lavori domani e a concluderli per presentare i testi entro un mese", spiega poi il ministero precisando che tutte e 21 le sigle hanno siglato il verbale che prevede un'immediata sospensione della protesta. Domani le assemblea delle diverse sigle. La soluzione arriva dopo una riunione fiume al ministero dei Trasporti con i tassisti rappresentanti delle auto bianche. Fuori dall'incontro i tassisti hanno asserragliato il ministero con fumogeni e bombe carta, decisi a contrastare con le buone o con le cattive l'emendamento che rimanda a fine anno la stretta sui noleggi con conducente come quelli dell'app Uber Black.




Cybercrime: il 2016, l'anno peggiore di sempre

 

Il 2016 è stato "l'anno peggiore di sempre in termini di evoluzione delle minacce cyber e del relativo impatto". Aumento a quattro cifre per gli attacchi di phishing (+1.166%), cresce del 117% nell'ultimo anno la "guerra delle informazioni". Sono i dati del Rapporto Clusit presentato oggi a Milano, che mostra come la maggior crescita percentuale di attacchi gravi nel 2016 è avvenuta nel settore della sanità (+102%), seguito dalla Grande Distribuzione Organizzata (+70%) e dall'ambito Banking e Finance (+64%).
"Nella situazione attuale i rischi cyber non solo stanno crescendo sensibilmente ma continuano a non essere gestiti in modo efficace, ovvero sono fuori controllo. Siamo giunti ad una situazione da 'allarme rosso'", spiega Andrea Zapparoli Manzoni, tra gli autori del Rapporto.
A preoccupare maggiormente gli esperti del Clusit è la crescita a quattro cifre degli attacchi con phishing e social engineering, tecniche che sfruttano le debolezze degli utenti. E crescono a tre cifre (+117%) gli attacchi riferibili al 'cyber warfare', un vasto spettro di azioni volte a crescere la pressione in ambito geopolitico o dell'opinione pubblica. Come, ad esempio, gli attacchi alle mail di un partito o alle infrastrutture critiche come i servizi energetici. Nella lista degli attacchi più significativi del 2016 c'è anche quello alla Farnesina. Il rapporto da sei anni fornisce un quadro aggiornato della situazione mondiale, è frutto del lavoro di oltre un centinaio di professionisti del Clusit, l'Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica




Droghe leggere e ipocrisia di un'etica borghese

 

di Paolino Canzoneri

 

Che lo spaccio e il consumo delle droghe leggere rappresenti un enorme bacino di introito per la malavita locale è palese. Il problema trascende qualsiasi morale o qualsiasi ragionamento etico. Il primo cittadino del capoluogo siciliano Leoluca Orlando in piena campagna elettorale per il prossimo mandato, plaude alla mozione proposta dal comitato "Esistono i Diritti" che preme per la legalizzazione delle droghe leggere per assestare un colpo micidiale all'economia delle mafie.


Il presidente del Senato Pietro Grasso e il presidente della Camera Laura Boldrini si sono visti ricevere una lettera inviata proprio da Orlando con un testo chiaro ed esaustivo: "L'undici ottobre scorso il Consiglio comunale di Palermo ha approvato la delibera n.524 che ha per oggetto una mozione per il passaggio da un impianto normativo proibizionista ad un impianto che punti alla legalizzazione della produzione e distribuzione delle droghe definite comunemente leggere. E' mio dovere rappresentarle questa presa di posizione politica del Consiglio, ottenuta senza alcun voto contrario e con un consenso trasversale, in quanto testimonia come la nostra città abbia a cuore ogni azione che contrasti gli interessi della criminalità organizzata, in sintonia con le dichiarazioni del Procuratore Nazionale Antimafia e la condizione drammatica delle nostre carceri, oggi affollate di tossicodipendenti e giovani, rei solamente di aver posseduto una pianta di cannabis o qualche dose di erba".


Il testo e la precisa direzione scelta di Orlando non sembra essere una posizione presa sull'annosa questione etica, non è una scelta da quale parte stare; piuttosto appare come una precisa esigenza di creare presupposti e rimedi concreti nella lotta allo strapotere economico mafioso al di sopra delle solite e quasi sempre inefficaci  proposte secolari di maggiori controlli fiscali che si sono sempre rivelati mezze utopie troppo complesse da portare in atto su scala regionale e magari nazionale. Le droghe leggere non rappresentando un pericolo in termine di assuefazione non possono essere messe al pari di quelle pesanti da ostentare e combattere con ogni sforzo possibile ora e sempre.


Volendo fare un ragionamento esteso ed allargato l'abitudine di far prevalere i concetti "etici" in ogni spinosa questione ha assunto da sempre l'ipocrita e falsa "facciata" che non ha mai risolto i veri problemi. Frega poco al fumatore veder scritto nel pacchetto "Il fumo uccide". Il monopolio statale ne esce il diretto responsabile e complice della palese violazione dell'articolo n° 32 della Costituzione che tra l'altro recita "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo…". Una celata e indisturbata garanzia di assicurarsi i propri introiti milionari sulla pelle dei cittadini e nel caso delle droghe leggere a favore delle organizzazioni criminali che ne traggono contante a fiumi.


La cultura dell'uso degli stupefacenti leggeri e non, ha due motivazioni di base completamente distanti l'una dall'altra. La ricerca forsennata di nuove sensazioni e stati d'animo "astratti" e artificiali spesso celano una precisa insoddisfazione della propria vita e nelle droghe si crede di trovare un "Luna Park" fatto di gioia tesa a far dimenticare provvisoriamente la realtà e le proprie quotidiane insoddisfazioni. Questa motivazione conduce la persona nel baratro di una schiavitù psicologica e fisica che taglia i ponti con qualsiasi speranza di riuscire a crearsi un presente positivo, ottimista e lungimirante. Perdere il contatto con una realtà che non si capisce o di cui si è troppo deboli per affrontarne le difficoltà. Un danno psicologico e una terribile desistenza che porta solo ad un atteggiamento rinunciatario e perdente che solo una assistenza medica e psicologia può provare a risanare. Una seconda motivazione la si può definire di tipo sperimentale. La percezione e la ricerca dell'uomo teso a scovare nel proprio inconscio vie ed esperienze spirituali non è certamente una pratica recente. Religioni arcaiche hanno posto nell'assunzione delle droghe una precisa apertura del proprio inconscio e una via diretta e preferibile per entrare in contatto con il divino. Gli Sciamani con la loro tecnica dell'estasi hanno cercato di decifrare i tanti misteri della vita, della natura cercando anche di porre rimedi salutari sui corpi dei malati. L'uso di sostanze psicoattive è stata ed è una ricerca mistica per esperienze mistiche profonde e legate a religioni arcaiche e non.

Mai trattare l'argomento delle droghe leggere con una mentalità bigotta e borghese. Serve stanare la criminalità con una legalizzazione controllata prevalentemente riferita per scopi terapeutici e serve informazione continua ed aggiornata nelle scuole. Serve fare comprendere al giovane che la ricerca di paradisi artificiali ha un prezzo e quando si torna indietro nella realtà si è persa parte della propria salute fisica e mentale. Il paradiso artificiale ha un prezzo da pagare e a forza di girovagare in quei "paradisi" la realtà diventa sempre più deficitaria delle personalità e dell'integrità della persona.
 




Orlando e la liberalizzazione delle droghe leggere contro I'pocrisia di una etica borghese

di Paolino Canzoneri

PALERMO – Che lo spaccio e il consumo delle droghe leggere rappresenti un enorme bacino di introito per la malavita locale è palese. Il problema trascende qualsiasi morale o qualsiasi ragionamento etico. Il primo cittadino del capoluogo siciliano Leoluca Orlando in piena campagna elettorale per il prossimo mandato, plaude alla mozione proposta dal comitato "Esistono i Diritti" che preme per la legalizzazione delle droghe leggere per assestare un colpo micidiale all'economia delle mafie. 
 
Il presidente del Senato Pietro Grasso e il presidente della Camera Laura Boldrini si sono visti ricevere una lettera inviata proprio da Orlando con un testo chiaro ed esaustivo: "L'undici ottobre scorso il Consiglio comunale di Palermo ha approvato la delibera n.524 che ha per oggetto una mozione per il passaggio da un impianto normativo proibizionista ad un impianto che punti alla legalizzazione della produzione e distribuzione delle droghe definite comunemente leggere. E' mio dovere rappresentarle questa presa di posizione politica del Consiglio, ottenuta senza alcun voto contrario e con un consenso trasversale, in quanto testimonia come la nostra città abbia a cuore ogni azione che contrasti gli interessi della criminalità organizzata, in sintonia con le dichiarazioni del Procuratore Nazionale Antimafia e la condizione drammatica delle nostre carceri, oggi affollate di tossicodipendenti e giovani, rei solamente di aver posseduto una pianta di cannabis o qualche dose di erba". Il testo e la precisa direzione scelta di Orlando non sembra essere una posizione presa sull'annosa questione etica, non è una scelta da quale parte stare; piuttosto appare come una precisa esigenza di creare presupposti e rimedi concreti nella lotta allo strapotere economico mafioso al di sopra delle solite e quasi sempre inefficaci  proposte secolari di maggiori controlli fiscali che si sono sempre rivelati mezze utopie troppo complesse da portare in atto su scala regionale e magari nazionale. Le droghe leggere non rappresentando un pericolo in termine di assuefazione non possono essere messe al pari di quelle pesanti da ostentare e combattere con ogni sforzo possibile ora e sempre. 
 
Volendo fare un ragionamento esteso ed allargato l'abitudine di far prevalere i concetti "etici" in ogni spinosa questione ha assunto da sempre l'ipocrita e falsa "facciata" che non ha mai risolto i veri problemi. Frega poco al fumatore veder scritto nel pacchetto "Il fumo uccide". Il monopolio statale ne esce il diretto responsabile e complice della palese violazione dell'articolo n° 32 della Costituzione che tra l'altro recita "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo…". Una celata e indisturbata garanzia di assicurarsi i propri introiti milionari sulla pelle dei cittadini e nel caso delle droghe leggere a favore delle organizzazioni criminali che ne traggono contante a fiumi. 
 
La cultura dell'uso degli stupefacenti leggeri e non, ha due motivazioni di base completamente distanti l'una dall'altra. La ricerca forsennata di nuove sensazioni e stati d'animo "astratti" e artificiali spesso celano una precisa insoddisfazione della propria vita e nelle droghe si crede di trovare un "Luna Park" fatto di gioia tesa a far dimenticare provvisoriamente la realtà e le proprie quotidiane insoddisfazioni. Questa motivazione conduce la persona nel baratro di una schiavitù psicologica e fisica che taglia i ponti con qualsiasi speranza di riuscire a crearsi un presente positivo, ottimista e lungimirante. Perdere il contatto con una realtà che non si capisce o di cui si è troppo deboli per affrontarne le difficoltà. Un danno psicologico e una terribile desistenza che porta solo ad un atteggiamento rinunciatario e perdente che solo una assistenza medica e psicologia può provare a risanare. Una seconda motivazione la si può definire di tipo sperimentale. La percezione e la ricerca dell'uomo teso a scovare nel proprio inconscio vie ed esperienze spirituali non è certamente una pratica recente. Religioni arcaiche hanno posto nell'assunzione delle droghe una precisa apertura del proprio inconscio e una via diretta e preferibile per entrare in contatto con il divino. Gli Sciamani con la loro tecnica dell'estasi hanno cercato di decifrare i tanti misteri della vita, della natura cercando anche di porre rimedi salutari sui corpi dei malati. L'uso di sostanze psicoattive è stata ed è una ricerca mistica per esperienze mistiche profonde e legate a religioni arcaiche e non. 
 
Mai trattare l'argomento delle droghe leggere con una mentalità bigotta e borghese. Serve stanare la criminalità con una legalizzazione controllata prevalentemente riferita per scopi terapeutici e serve informazione continua ed aggiornata nelle scuole. Serve fare comprendere al giovane che la ricerca di paradisi artificiali ha un prezzo e quando si torna indietro nella realtà si è persa parte della propria salute fisica e mentale. Il paradiso artificiale ha un prezzo da pagare e a forza di girovagare in quei "paradisi" la realtà diventa sempre più deficitaria delle personalità e dell'integrità della persona. 



Legalizzazione della cannabis, bandiera bianca delle istituzioni e della DNA

 

di Roberto Ragone

 

La tragica morte del quindicenne di Lavagna, lanciatosi dal balcone di casa dopo una perquisizione della Guardia di Finanza, durante la quale lui stesso aveva denunziato il possesso di circa 15 grammi di cannabis, ha riportato i riflettori sulla proposta di legge di liberalizzazione delle cosiddette ‘droghe leggere’, equiparate nella loro pericolosità da una legge del 21 febbraio 2006, cosiddetta Fini-Giovanardi, a quelle considerate ‘pesanti’, come oppiacei e derivati e droghe sintetiche. Una legge che Marco Pannella ha caldeggiato per decenni, violando la normativa corrente con il ‘farsi una canna’ in pubblico, e attirando su di sé gli strali della legge. La cannabis – hashish e marijuana – è un prodotto nocivo, che brucia irreversibilmente i recettori cerebrali delle forme naturali di stupefacenti, come l’endorfina, sostituendosi ad esse e creando una dipendenza.

L’azione della cannabis influisce anche sullo sviluppo mnemonico e intellettivo della persona, in special modo se ancora in età evolutiva. I danni della cannabis, come di altre sostanze stupefacenti psicotrope, sono descritti esattamente in un CD che un amico medico ha avuto la bontà di donarmi, sapendo della mia curiosità specifica. Un CD creato non dal farmacista all’angolo, ma dall’Istituto Superiore di Sanità, dal titolo “Sostanze e dipendenze”, che descrive non solo gli effetti della cannabis, ma di tutte le droghe, comprese quelle sintetiche. Almeno quelle presenti sul mercato alla data della redazione del CD, visto che i laboratori clandestini della malavita organizzata lavorano a pieno ritmo, e quasi ogni giorno i loro chimici ne sfornano di nuove.

A proposito della cannabis, dal 16 luglio 2015 giace in Parlamento una proposta di legge firmata da 218 parlamentari, un po’ di tutti gli schieramenti politici. In breve, si introduce il possesso e la detenzione domestica di modiche quantità di cannabis, soltanto per i maggiorenni, per i quali è prevista anche la possibilità di coltivazione di non più di cinque piante di genere femminile. Sono previste anche cooperative di non più di cinquanta persone che coltivino la cannabis. Il tutto regolamentato e controllato da uno Stato che tratterà il prodotto come il tabacco, concedendo licenze di vendita al pubblico come per i tabaccai, in negozi autorizzati.

Viene depenalizzata la cessione gratuita di cannabis anche fra minori, per non sovraccaricare l’impianto giudiziario, ma solo per modiche quantità, destinate, presumibilmente, a consumo personale. Ritorna quindi il concetto di consumo personale, applicato in toto nella legge. Altre prescrizioni, come il divieto di consumo in luoghi aperti al pubblico e l’importazione o esportazione, come pure la coltivazione di cannabis da parte di soggetti non di cittadinanza italiana, ed altre regole varie, fanno da corollario. Perché parliamo di bandiera bianca? 

Dopo tanti anni di proibizionismo, dettato in realtà dall’intenzione più che lodevole di salvaguardare la salute pubblica, in particolare quella dei nostri ragazzi, la DNA, Direzione Nazionale Antimafia, ha alzato le mani di fronte allo strapotere di una criminalità che trae i suoi maggiori profitti dal commercio delle droghe, che siano denominate leggere o pesanti – sappiamo, dall’Istituto Superiore di Sanità che non esistono droghe ‘leggere’, e che le conseguenze dell’una o dell’altra sono egualmente devastanti, anche se non immediatamente percettibili.

La DNA registra un totale fallimento delle azioni repressive nei paesi produttori, con conseguente aumento dell’influenza economica e politica delle organizzazioni criminali che controllano la produzione e lo spaccio, né il consumo nei paesi fruitori è stato arginato. Il risultato è che le criminalità mafiose hanno incrementato i propri introiti e il proprio potere, economico e politico.

Nel contempo, la repressione indifferenziata dell’uso e del commercio di tutte le sostanze ha accresciuto i costi, e quindi messo in crisi l’apparato proibizionista, con il fallimento totale dell’azione repressiva, e l’impossibilità di aumentare gli sforzi per una migliore azione nei confronti dei cannabinoidi. “D’altronde”, continua il rapporto della DNA “dirottare ulteriori risorse su questo fronte ridurrebbe l’efficacia dell’azione repressiva su emergenze criminali virulente, quali la criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di esseri umani e di rifiuti, corruzione, contrasto al traffico di letali droghe pesanti, eccetera.”

È quindi proprio la DNA a proporre  politiche di depenalizzazione, che alleggerirebbero il carico giudiziario, e libererebbero risorse per il contrasto di altri fenomeni criminali. Altrove, come negli Stati Uniti, e segnatamente in quegli Stati che hanno consentito l’uso ricreativo di cannabis, il numero dei consumatori non è aumentato. In più, la libera vendita di hashish e marijuana produrrebbe risorse economiche da destinare al bilancio dello Stato italiano.   Per avere un’idea della dimensione del fenomeno del consumo delle droghe leggere, la DNA riporta alcuni dati: il quantitativo sequestrato è inferiore di 10/20 volte inferiore a quello consumato, ipotizzando ragionevolmente un consumo di che oscilla presuntivamente fra 1,5 e 3 milioni di chili all’anno. Come se ogni Italiano, compresi vecchi e bambini, avesse a disposizione qualcosa come 100/200 dosi all’anno. Incrociando questi dati con quelli della vendita al consumo, nella stima più pessimistica si raggiungerebbero i 30 miliardi all’anno. In sintesi, la vendita della cannabis da parte dello Stato italiano produrrebbe risorse per combatterne  il traffico illecito, togliendo nel contempo alla criminalità mafiosa una parte importante dei loro introiti. Volendo essere maligni, non crediamo che le mafie rinunceranno a una buona parte dei loro guadagni senza fiatare. Il rischio è che riescano ad inserirsi nei nuovi meccanismi, pur con tutti i controlli incrociati previsti per legge. L’altra amara considerazione è che non si riesca ad arginare il consumo di sostanze comunque nocive, e per far questo si debba renderle consentite.

Lo Stato ci ha abituato a questo: la scritta “Il fumo uccide” sui pacchetti di sigarette non ne impedisce la vendita, i cui maggiori proventi vanno proprio alle amministrazioni pubbliche. Le accise sull’alcool non impediscono che se ne faccia uso e a volte abuso, con gravi conseguenze sui giovani frequentatori di discoteche. Le varie lotterie, “Gratta e vinci” e simili sono dello Stato, insieme con le macchinette videopoker, e la ludopatia è un’altra piaga della nostra civiltà moderna. La cannabis è l’ultima sostanza dannosa in ordine di tempo. Ma presto, come d’abitudine, c’è la quasi certezza che si passerà anche ad altre sostanze, più ‘pesanti’. Sempre regolamentate, controllate, i cui proventi saranno ‘sottratti’ alle mafie per impinguare il fisco italiano. Il rischio è proprio quello che lo Stato sostituisca le mafie, o viceversa. Falcone diceva che questo era già successo. Chi vivrà vedrà.

 

 

 




Lavagna, quelle assurde accuse alla madre

di Silvio Rossi

 

Nella vicenda di Lavagna, dove un ragazzo si è suicidato, buttandosi giù dal balcone, quando un’ispezione della finanza, chiamata dalla madre adottiva, sono state spese molte parole, spesso troppo in libertà.
Leggendo sui social, si possono notare migliaia di persone che "hanno capito tutto", si sentono autorizzati a giudicare, a condannare, a sottolineare ogni singola parola, ogni possibile sbaglio, il tutto decontestualizzando quanto accaduto. Nell’esigenza, non si comprende poi per quale motivo ritenuta prioritaria, di garantire il diritto umano di compiere qualunque idiozia, si è completamente annullato quello di un educatore che cerca di far crescere un ragazzo secondo i propri valori.
Anche Roberto Saviano ha parlato della vicenda. Ha spiegato come, se le droghe leggere fossero state legalizzate, la madre non avrebbe potuto chiamare la Finanza. Forse è proprio qui il cortocircuito. Non si sopporta che lo Stato, che le forze dell’ordine, si occupino di “limitare la libertà personale” di un adolescente, perché si chiede sempre che la Polizia, i Carabinieri, e le altre forze dell’ordine vadano a controllare gli altri, non noi stessi.
Nessuno tra coloro che si ergono a censori delle azioni della madre, o della Finanza, ha ammesso che tra un adulto e un adolescente i controlli devono essere diversi. Ignorare questa differenza sostanziale significa non aver capito nulla o essere ipocriti.
Nell’analisi della storia, bisogna ricordare che il ragazzo aveva 15 anni. Dalle informazioni che giungono sembra che il possesso di dieci grammi di hashish, che hanno generato il dramma, non è stato un fatto casuale. Non siamo davanti al caso di un ragazzo che, durante una festa, "si è fatto una canna" tra amici. Pare che spesso tornava a casa "sballato", "fatto", in uno stato che non vorrei giudicare, ma non mi sembra assolutamente adeguato per un ragazzo di quell'età.
Da quanto si racconta, la madre, che probabilmente avrà avuto le sue colpe, che forse non è stata in grado di trasferirgli la giusta stabilità, abbia provato più volte a farlo smettere. Ha provato con le buone, ha provato con le cattive, sicuramente, dopo i tentativi andati a vuoto, ha provato come estrema ratio a rivolgersi alle forze dell’ordine. In fondo cosa avrebbero potuto fare a un ragazzo di quell’età? Non sarebbe stato certo condannato, si sarebbe preso un bello spavento, uno di quelli che ti fa stare lontano per un po’ di tempo da certe tentazioni. Giusto il tempo di crescere, e diventare adulto per assumere scelte più consapevoli.
Parlare oggi di legalizzazione delle droghe leggere non risolve il problema. Certo, potrebbe togliere un giro d’affari alla criminalità organizzata, ma non salvaguarda gli adolescenti. Legalizzare la cannabis significa dare la possibilità di comprarla per un adulto. Certamente, ed è bene che sia così, non può essere acquistata legalmente da un minorenne. Come non può acquistare una sigaretta o un alcolico.
Criticare il comportamento della madre, significa ignorare tutte le ricerche scientifiche che hanno dimostrato la pericolosità di certe sostanze nell’età evolutiva. Sarebbe stato lo stesso se invece di hashish fosse stato whisky. Ubriacarsi, fumare uno spinello, perdere il controllo delle proprie facoltà a quindici anni, non è sano né normale. Non capirlo è grave. Ignorarlo è criminale, non fare in modo di impedirlo.