Il titolo della vergogna

di Silvio Rossi

 

Sia chiaro. Inventare un titolo a effetto, che richiami l’attenzione del lettore, che colpisca a prima vista, è il desiderio di chiunque, nelle testate nazionali, locali, grandi, piccole, su carta o su web, si occupa dell’impaginazione e di inserire quelle poche parole, in evidenza, con caratteri in grassetto, sopra al pezzo vero e proprio.
Un buon titolo riesce spesso anche a far leggere un articolo “fiacco”, che senza la sua spinta propositiva del titolista, non avrebbe colpito il lettore. Per fare un buon titolo, bisogna andare un po’, senza esagerare, fuori dal seminato. Può essere un richiamo a qualcosa di conosciuto, un film, una canzone (senza esagerare, per non risultare banali), oppure deve riuscire a colpire qualche aspetto, anche controverso, del personaggio o della vicenda di cui si parla.
Una regola però non può mai essere trascurata, tassativamente. La “vittima” del nostro titolo, anche quando viene colpita duramente, deve sempre essere rispettata. Non sono ammissibili titoli, né tantomeno affermazioni all’interno dell’articolo, a carattere sessista, che dileggiano gli stili di vita, le convinzioni religiose, l’umanità della persona.
Noi dell’Osservatore, nel nostro piccolo, siamo spesso duri, attacchiamo, ironizziamo, cela prendiamo con politici locali o nazionali. Ci sforziamo però di rispettare, anche se a volte qualcuno potrebbe obiettare, chi abbiamo di fronte.
Non sempre però questo avviene. Nella giornata di ieri, un noto giornale nazionale, ha attirato a se le critiche di tutto il mondo politico, per un titolo contro la Raggi che sarebbe stato più indicato per uno di quei film della commedia sexy anni settanta. In questo caso, non ce la sentiamo di fare una difesa di categoria, non ci sembra giusto. Sebbene anche noi abbiamo criticato la sindaca di Roma, riteniamo giusto offrirle la nostra solidarietà.
Speriamo soltanto che questo episodio, che non è il primo e non sarà certamente l’ultimo, serva a far comprendere a molti, politici e giornalisti, come certi ruoli prevedano un’etica che deve per forza essere maggiore rispetto a quella dell’uomo medio (che peraltro è comunque disprezzabile nel momento che usa certi linguaggi).
Siamo stanchi dei continui attacchi con riferimenti sessuali effettuati da politici di più schieramenti. Siamo stanchi degli attacchi dei giornali, che prima della Raggi hanno colpito le ex ministre Carfagna e Boschi e la Presidente della Camera Laura Boldrini.
Politici e giornalisti devono comprendere come il loro ruolo debba essere quello di guida, devono elevare il livello sociale del Paese, e non suscitare i più bassi istinti. Possono e devono criticare. La critica è una gran cosa, è la base della democrazia. La volgarità però ne è la sua negazione.




Crocetta e Grillo botta e risposta commentano un sondaggio: inciuci o propaganda?

di Paolino Canzoneri

PALERMO – Credere o meno ai sondaggi è del tutto soggettivo ma sembra palese che durante le campagne elettorali, ogni statistica e ogni previsione accende l'interesse incondizionato sia dei candidati in primis che delle parti contrapposte che il più delle volte non se le mandano a dire. Puntuali come un orologio svizzero il leader del M5S Beppe Grillo e il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta hanno dato vita a reciproche polemiche a seguito di un articolo apparso sul quotidiano "La Sicilia" in cui appaiono cifre in percentuale ad un sondaggio secondo cui il M5S avrebbe una popolarità e una preferenza pari al 38% mentre il centrodestra al 35%, centrosinistra al 18% e, fanalino di coda, il PD appena all'8%. 
 
A Rosario Crocetta quell'8% sta stretto e lo rifiuta categoricamente asserendo con foga: "Quel sondaggio è falso, propagandato da qualche esponente di centrodestra, la Sicilia ha bisogno di concretezza e non di bufale. Siamo alle solite anche quattro anni fa in occasione delle regionali tutti ci davano per perdenti, col centrodestra vincente e a seguire i grillini. Le elezioni reali poi sono andate in altro modo". Ben più tranquillo sembra Beppe Grillo che con la sua solita determinazione ha affermato in un post nel suo Blog: "Il M5S è l'unica forza politica che può arrivare al 40% senza inciuci e ammucchiate. I dati di oggi in Sicilia lo dimostrano". 
 
Dal canto suo Rosario Crocetta ha le idee chiare e nei suoi piani futuri c'è la creazione appunto di un nuovo partito dal nome "Riparte Sicilia", nome curioso e in un certo senso contraddittorio visto che la Sicilia dovrebbe ripartire da un governo lungo oramai cinque lunghi anni in cui ha governato proprio lui stesso. Resta comunque da sanare un certo malcontento tra le fila del PD stesso che impegnerà Crocetta non poco per ricucire i rapporti e la fiducia persa in questi ultimi anni. 
 
Ma la volontà e la convinzione sembra volerla vincere, i propositi altrettanto: "E’ un progetto di grande cambiamento, di grande identita’ siciliana per difendere la Sicilia dai troppi soprusi che continua a subire. Non e’ tempo di parlare in questo momento di candidature, ma di lavoro per completare quello che gia’ e’ stato avviato. Vogliamo predisporre un programma di riscatto aperto a tutti e senza gestioni autoritarie. Avremo nove stelle, ma non avremo la Casaleggio spa che ci governa. Ci saranno movimenti, circoli che si federeranno e già ne abbiamo tanti in questo laboratorio che si chiama "Riparte Sicilia". L'obiettivo è coinvolgere diversi soggetti. Vogliamo continuare l'azione di cambiamento che si è innescata in Sicilia partendo dai sindaci, alla società civile, dai movimenti e soprattutto innalzando la bandiera dell'autonomia. Con me la storia cambia, Beppe Grillo blatera di una rivoluzione che non sa fare. Il vero rinnovatore sono io. Io mi sento a sette stelle. Non è mai accaduto in Sicilia che un rappresentante del centrosinistra venisse eletto e che venisse eletto un presidente con una chiara opzione antimafia". 
 
Beppe Grillo non si lascia intimorire e passa subito al contrattacco scrivendo proprio oggi sul suo Blog una notizia circa nuove indagini in corso proprio su Crocetta e su altri esponenti di spicco che recita testualmente: "Il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e i dirigenti regionali Gaetano Pennino, Rino Gigliola, Sergio Gelardi e Gesualdo Campo sono indagati per omissione di atti d'ufficio, danneggiamento del patrimonio archeologico storico e artistico e di omissione di lavori in edifici che minacciano rovina. L'inchiesta riguarda il Castello Svevo di Augusta, sequestrato da Carabinieri del Nucleo Tutela del patrimonio culturale di Siracusa su disposizione del gip Michele Consiglio. L'inchiesta è coordinata dal procuratore Francesco Paolo Giordano e dal sostituto Marco Di Mauro". Si intuisce chiaramente come la campagna elettorale sia iniziata con toni accesi e assolutamente poco cauti.



statua di trump a vagli di sotto

UNA STATUA DI TRUMP A VAGLI DI SOTTO (LU)

DI ROBERTO RAGONE

Mario Puglia, ex Gladio – l’organizzazione paramilitare attiva nel dopoguerra per contrastare le manovre sovietiche tese ad impadronirsi dell’Italia e del Mediterraneo –  e fiero di esserlo,  è da tre mandati il sindaco di centrodestra del piccolo comune di Vagli di Sotto, in provincia di Lucca. Un sindaco che ha una particolarità che improvvisamente ha attirato l’attenzione di tutti i media nazionali e internazionali: l’avere adibito un intero parco a statue celebrative di personaggi che non sono quelli che troviamo in giro per le nostre città, anche, per esempio, al Pincio, ma personaggi anche controversi, scelti con un criterio tutto particolare. A parte la statua dedicata al comandante Schettino, che presenta due belle orecchie di coniglio, troviamo quella del comandante De Falco, – famosa la sua frase indirizzata a Schettino :”Torni a bordo, cazzo!” – oppure quella dedicata ai due marò, Girone e Latorre, o all’eroico cane Diesel, rimasta uccisa nel blitz della polizia a Saint-Denis contro i terroristi islamici. Diesel, una femmina di pastore tedesco, investita dall’esplosione di una donna kamikaze, è tornata a morire fra le braccia del suo padrone. Presente anche la statua di Fabrizio Quattrocchi, e in arrivo quella di David Bowie. Sono statue ad altorilievo, di grande dimensione, realizzate in marmo Calacatta, come dice Mario Puglia, “il marmo migliore del mondo”, di origine di Vagli di Sotto. L’attenzione dei media, in questi giorni – e non sono mancati gli americani – è stata originata dalla notizia che a Vagli di Sotto si sta preparando una grande statua di Donald Trump. Certo Mario Puglia ha un grandissimo senso della comunicazione, e rivolgere la sua attenzione al personaggio oggi più controverso al mondo ha fatto pubblicità ad un piccolo comune che trae il suo sostentamento principalmente dal turismo. L’ho voluto intervistare per telefono, ed è venuta fuori l’intervista più frizzante e sconclusionata della mia carriera. Anche se poi Mario – nel frattempo, trovando importanti e fondamentali punti di contatto eravamo passati al ‘tu’ – mi ha detto: “scrivi quello che ti pare.” Ed io, obbediente, ho fatto così. Questa è, in parte, la registrazione della telefonata.

Pronto?

Buonasera  sindaco, sono Ragone,. Dell’Osservatore d’Italia.

Cos’è l’Osservatore d’Italia? Scusi la mia ignoranza, ma io in un paesino di montagna non so cosa è. Cos’è questo Osservatore d’Italia?

E’ un giornale di destra.

Ah, allora va bene, siamo contenti. Cosa la porta qui? Siamo fratelli, stia tranquillo, parli pure con chiarezza.

Certo, anche perché ho scritto più d’un articolo a favore di Trump.

Allora siamo nella stessa onda.

Lei è veramente un bello spirito.

Eh, per ora sì, e lo spirito insomma verrà fra qualche anno, dopo li vado a trovare i miei antenati, per ora son sempre in forze.

Ho letto che lei è un ex Gladio. E stamattina in televisione ho visto il servizio su Agorà, e ho notato che lei, molto intelligentemente, non è caduto nella retorica di celebrare i soliti personaggi, che ormai conosciamo tutti, ma le sue statue sono celebrative di persone più vicine a noi. Per esempio, io sono pugliese, e abitavo a duecento metri da Girone, uno dei due marò.

Lasciamo gli estremismi, perché ormai, con questa storia della statua di Trump, siamo a livello di visualizzazione di qualche milione di persone. E allora, se potessero trovare qualche cosa per danneggiarci, capito, non politicamente, ma come immagine turistica di ritorno, direbbero eh, questo è un fascista. Io non sono mai stato un fascista, hai capito, son sempre stato una persona democratica.

Non credo che tu [nel frattempo siamo passati al tu] abbia scelto quei personaggi soltanto per attirare turisti, vero o no?

Riguarda la coerenza politica, perché, ti spiego: il giudizio ci sarà fra un po’ di tempo, ma Trump è uno dei pochi politici che quello che ha detto in campagna elettorale l’ha mantenuto – per ora. Poi, giusto o sbagliato, le scelte che ha fatto io non le giudico, ma la coerenza politica sì.

Quindi leggevo che la statua di Trump è già in realizzazione.

È già in realizzazione, ora, ci sono dei finanziatori, capito, e ora tutti cercano di finanziare, perché fondamentalmente, è vero, la mandiamo anche all’ambasciata (degli USA, ndr), questi sono americani, capito. La parte finanziaria è di centoventimila euro, mancano ottantamila euro, ma si trovano anche quelli.

Le statue, ovviamente, sono realizzate in marmo.

Sì, noi abbiamo il marmo migliore al mondo, il Calacatta, quello che avete nella sala Nervi a Roma, al palazzo dell’ONU, per farvi capire qual è il marmo che abbiamo noi, Calacatta, il miglior marmo al mondo. Di Vagli, è il più bello al mondo, è il più pregiato al mondo.

E chi è lo scultore?

Lo scultore al momento, per questioni di privacy – perché poi devi sapere che la problematica potrebbe anche essere quella che lo scultore non vuole rogne, fino a che non l’ha portata su. Perché sai, la statua di Trump potrebbe attirare anche qualche malintenzionato. Allora per il momento lui sta nel segreto. Anche quando abbiamo fatto quella di Schettino, sono stati nel segreto. Quello per un altro motivo. Ma quella di Trump puoi immaginare che sarebbe sensazionale se allo scultore gli andasse in fumo la statua. Non ti dico un attentato, ma sarebbe sensazionale la notizia. Cioè, ho messo l’ovo nel paniere, e non è nato neanche il pulcino, è morto l’ovo. Cavolo, non lo possiamo rivelare, è un segreto.

La statua sarà posizionata in quello che il sindaco ha voluto chiamare il Parco dell’Onore e del Disonore. Il tempo dirà da che parte potrà essere spostata.  Rimane il fatto che in questo momento le offerte di finanziamento fioccano, anche dagli States, e non potrebbe essere altrimenti. Mi astengo dallo stigmatizzare tutti coloro che in TV e sui giornali presenteranno questo piccolo grande sindaco in maniera negativa, data la sua simpatia per Trump ed il suo conseguente orientamento politico. Oggi le notizie, per il 90%, sono orientate da chi comanda, e il mio, nostro, grande privilegio è quello a cui mi ha sollecitato Mario Puglia: poter scrivere “Quello che mi pare”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Grillo lancia l"iDay" parte la corsa a Comunali e Regionali“ dell'11 Febbraio. Fiorello e Cancellieri i candidati

di Paolino Canzoneri

PALERMO – Nonostante le palesi difficoltà che sta attraversando il M5S alle prese con procedimenti giudiziari e baruffe interne fra i sostenitori iscritti e sempre meno coesi, l'11 Febbraio sarà una data importante. Il movimento avrà dinanzi le Comunali e le Regionali ossia due appuntamenti elettorali che, detta da loro stessi, saranno una festa di grande democrazia con grande partecipazione. I leader Beppe Grillo ha già richiamato "al loro dovere" attivisti e sostenitori in un breve video nella rete che sa di mobilitazione generale per una occasione più unica che rara. La Sicilia sarà "invasa" da gazebo installati in oltre 150 piazze e il popolo pentastellato avrà modo di scrivere "insieme", (come sostiene Grillo sempre nel suo post del blog), il programma di governo relativamente alle energie, acqua, terra, ambiente e lavoro, diritti etc. Temi fondamentali tesi garantire una vera e propria rinascita del grande popolo che sono i siciliani. Grazie ad un sistema informatico, una piattaforma chiamata "Rousseau", gli attivisti e iscritti potranno inserire l loro giudizi e le loro idee che verranno vagliate; le più valide faranno parte del vero e proprio programma del movimento. 
 
Scende in campo candidato a primo cittadino di Palermo, Ugo Fiorello scelto dalle Comunarie con 375 voti sul blog del movimento. Giovanissimo avvocato appena quarantenne, il suo nome si lega quale fondatore di Addiopizzo e nonostante non sia un pentastellato di lungo corso, ha battuto sulle preferenze il poliziotto e sindacalista Igor Gelarda vicino a Luigi Di Maio ma che ha subito un calo di preferenze anche a causa dell'indagine della firme false depositate alle amministrative siciliane del 2012, indagine al momento tutt'altro che conclusa.
 
Per le Regionali il M5S scommette su Giancarlo Cancellieri. Geometra trentesettenne nisseno, Cancellieri è geometra e da molti anni ha lavorato nel settore metalmeccanico. Dal 2007 è sceso in politica fondando un comitato civico che lo ha portato successivamente ad una stretta collaborazione con il movimento per il V-Day e per altre iniziative nel territorio. Nel suo programma politico spicca la volontà di tagliare i costi della politica in modo massiccio nonchè una altrettanta drastica riduzione dello stipendio medio regionale a 2500 euro circa. Presenti anche piani per la gestione dell'acqua pubblica, tutela dell'ambiente e ammodernamento delle infrastrutture. Egli stesso in un suo post conferma la sua candidatura e si aspetta una partecipazione più attiva e numerosa: "Confermo che mi candiderò per la presidenza della Regione e mi aspetto che lo faccia anche qualche altro mio collega dell'Ars. La scelta poi spetterà agli attivisti che voteranno sulla piattaforma Rousseau. L'iter per i candidati a Palazzo d'Orleans sarà avviato solo dopo la chiusura delle liste per le comunali in tutte le città siciliane coinvolte dal voto. Vogliamo distinguere i due momenti perché vogliamo fare le cose per bene. Le candidature saranno scelte con i nostri metodi: le votazioni online".



arrestato procuratore capo di aosta

ARRESTATO IL PROCURATORE CAPO DI AOSTA PASQUALE LONGARINI

DI ROBERTO RAGONE

Il procuratore capo facente funzioni di Aosta, Pasquale Longarini, è stato arrestato il 31 gennaio u. s. nell’ambito di una inchiesta condotta dal Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano per conto della Procura della Repubblica milanese, coordinata dal pm Roberto Pellicano e dal Procuratore Aggiunto Giulia Perotti. Il dottor Longarini è stato arrestato e posto agli arresti domiciliari per violazione dell’art. 319 quater del Codice Penale, cioè per induzione indebita a dare o promettere utilità. Coinvolto nelle indagini e messo ai domiciliari anche Gerardo Cuomo, titolare di un caseificio valdostano. "Le indagini hanno consentito di accertare come a fronte di questa sollecita disponibilità nei confronti dell'amico imprenditore, Longarini abbia ricevuto dallo stesso, oltre a forniture di prodotti caseari, quantomeno favori se non delle vere e proprie remunerazioni, come nel caso del viaggio in Marocco", scrive il gip nell'ordinanza di custodia cautelare. In definitiva, il dottor Longarini è accusato di aver fornito indebitamente informazioni a Gerardo Cuomo per risolvere problemi di tipo giudiziario o amministrativo, in cambio di utilità o di promesse di utilità. Coinvolta nell’affaire una terza persona, un albergatore valdostano con attività ad Aosta e Courmayeur, che, secondo l’accusa, sarebbe stato indotto  dal Longarini a rifornirsi dei prodotti venduti dal Cuomo per un valore di circa 70.000 euro, informando poi il Cuomo delle intercettazioni a cui era sottoposto nell’ambito di una indagine sulla ‘ndrangheta disposta dalla DDA di Torino, una tranche della quale era stata trasmessa proprio ad Aosta. Il dottor Longarini, alla procura di Aosta da quindici anni, aveva collaborato, nella qualità di sostituto procuratore, con la collega Stefania Cugge alle indagini che, in primo grado, portarono alla condanna a 30 anni di reclusione di Anna Maria Franzoni, accusata dell’omicidio del piccolo Samuele, di tre anni, nella villetta di Montroz in cui la Franzoni abitava con il marito, Stefano Lorenzi, e i due figli, Davide e Samuele. A proposito dell’omicidio di Cogne, abbiamo interpellato il noto criminologo professor Carmelo Lavorino, che all’epoca dei fatti (sino all’entrata dell’avv. Carlo Taormina) è stato consulente della difesa per Anna Maria Franzoni, e ha conosciuto da vicino il dottor Longarini. Il professor Lavorino, a posteriori, ci ha espresso alcune delle perplessità che lo avevano colto ai  tempi delle indagini sulla Franzoni, proprio da parte del dottor Longarini, innamorato, a quanto ci dice Lavorino, della sua tesi accusatoria, al punto tale da non considerare altre ipotesi di colpevolezza, nonostante non ci fossero prove schiaccianti a carico della madre di Samuele, e alcune perizie fossero tirate per i capelli. “Accade a volte” ci dice Lavorino “che gli inquirenti, coloro che svolgono le indagini, si innamorino del sospetto iniziale e di una loro tesi accusatoria, e, anche per una forma di inconscio protagonismo, perseguano quella, cercando di cucirla addosso all’indagato, piuttosto che cercare un vero colpevole. Io di perplessità nel delitto di Cogne ne ho sempre avute,” continua il prof. Lavorino “ perché fin dall’inizio ritenevo che l’impianto accusatorio nei confronti di Anna Maria Franzoni fosse carente. Ritenni che fin dall’inizio c’era nei confronti di Anna Maria Franzoni il cosiddetto innamoramento del sospetto, che poi diventa innamoramento della tesi. C’era ormai l’idea precostituita della colpevolezza di questa donna, e quindi a mio avviso tutti gli appartenenti alla Procura ed ai vari gruppi investigativi parteciparono a questa ‘caccia alla donna’, a prescindere dalla sua colpevolezza, perché in effetti non riuscirono a trovare nemmeno un elemento forte portante. Quindi già a suo tempo ebbi delle perplessità per come investigava questa procura di Cogne, e nel momento in cui uno dei PM dell’epoca, oggi Procuratore Capo, sempre ad Aosta, – Longarini è stato per quindici, venti anni ad Aosta, – oggi sia in carcere, mi fa sorgere dei dubbi sulla serietà e genuinità analitica logico-deduttiva di questa persona, di questo apparato. È chiaro che quando esplose il caso Cogne, poiché la procura di Aosta era una piccola procura, lo è tutt’ora, ma era una piccola procura, non era preparata ad un impatto massmediatico del genere, ad una simile pressione psicologica, ritengo che probabilmente chiuse un occhio laddove non doveva chiuderlo, il c.d. “occhio investigativo che deve guardare verso tutte le direzioni”. Io per i primi mesi fui il consulente di Anna Maria Franzoni, poi quando arrivò Carlo Taormina preferii andare via, fermo restando che anche Taormina preferiva che io andassi via, insomma ci trovammo in accordo solo su questo. Anche perché inizialmente Taormina era colpevolista, mentre io ero innocentista. Circa un mese dopo il fatto, quando facemmo liberare Anna Maria Franzoni, dal Tribunale del Riesame, io entrai nella scena del crimine, entrai nella casa, nella villetta, nella stanza del delitto assieme al mio gruppo di lavoro. Sono uno dei pochi soggetti che sono entrati sulla scena del crimine, quindi vidi esattamente le macchie di sangue, le fotografai, le contai, ebbi l’opportunità di fare determinate valutazioni, insomma io ho lavorato sul caso e dentro il caso. Poi, quando mi accorsi che da un’indagine molto seria che doveva essere effettuata, e da un processo molto serio, si stava passando ai saltimbanchi televisivi, cercai di defilarmi, per motivi di serietà.

Personalmente ho seguito il caso di Cogne, perché anche a me sembrava assurdo che la Franzoni avesse ucciso suo figlio, ma mi sembrava invece plausibile, da vecchio giallista, l’ipotesi di una persona che si era nascosta in casa. Quello che ritengo sia stata un prova molto pesante nei confronti della Franzoni penso siano state proprio le macchie di sangue sulle pantofole e sul pigiama.

Allora… io sul caso di Cogne ho scritto due libri, una decina di saggi, molti tabella e un paio di consulenze. Quindi il caso lo conosco molto, molto bene. Che si fosse nascosta una persona a casa di Anna Maria Franzoni prima che la stessa uscisse di casa alle 8:15 è impossibile per una serie di motivi. Impossibile per una serie di motivi tecnici. Analizzammo tutto in maniera molto approfondita, io e il mio gruppo di lavoro. L’alternativa all’azione omicidiaria da parte della Franzoni è quella di una persona che si è introdotta in casa approfittando del momento in cui la Franzoni è uscita per accompagnare il figlioletto Davide di sette-otto anni, che alle otto e venti prese l’autobus. Questa persona conosceva esattamente i tempi di uscita, di permanenza fuori e di ritorno della Franzoni. Vero è però che quando la Franzoni è tornata, questa persona era ancora in casa, perché non era venuta per uccidere il bambino, doveva effettuare un dispetto alla Franzoni, mettere qualcosa all’interno del comodino del marito in camera da letto, per fare fallire la festa che ci sarebbe stata il pomeriggio, in giardino, proprio all’esterno della camera da letto dove si è verificato il fatto di sangue. Questa persona non immaginava che il bambino stesse sul letto grande matrimoniale, è stata colta di sorpresa, si è intimorita, ha avuto un sussulto, ha perso il controllo, ha incominciato a colpire il bambino fino a ucciderlo, e lo ha ucciso con quell’attrezzo che doveva mettere all’interno del comodino di Stefano Lorenzi. Quindi l’omicidio non è stato premeditato, è stato premeditato soltanto l’intervento per fare quello che doveva essere fatto, iniziando proprio dall’intrusione. Questa persona poi, dalla finestra della scena del delitto, ha visto che la Franzoni stava tornando, ha coperto il volto del bambino col piumone del letto, ed è andata ai piani superiori. Ha aspettato che la Franzoni entrasse, dopodiché è uscita, tanto che la stessa Franzoni fin dall’inizio disse di essere entrata e di avere chiuso la porta a chiave dall’interno. Invece alle nove e venti questa porta era aperta, e nessuno era passato da quella porta: a mio avviso è stata questa persona. La quale persona aveva però una conoscenza territoriale della casa, era una conoscente, questa persona, dei coniugi Lorenzi, e quindi di Anna Maria Franzoni, e aveva anche avuto l’opportunità di avere in mano la chiave della casa, in modo da farsi un doppione. Il doppione di quella chiave e quella chiave stessa l’avevano avuta diverse persone per motivi di amicizia, di buon vicinato lontano e vicino, eccetera. Passiamo alle ciabatte e alle macchie di sangue. Le ciabatte, secondo un’ipotesi della procura che poi non ha trovato riscontro in nulla, – e qui la difesa della Franzoni avrebbe dovuto approfondire e non l’ha fatto,- sul pigiama venne fatta la BPA, Bloodstains Pattern Analisys, l’analisi delle macchie di sangue sul pigiama, e un tecnico tedesco, un certo Hermann Schmitter, fece una consulenza, una perizia che io non condivido in nessun modo, e dichiarò che l’assassino sicuramente indossava i pantaloni del pigiama, e non si sa se indossasse la casacca. Garofano disse invece che l’assassino indossava la casacca soprattutto, e forse i pantaloni del pigiama. Sulla questione delle ciabatte ci fu una grande confusione, e non si addivenne a nulla. Comunque, morale della favola, la sentenza di condanna non trovò alcun movente, non riuscì a dimostrare nulla, però insomma sappiamo che ormai il caso era esploso a livello massmediatico, la difesa di Anna Maria Franzoni,- parlo di Carlo Taormina,- pensò di andare soltanto in televisione, senza fare indagini difensive serie, esaustive ed alternative, e la storia finì con la condanna della Franzoni, la quale si aiutò molto a farsi condannare col suo atteggiamento.

Sì, ricordo esattamente che andava in televisione, anche da Costanzo, con un atteggiamento molto… lacrimevole…

Sì, fortemente lacrimevole, però questo è comprensibile per alcuni motivi, anche perché era spinta dall’avvocato Taormina ad andare nelle trasmissioni perché Taormina la usava come mezzo di scambio, di baratto, per avere una visibilità mediatica che aveva perso, perché Taormina fra dicembre e gennaio, quindi dicembre 2001, e gennaio 2002, era stato costretto a dare le dimissioni da sottosegretario agli Interni del governo Berlusconi. Quindi praticamente aveva avuto una caduta di visibilità mediatica, era in crisi di presenza televisiva, tanto che inizialmente era colpevolista, poi si offrì alla famiglia della Franzoni e divenne innocentista. Quindi la famiglia tenne una strategia mediatica che per me fu totalmente suicida, divenne succube dell’avvocato Taormina, tanto che poi ultimamente si sono anche denunciati a vicenda. La Franzoni ha denunciato Taormina, dicendo che non era stata assolutamente contenta della sua difesa, e l’avvocato ha chiesto alcune parcelle arretrate, non si sa per cosa visto che ha sempre dichiarato che la difendeva a titolo gratuito.

Mi sembra di ricordare, mi corregga se sbaglio, che l’avvocato Taormina fu accusato di aver tentato di ‘scoprire’ sulla scena del crimine alcune prove a posteriori, tramite un suo investigatore privato.

Io questo non lo so. Non so cosa fece Taormina. Però posso dire esattamente questo, che i consulenti tecnici di Taormina e un investigatore privato incaricato da Taormina, andarono una notte nella villetta di Cogne per cercare – questo lo fecero dopo la condanna della Franzoni in primo grado, queste cose si fanno sempre prima, non si fanno dopo, però anche, ricordo, lo fecero perché seguirono un mio suggerimento che avevo inserito messo su di un articolo –  andarono a cercare delle tracce dell’assassino che dovevano esserci. Ma le cercarono a modo loro, e non come avevo suggerito io, e cercarono le impronte digitali dell’assassino sulla porta della camera da letto. La quale porta della camera da letto era stata toccata da molte persone anche dopo che era stata dissequestrata la casa. C’erano stati i familiari, c’ero stato io, c’era stata un sacco di persone, e l’abbiamo toccata così, senza guanti, perché ormai in quella casa erano tornati a viverci, tranne la Franzoni. Allora, di notte andò lì questa squadra di tecnici, e sulla porta venne evidenziata dal Luminol questa impronta digitale sporca di sangue, che non era di Anna Maria Franzoni. Allora il ragionamento fu questo: poiché il sangue si coagula dopo cinque minuti, essendo un’impronta digitale sporca di sangue, sul sangue può evidenziare l’impronta dell’assassino. E non essendo di Anna Maria Franzoni, questo è un elemento che praticamente la toglie dal mirino della colpevolezza, che la discolpa. Però gli inquirenti aostani vennero a scoprirono che prima era stato spruzzato il Luminol e poi era stata apposta messa l’impronta digitale. Questa impronta papillare era l’impronta di un tecnico del team di Taormina, e su questa questione voglio stendere un velo pietoso, perché il gruppo di difesa di Anna Maria Franzoni fece una figuraccia, mi pare che alcuni di questi vennero anche rinviati a giudizio; naturalmente Taormina non fu rinviato a giudizio perché non era presente, quindi non poteva sapere quello che stava accadendo, però naturalmente, da responsabile delle indagini difensive non fece una bella figura. Tanto che, insomma, quello che io imputo a Carlo Taormina è che poteva far fare uscire benissimo una bellissima figura all’istituto delle indagini difensive nel caso di Cogne, invece lo sputtanò nella sua credibilità.

Allora, alla luce di tutto questo, professore, quali sono in definitiva i suoi dubbi su Longarini, quelli che lei ha espresso anche su di un social network?

Allora, i miei dubbi su Longarini, è che, dal punto di vista delle investigazioni su Cogne, a mio avviso, si è dimostrato inadeguato. In seguito, lo trovai anche in un processo, ad Aosta, sempre per il fatto di Cogne, dove lui era l’accusa contro di me, e sinceramente mi sembrò alquanto schierato a livello induttivo, tanto che non prese in considerazione alcuna argomentazione della mia difesa, invero fortissima e logicissima. Poi il processo mi andò benissimo, perché lo vinsi io, tanto che il procuratore generale di Torino chiese la mia assoluzione confutando e contraddicendo lo stesso Longarini: è tutto dire! Ora, che dopo quindici anni sia coinvolto in una situazione del genere, e un magistrato venga arrestato e messo agli arresti domiciliari, io perdo fiducia sulla metodologia e sullo spirito con cui seguì le indagini a Cogne. È vero che in Italia esiste il presupposto di innocenza, ma è anche vero che questo presupposto di innocenza debba valere sia per la Franzoni, e poi anche per il dottor Longarini. Vediamo ora come si mettono le cose, fermo restando che se viene arrestato un povero cristo qualunque, si può anche pensare che ci sia stato un certo pressappochismo, ma se viene arrestato un magistrato, specialmente un Procuratore Capo, vuol dire che c’è qualche elemento molto forte. E qui gli elementi forti sarebbero le indagini di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza. E ci sarebbero anche delle intercettazioni. Quindi vediamo come va a finire la storia. Però se Longarini risulterà colpevole, questo riavviso darà un ulteriore colpo alla credibilità di sentenza di condanna e quindi di colpevolezza di Anna Maria Franzoni.

In definitiva, il pull investigativo di Cogne non ha voluto seguire i suoi suggerimenti.

No, assolutamente. Prima c’ero io con il mio gruppo investigativo e criminologico, e le cose andavano bene. Poi uscimmo, perché arrivò Taormina con una serie di cortigiani che cercavano pubblicità. Questi ultimi riuscirono a farsi un po’ di pubblicità ed ebbero anche il loro piatto di lenticchie, ma poi le lenticchie caddero tutte per terra, perché poi gira e rigira la Franzoni fu condannata e loro furono rinviati a giudizio. Quindi la vicenda di Cogne ci  insegna soltanto che: Anna Maria Franzoni venne condannata, lei continuò a dichiararsi innocente, ciononostante una madre e un padre, – e non solo un padre, ma l’intera famiglia, – che sono nonostante siano convinti dell’innocenza di Anna Maria Franzoni, non riescono a individuare il vero assassino del bambino. Quindi si trovano a subire, a detta loro, due enormi danni, due enormi insulti: la condanna di Anna Maria Franzoni da innocente, e congiuntamente lo stato ancora in libertà del vero assassino. Però, questa è una situazione estremamente ingarbugliata, che poteva essere risolta fin dall’inizio della questione, ma non è stata risolta perché sono intervenuti tutti questi fattori umani di egoismo, di prepotenza, di voglia di apparire, di presenzialismo, che hanno rovinato tutto.

Poco fa lei parlava dell’arma del delitto, cioè di un oggetto che avrebbe dovuto essere messo nel comodino del marito: ma allora qual’era quest’arma del delitto?

L’arma del delitto la si deduce dalle ferite sulla testa del bambino e dalle tracce che sono state proiettate sulla testiera del letto, sulle pareti e sul soffitto , il quale soffitto è alto due metri e venti, quindi sta a significare che è limitato, basso. Dalle tracce sul soffitto, di cui ho ancora le fotografie, e dalle ferite sulla testa del bambino, l’arma del delitto è un’arma che ha un manico fisso rigido, minimo di venti centimetri, ha un’estremità che ha catturato facilmente la materia cerebrale e ossea del bambino, e l’ha proiettata in alto col movimento detto cast off o brandeggio. Questa parte terminale ha tre punte. Quindi, a questo punto, è una zappetta. Mancava una zappetta dal giardino di Anna Maria Franzoni, e poi è stata ritrovata in seguito. Questo sta a significare che se Anna Maria Franzoni è innocente, qualcuno aveva preso questa zappetta della Franzoni e l’aveva sostituita con un’altra per metterci qualcosa di compromettente e andare a metterla all’interno del comodino per fare fallire la festa pomeridiana. Alla quale festa pomeridiana erano stati invitati tutti i bambini della classe di Davide, tranne due. Quindi, a mio avviso, qualcuno avrebbe dovuto fare  un dispetto alla famiglia di Anna Maria Franzoni e questo dispetto poteva essere fatto solo quando lei sarebbe uscita. Questa persona ha aspettato che la Franzoni uscisse, si è infilata, aveva il doppione delle chiavi, però non lo ha usato perché uscendo la Franzoni non aveva chiuso a chiave, aveva lasciato le chiavi all’interno; questa persona sapeva dove andare, perché aveva una conoscenza territoriale della casa, è stata sorpresa dal bambino, perché non pensava che il bambino stesse nel letto dei coniugi Lorenzi, ma pensava che stesse nella sua cameretta, al buio, e lì ha perso il controllo, ha incominciato a colpire, è entrata in rito distruttivo ed appetitivo, poi ha visto che la Franzoni stava rientrando, ha coperto il viso al bambino, in segno di quella che noi chiamiamo ‘negazione psichica’ o “undoing / disfacimento del crimine”, ha chiuso il sipario del crimine, ed è scappata. Ha atteso che la Franzoni entrasse, e poi è uscita. Evidentemente aveva paura di scontrarsi fisicamente con la Franzoni, nonostante uscisse dall’attuazione di un atto omicidiario ed avesse in mano l’arma assassina.

Questa persona era una donna?

Questa persona non è la vicina, non è la psichiatra, non è la donna che la sera prima era stata a cena da Anna Maria Franzoni, questa persona è una donna, anche perché ha temuto lo scontro fisico con la Franzoni ed ha effettuato un “undoing” del tipo femminile. 

Il colloquio con il professor Lavorino, che ringrazio per la sua disponibilità, è continuato il giorno dopo, e ci ha portati molto vicini a scoprire il vero assassino di Samuele. In una prossima puntata potremo approfondiremo insieme ogni cosa.

 

 


 


 


 

 

 

 




Carnevale a Petrosino: grande festa dal 25 febbraio al 4 marzo

 
di Angelo Barraco
 
Petrosino (TP) – Dopo il grande successo degli scorsi anni torna a Petrosino il Carnevane, presentato ufficialmente alla stampa il 31 gennaio. Un Carnevale realizzato grazie alle associazioni che si sono mobilitate nella realizzazione dei carri allegorici e i tecnici grafici che sin da subito hanno provveduto a dar luce ai vari siti internet e social network. Il logo del Carnevale 2017 rappresenta un acini d’uva e foglie e vuole rievocare le tradizioni e l’importanza della manifestazione stessa in un territorio che da sempre ha valorizzato le radici di una terra piena di risorse. Saranno quattro i carri allegorici che sfileranno lungo le vie di Petrosino: l’associazione “Petros-sinis” presieduta da Gaspare Emiliano parteciperà con il carro “Kung-fu Panda”; il “Gruppo Musa” con Bartolo Abrignani alla presidenza parteciperà con il carro “Noi invincibili eroi”; l’associazione “Michail” presieduta da Danilo Di Gaetano parteciperà con il carro “L’Italia allo sba…raglio!” e l’associazione “La Speranza” di Matteo Parrinello partecipa con il carro “I Romani, meno male che ci siete viatre”.  Il 25 febbraio alle ore 16 inizierà ufficialmente il Carnevale, dove sfileranno in un corteo diversi Carri allegorici dietro i quali balleranno a ritmo di musica gruppi di giovani mascherati che percorreranno Viale F.De Vita, Via X Luglio, Piazza della Repubblica e Viale Giacomo Licari. Alle ore 17 dello stesso giorno ci sarà, presso Piazza della Repubblica, il Carnevale dei Bambini e la sera invece, alle 23, il PalaCarnival. La festa continuerà Domenica 26 con la Gran Sfilata del Carnevale che avrà inizio alle 16 con un corteo di Carri e maschere che attraverserà Via Pietro Nenni, Viale F.De Vita, Via X Luglio, Piazza della Repubblica e Viale Giacomo Licari; il pomeriggio sarà dedicato ai bambini con animazione e balli alle ore 17 presso Piazza della Repubblica; alle 21 si esibiranno i gruppi mascherati e la sera si riaprirà il tendone del Palacarnival. Lunedì 27 ci sarà “Quartiere in Festa” con musica, animazione e coreografie e i carri in sosta per essere ammirati da tutti coloro che affolleranno le vie di Petrosino. Non mancherà il carnevale dei bambini alle 17 e il Palacarnival alle 23. Martedì 28 invece i Carri allegorici riprenderanno “vita” e si muoveranno elegantemente sopra la testa di tutti i presenti e dopo il consueto e ultimo appuntamento del carnevale dei bambini delle ore 17 ci sarà l’esibizione dei gruppi mascherati e la premiazione dei Carri e delle maschere, la sera i tendoni del PalaCarnival faranno da padrona. Il Carnevale a Petrosino si concluderà sabato 4 marzo alle 23 con una splendida serata al PalaCarnival. Quest’anno ci sarà il secondo contest fotografico, tutte le info sono reperibili sul sito internet www.carnevalepetrosino.com 
 
La punta Occidentale della Sicilia ha il vanto di poter brillare di luce propria da diversi anni ormai,  grazie alle iniziative svolte dal  piccolo ma compatto Comune di Petrosino che si è sempre contraddistinto per originalità ed efficienza nel mettere in atto progetti culturali  che hanno configurato in un’area circoscritta in termini territoriali, una vera e propria realtà bonariamente invidiata in diverse aree della Nazione, temprando nella mente dei cittadini l’oggettiva convinzione di vivere in un dinamismo costantemente in divenire. Orbe di cittadini, guidati dal carismatico Sindaco Gaspare Giacalone e da un’Amministrazione sempre attenta e presente, sostengono e portano avanti  le idee e i progetti atti a valorizzare il territorio e le tradizioni attraverso quelli che sono i principi della legalità, della trasparenza e della voglia costante di creare delle piccole gemme da poter disseminare lungo il territorio cittadino e lasciarlo ai posteri. I colori che si fondono, il fragore lungo le strade dei bambini e l’interazione tra generazioni sono un elemento essenziale per la crescita di una comunità, il Carnevale è proprio una di quelle ricorrenze che avvolge tutti in un’aspirale armonica di serene riflessioni volte al futuro e un’ingenua  spensieratezza che aleggia nell’aria che male non fa. 



Palermo elezioni 2017, Orlando si candida a Sindaco: "Oggi uno stronzo come me è ancora necessario!"

 

di Paolino Canzoneri

 
PALERMO – Nella cornice del Teatro Golden, palco storico del capoluogo siciliano che ha visto esibirsi artisti storici della musica e sede di innumerevoli convegli di particolare importanza; ieri Il primo cittadino di Palermo Leoluca Orlando ha dato inizio alla campagna elettorale delle amministrative 2017 per l'elezione del prossimo sindaco. Il prossimo mandato che scadrà nel 2022 appare da subito molto delicato e importante e Orlando lo sa bene e conta sull'appoggio della città che nonostante lamentele e inversioni di tendenza sicuramente riconfermerà anche grazie alla sua spiccata capacità di apparire sempre e comunque un palermitano d'hoc e stagionato che nonostante qualche nota scolorita è riuscito comunque a dare di più dei vecchi sindaci incapaci forse di entrare in reale sintonia con i palermitani. Un "guizzo" più concreto e un po più di coraggio certamente adesso servono per un futuro migliore e Orlando lo sa bene. Orlando riprova e ci crede e il suo vecchio slogan "il sindaco lo sa fare" ha lasciato spazio al nuovo "facciamo squadra". Forte e chiaro sentenzia con vigore riferendosi anche alle forze politiche che lo sostengono come il PD in primis: "Il mio partito era e rimane Palermo. Se qualcuno immagina che diventi un altro non si avvicini. Voglio andare avanti con uomini liberi, ma responsabili per quello che fanno.
 
No a lacci e lacciuoli dei partiti. Ci aspettano cinque anni di primarie per far emergere nuovi protagonisti e il sindaco della Palermo del 2022". Appare deciso e i toni sono quelli che non la mandano a dire: "Oggi uno stronzo come me è ancora necessario!". Il teatro è stracolmo ma si avverte una certa mancanza di giovani e di una Palermo più popolare mentre il pubblico è formato dalla Palermo borghese con la stragrande maggioranza di elettori con età alta: "Quando ami la tua città gli esami non finiscono mai e la campagna elettorale inizia il giorno dopo che sei stato eletto. Palermo è una città migrante e quando l’Isis siciliana, la mafia, governava Palermo per 100 anni nessun africano o asiatico vi poteva mettere piede. Oggi che la mafia non governa, i migranti ci sono e sono diventati per noiuno stimolo per rivendicare i diritti di tutti". E' l'amore per Palermo che spinge Orlando a ricandidarsi, lo dice lui e aggiunge anche che serve più autostima. Non mancano i riferimenti oggettivi a quelli che secondo lui appaiono come traguardi raggiunti e ottime prospettive per il futuro, in primis la Partecipate: "L'Amap adesso gestisce il servizio idrico in 34 Comuni, meglio fa solo l’acquedotto pugliese”; all’Amat che “malgrado i tagli della Regione ha mantenuto i chilometri percorsi stiamo facendo i decreti ingiuntivi perché la Regione ci deve 44 milioni. Certo, il trasporto pubblico non è perfetto, ma siamo sulla strada per fare ogni anno meglio di quello passato". Parole di soddisfazione anche riguardo la rete tramviaria palermitana: "Uno dei migliori di Italia, con 1,5 milioni di obliterazioni e lo 0,5% di evasione". Riguardo la tanto discussa e odiata ZTL Orlando si mostra consapevole delle poca popolarità ma ne spiega i benefici: "Via Roma era già morta prima della Ztl. La Ztl è una occasione per rilanciarla”. Per concludere non poteva certamente non ricordare uno dei "trofei" più importanti dell'amministrazione Orlando ovvero il riconoscimento del percorso Arabo-Normanno da parte dell'Unesco: "Nel 2017 sarà capitale dei giovani e nel 2018 ospiterà la biennale d’arte contemporanea ‘Manifesta’. Stiamo passando dall’emergenza al progetto che getta lo sguardo al 2022 immaginando l’eredità da lasciare." La campagna elettorale è iniziata.



malagiustizia

MALAGIUSTIZIA ITALIANA

DODICIMILA CONDANNATI IN LIBERTA’

DI ROBERTO RAGONE

Da queste colonne abbiamo sempre denunciato le disfunzioni di uno stato che esercita il suo egocentrismo a discapito dei cittadini. Una delle mancanze più gravi, a nostro parere, nei confronti dell’uomo della strada è la totale mancanza del giusto risultato dell’equazione che porterebbe, in uno stato veramente democratico, alla certezza della pena anche per i piccoli reati, quelli che alla fine colpiscono proprio la gente comune. Scippatori, rapinatori, violentatori, autori di reati contro la persona, assassini di vecchiette, di carabinieri e poliziotti: insomma, tutta la feccia che naviga in una specie di terra di nessuno, in cui la sospingono magistrati che, delle due l’una: o sono corrotti, o sono incapaci. Oppure, ancora, sono costretti dalle circostanze. Oppure ancora, visto che non ci facciamo mancare niente, sono ‘orientati’ politicamente, e quindi obbediscono a ordini di scuderia. È una vergogna che il nostro bel paese debba subire una situazione del genere. Anche le amnistie immotivate, accompagnate dagli alti lai di politici contrari alla detenzione, che si compiacciono nel loro buonismo ipocrita, sono nocive all’ordine pubblico: al quale ormai siamo abituati a non fare più caso, considerando normale che uno spacciatore non possa più essere arrestato, che un minorenne scippatore non vada in galera, che un rapinatore ‘straniero’ sia messo fuori e denunziato a piede libero, ‘rimbalzando’ sui muri della cella di sicurezza. Per tutti costoro si inventano pretesti  di tutti i generi, attribuendo a chi della convivenza civile fa scempio, tutti i diritti di questo mondo, e nessun dovere, che dovrebbe essere l’altra faccia della medaglia, in un festival di buonismo e di ipocrisia vergognoso. Periodici provvedimenti ‘svuotacarceri’ rimettono in libertà criminali pronti a rimettersi al lavoro esattamente come prima, creando un rischio reale per la popolazione, a cui è proibita anche una legittima difesa personale adeguata, sancita dalla costituzione. Indulti, amnistie, svuota carceri, tutti giustificati dal sovraffollamento degli impianti carcerari, la cui origine risiede, oltre che nell’insufficienza degli stessi, anche in una magistratura farraginosa e anch’essa a volte egocentrica, tutta tesa a difendere i propri diritti di autonomia – e Dio sa se ne hanno bisogno! – da una cattiva politica, ma sorda alle istanze dei cittadini che avrebbero il diritto di vedere le strade sicure e sgombre da delinquenti comuni. Martedì 31, in prima pagina, il titolo principale del Fatto Quotidiano ci rivela che a Napoli 12.000 pregiudicati per delitti gravissimi non scontano la pena, rimangono in libertà per mancanza di personale: “Dodicimila condannati in libertà”. Cioè, dodicimila delinquenti già condannati, con pene passate in giudicato, non ‘possono’ scontare la pena per mancanza di personale carcerario. Siamo all’assurdo. Dodicimila persone sono la popolazione di un piccolo comune, come ce ne sono tanti in Italia, anzi, ce ne sono anche di più piccoli. Le condanne di costoro sono costate comunque all’impianto giudiziario soldi, tempo e fatica, denaro di noi contribuenti. Ma, una volta condannati, magari in terzo grado di giudizio, ci si accorge che non c’è posto. Allora, piuttosto che fare il ponte sullo stretto, per congiungere le due mafie, calabrese e siciliana; piuttosto che spingere ancora per la TAV; piuttosto che favoleggiare di olimpiadi ed EXPO 2015, non si potrebbero costruire carceri nuove, moderne, diciamo pure confortevoli, ma degne di un paese civile, quale il nostro si picca di essere – senza esserlo? Se la disoccupazione giovanile raggiunge quote del 40%, perché non emanare un bando per l’assunzione di guardie carcerarie, risolvendo in un colpo due problemi – o almeno alleviandoli? Purtroppo, come accede molto spesso, dobbiamo imparare da coloro che fino a ieri abbiamo considerato meno provveduti di noi Italiani. Una notizia che è stata quasi ignorata dai nostri media, racconta che a Bucarest, e in diverse altre città della Romania, migliaia di cittadini sono scesi in piazza (in realtà sono più che migliaia, a giudicare dalle scene, sono decine di migliaia) per protestare contro il progetto del governo di applicare l’amnistia a circa 3.000 detenuti. Dato che una buona parte degli amnistiati sarebbero politici e funzionari di governo, il provvedimento vanificherebbe i risultati della lotta contro la corruzione dilagante. Una manifestante denuncia la mancanza di trasparenza del provvedimento. “Le modifiche al codice penale non dovrebbero mai passare per la via dei decreti d’urgenza” aggiunge. Il provvedimento, che metterebbe fuori più di 2.700 persone,  inclusi coloro che scontano condanne per corruzione per somme inferiori ai 44.000 euro, viene giustificato dal Ministero della Giustizia come misura necessaria contro il sovraffollamento delle carceri. Incredibile! Quando mai in Italia siamo scesi in piazza contro le amnistie, e soprattutto, quando mai abbiamo mandato in carcere per corruzione coloro che avevano incassato somme inferiori a 44.000 euro! Tutt’al più abbiamo reso loro omaggio, considerandoli più furbi di noi, ma non abbastanza, perché se rubi poco passi i guai. Al contrario, se hai messo da parte qualche milione di euro in uno o più paradisi fiscali, al riparo da sequestri e indagini, tutti ti fanno la corte. Scendere in piazza contro un provvedimento che si considera iniquo a furor di popolo ormai non ci appartiene più, ci siamo assuefatti all’ingiustizia, agli inciuci, alle raccomandazioni, alle truffe, ai furti in casa e fuori casa, alla malapolitica, alla malasanità, alla malagiustizia. Nessuno potrà mai condannare il Marchese del Grillo, la cui filosofia si riassume nella famosa frase che non voglio qui ripetere per la centesima volta. La Romania, rispetto all’Italia, è un paese giovane, avendo vissuto per lungo tempo conculcato nei diritti da una dittatura liberticida. È evidentemente un paese che, avendo conquistato la libertà, crede ancora in certi valori. Al contrario di quanto facciamo noi, abituati come siamo a tutto ciò che di male ci danno i nostri governi e la nostra politica. Sarebbe bello, però, che alla prossima amnistia, si scendesse tutti in piazza, per protestare contro un provvedimento nocivo per i cittadini. Per protestare contro un governo infingardo e per lo più corrotto, come ci hanno fatto vedere. Per protestare contro una magistratura pigra e a volte priva di senso comune. Per protestare contro il sovraffollamento delle carceri e contro una certa classe di politici buonisti e ipocriti, a cui nessuno è mai andato a rubare in casa, chissà perché. Sarebbe bello, ma siamo sempre al condizionale. Siamo in Italia.

 

 




benoit hamon

BENOIT HAMON E IL DEBITO PUBBLICO

DI ROBERTO RAGONE

“Bisogna unire il debito pubblico di tutti i paesi dell’Unione, far cassa comune” è la scioccante proposta di Benoit Hamon, il nuovo leader della sinistra, un outsider, candidato credibile per l’Eliseo, a scapito del favorito Manuel Valls che tutti davano per favorito. Un leader, a quanto pare, in grado di risvegliare una ‘gauche’ che era passiva e arrabbiata, e che finalmente si è risvegliata. Hamon ha le idee chiare su molte cose, ma certamente la cosa più interessante è ciò che pensa del debito pubblico delle nazioni aderenti all’Unione Europea, compresa l’Italia. Infatti, a proposito dei contrasti fra Italia e Moscovici nel merito dei conti pubblici e delle spese per il terremoto, Hamon è totalmente dalla nostra parte. “La commissione, e i commissari europei, che pure hanno avuto responsabilità politiche,” dichiara Benoit Hamon “sembrano ossessionati dall’applicazione di criteri contabili, peraltro perfettamente arbitrari. Bruxelles” continua Hamon “pur essendo stata in passato di manica larga con la Francia, applica le regole con una severità assurda. Bisognerebbe poter ricorrere al deficit in caso di calamità naturali, o, come nel caso della Francia, per operazioni militari, come quella francese in Mali.” Insomma, in Italia, nella classe media, ormai declassata  stato di povertà, Hamon sarebbe il leader ideale. Il prescelto dalle primarie trova che la politica di austerità, propugnata da Merkel & Co., e messa crudamente in atto dal prof. Monti, insieme alla crisi del 2008, hanno fortemente indebolito lo stato sociale. “Bisogna finirla con l’applicazione cieca del 3% e del rigore budgetario” continua Hamon “e pensare semmai alla messa in comune del debito. Il trio riformista europeo Valls-Renzi-Sanchez non ha portato progressi all’Europa, nessuno ha difeso Renzi quando si è trovato isolato di fronte a Bruxelles. Dov’è la sinistra europea quando si dice che entro il 2050 i rifugiati a causa del cambiamento climatico potrebbero arrivare ad un miliardo?” A lui fa eco Thomas HYPERLINK "http://piketty.pse.ens.fr/en/"Piketty, professore di economia presso la Paris School of Economics, autore di numerosi libri, fra cui ‘Il capitale del XXI secolo’. “Errare è umano, perseverare diabolico. Cambiamo strada ora.” dice il prof. Piketty a proposito di quella che lui chiama ‘dittatura del debito’. Piketty è contro ogni forma di austerità. “Non per partito preso o per ideologia” precisa “ma perché ho studiato la storia del debito pubblico dall’800 ad oggi.” Piketty, uno dei moderni guru dell’economia moderna, proprio in seguito alla sua ultima fatica, edita da Bompiani, appunto ‘Il capitale del XXI secolo’, non crede che il difetto dell’eurozona sia economico, ma politico. “I paesi dell’euro devono avere un parlamento che possa decidere in autonomia, rispetto alle istituzioni di ciascun paese. Abbiamo creato un mostro, e non possiamo più avere una moneta unica senza una politica di bilancio comune.” Secondo Piketty, i debiti pubblici in Europa non sono più alti delle altre nazioni come gli Stati Uniti, il Giappone o il Regno Unito. Solo che in Europa questa situazione si è trasformata in una stagnazione dell’economia. Per ridurre il debito con gli avanzi primari sul bilancio statale, come sta cercando di fare l’Italia, secondo Piketty ci vorrebbero decenni. Tirando le somme, sia Hamon che Piketty concludono che, nell’ottica di una politica europea, è necessario far cassa comune, mettendo insieme il debito pubblico di tutte le nazioni. Soluzione che certamente non trova d’accordo la Germania. Prova ne sia il fatto che i tedeschi in buona parte sono orientati ad una Germanexit. Le elezioni del 2018, che vedono contrapposti Merkel e Schultze, ci daranno la risposta. Mentre questa Europa, che lo stesso Piketty ha definito ‘un mostro’, si sfalda progressivamente, sotto le spinte ‘populiste’ di May e Trump. Le opinioni sono controverse, ma alcuni dei più grandi economisti mondiali prevedono una via di fuga per gli squilibri che deriverebbero dal ritorno alla lira, che sarebbero gli stessi provocati da ogni svalutazione o riallineamento del cambio in regime di cambi fissi. Vi sono, del resto, alcune difficoltà accessorie, perfettamente gestibili ove vi sia la volontà di farlo. Quanto poi alla paura dell’abbandono del mercato italiano da parte degli investitori esteri, gli stessi troverebbero molto più appetibile il nostro mercato nel momento in cui, al riparo da grandi svalutazioni, non avrebbero più motivo di andarsene, come invece accade oggi. Lo dimostrano le massicce fughe di capitali in corso da più di un anno, ben documentate su Project Syndicate da Carmen Reinhart. Così l’Italia muore, perché ora al rischio uscita-svalutazione unisce l’impossibilità di crescere. L’unica soluzione sarebbe, come già accennato, unire il debito pubblico di tutti i 28 paesi dell’Unione, soluzione che i paesi più ricchi e con meno debito, come la Germania, di sicuro non accetterebbero. Oppure, come dal dentista, togliere la carie una volta per sempre, magari con una lunga convalescenza, ma avendo riacquistato la propria sovranità monetaria e politica. D’altronde, fonti bene informate riferiscono che già le banche italiane si stanno preparando all’Italexit, e che l’operazione porterebbe all’Italia un vantaggio immediato di una cifra di otto miliardi. Fantasie? Vedremo.

 

 

 


 

 




La Silicon Valley contro Trump. Echi dittatoriali di un passato che ritorna

di Paolino Canzoneri

"Stolto" è colui che dimostra una ridotta capacità mentale e intellettuale, e quindi, spesso, una grossolana ingenuità mancante di senso pratico, sciocco e indisponente. Cosi recita il vocabolario e se aggiungessimo anche razzista, sessista e omofobo forse riusciremmo a tracciare un perfetto identikit di un pericoloso "essere umano" che a pochi giorni dalla sua elezione a presidente degli Stati Uniti è riuscito a tirarsi dietro tutte le ire e le polemiche di mezzo pianeta terra che ha già dimostrato palesemente quanto persistano seri dubbi sul corretto spoglio elettorale  e sul conteggio effettivo dei voti a suo favore. Il Tycoon non ha perso tempo e fra propositi medioevali di innalzamento muri e chiusura di frontiere solo per alcune popolazioni legate a religioni ed etnìe diverse, ha suscitato una indignazione cosi elevata che lo colloca in tempi da record quale assoluto, peggiore ed indesiderato presidente degli Stati Uniti che si ricordi. Il volto triste e le lacrime di Hillary Clinton all'indomani della sua sconfitta elettorale ad oggi acquisiscono un valore e un significato ben lontano dalla semplice rabbia e delusione di  essere stata battuta alla corsa alla Casa Bianca; oggi leggiamo nel suo volto una totale delusione, rassegnazione e consapevolezza di un paese alla mercè di un capitalista ingordo e fascista interessato esclusivamente ai suoi biechi interessi miranti solamente alla salvaguardia della sua classe sociale e al perseguire intenti classisti nella "strafottenza" assoluta per la gente comune che vive la propria vita nelle difficoltà di inserimento ed integrazione in metropoli sempre più industrializzate dirette di corsa verso una automazione che proferisce e si inchina ad una sola fede: il dio danaro. Proteste e manifestazioni oramai si levano ad ogni ora del giorno e un coro di dissenso si leva praticamente da ogni categoria sociale perchè l'ignoranza viscerale del neo eletto lo porta a non capire quanto oramai il genere umano non sia altro che il risultato di generazioni di persone e famiglie integrate e mescolate ognuna con origini da ogni parte del mondo e il concetto di razza eletta di stirpe "puramente" americana è un concetto cosi errato e impossibile che aiuta anche l'individuo più distratto e più ostico a prendere immediata consapevolezza del livello di inadeguatezza che ci tocca vedere per un leader che sembra stia facendo di tutto per scrivere pagine di storia controverse e drammatiche. Piazze stracolme e proteste ovunque, i magistrati bloccano l'ordine anti islamici e dopo attori e artisti di carattere mondiale, personaggi fondamentali che manovrano la Silicon Valley hanno dimostrato chiaramente il loro dissenso totale senza tanti giri di parole. Personaggi che rappresentano e diriggono la comunicazione informatica e telematica a livello internazionale come Mark Zuckerberg fondatore del principale social network mondiale che ha ricordato come i propri parenti diretti provengano dalla Germania, Polonia ed Austria; non meno diretto è stato Sergey Brin nativo di Mosca e cofondatore del motore di ricerca Google che si è fatto fotografare con accanto ad un bambino iraniano bloccato all'aeroporto di San Francisco poco dopo la decisione del tycoon di fermare gli immigrati. E cosi anche Eion Musk il cofondatore di Paypal che rappresenta un flusso milionario giornaliero pazzesco; il fondatore della piattaforma Netflix Reed Hasting, Jack Dorsey cofondatore di Twitter, Satya Nadella amministratore delegato della Microsoft, Tim Cook amministratore delegato della Apple e molti molti altri..tutti dalle origini e mescolanze da ogni parte del mondo, islamico e non. Putroppo si assiste attoniti ad un presidente "imprenditore" che tende a gestire l'America come una propria azienda mostrando il pugno duro solamente a chi non rientra nei propri interessi e difatti sconcerta l'evidente blocco delle frontiere ritenuto necessario, a suo dire, per scongiurare l'infiltrarsi di pericolose cellule terroristiche ma poi nella sostanza appare disponibile e aperto con altri paesi altrettanto pericolosi con cui coltiva interessi ed affari. Il primo ventennio del nuovo secolo putroppo lascia la guida di una superpotenza all'ennesimo "dittatore" confermando un triste appuntamento periodico e storico  che si concluderà nel peggiore dei modi come lo è stato per Bokassa, Ceaucescu, Stalin, Mussolini, Hitler, Milošević e altri pazzi sanguinari da manicomio che dimostrano che l'umanità è da sempre incapace di imparare dai propri errori e che persegue fino allo stremo obiettivi meschini, schiavi del danaro e ciechi nell'oblio di una vita totalmente sbagliata e priva di valori.
 



ancora renzi

 
 
ANCORA RENZI, QUESTA VOLTA DA RIMINI
 DI ROBERTO RAGONE
Violando ogni più elementare regola di correttezza, di serietà e di spergiuro, e dimostrando di non avere misura, ecco di nuovo,  dall'orizzonte di Rimini, appare don Matteo, in eterna campagna elettorale. Per dirla con Lucio Battisti: "Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?" Glissando a suo modo sull’iniziativa scissionista di Max D’Alema, attacca direttamente quello che sa essere il suo avversario più pericoloso, cioè Beppe Grillo, il ‘pregiudicato spregiudicato’. Chissà quando avranno dovuto spremersi le meningi gli estensori delle sue scalette oratorie per trovare questa definizione denigratoria, degna del più becero dei creativi pubblicitari! Secondo lui, il M5S è ‘un salto nel buio’: mentre invece già conosciamo la minestra riscaldata che ci riserverebbe il ritorno di Godzilla – pardon – di Renzi al governo, con il suo partito che obbligatoriamente deve riscuotere il famigerato 40% dei voti, già vantato in occasione di una disertata votazione europea – in cui i votanti furono il 50% degli aventi diritto – al fine di avere il premio di maggioranza contemplato non si sa bene se dal Porcellinum, dal Porcellum, dal Mattarellum o dall’Italicum bis o dal Consultellum: ce n'è tante da perdere il conto, ma tutte fanno capo ad un premio di maggioranza del 40%. Un 40% europeo che ha consentito al ragazzo di Rignano di vivere di rendita, fino a che è stato seppellito dal 60% dei NO al referendum. Ma evidentemente Matteo Renzi sa già come stanno le cose. E spinge per andare alle urne prima che il centrodestra sparpagliato si agglomeri, e che il M5S superi la burrasca di Raggi a Roma: e che di Chiara Appendino, in quota al Movimento, dichiarata il primo sindaco d’Italia, non si parli assolutamente, guasterebbe il truce panorama che don Matteo ha dipinto dal pulpito di Rimini. E soprattutto non si parli delle infiltrazioni mafiosi nell'Expo di Milano, che comprometterebbero il sindaco Sala. E che non si parli più di De Luca, governatore della Campania, abbonato a inchieste giudiziarie. In sintesi: Renzi e il ‘suo’ PD sono rimasti al governo abbastanza tempo per migliorare la nostra situazione, senza alcun risultato positivo. Parliamo della ‘nostra’ situazione, cioè di quella degli Italiani,  perseguitati da un fisco di rapina, da imposte comunali assurde – dopo l’assurdo aumento delle rendite catastali di Monti; schiacciati da una disoccupazione fuori controllo, da incerti pensionistici – tranne coloro che con l’etichetta di ‘diritti acquisiti’ continuano ad incassare indegni privilegi mensili di decine di migliaia di euro, – da certezze vitalizie riservate agli appartenenti alla Casta; da malavita, malasanità, malascuola, disordine pubblico, immigrazione fuorilegge senza regole, decremento demografico dovuto alle politiche dissennate degli ultimi decenni, burocrazia fine a sé stessa –  il vero ostacolo sulla strada delle riprese, tanto decantate ma mai realizzate – un’Unione Europea vampiresca e votata alle lobby. Eccetera eccetera. Con la sua solita faccia di bronzo, Renzi riparte da Rimini, appunto, attaccando direttamente Grillo, e di sponda D’Alema, il quale, da par suo, sta già muovendo le fila all’interno di un partito che afferma di voler ricostruire dopo Renzi. Il quale Renzi pensa di avere la soluzione di tutti i problemi: ma allora, perché non l’ha messa in pratica, quando poteva? E non dica che gli è stato impedito, perché il suo governo è andato bellamente avanti a colpi di fiducia, più di quello del Cavaliere. La realtà è diversa. La ritirata strategica s’imponeva, dopo il clamoroso fallimento del 4 dicembre, ma il ritorno, per un fatto di decenza, avrebbe dovuto aspettare ancora una paio di lustri, come nella migore tradizione democristiana. Oppure, più che una ritirata strategica, avrebbe dovuto essere un’abbandono delle scene politiche. Se non fosse che Renzi non smentisce mai sé stesso. Il suo ritorno, i suoi congressi, i suoi discorsi fitti di slogan e di incitamenti, oltre che di insulti per gli avversari; il suo dichiarare, mentendo, che il suo partito ‘non è quello dei grandi inciuci’; il suo evitare ad ogni costo argomenti per lui scabrosi; il suo voler apparire sempre e comunque in ogni rete televisiva e in ogni programma; la sua incapacità a governare; il suo ignorare, tutte le volte che lo chiamavano ‘buffone’, i cittadini trattenuti a stento dalle forze dell’ordine: diciamola tutta, ci hanno stufato. Imporci ancora la sua presenza fa parte di un sopruso che dobbiamo sopportare, visto che non possiamo fare come in USA, dove Trump è stato contestato, e da dove la protesta è dilagata in tutte le più importanti città del mondo. Renzi, se non altro, è apparso appesantito, invecchiato, ingrassato, grigiastro: forse per non far sfigurare il grigio Gentiloni, colui che gli tiene calda la sedia. Insomma, tutto cambi affinchè nulla cambi. Intanto i media asserviti al potere hanno messo la sordina su MPS, non si parla più di banche,  Etruria, Vicenza e compagnia cantante. Si parla invece, e molto, su alcuni giornali, di Italexit, del vantaggio che potrebbe averne la nazione, circa otto miliardi di euro, a dispetto della catastrofe invece annunciata. Si parla di Padoan, lasciato solo a contrastare le pretese dell’Unione Europea in materia di sforamento del debito. Si parla di una Germania che vorrebbe uscire dall’euro per non trovarsi coinvolta nel debito pubblico italiano. Si parla dei grandi vantaggi che l’UK sta realizzando, solo con l’annuncio della Brexit, senza che sia stata ancora messa in atto. Si parla del fallimento della missione di Napolitano, Renzi & Co., cioè l’Unione Europea. Si parla, si scrive e si legge del prossimo collasso dell’euro, – già previsto da Paolo Barnard in tempi non sospetti – una moneta unica senza nazionalità e senza riserve aurifere, soltanto un accordo fra quelle banche che ancora vorrebbero impadronirsi delle nostre nazioni e delle nostre vite. Il Fatto Quotidiano pubblica domenica 29 una vignetta molto divertente, per coloro che non hanno tempo di leggere il discorso di Renzi: i punti salienti sono così riassunti: 1) sciacallata su Rigopiano; 2) banalità; 3) banalità; 4) d’Alema chi? 5) battuta su Grillo; 6) datemi il 40% e nessuno si farà male; 7) banalità; 8) banalità; 9) saluti. Dice un proverbio che non si manda un ragazzo a fare il lavoro di un uomo, e Renzi ne è la dimostrazione, a dispetto di tutti coloro che hanno creduto nelle sue vantate – ma mai dimostrate – capacità. Panorama squallido, quindi: all’orizzonte ancora lui – “Ma non dovevamo vederci più?” – atmosfera di pensione familiare; mobili vecchi, lenzuola sporche e certo non profumate, pavimenti tutt’altro che lucidi, tanfo di vecchio e muffa, un senso di trascuratezza generale, avanzi riciclati dal giorno precedente e serviti a tavola come freschi. Piatti sbreccati e scompagnati, bicchieri opachi e vino che sa d’aceto. Questo è il panorama in cui Renzi vorrebbe risorgere, ma non è Lazzaro, e Gesù non ha nessuna intenzione di chiamarlo.