MARIA ELENA BOSCHI: “LA MOGLIE DI CESARE DEVE NON SOLO ESSERE ONESTA, MA ANCHE SEMBRARE ONESTA.”

di Roberto Ragone

Nel decimo capitolo della vita di Giulio Cesare Plutarco ci riferisce che, in occasione di una festa esclusivamente femminile, dedicata alla dea Bona, Pompea, moglie di Cesare, introdusse nella sua abitazione un certo Clodio, suo spasimante, travestito da donna. L’inghippo fu scoperto, Clodio trascinato in tribunale e Cesare citato come testimone. Alle domande del Pubblico Ministero, l’Imperatore rispose che non conosceva Clodio e che nulla sapeva dei suoi inganni. Il magistrato, non soddisfatto dalla risposta, lo pregò di essere più chiaro. A questa domanda Cesare rispose che la moglie dell’Imperatore doveva essere al di sopra di ogni sospetto, privilegiando l’apparenza piuttosto che la realtà dei fatti.

La vicenda del ministro, anzi della ‘ministra’ – pessimo neologismo – Maria Elena Boschi, sembra ricalcare proprio la vicenda narrata da Plutarco nelle sue ‘Vite’. La mozione di sfiducia presentata in Parlamento e poi al Senato è stata respinta per chiari motivi di opportunità politica, essendo la ‘ministra’ uno dei cardini del mai eletto governo Renzi.

La vicenda della Banca Etruria in altri tempi avrebbe travolto non solo la ‘ministra’, ma anche il governo in carica. Oggi invece la resistenza a queste faccende rasenta l’arroganza del Marchese del Grillo, con la sua famosa frase: “Io so’ io e voi nun sete un c…”  Insomma chi comanda è don Matteo, da non confondere con il gentile personaggio della televisione. Che la mozione di sfiducia sarebbe stata respinta erano tutti ben coscienti, sia nel PD che nei suoi comprimari, convocati alla conta dei voti con frenesia. Fatto sta che la faccenda è stata volutamente ingarbugliata, tanto da non capirci più nulla probabilmente neanche loro. Non vogliamo qui fare la conta degli elementi che porterebbero a condannare Maria Elena Boschi, c’è già chi se n’è occupato. La nostra è una questione di etica. Un pubblico funzionario non dovrebbe solo essere onesto, ma anche tale apparire.

Le dimissioni, in attesa di chiarimenti da parte della Magistratura, dovrebbero essere doverose: ma già, questo è un governo speciale, quello che cambierà l’Italia, e staremo a vedere come. L’impressione che se ne ricava è che tutta la polvere che viene sollevata serva a nascondere le vere intenzioni non solo del governo, ma di chi lo guida. Ricordiamo perfettamente come egli sia arrivato dopo Monti e Letta – durato meno di Giovanni Paolo I^ – incaricato dall’Internazionale che fa capo a Rockfeller e alle banche americane e non, tramite una Merkel che oggi si è sentita rinnegare. Delirio di onnipotenza, o ripicca per non essere stato invitato all’ultimo consesso politico? Forse il Pierino della situazione era scomodo, e comunque ricordiamo benissimo quando e come è arrivato al potere. Un giorno – erano i primi tempi – tutti rimanemmo piacevolmente impressionati, –  ancora non conoscevamo le potenzialità dell’ex sindaco, –  disse che ‘sulla questione della Salerno-Reggio Calabria ci metto la faccia’. Meno male che ci ha messo solo quella.

Ora, è da tempo davanti agli occhi di tutti la situazione di vitalizio mafioso di quella superstrada, veramente super, visto come vanno le cose. Quindi, a rigor di logica o di etica, la Boschi avrebbe già dovuto dimettersi per allontanare da sé ogni sospetto di colpa nella situazione di banca Etruria, che vede coinvolto il padre della Boschi, suo fratello, sua cognata e lei stessa come azionista; si è invece preferito resistere e andare avanti. Abbiamo in questo un illustre precedente del giudice Paolo Borsellino, del quale voglio riportare per intero uno scritto. Prendiamo esempio da queste persone, lui come il giudice Falcone, loro sì, persone veramente al di sopra di ogni sospetto. Per non creare equivoci, dico subito che nessuno vuole accusare nessuno d’esser mafioso o vicino ai mafiosi. La lezione che ne dobbiamo trarre è quella di cui sopra: non bisogna solo essere onesti, bisogna anche apparire onesti. In ossequio a quella trasparenza di cui tanto grida in Parlamento Matteo Renzi.

 “L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati." Paolo Borsellino.
 




RENZI ALL'ATTACCO: "M5S FA OPPOSIZIONE SOLO A TELECAMERE ACCESE"

Redazione

La ripresa, ma anche l'opposizione a cinque stelle "solo in favore delle telecamere" e la questione banche. Il premier Matteo Renzi interviene a tutto campo alla trasmissione 'L'Arena' di Massimo Giletti.

Nel 2016, faremo più dell'1,5% – "Il 2015 si chiude meglio del 2014 ma non sono ancora soddisfatto. I segnali di ripresa ci sono ma ci vuole tempo. L'Italia è come se fosse guarita ma ancora non sta bene. Nel 2016 tutti i segnali dicono che andremo ancora meglio: faremo più dell'1,5% sul Pil, ma l'importante è che ci credano gli italiani, è tutto nelle nostre mani".

M5s fa opposizione solo in favore di telecamere – "La legge di stabilità è stata approvata alle 2.58 di stanotte e i 5 Stelle non erano in Aula perché purtroppo fanno un'opposizione che regge fino a che sono accese le telecamere. Forse è la famosa febbre del sabato sera, si sono ammalati tutto insieme".

Sanzionato papà Boschi,non guardo faccia nessuno -"Il conflitto d'interessi dove sta se il padre della Boschi è stato sanzionato e se questo governo ha commissariato e mandato a casa il papà della Boschi. Questo governo non guarda in faccia nessuno, nessuno ha avuto un trattamento privilegiato".

Rispetto Bankitalia, non scarico responsabilità – "Se immagina che scarichi la responsabilità sugli altri, come faceva la politica in passato, ha sbagliato persona. Banca d'Italia e tutte le altre istituzioni godono del rispetto del governo italiano: la questione non è giocare allo scaricabarile".

Il sistema delle banche italiano va ripensato". "La prossima mossa che faremo sarà unificare sempre più le banche del credito cooperativo, che sono anche belle ma devono essere più solide. E poi ci sono troppe poltrone", aggiunge. "E' il momento di voltare pagina".

Anche voi amici tedeschi rispettate le regole – "A volte mi girano le scatole, ed uso un francesismo, a rispettare tutte le regole. E una questione di credibilità, l'Italia ha sofferto per mancanza di credibilità. Noi lo facciamo ma anche voi le dovete rispettare, cari amici tedeschi"




NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE

di Roberto Ragone
'Niente di nuovo sotto il sole' recita Salomone nell'Antico Testamento, nel il suo libro poetico intitolato ‘Ecclesiaste,’ o Qoelet’, se vogliamo dirlo con gli Ebrei; parole di saggezza di uno che aveva già capito tutto, e che conclude il suo primo capitolo con una frase che recita pressappoco così: “Molta sapienza molto affanno, chi accresce il sapere aumenta il dolore”. Il dolore di vivere, certamente, il dolore di una consapevolezza che non trova alcun sollievo nei fatti di oggi. Viviamo, in Italia, un’epoca che fa venir voglia a molti di scappare, di cambiare nazione e continente, a costo di regredire andando ad abitare in quei Paesi che fino a ieri erano considerati figli di un dio minore, al di là della Cortina di Ferro. Soprattutto i pensionati sull’orlo della povertà, che rinunziano ad una qualità di vita già consolidata, stante la loro età, con figli, nipoti, amici, abitudini.

Oggi vivere in Italia è diventato difficile, roba da ricchi, ma senza avere i vantaggi che possano avere questi ultimi. Diciamola tutta: noi sudditi viviamo una condizione di precarietà mai provata, uno stato d’ansia latente e costante, un’insicurezza che non è solo fantasia, o solo economica; la microcriminalità imperversa, come dimostrato stamattina, giovedì 17 gennaio, con il servizio sui tassinari di Roma, durante l'intervista a Chiara Rai e Antonello Fassari. Sembra che coloro che vogliono armarsi appartengano ad una categoria politica di cattivi a prescindere, perché già nell’animo progettano di togliere la vita ad un essere umano. Buoni, invece, sono coloro che predicano la non violenza, non sapendo bene a chi si debbano rifare, se a Gandhi o a Marx. Il mondo, quindi, è diviso fra buoni e cattivi? Magari fosse, ma non è così. Se i sudditi di questo paese sentono la necessità di un oggetto che li faccia sentire – extrema ratio – più sicuri, o in grado comunque di resistere ad eventuali aggressioni, la colpa è del clima di insicurezza instillato nell'animo della nazione tutta dalla cronaca quotidiana, con una Magistratura che interpreta le leggi, il più delle volte, a pro del reo, dove la certezza della pena è una chimera, dove le Forze dell’Ordine – e siamo stanchi di ripeterlo – sono ridotte ai minimi termini, dove l’esiguità delle pensioni e la scarsezza di lavoro spingono i giovani ad emigrare, e gli anziani a trasferirsi; un governo che non fa nulla di concreto per fare in modo che queste situazioni trovino finalmente una soluzione, nutrendoci di statistiche e di dati che non dicono nulla, che non impediscono che domani possano ripetersi le aggressioni notturne, a cui, piuttosto che una difesa armata, come deterrente possiamo opporre una lavagna con i dati che dicono che la criminalità è in calo, e che loro, gli aggressori con passamontagna, non dovrebbero essere qui, ma in galera per precedenti reati, o espulsi e all'estero, al loro paese. Iperprotetti, di contro, sono gli uomini politici, o coloro che hanno il denaro per pagarsi una scorta, mentre il cittadino, pardon, il suddito comune rischia ogni volta che esce per strada.

Siamo in pieno lavaggio del cervello, e il referente maggiore è la televisione di stato, quella che ci insegna quel buonismo ipocrita dei programmi mielosi dei momenti di maggiore ascolto, quelli che fanno una audience più alta. Quella sapienza che Salomone stigmatizza è molto lontana, e il suo contrario serve evidentemente ad addormentare le coscienze, a tutto pro di chi fa e disfa a suon di proclami, il più delle volte disattesi. In una nazione in cui chi legge un libro al mese è merce rara – e poi bisogna anche vedere cosa legge – assistiamo al proliferare di giornali di gossip, di sottocultura, di pettegolezzo, che vengono pubblicati, venduti e letti, e poco importa se nelle sale d’aspetto dei parrucchieri o dei medici di base. Dobbiamo allora arguire che la maggior parte dei telespettatori aventi diritto al voto è anch’essa becera, tenuta ad arte nell’ignoranza. E’ quindi facile instaurare e propagandare, come legittimi, sentimenti ‘buonisti’, a cui è orientata tutta la falsa politica televisiva, con le sue raccolte umanitarie, i suoi numeri per donare con un sms due, cinque o dieci euro, il che ci fa sentire tutti più buoni, senza conoscere esattamente quanto di quello che doniamo andrà realmente a chi ne ha bisogno, oppure negli stipendi di chi le società umanitarie gestisce e ha creato; senza sapere a chi fanno capo certe organizzazioni, patrocinate, per le offerte, dalla tv di stato; senza pensare che tante di quelle collette dovrebbero essere a carico della pubblica amministrazione, con denari che noi abbiamo già versato per quegli scopi. I ‘buonisti’: è un termine che raccoglie quanto di più becero e ipocrita ci possa essere, come i ‘perbenisti’ dell’800, quelli che avevano la moglie e l’amante, e andavano al casino; tutti sapevano, ma non si doveva dire, e poi la domenica a battersi il petto e a fare la comunione, salvo poi a ricominciare da capo il lunedì.

Quando Renzi dice che non accetta lezioni di trasparenza, ha ragione; non le accetta da chi, come lui, trasparente non è mai stato, ma sarebbe costretto ad accettarle da noi sudditi, se solo avessimo la possibilità di farci sentire, o di essere considerati. Ma sembra che questo governo, non dichiaratamente di sinistra – infatti anche Matteo tende al centro, dove sa che c’è la maggioranza dei voti – sia quello che vuole risolvere i problemi della nazione. ‘Cambiamo l’Italia’, si predica alla Leopolda e fuori: ma forse l’Italia non vuole essere cambiata, oppure non nel senso che dice lui, o peggio. Le riforme tanto sbandierate ad ogni piè sospinto sono sicuro che le ha capite il dieci per cento degli Italiani, cioè quelli che sono in politica. Per il resto, il 'jobs act' – attento, quando l’avvocato parla latino ti sta fregando, dice Manzoni  – la 'spending review' fatta pro domo sua, la ‘buona scuola’ che di buono sembra non abbia granchè, e così via. Senonchè arriva di botto una Le Pen che si affaccia al governo della Francia. Conosco i Francesi per averli molto frequentati anni fa, e a loro ho sempre invidiato una coerenza intellettuale. Sono nazionalisti ma non fascisti, amano la patria e la servono, ma non sono estremisti, comprano quasi soltanto auto francesi, ricordano De Gaulle come un uomo decisivo, ma non ne fanno un mito, molto simili, per alcuni aspetti, agli Americani. Se hanno deciso di votare a destra, avranno avuto le loro ragioni, e vanno rispettate. Quelli che il nostro ineffabile Presidente del Consiglio chiama ‘populismi’, con termine dispregiativo, è l’espressione di una intera nazione, tanto che ci si sono dovuti mettere in parecchi per sconfiggerla. Ironia della sorte, i populismi sono propri di questo governo, e di questo Presidente: come chiamate la regalia elettorale degli 80 euro, che poi 80 non sono mai stati, perché nessuno ha spiegato agli interessati che essi sarebbero stati elargiti con gradualità, secondo il reddito? Se Renzi viene in TV a dire che ’80 euro sono pochi per chi ha tanti soldi, ma sono tanti per chi ne ha pochi’, allora, amico mio, questo è un autogol macroscopico, perché gli 80 euro – che sembra verranno dati ai poliziotti, dopo averli insultati con 9 euro lordi che i più hanno rifiutato – diventano una elemosina. Con 80 euro ci fai la spesa per una settimana, oggi, al discount, per una famiglia normale di quattro persone. Quindi, chi più buonista e populista di un Renzi che con le sue iniziative cerca di accattivarsi le simpatie della pancia della gente – sudditi comuni? Oppure dovremmo usare un altro termine, demagogia? Certamente nelle sue iniziative c’è molto di demagogico, in quello che proclama.

Quello che fa, disse una volta un Cinquestelle, è un’altra cosa, perché non lo dice. A vederlo agitarsi ieri, ad alzare la voce in Parlamento, m’è venuta in mente l’opera dei pupi, Orlando e Rinaldo, e chiedo scusa, ma la mia sensazione è stata quella: purtroppo per lui chi alza la voce vuol dire che non riesce a farsi sentire parlando piano. Come un’altra sensazione mi grava nella mente, memore di Prodi, Monti e Letta: stia attento Matteo ai suoi stessi compagni, quelli sempre pronti a saltare sul carro del vincitore: può darsi che anche lui sia vicino alla scadenza, come dimostrato dai suoi predecessori. E allora l’Italia non la potrà più cambiare, lo farà qualcun altro: sempre che gli Italiani ci abitino ancora.
 




GIUSTIZIA, PROCESSI E MEDIA: LA PAROLA ALLA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO

di Domenico Leccese
La criminologa Ursula Franco perito della difesa nel processo a Michele Buoninconti parla di menzogne e del peso che queste assumono per la società, in termini economici e non solo. Ursula Franco affronta anche la tematica riguardante gli operatori della Giustizia e della mentalità di questi ultimi che si forgia nelle nostre università. A tale riguardo Ursula Franco ci ha concesso un'intervista.

C’è stato bisogno di ben cinque gradi di giudizio per arrivare alla sentenza per l’omicidio di Chiara Poggi, a cosa attribuisce le lungaggini del nostro sistema giudiziario?

Non esiste una sola causa, ma credo che nelle fasi iniziali delle indagini siano un problema sia l’inesperienza di chi indaga in provincia in specie l’assenza di una adeguata preparazione necessaria per affrontare un primo interrogatorio di un sospettato, che è cruciale, e quindi per muovere i primi passi verso la verità, purtroppo ci sono ancora molti pregiudizi nei confronti dell’analisi del linguaggio che invece se applicata come si deve, come è di norma in America, indica la strategia d’indagine. Queste odiose lungaggini sono dovute anche al fatto che i consulenti spesso non dicono il vero o dissimulano, come sostiene Jacques Vergès nel suo libro 'Gli errori giudiziari’: ‘Gli esperti sanno compiacere coloro che li fanno lavorare…’, ciò vizia la soluzione di un caso ed allunga inevitabilmente i tempi della giustizia.
Purtroppo tutto nasce dall’idea errata di chi si occupa di un certo procedimento sia da una parte che dall’altra che una consulenza possa essere la chiave di volta di un caso e gli permetta di chiuderlo rapidamente, mentre invece accade raramente che una consulenza sia probatoria.
In quest’ottica i consulenti finiscono per manipolare i risultati delle proprie analisi in modo da avvallare il convincimento di chi gli ha commissionato la consulenza, ciò obbliga il giudice a chiedere ulteriori analisi da parte di periti da lui nominati e ritarda il raggiungimento della verità.
Non è una novità ciò che le sto dicendo, esistono testi americani sull’errore giudiziario dove si parla di consulenti ‘partigiani’, è un noto gioco delle parti che nessuno è interessato ad interrompere.
Un altro problema degli inquirenti è poi molto spesso la mancanza di una formazione scientifica, oggi fondamentale, in quanto ormai il risultato di un’indagine è una sorta di diagnosi, i dati peritali ritenuti più rilevanti si analizzano con il metodo logico scientifico, sconosciuto a chi non ha una specifica preparazione.
Chi indaga dovrebbe farsi affiancare da un criminologo con una laurea scientifica che sia in grado di processare, criticare e valutare i dati delle consulenze in modo elastico perché i risultati delle perizie non sono assoluti, né spesso risolutivi.

In che modo i media influenzano i processi?
Sono in molti ad affidarsi a ciò che sentono dire in televisione, anche coloro che hanno delle responsabilità nei procedimenti di cui si ‘chiacchiera’ sul piccolo schermo, in Italia si legge poco, è troppo impegnativo, la tradizione orale non è mai stata abbandonata e purtroppo le notizie che vengono diffuse dai media sono manipolate o frammentarie e vengono interpretate spesso in modo erroneo dai pseudo esperti stipendiati dai vari programmi televisivi in cui nessuno è realmente interessato alla verità ed i conduttori appoggiano una tesi piuttosto che un’altra a seconda del loro ritorno in termini di share, ne è la riprova l’assenza di contraddittorio.
Inoltre ormai parlare di criminologia senza conoscerla va molto di moda, mentre per parlare delle responsabilità di qualcuno in merito ad un reato così grave come l’omicidio, è necessario avere adeguate competenze ed aver approfondito il caso, le competenze di cui parlo non sono quelle giornalistiche, disconoscendo la criminologia si rischia di prendere lucciole per lanterne, non senza fare danni irreparabili come nel caso di Buoninconti.
I media purtroppo non soltanto intrattengono la massa ma influenzano i testimoni dei vari procedimenti e condizionano inevitabilmente le loro testimonianze in udienza e spesso forgiano purtroppo anche il pensiero di inquirenti e giudici. Le parrà incredibile ma ho la certezza che come questi pseudo esperti televisivi molti avvocati di parte civile non abbiano mai letto con cura gli atti dei processi di cui si occupano, non è la regola appoggiare una procura, la regola dovrebbe essere collaborare nella ricerca della verità.
La superficialità condiziona i risultati dei processi e favorisce l’errore giudiziario, ma evidentemente la storia non insegna.

Come si risolve un caso?
Un caso, lo ripeto non si risolve magicamente con una o più consulenze di parte, si risolve raccogliendo la maggior quantità di dati possibili con le indagini tradizionali, analizzandoli, affiancando a questi dati consulenze mirate e traendo solo dopo uno studio approfondito di tutte le risultanze le conclusioni, si risolve semplicemente lavorando, escludendo ogni possibile ipotesi alternativa, analizzando senza pregiudizio le dichiarazioni di un indagato, quelle dei familiari, quelle dei testimoni, valutando nel giudizio finale a quanti mesi di distanza dai fatti sono state raccolte ed in che clima mediatico.

Il suo sogno nel cassetto?
Ne ho due, sogno un paese con una giustizia morale, dove gli avvocati difendano solo innocenti e colpevoli rei confessi, dove nelle aule universitarie si educhino gli studenti non solo all’etica ma anche all’estetica della verità, dove il diritto alla miglior difesa come vuole la legge si associ al rispetto delle vittime e dei loro familiari, dove si faccia il possibile per limitare una giustizia beffa, dove la confessione sia la regola e chi ha commesso un grave reato sia sottoposto ad un percorso psichico riabilitativo attraverso un sostegno psichiatrico, dove scompaia per sempre il ridicolo balletto tra una sentenza di assoluzione ed una condanna all'ergastolo, dove le famiglie sia delle vittime, già provate da lutti intollerabili, che quelle dei carnefici non vengano sottoposte ad una indecente esposizione mediatica, dove non si dia più spazio alle odiose e diseducative tarantelle di giornalisti, pseudo-esperti e sensitivi che speculano sulla morte violenta, dove gli avvocati non si trovino esposti al ridicolo nel tentativo di giustificare un: ‘Mi avvalgo della facoltà di non rispondere’, come se avesse ragione di servirsene un innocente e poi sogno di poter collaborare alla revisione del processo per l’omicidio di Meredith Kerchner.
Infine vorrei ricordare che le menzogne hanno un costo enorme per la società in termini economici e non solo e che le mentalità di coloro che si occupano di giustizia si forgiano nelle università.

 




MARIA ELENA BOSCHI: LA CAMERA SALVA IL GOVERNO E RESPINGE LA MOZIONE DI SFIDUCIA

Redazione

La Camera, come era ampiamente prevedibile, ha respinto la mozione di sfiducia, presentata dai pentastellati, nei confronti del ministro delle riforme e dei rapporti con il parlamento, Maria Elena Boschi, con 129 sì e 373 no. A favore hanno votato M5s, Si-Sel, Lega nord, Fdi-An. Contrari Pd, Area popolare, Conservatori e riformisti, Ala, Scelta civica, Pi-Cd, Psi, Minoranze linguistiche. Forza Italia non ha partecipato al voto
 
 
L'arringa di Boschi Sicuramente certa dei numeri, la difesa del ministro delle Riforme è stata piena di precisazioni, orgoglio e anche un pizzico di punzecchiature rispetto al trattamento riservatole dagli "invidiosi" della sua posizione e giovane età.  La ministra ha parlato di suo padre a testa alta: "Se mio padre fosse stato davvero favorito – ha detto – sarei la prima a dimettermi. Ma sono state dette un sacco di falsità: è in corso un attacco politico contro il governo e la mia famiglia". "Sono orgogliosa di far parte di un governo – ha detto in Aula – che esprime un concetto molto semplice: chi sbaglia deve pagare, chiunque sia, senza differenze e favoritismi. Se mio padre ha sbagliato deve pagare. Non c'è spazio per doppie misure e favoritismi. Non è mia intenzione – ha aggiunto – esprimere valutazioni per la campagna contro la mia famiglia e contro il governo".
Chiudendo il suo intervento alla Camera ha scagliato una lancia contro i suoi avversari politici: "La realtà dei fatti – ha aggiunto -è molto più forte del qualunquismo, della demagogia e del populismo che dice che alcuni non sono uguali davanti alla legge. Nella nostra Italia siamo tutti uguali davanti alla legge e questo è dimostrato. Auguro a tutti voi di giudicare i fatti, che sono più forti della demagogia. A chi pensa così di indebolire il governo, dico: lasciate perdere". "Il Governo è attrezzato per respingere attacchi e portare avanti la nostra azione. Non ci fermeranno le bugie, ma andremo avanti per dare all'Italia una nuova opportunità", ha concluso. Boschi lancia la "sfida" ai "colleghi" che hanno firmato la mozione di sfiducia. "Io sono dalla parte delle istituzioni e non ho mai favorito familiari o amici, non c'è nessun conflitto di interessi", ha detto chiamando il giudizio della Camera sul fatto se abbia o no tratto "vantaggi" dalla vicenda Banca Etruria. "I colleghi sono liberi di pensare quello che vogliono ma dico che le maldicenze, le invidie e i chiacchiericci che mi hanno coinvolto non mi fanno paura, anche perché ho avuto attestati di stima ed amicizia non solo da parte dei colleghi ma anche di cittadini che mi incoraggiano ad andare avanti".
 




CORTE COSTITUZIONALE: PLENUM RAGGIUNTO GRAZIE AD ACCORDO TRA PD, M5S E CENTRISTI

Redazione

Accordo raggiunto sui tre giudici che mancavano alla Corte Costituzionale. L'accordo tra il Pd, M5s e centristi è stato raggiunto nella serata di ieri quando il Parlamento ha eletto i giuristi mancanti.

Si tratta di Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti, indicati rispettivamente da Pd, pentastellati e centristi. I tre giuristi hanno ottenuto rispettivamente 581 voti, 609 e 585, superando così il quorum richiesto. Un passaggio salutato con "profonda soddisfazione" dai presidenti Pietro Grasso e Laura Boldrini. Esultano i 5 Stelle: "Vince metodo M5s". Sollevati i Dem che augurano buon lavoro ai tre giuristi. L'intesa è stata raggiunta grazie alla tessitura del capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, di Danilo Toninelli di M5s, e dei capigruppo di Ap, Pi e Sc. La situazione è stata sbloccata in mattinata da Matteo Renzi che ha reciso forse definitivamente il Patto del Nazareno. Una decisione che esclude Fi, incapace per le sue divisioni di sostenere un proprio candidato. Cosa che ha provocato ulteriori malumori tra gli azzurri e l'ira di Silvio Berlusconi contro la maggioranza.

 Il Pd, che ha il maggior numero di grandi elettori (413), già venerdì aveva abbandonato Fi per cercare una intesa con M5s, visto che il capogruppo azzurro Renato Brunetta insisteva sulla candidatura di Francesco Paolo Sisto, sgradita alla minoranza del Pd e non sostenuta da tutta Fi. La mozione di sfiducia contro il ministro Maria Elena Boschi annunciata domenica da M5s ha rallentato la trattativa, ma lunedì le pressioni del Quirinale su tutti i gruppi a chiudere in tempi stretti, hanno convinto Renzi: l'accordo con M5s andava fatto nonostante la mozione, separando concettualmente l'intesa istituzionale dallo scontro politico. Ragionamento questo su cui M5s ha esitato, accettandolo poi martedì sera. Inutile il rilancio di una parte di Fi che ha proposto il nome di Raffaele Squitieri, anche perché un'altra parte del partito insisteva sulla candidatura di Sisto.

La quadratura si è ottenuta grazie al nome di un giurista di alto livello espresso dai centristi (Ncd, Ucd, Sc, Pi)e accettato da M5s. Martedì sera il nome in pole è sembrato Pietro Rescigno, ma la sua età avanzata (classe 1928) ha spinto orientare la scelta su Giulio Prosperetti, allievo di Leopoldo Elia e Gino Giugni. Fi rimane dunque tagliata fuori dagli accordi istituzionali sulle elezioni degli organi costituzionali per la prima volta dal 1994.

"E' molto grave – ha tuonato Silvio Berlusconi – che la Consulta non abbia al suo interno nemmeno un giudice che sia del centrodestra". Ma l'accusa può anche essere ritorcersi su FI. Infatti dal giugno 2014 il partito di Berlusconi non è riuscito ad esprimere un candidato che sostituisse Luigi Mazzella, a suo tempo indicato da Fi. A causa delle divisioni interne gli azzurri hanno "bruciato" vari candidati prima di Sisto (Donato Bruno, Antonio Catricala', Francesco Caramazza, Maria Elena Sandulli e Stefania Bariatti) anche quando il Patto del Nazzareno era vivo e vegeto. Per M5s, i cui gruppi parlamentari hanno approvato a maggioranza, e non all'unanimità, l'accordo, è un passo ulteriore verso l'ingresso nell'"arco costituzionale". Il suo essere un movimento "antisistema" riguarda sempre più gli altri partiti e meno le istituzioni. I parlamentari pentastellati possono a ragione rivendicare la vittoria "del metodo M5s", anche se questo passaggio non è stato apprezzato da tutti i sostenitori, a giudicare dai social.
 




DEBITO PUBBLICO E QUANTITATIVE LEASING: LA GRANDE MISTIFICAZIONE

di Emanuel Galea
Come versare acqua in una cisterna crepata!  Qualcuno, per un tempo limitato, potrebbe illudersi che sia sufficiente aumentare il versamento. Una pia illusione! A lungo andare la crepa si allargherà. All’improvviso la struttura non reggerà più, cederà e l’acqua defluendo andrà tutta sprecata, lasciando tutti a bocca asciutta.
Secondo il supplemento al bollettino statistico di Banca d’Italia, nei primi otto mesi dell’anno in corso, il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 48,8 miliardi, a fronte di un fabbisogno complessivo pari a 24,9 miliardi. Per rendere più chiaro il concetto del binomio debito pubblico-quantitative leasing riporto la lettura del contatore del debito pubblico, come da Italiaora.org dell' 8 dicembre che segna euro 2.282.189.869.718. A chiusura del presente articolo, rifarò la lettura a quel momento e vedremo la crescita esponenziale. Il dato più aggiornato disponibile lo fornisce “Fabbisogno dello Stato. Aggiornato al 3 dicembre 2015”.  Le informazioni sono quelle del Ministero dell’Economia e Ragioneria generale. Secondo queste fonti, il fabbisogno cumulato al novembre 2015 era 62,3 miliardi di euro. In linea di massima rimane quasi invariato dal 2014 che a fine anno chiudeva a 76,8 miliardi.

Inaugurando l'anno accademico dell'Università Cattolica di Milano, Draghi si è detto preoccupato dei rischi per la crescita e aveva promesso: "Al nostro incontro di dicembre riesamineremo il livello della nostra politica monetaria accomodante". Fino ad ora, ci si è preoccupati di coprire il fabbisogno del settore pubblico emettendo titoli a medio e lungo termine, emissione di buoni ordinari del tesoro, ricorso all’indebitamento estero. Intanto Draghi è intenzionato ad aumentare il QE, mettendo più liquidità sul mercato. Prima o poi si dovrà trovare un modo per ritirare tutta la maggiore liquidità creata rimettendo sul mercato i titoli comprati senza creare sconquassi o sulla liquidità o sui corsi dei titoli.

La politica si rilassa e non si parla più di spendine review. Consiglieri regionali e non solo reclamano il loro vitalizio e i ministeri non rinunciano ai loro fasti. I politici interrompono il ponte dell’Immacolata, aprono la Camera per arraffare ingiustificatamente 10 milioni di euro, impropriamente chiamati rimborso spese.
Tanto ci pensa Draghi a ripianare i buchi.

Le riforme strutturali e lo smantellamento della burocrazia sono i veri due colpevoli del mastodontico debito pubblico, due argomenti demodé. Il tanto osannato QE fa perdere, anche se indirettamente, la flessibilità del cambio, disincentiva l’indirizzo alla politica e fa perdere la promozione della competitività senza nulla aggiungere al mercato del lavoro.
•      L’apparato statale è la cisterna. Il debito pubblico, ahinoi, è la crepa profonda. Il QE è l’acqua che defluisce continuamente. 

Intanto il contatore del debito pubblico continua inarrestabile a segnare la drammaticità della situazione, avvertendo, a chi vuole ascoltare, che qualsiasi futuro passerà obbligatoriamente da una drastica riduzione di questo macigno. Lo scorso10 dicembre, il contatore debito pubblico segnava 2.282.628.439.288, praticamente con una crescita esponenziale di circa 220 milioni al giorno, dato confermato anche dalla statistica della Banca d’Italia. Sempre secondo stessi dati Banca Italia, solo il fabbisogno giornaliero delle amministrazioni pubbliche ammonterebbe  a circa 113 milioni. Bisogna necessariamente fermare questa dissennata corsa verso “lidi sconosciuti”, per citare Draghi, e riformare la struttura statale in conformità alla potenzialità fiscale. Oltre i lidi sconosciuti ci starebbe anche il buio oltre quella siepe del debito pubblico.

 




ETRURIA BOND: QUIS CUSTODIET IPSOS CUSTODES

di Domenico Leccese
Rotola nelle ultime ore il bidone delle responsabilità, alla ricerca di un colpevole. La Banca d'Italia tace, umiliata, per non far scappare dagli sportelli bancari quelli ancora da spennare. Tace la Consob che si è infilata nelle banche che doveva controllare. Come è attuale l'interrogativo vecchio di duemila anni "quis custodiet ipsos custodes" chi sorveglierà i sorveglianti stessi? Sarà la magistratura a trovare e a punire l'inazione che sconfina con la collusione?

Sull'argomento abbiamo voluto sentire il parere del Dirigente Generale – Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale, Economia Montana  della Regione Basilicata dr.  Rocco Rosa, che guarda, da vicino, agli amministratori… "Con l’occhio di una volta ogni tre mesi , negli Uffici dell’Ente nel quale lavoravo, tanti e tanti anni fa, si poteva tagliare l’aria col coltello. Tensione a mille, il Direttore agitato oltre misura, la cera per terra e un cero alla Madonna perchè tutto andasse per il meglio. Esagero, ma mica tanto. Era il giorno degli ispettori ministeriali , quelli che con una virgola in più o in meno potevano farti saltare dalla sedia. Si chiudevano nella loro stanza, riscaldata a puntino, la caffettiera pronta, e si alzavano alle due, per andarsene in trattoria, loro tre soli. Alle tre e mezzo tornavano a spulciare i conti, fino a sera tardi. La mattina successiva la stessa cosa. Ti rilasciavano copia del verbale e tu, dall’espressione del Direttore, vedevi se gli accertamenti erano andati a buon fine o meno. Ovviamente non è che allora tutto fosse lindo e pulito, ma tra chi ti doveva controllare e te, Ente sottoposto a vigilanza, c’erano quanto meno un ruolo delle parti ben definito e dei confini ben delimitati. Quando sento di come si è comportata la vigilanza bancaria in questi anni mi viene lo sconforto: io opero, tu giri le spalle, io ti faccio dare una consulenza per un’altra questione, tu cerchi di non vedere il rischio che sto facendo correre a chi ha investito i soldi nella mia banca. E via moltiplicando i casi di metastasi di un sistema dove alcuni sono furbi e tutti gli altri sono fessi, i furbi da una parte, a prescindere dal colore della maglietta e i fessi con la maglietta obbligatoriamente gialla, per la bile che sono costretti a mangiare. Indicazioni e suggerimenti? Non voglio trarre indicazioni o dare suggerimenti su quello che una classe politica nuova dovrebbe fare, ma un controllo, attento, oggettivo ed imparziale su come spendono i soldi pubblici ci vuole. Ci sono i revisori dei conti? Non bastano, perché essi , pur potendolo fare, quasi mai entrano nelle scelte decisionali di gestione realizzando così il paradosso di un controllo contabile che ha funzionato, mentre un ente si stava allegramente avviando verso il default (vedi il caso ENPAM). Questo per dire che quando si danno soldi pubblici non bisogna pensare che abbiamo trovato i Marchionne della situazione pronti a far diventare oro tutto quello che toccano, ma che abbiamo pure potuto incappare in qualcuno che spande e spende come se i soldi li avesse vinti alla lotteria, salvo poi lasciare un buco grande come un portone. E allora? E allora, troviamo dei meccanismi per guardarli da vicino, che sia un ufficio ispettivo oppure un resoconto semestrale a chi gli ha dato, insieme all’incarico, anche degli obiettivi da portare avanti."
 




CASO MARIA ELENA BOSCHI: SECONDO PADOAN "NE USCIRA' ALLA GRANDE"

di Angelo Barraco

Roma – Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha parlato a Radio Anch’io, esprimendo la sua vicinanza al ministro Maria Elena Boschi. Padoan ha puntualizzato a Radio Anch’io che la Boschi ne “uscirà alla grande, non ha nulla da nascondere”, Padoan aggiunge inoltre “Le istituzioni sono solidali e forti. Piena fiducia a Bankitalia e Consob”. Secondo Padoan è ancora presto per parlare di soglia poiché stanno attivando un meccanismo arbitrato, rispondendo alla domanda in merito alla soglia per i rimborsi ai risparmiatori coinvolti nel caso delle obbligazioni subordinate. Roberto Nicastro precisa che il problema che ha coinvolto le quattro banche è acuto ma molto più circoscritto e precisa che ci sono circa un migliaio di casi molto delicati. Nicastro ha parlato a Radio Anch’io riferendo che ci sono 8.000 risparmiatori che hanno visto un coinvolgimento del proprio patrimonio tra l’1% e il 29% aggiungendo che è “E' umano sviluppare la preoccupazione” ma comunque si reputa sereno per il semplice motivo che “sono state costituite quattro nuove banche fortissime per servire al meglio i propri clienti e i territori” e perché il problema riguarda l’1% dei clienti di cui il 10% si trova in una situazione molto delicata. 
 
Quattro banche italiane erano sull’orlo del crac ovvero: Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti. Unicredit ed Intesa erano pronte ad aiutare gli istituti per evitare il crollo ma il commissario Ue ai servizi finanziari, Jonathan Hill, ha precisato che devono essere rispettate le regole sugli aiuti di Stato previste nell’Unione. Bruxelles attribuisce invece la responsabilità del salvataggio al governo italiano puntualizzando che ne è alla guida e quindi ne ha la responsabilità. Le crisi delle banche portano anche a conseguenze irreparabili come il suicidio di Lugino D’Angelo, pensionato di Civitavecchia che aveva investito i suoi risparmi –per un totale di 110mila euro- nei bond subordinati di Banca Etruria. Le quattro banche sono state “salvate” e sono tornate operative con 300 milione tra nuove erogazioni e rinnovi fidi a 1.500 Pmi. “I casi più esposti delle 4 banche sono stimati in 1.010 piccoli risparmiatori (persone con meno di 100 mila euro di risparmi presso la banca) con una concentrazione di bond subordinati superiore alla metà del proprio patrimonio. Il controvalore di tali obbligazioni è pari a 27 mln. il fondo di solidarietà è idoneo per capienza a coprire queste situazioni, che saranno valutate caso per caso.”
 
Ma cosa c’entra la Boschi con la vicenda? Dal 2011 all’11 febbraio 2015, Pierluigi Boschi, padre del Ministro, faceva parte del Cda Etruria. Nel momento in cui la figlia divenne ministro lui divenne vicepresidente della Banca. Inoltre il ministro Boschi è azionista della banca e il fratello invece è dipendente. Nel mese di febbraio del 2015 la banca Etruria viene commissariata per un buco di 3 miliardi. Intanto Bankitalia fa una multa di 2.5 milioni di euro al cda della Banca. Pierluigi Boschi viene multato per 144 mila euro per “Carenza organizzazione e controlli interni, carenza gestione e controllo del credito, violazioni in materia di trasparenza, omesse inesatte segnalazioni”. Dal mese di ottobre 2014 a gennaio 2015 ci sono stati dei movimenti strani all’interno della Banca Etruria poiché la banca è in crisi, ma all’improvviso vengono comprate azioni nella convinzione che varranno qualcosa.  Motivo? Il 20 gennaio 2015 il governo Renzi trasforma le banche popolari con 8 miliardi di attivo in SPA. A guadagnarci è proprio la Banca Etruria che in borsa raggiunge +62.5%. Henry Ford diceva "Meno male che la popolazione non capisca il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione".



RENZI, LA BANCA ETRURIA, LA BOSCHI, LA ROTTAMAZIONE E… LA RESTAURAZIONE

di Vincenzo Giardino

Dopo l'episodio del suicidio del pensionato Luigino D'Angelo, la cui unica colpa è stata quella di salvare i risparmi di una vita, il ministro Padoan parla di risposta del Governo. L'unica risposta immediata che dovrebbe dare il Governo è la richiesta di dimissioni del ministro Boschi, per l'evidente conflitto d'interesse tra la carica istituzionale e gli interessi privati della ministra.

La Boschi afferma che suo padre è una persona perbene per aver dato le dimissioni dall'incarico di vicepresidente della Banca Etruria poco prima del crac, ma da molte inchieste giornalistiche emerge che la dirigenza della banca spingeva il personale a convincere i risparmiatori ad investire in obbligazioni ad alto rischio. Il caso vuole che il genitore perbene rivestì l'incarico di vicepresidente della banca poco dopo che la figlia diventò ministro di questa Repubblica.

La Banca Etruria è ad Arezzo, la stessa cittadina del longevo Licio Gelli. Nel corso delle indagini sulla P2 emerse che proprio in questa banca il venerabile aveva un deposito chiamato “conto primavera”.

La stampa di Stato, quella che beneficia dei finanziamenti pubblici per intenderci ed è controllata dalla "politica", non sta dando sufficienti informazioni e Renzi continua a parlare di Leopolda piuttosto che fare chiarezza su questo episodio che coinvolge un ministro della Repubblica che è anche una stretta collaboratrice del suo staff.

Il premier continua a fare orecchio da mercante alla richiesta di dimissioni avanzata non solo dalle opposizioni, ma anche da una minoranza del PD. La sbandierata “rottamazione” di Renzi, alla luce dei coinvolgimenti negli scandali di molti esponenti PD, ha il sapore di una “restaurazione”. Il solido involucro invecchiato è solo ritoccato nell'apparenza dalle angeliche faccine di tutti quelli che rappresentano il potere politico di oggi. Basterebbe approfondire i legami parentali di molti di questi personaggi per capire che non è cambiato nulla, sono le solite lobby che stanno dietro le faccine a governare le sorti della penisola italica.

In questo periodo storico, in Italia, stanno avvenendo scandali che in altre altre epoche avrebbero fatto saltare i governi più forti. Attualmente tutti gli oppositori che gridano allo scandalo vengono tacciati dal premier con l'appellativo di “gufi”, guadagnandosi l'approvazione dei fans che lo seguono.

Intanto l'Italia si impoverisce sempre di più e Renzi fa spendere allo Stato Italiano una cifra scandalosa per un aereo ministeriale che non può decollare. La disoccupazione è palpabile per la gente comune che vive le difficoltà quotidiane e il ministro Poletti bacchetta i giovani laureati con 110 e lode perchè secondo lui la laurea a 28 anni non serve a niente. Mai come in questa epoca la voce degli operai, degli studenti e di intellettuali seri viene schiacciata con spietata intolleranza. I movimenti di opposizione, tranne che per speculazione politica, non stanno facendo nulla di concreto per ostacolare tutto questo. La gente comune ha l'impressione di vivere in una nazione che è in balia del nulla e Renzi continua a farsi i selfie in tutte le occasioni, offrendo l'immagine discutibile di leader di una nazione che, mai come in quest'epoca, non gode la stima di altri paesi europei.

Sono tanti gli italiani che sono arrivati a rimpiangere i politici della prima Repubblica che, anche nella misura dei comportamenti e del linguaggio, davano una maggiore impressione di affidabilità e serietà. La frequenza degli scandali, da Berlusconi in poi, avrebbero fatto impallidire anche il più spregiudicato dei politici di quell'epoca.

Purtroppo il numero di giornalisti e intellettuali che hanno il coraggio di evidenziare e informare con chiarezza su quanto sta avvenendo è veramente esiguo per stimolare  la coscienza popolare. Travaglio, Saviano e pochi altri non sono sufficienti per illuminare le menti, le masse continuano a seguire i media strafinanziati dal potere come non mai.

L'unica cosa chiara che emerge da questo stato di cose è che i giovani di oggi hanno il futuro molto più incerto della generazione che li ha preceduti.
 




MARÒ, L'ITALIA CHIEDE IL RIENTRO DI SALVATORE GIRONE

Redazione

L'Italia ha depositato al Tribunale Arbitrale costituito presso la Corte Permanente d'Arbitrato de l'Aja una richiesta di "autorizzare il fuciliere Girone a tornare in Italia e a restarvi per tutta la durata della procedura arbitrale in corso fra le Parti". Lo rende noto la Farnesina.

La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha inizio il 15 febbraio 2012, quando due pescatori indiani, Valentie Jalstine e Ajesh Binki vengono uccisi da colpi di arma da fuoco, a bordo della loro barca, a largo delle coste del Kerala. I principali accusati per la loro morte sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che prestavano servizio anti pirateria sulla petroliera Enrica Lexie. I due Marò sostengono di aver sparato in aria come avvertimento. Il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali a sud dell’India. Il 19 febbraio 2012 ai due marò scatta il fermo, per il governo indiano non vi è dubbio alcuno che, trattandosi di un peschereccio indiano e di due vittime indiane, si debba attuare la legge territoriale. Per l’ambasciatore Giacomo Sanfelice, l’episodio era avvenuto su una nave battente bandiera italiana, oltretutto l’episodio era avvenuto in acque internazionali. Il 20 febbraio 2012 il villaggio di Kollam, nel cuore dell’India del Kerala, diventa un’area piena di una folla inferocita e di militanti politici che inveiscono contro i Marò che giungono in quel villaggio per l’avvio del procedimento giudiziario. I militanti politici gridano “Italiani mascalzoni, dateci i colpevoli, giustizia per i nostri pescatori, massima pena per i marines”. Il 24 marzo 2012, la Corte del Kerala afferma che l’atto compiuto dai Marò “E’ stato un atto di terrorismo”, e tale affermazione accende la tensione tra Italia ed India. Il 10 aprile 2012, dall’India arriva la notizia che la perizia balistica andrebbe a sfavore di Latorre e Girone. Un responsabile del laboratorio di Trivandrum conferma che i proiettili sono compatibili con i mitragliatori usati da Latorre e Girone. Il 5 maggio 2012, dopo 80 giorni di sosta forzata presso il porto di Kochi, nel sud dell’India, la petroliera Enrica Lexie salpa dopo aver ottenuto i permessi. La nave fa rotta sullo Sri Lanka e con essa vi sono 24 uomini di equipaggio e 4 militari dell’unità antipirateria, non partono ovviamente Latorre e Girone. Il 13 maggio 2012 anche il sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura torna in India per proseguire l’azione per il rilascio dei Marò e afferma il suo essere ottimista e che non vi è alternativa al rilascio. Il 25 maggio 2012, dopo aver passato 3 mesi nel carcere indiano di Trivandrum, Latorre e Girone vengono trasferiti in una struttura a Kochi e viene loro concessa la libertà su cauzione e il divieto di lasciare la città. Il 20 dicembre 2012 la loro richiesta di poter avere un permesso speciale e poter trascorrere le festività natalizie in Italia viene accolta, con l’obbligo di tornare in India entro in 10 gennaio. Latorre e Girone atterrano il 22 dicembre a Roma e ripartono il 3 gennaio. Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il governo del Kerala non ha giurisdizione sul caso e chiede che il processo venga affidato ad un tribunale speciale da costituire a New Delhi. Il 22 febbraio 2013 la Corte Suprema indiana concede ai due Marò il rientro in Italia, per quattro settimane, per votare. Il 9 marzo 2013 il governo indiano avvia a New Delhi le procedure per la costituzione del tribunale speciale. L’11 marzo 2013 l’Italia decide che i due Marò non rientreranno in India perché New Delhi ha violato il diritto internazionale. Roma si dice disponibile a giungere ad un accordo. Il 12 Marzo 2013, New Delhi convoca l’ambasciatore italiano Daniele Mancini, esigendo il rispetto delle leggi. Il giorno successivo, 13 marzo, il premier indiano Manmohan Singh minaccia seri provvedimenti e vi sono anche le dimissioni dell’avvocato Marò in India, Haris Salve. Il 14 marzo 2013 la Corte Suprema indiana ordina all’ambasciatore italiano Mancini di non lasciare l’India. Vi è anche un intervento di Napoletano che propone una soluzione basata sul diritto internazionale. Tre giorni dopo la Corte Suprema indiana decide di non riconoscere l’immunità diplomatica di Mancini, la reazione che ha l’Italia è quella di accusare l’India di Evidente violazione della convenzione di Vienna. Il 20 marzo 2013, la procura militare di Roma sentirà i due Marò e riferisce che sono indagati per “Violata consegna aggravata”. Il 21 marzo 2013 è un giorno in cui tutto si capovolge, Palazzo Chigi annuncia che i due Marò torneranno in India, precisando che in cambia è stata ottenuta un’assicurazione scritta sul trattamento e la tutela dei diritti dei due militari, viene precisato anche che l’India ha garantito che non ci sarà la pena di morte. Il 22 marzo 2013 i due Marò rientrano in India e si trasferiscono all’ambasciata italiana a Delhi. Il ministro degli esteri indiano Salman Kurshid dichiara che il processo in India che vede imputati i due Marò non prevede la pena di morte. Il 25 marzo 2013 è costituito il tribunare per giudicare i due militari, a New Delhi. Il tribunale ha potere di imporre pene solo fino a 7 anni di carcere. L’11 novembre 2013, durante le indagini vengono ascoltati altri 4 militari che si trovavano a bordo della Enrica Lexie. C’è una perizia della marina secondo cui gli spari arriverebbero dalle loro armi e non dalle armi di Latorre e Girone. Il 28 marzo 2014 vi è una nuova svolta sul caso, la Corte Suprema indiana accoglie il ricorso presentato dai due fucilieri. I giudici hanno sospeso il processo a carico dei Marò presso il tribunale speciale. Il 12 settembre 2014 i giudici indiani danno a Latorre il via libera per un rientro di 4 mesi in Italia per problemi di salute. Il 16 dicembre 2014 la Corte Suprema indiana ha negato le istanze di Latorre e Girone. Latorre chiedeva un’estensione del suo permesso in Italia