DOVE ERAVAMO RIMASTI?: …LE BANCHE ITALIANE NON POSSONO FALLIRE

di Roberto Ragone

Dove eravamo rimasti? Questa frase, pronunciata da Enzo Tortora alla sua ripresa in TV, è rimasta fra quelle celebri, dopo aver subito di tutto e di più, in una delle pagine più nere della nostra Italia.

Prova ne sia che morì di lì a poco di quel tumore che le sue assurde vicissitudini gli avevano procurato. E’ risaputo che una delle cause di tumore è l’eccessivo stress negativo: personalmente non ne conosco uno positivo, ma sembra che alcune persone gradiscano il pungolo della competizione professionale, o quello del gioco d’azzardo o altre attività consimili comunque stressanti, ancorchè rischiose.

Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti semplicemente all’affermazione, ora dimostratasi velleitaria, che "le banche italiane non possono fallire", stanti le rigide regole riguardanti gli accantonamenti. Con Basilea Due – se la memoria non mi tradisce – c'era stato spiegato che essi, gli accantonamenti,  erano obbligatori, a fronte dei crediti concessi, di qualunque natura. Prova ne sia che tempo fa dovetti chiudere il mio studio di consulenza creditizia – durato lo spazio d’un mattino, in concomitanza con la famosa bolla immobiliare, poi vergognosamente sgonfiata dall’intervento di Monti – perché le banche non concedevano più mutui, in attesa di rientrare di quelli già in essere. 

E allora? Eravamo rimasti a questo, e a Basilea Tre, che non conosco per esperienza personale, ma che certamente non avrà reso più agevole l’accesso al credito. C’è comunque una differenza fra quei tempi e questi: da una parte rimpiangiamo Berlusconi, il propagandista dell’ottimismo a prescindere – quello che Renzi gli ha copiato oggi –  il cui governo fu gettato giù a spallate dagli Americani di Rockfeller – propugnatore e autore vanaglorioso del suo "Nuovo Ordine Mondiale", nel quale tutto è in mano alle banche e alla finanza, dimenticando totalmente la gente comune – la Bilderberg, che nonostante gli scettici continua a riunirsi in maniera riservata ma non segreta, – ma forse è la stessa cosa di Rockfeller – Monti, la Merkel, l’Europa. In quel momento lo spread salì a circa 500 – che poi non è mai stato spiegato perché dobbiamo confrontarci con la Germania – e il buon Berlusca fu costretto ad abdicare, magari sollecitato da false promesse, nonostante gridasse a gran voce che quello era un falso scopo, come poi si è rivelato.

Fatto sta che magicamente, andato via Berlusconi, senza colpo ferire, il governo di ‘tecnici’ prese il potere, distruggendo di fatto bocconianamente e consapevolmente ciò che rimaneva della nostra economia e lo spread – che a me avevano insegnato essere il guadagno delle banche – ritornò a livelli accettabili, allontanando di fatto dalle nostre notti agitate l’incubo del debito pubblico –   sul quale comunque noi poveri sudditi non abbiamo avuto mai alcun potere, né l’abbiamo oggi. Renzi confessa che senza la Leopolda non sarebbe a Palazzo Chigi, e molti di noi, al terzo governo non eletto,  pensano che sarebbe stato meglio che la Leopolda non ci fosse mai stata. Bisogna anche dire, per par condicio, che forse senza la Bernarda, Silvio sarebbe ancora Presidente del Consiglio… 

Fatto sta che oggi abbiamo assistito all’ennesima "rapina di Stato". Dopo il governo Amato, che nottetempo e timidamente prelevò dai conti correnti più succosi il 5%, con l’esimente della ragion di Stato; dopo gli esodati, ridotti in mutande da una Fornero che non si sa ancora bene se si è resa conto di ciò che ha fatto, o è stata indotta a fare, nonostante le lacrime; dopo l’aumento esponenziale da parte di Monti dei valori catastali e delle imposte immobiliari che hanno ridotto agli stracci il mercato delle case; dopo il mancato adeguamento delle pensioni, risolto con una regalia umiliante ‘una tantum’, a fronte di una sentenza della Corte Costituzionale assolutamente inequivoca, – ma sembra che il Governo e la Corte abbiano un canale privilegiato per queste faccende – , dopo il rifiuto di tagliare orizzontalmente le pensioni d’oro perché diritti acquisiti, essendo invece privilegi ingiustificati, ora arriva il ‘Decreto Salvabanche’. Se dobbiamo soltanto guardare i numeri, peraltro espressi da ‘Maninintasca’ Renzi  in persona, i risparmiatori colpiti sono circa 130000, mentre i posti di lavoro salvati sono qualche migliaio.

Allora non ci possiamo affidare alla logica dei numeri e delle maggioranze. Salvare i conti correnti? Qui ci viene qualche dubbio. Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca quasi sempre. Quasi. Può essere che fra i correntisti ce ne fossero di quelli ‘importanti’ non solo per il movimento di denaro? Fermo restando che solitamente le cifre cospicue non sono nei conti correnti, ma altrove, impegnati in altre forme. Perché evitare il fallimento di quattro piccole banche, tra cui due Casse di Risparmio, a fronte dell’azzeramento di risparmi di una vita di 130000 cittadini ignari? Uno dei quali ha pensato bene di togliersi la vita, riportandoci indietro ai tempi del governo tecnico, momento in cui i suicidi erano quotidiani, tanto che i giornali ebbero la ‘disposizione’ di non metterli più in evidenza. Sembra che quando qualcuno parlò a Monti di coloro che si bruciavano vivi, o s’impiccavano o altro, abbia risposto che dopotutto gli Italiani erano sessanta milioni. Se fosse vero, questo freddo personaggio sarebbe un raro esempio di cinismo, confrontabile con quello di un SS dei campi di sterminio.  Esaminiamo le condizioni che hanno portato sulla soglia del fallimento queste bancarelle – che oggi funzionano comunque, e continuano la loro attività. L’unica causa di fallimento, al mio paese, è quella che deriva da una cattiva gestione economica, e questo anche nelle famiglie. Quindi dobbiamo supporre, e alcune mezze frasi ce lo fanno pensare, che il denaro sia stato dato a chi non lo avrebbe mai restituito.

Perché le piccole banche? Perché da sempre sono le meno vistose e le più manovrabili. Perché la Banca d’Italia non ha esercitato il controllo? Questo bisogna chiederlo a loro. Il commissariamento non ha funzionato? E le ispezioni? L’impressione che se ne ricava è che chi ha usufruito della generosità dei funzionari siano stati amici, o amici di amici. Perché non si va a vedere chi sono costoro? Si è preferito preparare un’operazione che rasenta il reato di truffa – la Magistratura dirà l’ultima parola – affibbiando a vecchi e tranquilli clienti titoli di cui essi non capivano nulla, se non la fiducia che avevano sempre avuto nella ‘loro’ banca. E’ impensabile che un vecchietto novantenne – come è capitato –  tutto d’un botto divenuto temerario, abbia voluto rischiare i risparmi di una vita convertendoli in titoli ad alto rischio, se non perché consigliato da chi aveva sempre gestito il suo denaro. Ora sembra che il Governo Renzi – ricordate? Quello della Leopolda – stanzierà una cifra ridicola per risarcire con la solita mancia chi ha perso tutto. Mentre Berlusconi – quello della Bernarda – in TV ha detto che sarebbe bastato aumentare la cifra dedicata al Salvabanche per ricostituire i fondi distrutti. Dopo la dolorosa parentesi di Enzo Tortora – per il quale nessuno ha pagato – un solo comune denominatore: l’Italia va a rotoli, come disse il fabbricante di carta igienica: solo che la sua era una battuta, la nostra è purtroppo una realtà.




MORTE ALESSANDRO NASTA, AMMIRAGLI A PROCESSO: PARLA LA MAMMA DEL SOTTOCAPO

di Ivan Galea

Alessandro Nasta, muore il 24 maggio 2012 all'età di soli 29 anni precipitando dall'albero di maestra della nave scuola della Marina Militare Italiana "Amerigo Vespucci" da un'altezza di circa 15 metri. La morte di Alessandro Nasta poteva essere evitata ed è dipesa dall'inerzia della Marina militare, nonché dalle gravissime mancanze e violazioni di legge in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Giovedì 10 dicembre 2015 il Gup di Civitavecchia ha rinviato a giudizio tutti gli imputati dall'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, attuale capo di Stato maggiore della Marina militare, dell'ex capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, dell'ammiraglio Bruno Branciforte, del comandante della nave scuola Amerigo Vespucci Domenico La Faia e del suo vice il capitano di fregata Marco Grassi. Il processo a carico degli imputati inizierà il prossimo 16 marzo 2016.

“Oggi – dichiara Luca Marco Comellini, Segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) – ci saremmo aspettati di avere al nostro fianco, costituito come parte civile, anche il ministro della Difesa. Così non è stato, per questo motivo invitiamo il ministro Pinotti ad adottare ogni iniziativa per garantire al personale della Marina e alle forze armate la serenità di una guida che non sia implicata in un processo penale per un reato che reputiamo grave".

La redazione de L'Osservatore d'Italia ha voluto sentire la mamma di Alessandro Nasta chiedendogli di commentare il rinvio a giudizio per i vertici della Marina Militare Italiana.

Ecco la lettera della signora Marisa Toraldo mamma di Alessandro Nasta 
"In merito al rinvio a giudizio degli imputati per la morte di mio figlio Alessandro, ciò che mi preme ribadire è che, durante questa attesa, sia io che la mia famiglia, abbiamo deciso di non voler dar spazio unicamente alla rabbia, ma di voler seguire la strada migliore per poter capire le reali circostanze e le responsabilità che hanno determinato la morte di Alessandro.
La conferma del rinvio a giudizio è un momento importante, attraverso il quale, in base a quanto emerso dalle  indagini ed agli atti che verranno messi in luce, sarà possibile poter fare chiarezza sugli effettivi scenari che hanno portato al tragico evento.

Sono convinta che, in linea con la normativa sulla tutela della salute nei luoghi di lavoro, si possa promuovere il rispetto della legalità, condizione indispensabile affinchè drammi di questa portata non si debbano riproporre. Durante il periodo delle indagini avrei voluto urlare al mondo ciò che realmente provavo ma non l'ho fatto,  per profondo rispetto di chi si stava occupando del caso e perchè solo chi ha vissuto la perdita del proprio figlio può comprendere realmente il mio tormento.

Alessandro aveva solamente 29 anni quando, comandato ad effettuare lavori in quota sull'albero di maestra della nave Amerigo Vespucci della Marina Militare, morì precipitando da un'altezza di circa 15 metri schiantandosi sul ponte di coperta. Mi sono sempre sforzata di decifrare tutte quelle mancate giustificazioni di una morte che, sin da subito, avendo visitato il luogo nel quale si era verificata, mi era apparsa drammaticamente prevedibile ed evitabile.

Per un lungo periodo ho continuato ad interrogarmi sul perchè un dispositivo anticaduta non  fosse riuscito ad evitargli quel tragico schianto, ma più mi tormentavo con le mie domande, più le risposte convergevano su una sconvolgente presa di coscienza, e cioè che la nave Amerigo Vespucci, il rinomato vanto della marineria italiana, di sicurezza non ne avesse affatto per salvare la vita di Alessandro.

E' mai possibile che nel ventunesimo secolo esistano ancora realtà così distanti dai principi di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro, imposte ai lavoratori, in assoluto contrasto con i riferimenti normativi e militari, in nome di una assurda "tradizione"?

Da madre che piange il proprio figlio, morto per quell'assurda tradizione, non posso far finta di nulla e non pretendere di conoscere la verità. Mio figlio non è morto in guerra, è morto durante una ordinaria esercitazione alle vele, una esercitazione straordinariamente lontana dalle condizioni minime di sicurezza stabilite dallo Stato, e durante la quale, nelle operazioni di salita e di discesa, avrebbe dovuto contare prevalentemente sulle proprie braccia e sulle proprie gambe.

Mio figlio è stato ucciso da chi, incurante della legge, ha deciso scientemente di non attuarla, stabilendo che il rischio dei lavori in quota fosse marginale e che un ragazzo di 29 anni non avesse bisogno di un idoneo dispositivo anticaduta, di una formazione adeguata e tantomento di una idoneità espressa da un medico del lavoro. Tutto ciò non è ammissibile, non si può soprassedere.

Alessandro ha prestato servizio in marina militare con profonda dedizione e con professionalità, a confermarlo ci sono i suoi colleghi,  quei servitori dello Stato di cui purtroppo non si fa adeguata menzione e a cui costantemente rivolgo il mio pensiero.

In questo momento è anche per loro che sento il bisogno di condividere il pensiero che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano scrisse nella prefazione del libro “Angeli senza ali, morti bianche e sicurezza sul lavoro”, Edizioni Lavoro 2008:

"In nessun luogo i lavoratori possono essere trattati come numeri. Il più delle volte, tuttavia, le vittime degli infortuni sul lavoro sono quasi anonime, i loro nomi restano solo un giorno nelle pagine interne dei giornali di provincia, quasi fossero morti naturali. Solo di rado, nei casi di incidenti eclatanti, che coinvolgono più lavoratori, i grandi mezzi di comunicazione paiono assumere consapevolezza di un fenomeno drammatico e, quasi sempre, evitabile."

Mi auguro che la morte di mio figlio possa essere motivo di riflessione per tutti e che, nella ricerca della giustizia, la sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolar modo nei lavori in quota,  possa diventare una delle priorità assolute per la tutela dei lavoratori.
Solo perseguendo la via della legalità si sarà fatto tanto per far sì che principi fondamentali, come quello della sicurezza sul lavoro, possano finalmente essere oggetto di condivisione, specie tra chi, come sancito anche dai regolamenti militari, per dovere proprio ha il compito di dover salvaguardare l'integrità fisica del personale dipendente.
Per contrastare l’idea dell’inevitabilità di questi incidenti occorre una diversa cultura del lavoro, fondata sul rispetto della vita e sul primato di chi, con il proprio impegno e nel rispetto delle leggi, rende realmente onore al nostro Paese.

Chiedo semplicemente giustizia e rispetto per chi, come Alessandro, nel compiere il proprio dovere, convinto di essere tutelato dalla propria forza armata, ha perso la vita lasciando un vuoto incolmabile. Sono una madre italiana che continua a credere nello Stato, convinta dell'importanza della legalità e della Magistratura, lo devo a mio figlio ed ai valori che gli avevo trasmesso.

La sicurezza è, e deve diventare, la migliore delle tradizioni: è una questione di giustizia e di rispetto del diritto di tutela della salute nei luoghi di lavoro."




AEREO DI STATO: CHIUSO NELL'HANGAR E SENZA POSSIBILITÀ DI DECOLLO DA CIAMPINO

di Domenico Leccese

Dopo l'annuncio dell'acquisto in leasing del nuovo "Air Force One" da parte di Matteo Renzi, l’aereo di Stato, nuovo, bello, è ancora a terra. L'accusa di un pilota di lungo corso al premier: "Con gli aerei che avevamo si poteva fare tutto lo stesso.

E non sarà possibile volare da Ciampino" Perché? "Nessun pilota è in grado di pilotarlo" L'inutile Airbus di Renzi: un pilota di lungo corso che, a volto coperto, ha messo in seria discussione l'acquisto del presidente del Consiglio. "L'aereo è a terra – dice – perché l'aeronautica sta mandando i piloti ad ottenere l'abilitazione al pilotaggio di questa macchina". "Nessun pilota dell'aeronautica – continua – che sono quelli che dovranno pilotare quell'aereo ha al momento l'abilitazione necessaria".

Insomma, Renzi ha comprato a suon di quattrini un aereo che nessuno nell'aviazione italiana sarebbe in grado di pilotare. E l'ha pagato per tenerlo fermo ai box. Ma non solo. Ci sono problemi anche per quanto riguarda l'aeroporto. Di solito, infatti, i voli di Stato partono e atterrano a Ciampino.  "Con quel tipo di velivolo – aggiunge però il pilota intervistato – non sarà possibile: avrebbe problemi di rullaggio, perché ha le ali molto larghe e potrebbero esserci problemi di ostacoli". Ma allora, perché Renzi ha comprato l'Airbus 340-500 a leasing da Ethiad? Una sorta di "do ut des", considerando che Ethiad è la compagnia che ha salvato Alitalia dal fallimento e che l'affitto dell'Airbus ha un costo mensile sull'ordine dei milioni di euro (175 milioni di euro il suo costo effettivo). Le alternative, dice il pilota intervistato, ci sarebbero state. "Forse non hanno interpellato l'aeronautica militare prima di acquistarlo. E non si capisce da dove sia scaturita la decisione di prenderlo: con quelli che ci sono si poteva fare benissimo lo stesso".
 




CITTÀ DEL VATICANO: PAPA FRANCESCO E IL BAGNO TUTTO D'ORO MASSICCIO

di Domenico Leccese

Doveva essere un documentario sul Papa, incentrato soprattutto su quel lato che spesso non si vede sui giornali, ovvero la vita abitudinaria di Papa Francesco, ma quello che hanno scoperto ha dell’incredibile. Il giornalista Andrew Xiong (Nella foto) ha fatto una scoperta incredibile, mentre girava un documentario su Papa Francesco chiamato “La vita del Papa”, ha scoperto nell’abitazione di Papa Francesco, un bagno fatto interamente in oro massiccio.

Andrew Xiong, giornalista americano, di origini asiatiche, a capo della regia del documentario ha mostrato delle immagini incredibili che mostrano un bagno interamente fatto d’oro massiccio nell’abitazione del Papa. La scoperta ha stupito tutta la troupe dei presenti, che, visibilmente colpiti, hanno chiesto spiegazioni a Papa Francesco, che ha risposto molto sinceramente dicendo: “Si, abbiamo un bagno d’oro massiccio, sembra un pò uno spreco per quello a cui serve un bagno, ma il materiale e il design del bagno stesso risale a moltissimi anni fa, tanto da rientrare ormai nei beni storici del Vaticano, e per legge, non possiamo mica demolire un pezzo di storia”.

Xiong ha preso con simpatia la risposta del papa, e della sua esperienza ha dichiarato: “Siamo tra i pochi che abbiano mai avuto la possibilità di girare un documentario del genere, probabilmente questi posti nascondono tanti scheletri, tante ricchezze, ma abbiamo anche avuto la fortuna di conoscere Papa Francesco,  una persona umilissima, quando uscirà il film potrete vedere ogni lato del Papa, dal luogo in cui abita, alle sue abitudini quotidiane.”

Il documentario “La vita del Papa”, uscirà comunque nel Maggio 2016, dove verranno mostrate altre immagini inedite sull’abitazione del Papa Francesco, sulla sua umiltà, e sulle ricchezze che nasconde il Vaticano.
 




TURCHIA: CONTINUANO GLI SBARCHI NONOSTANTE I 3MLD UE PER STOP FLUSSI MIGRATORI

Redazione
“Dopo il clamore della strage di Parigi e la consapevolezza dei killers giunti in Europa con i barconi e accolti come “rifugiati” l’ inutile  dibattito su come rispondere alla sfida del terrorismo islamico sul fronte della sicurezza interna come su quello bellico si è concretizzato con una prostrazione dell’ Unione Europa, capitanata da Angela Merkel , nei confronti del Premier turco  Erdogan promettendogli oltre ad un affrettata rassicurazione sull’ ingresso in Europa ben tre miliardi di Euro in cambio dello stop ai flussi migratori illegali. – Dichiara il Presidente dell’ Osservatorio Nazionale per la Sicurezza Dei Cittadini Italiani – I dati del rapporto Ismu 2015 – prosegue Anghinelli – sulle migrazioni ci dicono che dall’inizio dell’anno al 20 novembre sono arrivati via mare in Europa 863 mila migranti, che alle tariffe medie di 2300 euro a “passaggio” fanno quasi 2 miliardi di euro di incasso per criminali e terroristi. La maggior parte degli immigrati illegali è sbarcato in Grecia (715 mila) mentre 143 mila in Italia. Nei giorni scorsi oltre 5 mila immigrati clandestini sono stati soccorsi al largo delle coste Libiche e ogni giorno un migliaio di clandestini sbarcano sulle isole  greche in barba all’ accordo sottoscritto con la Turchia, un intesa umiliante che spazza via qualsiasi dubbio sulla responsabilità del nostro “alleato” turco sia nelle sue responsabilità oggettive nei flussi migratori verso l’ Europa, sia nella sua ambiguità militare nel conflitto siriano. E’ al limite del grottesco oggi vedere l’Italia e l’ Europa che mobilitano le loro flotte  da combattimento, in testa la portaerei italiana Cavour non per contrastare l’ Isis in Libia, a Sirte, ma per continuare ad arricchire i criminali che mirano all’ espansione dello stato islamico in Europa. I servizi di intelligence macedoni hanno più volte segnalato come sia preoccupante che un gran numero di migranti abbia con se dei passaporti falsi, poco reperibili  in un area di conflitto sia sotto il profilo logistico che ,come ovvio, sotto il profilo economico per un richiedente asilo. – Anghinelli conclude – Mi chiedo se non sia giunta l’ora di fronteggiare queste assurdità dettate dall’ Europa con un fronte nazionale per la sicurezza dei cittadini che finalmente riesca a porre fine a tutto questa pantomima ai danni dei contribuenti italiani.”
 




POTENZA: UNA STORIA DI "ORDINARIA MALASANITÀ"

di Domenico Leccese – Ivan Galea

Potenza – Davide, un ragazzo di Potenza che ha avuto la sfortuna di nascere prematuramente per volontà di un'ostetrica che decise di farlo venire al mondo in quello che non era il suo giorno, ma la decisione era stata presa dall'ostetrica facendo vedere il tracciato e dicendo che era un bel giorno per farlo nascere. Un parto prematuro che causò a Davide una tetraparesi spastica dovuta ad anossia da parto.

Oggi da quel giorno sono passati poco più di 20 anni – Davide ha compiuto 20 anni lo scorso 24 giugno 2015 – e Lucia, la mamma di Davide, si trova da sola abbandonata da tutto e da tutti, soprattutto dalle istituzioni, ad affrontare una quotidianità che la vede in prima linea essere una madre, una cuoca, una donna per le pulizie, una cameriera, un'infermiera, un'addetta alla sicurezza, una fotografa, una consigliera, una organizzatrice di eventi, un'assistente personale, una psicologa. "Non ho vacanze, nè malattia, nè riposo settimanale – commenta Lucia – lavoro giorno e notte reperibile 24 ore su 24, sette giorni su sette e lo farò per il resto della mia vita. 

Abbiamo voluto dare spazio a questa storia di "non buona Sanità" per evidenziare ancora una volta come ci si dimentichi, troppo spesso e con troppa facilità, di situazioni che invece meriterebbero una grande attenzione da parte delle istituzioni che dovrebbero invece garantire il diritto alla salute e all'assistenza come recitano i principi fondamentali della Costituzione italiana.  

Il GUERRIERO DAVIDE SCRIVE A MAMMA LUCIA:

Cara Mamma,
lo so che non è stato facile… ma ti voglio raccontare una cosa, che forse non sai. Ogni anima, prima di incarnarsi, sa già quale percorso deve compiere, così anch’io sapevo che sarei nato per vivere un certo tipo di esperienza. Lo sapevi? Ci sono anime più e meno evolute, ma adesso non pensare quello che viene più logico… non è proprio così. La scelta di nascere e vivere un’esistenza, diciamo “difficile”, è una scelta dura e faticosa, ma anche una scelta d’amore che solo anime molto sensibili ed elevate possono possono permettersi di fare.Non riesci a spiegartelo? Non è facile da capire, non tutto è semplice, ma credimi, non è la manifestazione fisica che conta… e tu sai che la mia è un’anima pura e bellissima: questo conta, questo lo hai capito subito dalla prima volta che mi hai preso tra le braccia… Del resto ognuno di noi si sceglie i genitori, ed io vi ho cercati e vi ho trovati, che bello! Dovevo essere sicuro di essere accettato e amato completamente, dovevo trovare due persone così stupendamente… insomma voi due. Spero ti faccia piacere sapere che stai svolgendo un compito superiore, che non è da tutti, che ti viene affidato dal cielo. Sai, alcune mamme, non tu lo so, vivono questa esperienza male, quasi come una punizione e non sanno che è un premio da un “essere” che ha tutta la capacità e l’amore per vivere un tipo di esperienza così delicata e a volte faticosa, ma che sa dare momenti così unici che non è possibile descrivere… però io e te li conosciamo, vero mamma? Non si possono spiegare con le parole, ma solo con le emozioni… e con le energie sottili che si scambiano. Mamma, come vorrei che tu riuscissi a comunicarlo a tutte quelle persone che ignorano la danza delle nostre varie esistenze… ma per ora non importa, mi basta averlo comunicato a te, che in fondo lo sapevi già… ma volevo darti una conferma della tua intuizione. Noi tutti siamo esseri di luce, che ogni tanto scendono sulla terra ad imparare una “pagina” di lezione. Le nostre due luci sono così simili che si sono riconosciute, tu sei nata per aspettarmi ed io sono arrivato, tutto come era scritto: con una penna dall’inchiostro dorato. Ti abbraccio, mamma, ti ringrazio di essere come sei e di darmi tutto il tuo amore.
Non preoccuparti mai, stai già facendo tutto, abbi solo fiducia quanta io ne ho in te e continuiamo la nostra danza, con la musica che gli Angeli hanno composto solo per noi. Ti amo, mi ami… perché l’amore è la risposta ad ogni cosa. il tuo bambino!




OMICIDIO MEREDITH KERCHER: IL CSM SANZIONA IL PM GIULIANO MIGNINI

di Domenico Leccese

La sezione disciplinare del Csm ha inflitto la sanzione della censura al PM di Perugia Giuliano Mignini titolare del procedimento sull'omicidio di Meredith Kercher finito sotto procedimento con l'accusa di aver violato la legge per aver vietato, subito dopo il fermo, avvenuto il 6 novembre 2007, a Raffaele Sollecito (assolto lo scorso marzo in via definitiva, con Amanda Knox dall'accusa di omicidio) di avere colloqui con un difensore senza emettere un provvedimento scritto e motivato.

Subito dopo il fermo, avvenuto il 6 novembre 2007 il pubblico ministero vietò al giovane di aver colloqui con un difensore. Il PM Mignini secondo l'incolpazione formulata dalla Procura generale della Cassazione, aveva arrecato ingiusto danno al fermato, emettendo oralmente, con grave e inescusabile violazione di legge, il provvedimento di dilazione del diritto del fermato a conferire con il proprio difensore, in palese contrasto con la norma contenuta nel C.P.P. (codice di procedura penale) che prescrive un decreto motivato e la consegna/esibizione agli aventi diritto.

Il sostituto PG di Cassazione, Luigi Salvato, pur ritenendo provati i fatti descritti nel capo di incolpazione, aveva invece sollecitato in udienza l'assoluzione di Mignini, (difeso dal consigliere della Suprema Corte Piercamillo Davigo) ritenendo il fatto di scarsa rilevanza, tenuto anche conto che venne permesso a Sollecito di parlare con il suo difensore, l'avvocato Tiziano Tedeschi, prima dell'interrogatorio di garanzia. La richiesta del PG non è stata dunque accolta dal collegio disciplinare che depositerà entro un mese le motivazioni del suo verdetto.

   
 




BANDITI A MARSALA: AL SETACCIO I FILMATI. DIETRO L'ANGOLO LA SOLUZIONE SICUREZZA

di Angelo Barraco – Ivan Galea

Marsala – La città di Marsala è stata messa a ferro e fuoco da rapine negli ultimi giorni di novembre e la paura e il timore che possa accadere nuovamente un’altra rapina sotto gli occhi di tutti è tanta.

Sono tutt’ora in corso le indagini in merito agli autori delle quattro rapine avvenute tra il centro e la periferia marsalese. Quello che preoccupa di più i cittadini però e che sicuramente non faciliterà il lavoro degli inquirenti è il non funzionamento del sistema di sorveglianza presente nel centro storico.

Come mai sono presenti delle scatole vuote che dovrebbero sorvegliare e garantire la sicurezza? È ciò che si chiedono tutti i cittadini all’indomani delle rapine, che hanno avvelenato gli umori di una città apparentemente tranquilla ma che sta emergendo ai rigori della cronaca nazionale anche per le vicende giudiziarie del noto imprenditore Michele Licata. Quanto è sicura Marsala? Certamente il lavoro degli inquirenti è tanto ed è lodevole per una città così grande.

Il pensiero di molti cittadini marsalesi è che l’amministrazione comunale dovrebbe provvedere in primis alla sicurezza della città e poi al resto. Gli inquirenti comunque stanno indagando a 360° in merito alle quattro rapine e non escludono nulla.

Le rapine.
Lo scorso 24 novembre arriva la quarta rapina, nel giro di pochi giorni, e la vittima è ancora una volta un supermercato, precisamente il Conad che si trova in Contrada Terrenove Bambina, noto come Megamarket, che si trova di fronte la Pizzeria Siciliana. La Rapina avviene intorno alle ore 19 circa di martedì 24 novembre e sul posto intervengono i Carabinieri per gli accertamenti di rito. Sabato 21 alle 18,30 la terza rapina ai danni di un supermercato Sisa in contrada Strasatti. Un uomo a volto coperto minaccia uno dei cassieri con un coltello intimandogli di farsi consegnare il denaro presente in cassa che ammontava a poche centinaia di euro. Non ci sono state colluttazioni e nessuno ha subito danni fisici, il titolare del supermercato ha prontamente chiamato i Carabinieri che hanno svolto gli accertamenti di rito. Venerdì 19 novembre 2015 alle ore 19 è stata rapinata in via XI Maggio, di fronte la sempre popolatissima Piazza della Repubblica, chiamata comunemente dai marsalesi Piazza Loggia, la famosa gioielleria gestita da Saverio D’Angelo. La rapina avviene alle ore 19.00, orario in cui il flusso di cittadini che percorre quelle vie del centro è intenso. Due rapinatori a volto scoperto si introducono all’interno della gioielleria asportando diversi gioielli.

Il gioielliere reagisce ai malviventi ma viene picchiato I malviventi subito dopo il saccheggio si dileguano per le vie del centro storico, confondendosi con la folla, senza destare alcun sospetto. L’allarme è stato lanciato proprio dal gioielliere che è stato poi condotto presso l’ospedale “Paolo Borsellino” per un trauma alla mandibola. Dei banditi invece non c’è traccia. Gli inquirenti stanno setacciando le riprese video delle telecamere del centro storico per cercare di individuare chi ha compiuto il furto e il danno fisico al gioielliere.

Solo ventiquattro ore dopo la rapina alla gioielleria, due uomini armati di fucile e a volto coperto entrano all’interno di una tabaccheria, prima dell’orario di chiusura. La rapina è avvenuta in Via Colocasio, di fronte al Pronto Soccorso del vecchio ospedale San Biagio. Uno dei due rapinatori ha puntato l’arma contro la proprietaria della tabaccheria e si è fatto consegnare l’intero incasso. La donna non ha reagito poiché ha temuto per la sua vita, per quella del figlio e di un cliente e ha consegnato l’incasso ai malviventi. Dopo aver preso l’incasso i due uomini si sono dileguati e hanno fatto perdere le proprie tracce, non è esclusa l’ipotesi che con loro ci fosse un terzo uomo in macchina ad attenderli. La donna ha poi chiamato subito le forze dell’ordine che hanno svolto gli accertamenti di rito. Non è dato sapere a quanto ammontasse l’incasso, le indagini sono indirizzare su due uomini di nazionalità italiana che hanno dimostrato, dal modus operandi, di non essere alla prima esperienza.

"La prima fase del progetto dell'anagrafe delle telecamere di videosorveglianza urbana è stata attivata a Pisa nel 2013 quando fu progettata anche la fase due, quella della video-analisi per prevenire e contrastare eventuali atti terroristici, in attesa di attuarla non appena vi fossero state risorse economiche disponibili".

L'ex prefetto di Pisa, Francesco Tagliente, ha recentemente illustrato l'importanza del sistema di video analisi alla luce delle parole del premier Matteo Renzi all'Italian digital day sulla necessità "di 'taggare' i potenziali soggetti sospetti. Si tratta di un progetto di video sorveglianza urbana in cui i filmati delle telecamere convergono su un unico sistema in grado di effettuare la video analisi di tutti i fotogrammi, quindi di riconoscere – "taggare" – i movimenti dei soggetti sospetti. In pratica il potente software sarebbe in grado di riconoscere ed individuare il volto dei banditi tra i milioni di fotogrammi ripresi da tutte le telecamere cittadine che confluirebbero su un unico server. "Esso riduce il carico di lavoro delle forze di polizia a beneficio della sicurezza generale, – ha spiegato l'ex Prefetto di Pisa – perché permette di disporre di un'informazione completa e immediata sulla dislocazione delle telecamere pubbliche e private censite".

Francesco Tagliente ha sottolineato il fatto che a Pisa aveva già progettato l'evoluzione del progetto con la quale sarebbe stato possibile, grazie a un software di ultima generazione, passare in rassegna milioni di fotogrammi e individuare veicoli e individui sospetti. "Questi sistemi – ha inoltre spiegato Tagliente – possono consentire l'immediata identificazione per via telematica di tutti i volti dei potenziali terroristi, che appaiono in una telecamera, se preventivamente 'caricati' in una banca dati internazionale".

Un progetto, quindi, che sembra avere tutti i requisiti per scoraggiare in maniera considerevole e concreta i malitenzionati e che permetterebbe una immediata identificazione dei malviventi, riducendo il lavoro delle forze dell'ordine che attualmente si trovano in condizione di dover setacciare i pochi filmati disponibili fotogramma per fotogramma, con un risparmio di tempo e risorse pubbliche che in tal modo potrebbero essere impiegate a rinforzo dei servizi essenziali di sicurezza e pattugliamento del territorio.   




RENZI: "NON POSSIAMO PERMETTERCI UNA LIBIA BIS"

Redazione

Continua a sorprendere il presidente del Consiglio: "Noi dobbiamo annientare i terroristi, non accontentare i commentatori. E la cosa di cui non abbiamo bisogno è un moltiplicarsi di reazioni spot senza sguardo strategico. Tutto possiamo permetterci tranne che una Libia bis. Se protagonismo significa giocare a rincorrere i bombardamenti altrui, no grazie. Abbiamo già dato. L'Italia ha utilizzato questa strategia in Libia nel 2011. Quattro anni di guerra civile dimostrano che non fu una scelta felice". Così il premier Matteo Renzi in un'intervista al Corriere della Sera in apertura di prima pagina, in cui affronta anche i nodi dell'economia, delle banche e delle elezioni.

"Davanti a Daesh e tutte le forme di terrorismo noi siamo pronti, anche militarmente. Se ci sarà una strategia chiara ci saremo. Ma perché questo accada adesso è cruciale un accordo a Vienna sulla Siria e uno a Roma sulla Libia: ci stiamo lavorando", dice Renzi. "L'Italia è una forza militare impressionante. Abbiamo più truppe all'estero di tutti gli altri, dopo gli americani e come i francesi", ma "la guerra è una cosa drammaticamente seria: te la puoi permettere se hai chiaro il dopo".

Sul fronte economico, Renzi difende l'operato della Bce. "Draghi sta facendo un lavoro straordinario e chi lo critica non si rende conto che occorre del tempo per gli effetti del Quantitative easing. Per il momento la ripresa si deve principalmente a fattori interni", afferma il presidente del Consiglio, secondo cui "quello che serve oggi è una discussione sulla politica economica europea, con la Commissione. La linea economica tenuta fino ad oggi – evidenzia – non è sufficiente a restituire crescita all'Europa. C'è bisogno di cambiare rotta". Quanto alla crescita interna, e al +0,8% di Pil stimato dall' Istat, nella legge di stabilità "non cambia nulla", dice Renzi. "L'Italia è forte. Il salto di qualità – aggiunge – lo faremo quando si smuoverà l'immenso moloch del risparmio privato. E, in misura minore, gli investimenti pubblici".

Nell' intervista il premier difende il salvataggio delle quattro banche e ribadisce l'intenzione di aiutare gli obbligazionisti, anche se "non è facile". "Quello che è successo a certe banche è il frutto di venti anni di scelte discutibili. In passato i governi hanno deciso di non intervenire per il consolidamento del sistema bancario. Adesso i nodi sono al pettine. Noi non ci tiriamo indietro. Abbiamo sistemato le popolari, tra mille polemiche. E dopo Natale vogliamo consolidare le banche del credito cooperativo, facendone uno dei gruppi bancari più solidi sul modello del Crédit Agricole".

Guardando alle Comunali, Renzi rimarca che non sono un test per il governo. "Se eleggi un sindaco che c' entra il governo? E comunque da qui alle Amministrative ci sono 6 mesi: nel frattempo vogliamo governare", dichiara. Sulla possibilità di cambiare l'Italicum, "credo proprio di no", taglia corto. Quanto al doppio incarico di premier e segretario del Pd, "ovunque il capo del principale partito è anche leader del governo".




SANTA BARBARA, PATRONA DEI VIGILI DEL FUOCO: GLI AUGURI DA L'OSSERVATORE D'ITALIA

di Domenico Leccese

Ai Vigili del Fuoco, al vertice del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, e di tutti gli operatori VV.FF. auguri per Santa Barbara da parte de L'Osservatore Italia

Santa Barbara è la Santa che rappresenta la capacità di affrontare il pericolo con fede, coraggio e serenità anche quando non c'è alcuna via di scampo. È stata eletta, infatti, patrona dei Vigili del Fuoco, in quanto protettrice di coloro che si trovano "in pericolo di morte improvvisa".

Nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l'impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di 'barbara', cioè straniera, non romana. Tra il 286-287 Barbara si trasferì nella villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo. Il padre aveva destinato Barbara in sposa al prefetto di Nicomedia, ma lei rifiutò di sposarsi.
Il padre furente la fece processare e condannare a morte, a causa della sua fede cristiana. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Venne allora rinchiusa in una cella della fortezza di Nicomedia.
Nella prigione, un giorno, si sprigionò un incendio: Barbara uscì viva dalle fiamme. Durante il processo, che iniziò il 2 dicembre 290, Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti.

Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones, infatti, il suo martirio è posto sotto l'impero di Massimino il Trace (235-38) o di Massimiano (286-305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308-13). Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia di Nicomedia e infine, di una località denominata 'Heliopolis ', distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: 'In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore'. Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fino dall'antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto riguarda le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l'origine orientale, con ogni verosimiglianza l'Egitto, e il martirio.
La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici, a volte anche reali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto come sull'iconografia. Il padre di Barbara, Dioscoro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio.

Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d'acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: 'Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo'. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire.

Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito.

Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l'ordine di flagellazione. Infine, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza.
Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri. L'imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall'Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nelle loro città e di qui furono recate nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell'occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate.
Se ne trovavano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV, 89), San Gregorio Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell'oratorio di Santa Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di Barbara, dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55).

Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte nel lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi venerata anche come protettrice dei Vigili del Fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato Santa Barbara. La festa di Barbara è celebrata il 4 dicembre.
 




ATLETICA, AZZURRI SQUALIFICATI: ANCHE NELLA GIUSTIZIA SPORTIVA VIGE LA PRESUNZIONE DI INNOCENZA

di Domenico Leccese

Sul caso doping che ha investito i 26 azzuri ritengo di poter affermare che le indagini si svolgano acquisendo prove di un illecito presumibilmente commesso. Questo significa che dopo aver svolto la suddetta attività, è stato presentato un fascicolo al giudice titolare dell'indagine. Hanno indagato su 65 atleti, su 26 dei quali hanno trovato gli estremi per la contestazione della violazione di cui all'art. 23 C.S.A., ovvero eluso controllo. Ora, poiché gli illeciti riguardano le norme sportive e non già il codice penale, ad esprimersi in merito sarà il Tribunale Nazionale Antidoping. Prima di allora, nessuno di questi 26 atleti può dirsi colpevole e semmai dovessero risultare, di certo non sarà per aver fatto uso di sostanze dopanti. Rimane che qualcosa non è chiaro, considerando che per gli altri 39 nulla è emerso a loro carico. Mi auguro che a non vederci chiaro siano stati i "colleghi".. perché accetterei più una delusione professionale che dovermi per l'ennesima volta chiedere che cosa ne è e ne sarà della mia, passione per lo sport ed in particolare per l’Atletica!

La risposta dell'atleta Silvia Salis alle accuse di doping, rappresenta un quadro ben chiaro della situazione "Innanzitutto ci tengo profondamente a precisare che quella di cui vengo accusata non è una vicenda di doping ma di problemi di ricezione della reperibilità da parte del sistema Whereabout con il quale il Coni monitora lo spostamento di ogni atleta. – Dichiara la Salis – Chi mi conosce sa che in 15 anni di carriera mi son sempre battuta contro il doping – prosegue –  e contro chi ha sporcato il nostro sport, prendendo anche parte a campagne di sensibilizzazione tra i giovani. Per quello che riguarda l'accusa, l'unica cosa che mi sento di dire è che il sistema aveva falle tecniche. Fino a qualche anno fa il sistema era cartaceo: la Fidal mediava i nostri rapporti con il coni, noi mandavamo reperibilità via fax (nel 2011!!) e loro la comunicavano al Coni. Sono in possesso di documenti email provenienti dalla Fidal nei quali io, sorpresa che non avessero ricevuto la reperibilità, chiedevo spiegazioni. La giustificazione (che ancora conservo) è stata data al malfunzionamento del fax che è durata qualche giorno nell'inverno tra il 2010 ed il 2011. Basterebbe solo questo per spiegare in che situazione fosse lo stato della comunicazione della reperibilità all'epoca. Successivamente dal fax si passò ad una piattaforma informatica, che presentò da subito problemi di funzionamento: anche in questo caso ho prodotto documenti riguardo all''immissione della password ed alla generazione calendario. Vi faccio un esempio: a Londra appena arrivata mi ero registrata al villaggio olimpico, ma il responsabile sanitario del Coni, mi disse che non risultavo al villaggio. Insistendo sul sistema, aiutata dai sanitari Fidal, sono riuscita ad aggiornarlo, ma è un altro esempio eclatante per capire cosa è successo. Oltretutto, nel caso ci siano inadempimenti, mancate comunicazioni di reperibilità o mancati controlli, la procura è tenuta a mandare all'atleta una raccomandata con ricevuta di ritorno che rappresenta un'ammonizione, ed alla terza scattano le sanzioni. Nella mia vita non ho mai ricevuto ammonizioni riguardo alla mancata comunicazione reperibilità, la mia unica ammonizione ricevuta è stata nell'estate 2014 per un supposto mancato controllo. Ho fatto subito ricorso producendo documenti e dimostrando la negligenza delle altre parti in questione nel reperirmi, e il ricorso l'ho vinto: questo rappresenta il mio unico contatto con la Procura Antidoping in 15 anni di nazionale. Posso parlare solo per me perché conosco la mia situazione, ma nei corridoi della procura ho potuto riscontrare nei giorni delle audizioni di altri atleti che il mio era un sentimento comune di grande frustrazione per esser stati coinvolti in un malfunzionamento delle strutture e dei sistemi preposti. Certa che la vicenda sarà risolta positivamente per me, – conclude Salis –  ribadisco la mia assoluta estraneità a quello di cui sono accusata e confido nel buonsenso della giustizia sportiva, augurandomi che in futuro vicende del genere non accadano più, specie in un periodo molto buio per l'atletica leggera.

La dichiarazione di Ruggero Pertile "Ciao, ho letto molti commenti, ma in merito, tengo a precisare che NON siamo accusati di doping o mancati controlli, ma di problemi di mancata comunicazione. Il sistema whereabouts inizialmente complesso non funzionava in quel periodo. Lo abbiamo evidenziato alla procura che proseguirà con le indagini. Non ho mai pensato di usare scorciatoie e Mai lo Farò!

La dichiarazione di Tito Tiberti "Ci sono quelli come noi che non hanno mai pensato di doparsi, ci sono atleti messi alla gogna che meritano che la loro onorabilità venga difesa (e che si dica che doping e filingfailures – mancanze di comunicazione – non sono la stessa cosa), ci sono forcaioli indifendibili (soprattutto quelli con doveri deontologici di informazione limpida). ForzaAtletica"

Aggiungo alcune considerazioni ironiche, del tutto personali:
– si tratta di fatti degli anni 2010-2012 quando Schwazer fu pescato con le mani nella marmellata ed è reo confesso: dopato davvero, eppure la sua posizione è stata archiviata.
– 65 atleti (26 deferiti e 39 archiviati) rincitrulliti tutti contemporaneamente hanno commesso e ripetuto le medesime infrazioni. Scemenza collettiva!
– i 65, tranne Alex, in tutti i controlli – anche nel periodo delle infrazioni – sono sempre risultati negativi. Strano perché i giornali e i tg dicono che erano dopati…
– atleti inseriti all'interno del sistema WADA/IAAF per anni non hanno mai sbagliato una data e una comunicazione, ma col sistema NADO/CONI erano negligenti.
Di nuovo istupidimento collettivo? Ci sono colpevoli veri? Non lo so, ma so che non c'è rapporto di consequenzialità certa deferimento-condanna e credo nel corso della giustizia. Su molti che ho la fortuna e il privilegio di conoscere posso mettere la mano sul fuoco.Ci sono alcuni negligenti superficiali (e non dico che la superficialità non vada punita… ma non è doping, caxxo!), ci sono alcuni che hanno fronteggiato con scarso successo le falle del sistema informatico whereabouts del primo periodo, ci sono soggetti (non atleti) che probabilmente hanno responsabilità concrete ma che non sono nella lista di proscrizione odierna..

 

Ecco i 26 atleti deferiti:

BERTOLINI Roberto per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

BOURIFA Migidio per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

CAMPIOLI Filippo per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

COLLIO Simone per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

DONATI Roberto per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

DONATO Fabrizio per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

FALOCI Giovanni per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

GALVAN Matteo per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

GIBILISCO Giuseppe per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di inibizione e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

GRECO Daniele per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

HOWE Andrew per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

INCERTI Anna per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

LALLI Andrea per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

LA ROSA Stefano per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

LICCIARDELLO Claudio per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

MEUCCI Daniele per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

OBRIST Christian per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

PERTILE Ruggero per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

RIPARELLI Jacques per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

SALIS Silvia per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

SCHEMBRI Fabrizio per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

SECCI Daniele per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

SLIMANI Kaddour per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

TAMBERI Gianluca per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

VISTALLI Marco Francesco per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A;

WEISSTEINER Silvia per violazione dell’art. 2.3. del C.S.A. con richiesta di irrogazione della sanzione di anni 2 di squalifica e di non doversi procedere per l’addebito contestato di cui all’art. 2.4 del C.S.A.