ENOGASTRONOMIA: ROSATI, ‘ARSIAL A EATALY NEW YORK PER PROMUOVERE ECCELLENZE CIBO LAZIO’

Redazione

Le Eccellenze enogastronomiche del Lazio atterrano a New York: sardine del nostro Mare, olio extra vergine di oliva, la porchetta di Ariccia, latticini, liquori e vini del Lazio sono i protagonisti dell’iniziativa “Abbiamo deciso di raccontarci al Mondo”, nata dalla collaborazione dell’Arsial, l'agenzia della Regione Lazio per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura, con “I Borghi più belli di Italia” e “Ecce Italia, consorzio delle Eccellenze di Italia”, in corso presso Eataly di New York fino al 7 novembre.
Un appuntamento fondamentale per promuovere le nostre produzioni tipiche e tradizionali che l’Arsial non poteva disattendere, considerata l’importanza di un mercato come quello americano e una piazza prestigiosa come New York.
Nove le Aziende selezionate attraverso il circuito “Protagonisti del Cibo”, la call che l’Agenzia regionale ha attivato in occasione dell’Expo 2015 e che ad oggi è lo strumento privilegiato per la partecipazione delle Aziende del Lazio, che rappresentano le Eccellenze regionali, alle iniziative e agli eventi gestiti dall’Arsial.
“Un piccolo passo incoraggiante – dichiara Antonio Rosati, amministratore Unico Arsial – riuscire ad essere qui, in una delle città più grandi e importanti del mondo. Per il mercato agroindustriale della nostra Regione, New York rappresenta un punto di riferimento imprescindibile che offre indiscusse possibilità di crescita e sviluppo”.
“Alcune Aziende hanno avuto ottimi risultati – conclude Rosati – e spetta a noi continuare ad impegnarci nella promozione delle nostre Eccellenze enogastronomiche. Cooperare per competere è il nostro modus operandi in quella che io amo chiamare economia della bellezza: cibo, cultura e turismo”.
Numerosi gli appuntamenti organizzati: incontri e degustazioni con Tour Operator e stampa di settore, con buyers e con i ristoratori italiani a New York. Una presenza, quella della Regione Lazio con l’Arsial, che vuole essere un primo approccio verso i mercati internazionali più importanti.




NAVI DA GUERRA ITALIANE IN ACQUE LIBICHE

Redazione

Il governo libico di Tobruk condanna "condanna con fermezza" la violazione delle proprie acque territoriali "dopo l'ingresso ieri di tre navi da guerra italiane nei pressi delle coste di Bengasi, a Daryana", circa 55 km a est della città. Lo si legge in un comunicato del governo sulla propria pagina Facebook e Twitter.

Il governo libico "non esiterà a ricorrere a tutti i mezzi che gli consentano di proteggere le sue frontiere e la sua sovranità territoriale". Tobruk invita l'Italia "a rispettare i trattati firmati tra i due Paesi" e bolla "l'ingresso delle navi italiane come un atto contrario a tutti gli accordi internazionali ratificati dall'Onu".




CASO ELENA CESTE, PROFILO PSICOLOGICO: COSA È SUCCESSO ALLA DONNA IL GIORNO DELLA SPARIZIONE?

di Domenico Leccese

“Se i quattro studi di questo volume si rivolgono a una vasta schiera di persone colte, non possono tuttavia essere compresi e giudicati che dai pochi che non sono completamente estranei alla natura propria della psicoanalisi”. (Sigmund Freud, Totem e tabù, 1913).

… per chi giudica il lavoro di un professionista senza averne le competenze. Questa citazione, pubblicata dalla Dott.ssa Ursula Franco, mi ha suscitato, ulteriore curiosità, e mi ha spinto, a contattarla, nuovamente anche sul Caso Elena Ceste.

La Dott.ssa Ursula Franco, ci chiarisce una volta per tutte, che cosa sono le psicosi, l’autopsia psicologica e le dinamiche dell’allontanamento di Elena Ceste da casa la mattina del 24 gennaio 2014.

Che cos’è la psicosi?

La psicosi è un disturbo psichico molto comune, ad eziologia multifattoriale, a modalità di esordio variabile, che si differenzia da soggetto a soggetto per sintomatologia, gravità e prognosi e che viene spesso definito volgarmente ‘esaurimento nervoso’. Un soggetto affetto da psicosi necessita di una terapia specialistica, nel caso una crisi si risolva spontaneamente, facilmente recidiva se il soggetto non viene sottoposto a terapia farmacologica.
Soggetti diversi sviluppano crisi psicotiche caratterizzate da un diverso ‘set’ di sintomi. Le modalità d’esordio della psicosi sono variabili da soggetto a soggetto e prima della vera e propria crisi psicotica possono manifestarsi i cosiddetti prodromi o precursori, come: cambiamenti di umore, ritiro sociale, pensieri ossessivi e ritualità comportamentali, segnali difficilmente riconoscibili come clinicamente rilevanti all’occhio inesperto di un familiare e spesso perfino a quello più esperto di un medico di base, ma indici comunque di un esordio subacuto della crisi. La classica crisi psicotica è più spesso caratterizzata da un delirio, in genere di tipo persecutorio e da allucinazioni, spesso di tipo uditivo.

Che cos’è un’autopsia psicologica?
L'autopsia psicologica è una perizia post-scomparsa o post-mortem che permette di dire se un soggetto possa essersi allontanato volontariamente o nel caso ne venga ritrovato il corpo, in caso di dubbio, sia morto per cause accidentali in seguito all’allontanamento o in seguito ad un atto suicidiario o sia vittima di un omicidio. Per ricostruire il profilo psicologico di un soggetto scomparso o deceduto è necessario raccogliere alcuni elementi, quali le testimonianze di parenti, amici, colleghi e di coloro che lo hanno incontrato nelle ultime ore prima della scomparsa o della morte. Tali dati, insieme alle cartelle cliniche del soggetto esaminato permettono di ricostruirne lo stato mentale prima dei fatti e di formulare un’ipotesi sulle cause della sua scomparsa o della sua morte.

Lei ha sottoposto Elena Ceste a questo tipo di autopsia, ci sintetizza le sue conclusioni?

L’analisi delle testimonianze di parenti ed amici mi ha permesso di concludere con certezza che già dai mesi di ottobre e novembre la Ceste aveva manifestato segnali di un disturbo psicotico. In quei mesi Elena mostrò di essere tormentata da pensieri ossessivi persecutori, riconoscibili a posteriori quali i prodromi della crisi psicotica che la colpì a fine gennaio. I pensieri ossessivi che tormentavano la Ceste nei mesi di ottobre e novembre sono ben descritti dai suoi confidenti, purtroppo nessuno li riconobbe come segnali di un disturbo psichico e quindi la Ceste non fu sottoposta a terapia farmacologica. Una severa alterazione dell'equilibrio psichico di Elena, una vera e propria crisi psicotica, caratterizzata da un delirio persecutorio e da allucinazioni uditive si manifestò dal pomeriggio del 23 gennaio fino al momento della sua scomparsa, cui seguì a breve la morte. Probabilmente, ancora prima del pomeriggio del giorno precedente la sua scomparsa erano tornati a manifestarsi con forza nella mente della Ceste quei pensieri ossessivi che l’avevano afflitta nel mese di ottobre, già il 22 gennaio, infatti, l’amica Fiorenza si era accorta che qualcosa turbava Elena. A quella manifestazione pomeridiana psicotica del 23 gennaio, cui Michele assistette, seguì un periodo di apparente tranquillità, finché il quadro sintomatologico si arricchì durante la notte delle allucinazioni uditive, voci che dicevano ad Elena che non era una buona madre e che lei tentava di scacciare picchiandosi sulla fronte, inoltre il delirio persecutorio si fece più importante, non solo non la lasciavano stare, ma i suoi persecutori erano, a suo dire, decisi a portarla via da casa, ad allontanarla dai suoi figli, il motivo ce lo spiegano le sue allucinazioni uditive che le ripetevano che non era una buona madre. La Ceste allo scopo di allontanare le allucinazioni uditive si era picchiata ripetutamente sulla testa, tanto da arrossarsi la fronte, anche questa reazione alle allucinazioni uditive è di comune osservazione nei soggetti affetti da questo tipo di sintomi ed avvalora il racconto del marito. Durante la notte tra il 23 ed il 24 gennaio si compose quindi un quadro classico di psicosi con totale disgregamento della personalità. Dopo quella notte ‘difficile’ la Ceste, nonostante apparisse serena, non accompagnò i figli a scuola perché non se la sentiva, anche se era compito suo, questo fatto inusuale ed improvviso, come confermato dai bambini, è la riprova che qualcosa non andava. Quella mattina, i figli non notarono nulla di anomalo nel comportamento della madre, ella infatti non aveva manifestato evidenti segnali di ‘squilibrio’ ma pochi minuti prima che il resto dei familiari lasciassero l’abitazione, Elena, mentre i bambini si trovavano in auto, invitò il marito a non portare i figli a scuola, tornando a manifestare un delirio persecutorio, questa volta arricchitosi da idee di controllo sui figli da parte di soggetti estranei alla famiglia.

Che cosa hanno sostenuto i consulenti della Procura invece?

La Procura ha sostenuto che Elena aveva avuto una crisi psicotica nei mesi di ottobre e novembre e poi era ‘miracolosamente’ guarita senza sottoporsi ad alcuna terapia. Le cito l’ordinanza del Giudice Marson: ”Lo scompenso… qualificato dai consulenti psicologi e psichiatri come di tipo psicotico proiettivo delirante veniva notato da tutti i suoi interlocutorii… si era presentata una crisi psicotica con proiezioni e diffusi spunti deliranti…".

Ci illustra allora le differenze tra le risultanze dell’autopsia psicologica fatta dall’accusa e la sue.
Elena come abbiamo visto in precedenza manifestò, alcuni mesi prima della crisi psicotica vera e propria, i cosiddetti ‘prodromi’, ovvero un profondo disagio emotivo e pensieri ossessivi specifici con neppur troppo sfumate idee di riferimento. Ciò che io ho definito ‘prodromi’ sono stati definiti invece dall’accusa ‘crisi psicotica con proiezioni e diffusi spunti deliranti’, una crisi, a loro avviso, poi superata. La sostanziale differenza tra la mia autopsia e la loro sta nel fatto che per me quella che loro chiamano ‘crisi psicotica’ non erano altro che i ‘prodromi’, ovvero semplicemente le prime manifestazioni di un disturbo psicotico che ha avuto il suo apice tra il 23 ed il 24 gennaio. La condizione psichica descritta dai consulenti della Procura si risolve difficilmente senza l’uso di farmaci, e se appare temporaneamente in remissione, tende invece spesso a recidivare.

Che cosa disse la Ceste ai suoi confidenti e loro che impressioni ebbero?
La Ceste confidò alla madre, alla sorella, all’amica Fiorenza Rava, all’amico Giandomenico Altamura ed al parroco di Motta alcune sue paure, originate da suoi comportamenti ‘sbagliati’. Sempre nel mese di novembre rinfacciò all’amico Silipo alcuni messaggi apparsi su Facebook, lamentandosi con lui di aver perso fiducia e dignità e dicendosi sulla bocca di tutti. Elena era convinta di essere stata ‘tradita da una vecchia conoscenza’ e di ‘essere sulla bocca di tutti’.  I confidenti della Ceste ebbero l’impressione ascoltandola che nei suoi racconti ci fosse qualcosa di anomalo, che non fossero aderenti alla realtà.

Non si confidò col marito prima del 23 gennaio?
No, Buoninconti era all’oscuro sia dei tradimenti che di quelle confidenze che nessuno mai gli riferì, egli dice la verità quando afferma di non essersi accorto del disagio della moglie prima del pomeriggio del 23 gennaio. A Michele, Elena nascose i tradimenti ed anche le angosce che le avevano provocato fino a poche ore prima della scomparsa, solo in quei frangenti raccontò a Buoninconti di essersi rivolta pure al parroco e di aver ricevuto da lui delle rassicurazioni.

Perché Buoninconti non chiese aiuto per la moglie?

Nonostante i sintomi durassero da ore, sebbene con periodi di apparente remissione, Buoninconti sottovalutò le difficoltà della moglie nella speranza che non fosse altro che una crisi passeggera, un momento di stress che la faceva farneticare, ma che sarebbe passato, assumendo un atteggiamento tipico della maggior parte dei familiari che tendono a negare la malattia psichiatrica per la paura e per la difficoltà a riconoscerne i sintomi. Dopo quella notte però era deciso a portarla dal medico e per questo quel mattino, dopo aver accompagnato i bambini a scuola, si recò a controllare gli orari di ricevimento del sostituto.

Ci dica qualcosa di più sul denudamento quale sintomo della psicosi.

Il denudamento di Elena, che precedette la sua fuga da casa, rientra semplicemente tra le anomalie del comportamento che possono manifestarsi nei soggetti psicotici. Il denudamento, letto dagli inquirenti come un indubbio indizio di omicidio è stato il primo campanello d’allarme che mi ha portata a ritenere l’omicidio alquanto improbabile, quel denudamento è cruciale, è la prova della psicosi. Peraltro non avrebbe avuto ragioni Buoninconti di denudare il cadavere della moglie e se l’avesse uccisa nuda l’avrebbe di sicuro rivestita in modo che una volta ritrovato il corpo si sarebbe potuto pensare ad un allontanamento volontario.

Una volta per tutte che cosa è successo quella mattina?

La Ceste la mattina del 24 gennaio 2014 si è allontanata da casa, poco dopo le 8.15, in preda ad una crisi psicotica (psychotic breakdown) caratterizzata da allucinazioni uditive e da un delirio persecutorio. La donna dopo aver accompagnato i bambini ed il marito all’auto è rientrata in casa, si è tolta la giacca che Michele le aveva messo sulle spalle, ha premuto il pulsante di apertura del cancello automatico, è uscita di nuovo, si è tolta gli abiti in due tempi, prima le ciabatte ed il maglione, che ha lasciato sul tombino di fronte alla porta di casa, quindi si è avvicinata al cancello per impedire che si chiudesse, ha finito di denudarsi e si è poi allontanata e ha trovato la morte nel letto del Rio Mersa per assideramento.

Perché e come ha raggiunto il Rio Mersa?

I comportamenti dei soggetti psicotici sono conseguenza delle loro idee deliranti o reazioni alle loro allucinazioni che, influenzandone il pensiero, indirizzano di conseguenza i loro atti, che proprio per questi motivi sono anomali. Il suo allontanamento non fu altro che una risposta comportamentale al suo convincimento delirante. Elena quella mattina si denudò e reagì al suo delirio persecutorio, prese un'iniziativa, nel timore di venir portata via da casa, scappò e si nascose ai suoi ‘fantomatici’ persecutori nel greto di quel fiumiciattolo, inconsapevole, a causa della sua condizione psichica, che le indusse un profondo distacco dalla realtà, che il freddo avrebbe potuto ucciderla. La Ceste non desiderava morire, solo nascondersi, purtroppo, una volta sentitasi al sicuro la donna si addormentò, la notte prima di scomparire Elena non aveva dormito ed il lungo delirio che durava dal pomeriggio del giorno precedente l'aveva affaticata, al sonno subentrò lo stato soporoso indotto dall'ipotermia cui seguì la morte per assideramento. La presenza dell'acqua nel piccolo corso accelerò il processo di assideramento. Infine, è molto probabile che Elena se fosse stata vigile ed avesse sentito la voce del marito o quelle dei soccorritori non le avrebbe percepite come voci "amiche" ma piuttosto come quelle dei suoi fantomatici persecutori che intendevano "portarla via da casa" e naturalmente avrebbe continuato a nascondersi". La sfortuna della Ceste furono le basse temperature, se fosse stata primavera o estate, la donna con tutta probabilità sarebbe stata avvistata dai contadini nei campi nei giorni seguenti alla sua fuga, mentre purtroppo quel giorno ella si assopì a causa della stanchezza che le aveva causato il lungo delirio e poi al sonno si aggiunse il sopore dovuto all’ipotermia e la donna morì per assideramento.

Ci racconta qualcosa la posizione delle ossa al momento del ritrovamento?
La posizione in cui sono state ritrovate le ossa di Elena Ceste è compatibile con un assideramento accidentale, la Ceste, dopo la sua morte, semplicemente cadde a faccia in giù. Elena non si rannicchiò per proteggersi dal freddo in quanto venne colta dall’ipotermia nel sonno. Per quanto riguarda il punto esatto del ritrovamento è difficile dire se Elena sia entrata nel Rio Mersa proprio nel punto del ritrovamento o poco più a monte, la logica e la conformazione dei luoghi mi fa pensare che fosse entrata poco a monte del tubo di cemento che raggiunse per nascondervici e che dopo la sua morte, in seguito alle piogge le acque del Rio Mersa l’abbiano spostata, forse solo di poche decine di centimetri, tanto da far impigliare il suo cadavere nell’incolta vegetazione”.

Ci fornisca altri dati a sostegno dell’allontanamento volontario.

Proprio il ritrovamento del suo corpo nudo ad una distanza ridotta dall’abitazione e la sede stessa, avvalorano l’ipotesi dell’allontanamento volontario. Ci conferma ancora la bontà dell’ipotesi dell’allontanamento volontario un racconto fatto dal figlio Giovanni al padre, egli ha riferito che la madre, mentre lo vestiva la mattina della scomparsa, gli aveva detto: ‘Se mamma scappa voi dovete crescere da soli’, quindi, con tutta probabilità, Elena premeditava già una fuga, la Ceste infatti usò il verbo ‘scappare’. Per il resto, dalle indagini non è emerso nulla che permetta di ipotizzare una ricostruzione alternativa, nulla che confermi l’ipotesi degli inquirenti, ovvero l’omicidio e nulla che provi l’occultamento. Mancano la causa di morte della Ceste, mancano eventuali segni di una colluttazione su Buoninconti che avrebbero dovuto esserci vista la presunta tecnica omicidiaria per soffocazione diretta sostenuta dall’accusa, mancano i segni del trasporto di un cadavere sull’auto di Michele e le macchie di fango sui suoi abiti e sulle sue calzature, mancano eventuali graffi sulle sue mani e sul suo volto prodotti dai rovi del Rio Mersa e manca il movente.
 




BUFERA TRA CANTONE E SABELLI. IL PRESIDENTE DELL'ANTICORRUZIONE: "FORSE LASCIO L'ANM"

di Angelo Barraco
 
Il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, a Radio 24, ha parlato di Roma, del Giubileo, ma ha parlato anche di Milano. A Radio 24 Cantone ha espresso le sue enormi perplessità dalle critiche arrivate dall’Anm, critiche che il presidente dell’Anticorruzione ha definito come un “pugile che ha avuto un pugno e non si è ripreso”. Proprio in merito a tali critiche ricevute ha riferito che voleva fare un gesto eclatante, come uscire dall’Anm, proprio in merito a tale decisione ci sta riflettendo poiché l’Anm, poiché come la definisce lui stesso l’Anm, “casa mia”, quindi è una decisione indubbiamente difficile. Poi parla di Roma e del Giubileo, puntualizzando il discorso sulla difficoltà avuta nel far partire gli appalti poiché, come dice lo stesso Cantone: “in ogni appalto c'erano gli stessi errori ripetuti. Se non fossimo intervenuti avremmo avuto il primo appalto affidato a un soggetto che è stato arrestato il giorno dopo per il sospetto di una tangente”.  
 
Il presidente dell'Anticorruzione parla di Roma e di come sta dimostrando di non avere gli “anticorpi” di cui avrebbe bisogno ma che tutti sperano possa avere. Ne parla nel corso di una cerimonia in cui il Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, concegna il Sigillo della città. Alla cerimonia hanno partecipato inoltre il prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca, il procuratore Edmondo Bruti Liberati. Aggiunge che l’idea del modello Expo di Milano può fare da traino e cambiare la situazione. Precisa che la sua non è una critica ma punta nel lavorare su questa logica e aggiunge “credo sia stato un po' estrapolato da un contesto che era quello di un riconoscimento che ho avuto dalla città di Milano e dopo l'intervento che aveva fatto il prefetto”. Cantone inoltre definisce il modello di Expo a Milano come un progetto caratterizzato da una “profonda sinergia istituzionale” e lo reputa difficilmente esportabile. Ha riferito inoltre che sta provando a spiegare all’Ocse che il modello Milano non è dell’Autorità anticorruzione ma che invece, spiega, è frutto di profonde sinergie istituzionali e per quanto riguarda il modello, aggiunge che lo ritiene difficilmente esportabile se si pensa che sia un modello dell’Anac. Aggiunge che stanno cercando di esportarlo a Roma ma nella Capitale ha incontrato difficoltà, in parte superate anche con l’impegno, perché aggiunge Cantone “Roma non è fatto solo dei soggetti di mafia capitale, ma è fatto di moltissime persone per bene”. Cantone puntualizza che il problema è trovare una squadra che funzioni. Sottolinea che nell’Amministrazione hanno trovato punti di riferimento importanti, anche nel Comune, ma manca la stessa sinergia che si è creata a Milano, ovvero l’idea di lavorare tutti insieme per un unico obiettivo pur rispettando i diversi ruoli. 



MARINA MILITARE: DUE UFFICIALI IN MANETTE

Redazione

Due ufficiali della Marina militare sono stati arrestati a Roma e ad Ancona dai carabinieri di Taranto per concorso nel reato di concussione nell'ambito di appalti gestiti da Forze Armate. Ai due è stata notificata un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Taranto Pompeo Carriere su richiesta del sostituto procuratore Maurizio Carbone. Contestualmente è in esecuzione un decreto di sequestro preventivo per equivalente per un importo complessivo di 500 mila euro.




RAPPORTO ACRI-IPSOS: L’ITALIA RIPARTE MA CALA LA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI E NELL’EUROPA

di Ch. Mo.

Sembra difficile anche solo a dirlo ma, l’Italia riparte e il 2015 "segna la riscossa per le prospettive del Bel Paese". La crisi morde ancora ma, sebbene l'80% degli italiani continui a percepirla come grave e ritenga che durerà almeno altri 5 anni, spaventa sempre meno. A stabilirlo è stato il tradizionale rapporto curato da Acri e Ipsos per la 91esima Giornata mondiale del risparmio, che, dipinge un Paese dove ritorna la fiducia, soprattutto tra i giovani, e le prospettive personali e nazionali migliorano sensibilmente. Proprio l’anno 2015, è stato l’anno della svolta: un cambiamento vissuto nel proprio quotidiano, piuttosto che riconosciuto a livello collettivo. Se da una parte cresce la speranza, dall’altra, si perde la fiducia nell'Europa e nelle sue istituzioni.


I segnali di ripresa. Diversi sono i segnali che hanno permesso a questo rapporto un esito positivo: per il terzo anno consecutivo la quota di italiani capaci di risparmiare cresce ( nel 2015 sono stati il 37%, in aumento dal 33% del 2014 e dato più alto dal 2010); si riducono per il terzo anno di fila le famiglie in saldo negativo di risparmio ( scendono dal 25 al 22%, dato più basso dal 2005). Costanti al 41% le famiglie in pareggio tra guadagni e consumi. Cresce inoltre la voglia di investire nelle proprietà. Nel 2015 sale al 29% la quota di italiani che definisce ideale l'investimento nell'immobiliare. Un dato in netta ripresa dopo anni di tracollo: dal 70% del 2006 al 24% del 2014. La casa torna a essere l'investimento "principe" al Centro e al Sud.


Auto e telefoni tornano ad essere protagonisti delle famiglie italiane: la telefonia in particolar modo aumenta a dismisura con l’invenzione anche di nuovi modelli tecnologici.


Settori critici. Resta invece in difficoltà, sebbene anch'esso in miglioramento, il comparto del "fuori casa" con bar e ristoranti, viaggi e vacanze, cinema e teatri. Non c'è crisi che tenga invece per i medicinali che continuano a essere acquistati sempre di più: coloro che ne hanno incrementato il consumo sono il 29% contro il 10% che lo ha ridotto.


Le spese impreviste. Capitolo a parte è quello che riguarda le spese impreviste. Gli anni di crisi hanno ridotto le riserve di denaro di molte famiglie e, ancora oggi, quasi un nucleo su 4 (23%) non riuscirebbe a far fronte a una spesa imprevista di 1.000 euro con risorse proprie.


Questi dati, ribadisce il rapporto, “ fanno comprendere come i segni di miglioramento riguardino solo coloro che hanno ridotto i timori legati alla crisi “, mentre " chi è in difficoltà rimane in difficoltà “ e "un'importante fetta di famiglie" resta "al limite delle proprie forze economiche".


Fiducia nell’Europa? Sempre meno. Visti i continui rimpalli di responsabilità e le continue manovre economiche che mettono a dura prova la nostra economia, secondo il rapporto Acri- Ipsos, l’Europa perde sempre più appeal tra gli italiani: coloro che hanno fiducia nell'Unione europea rimangono maggioritari, ma sono appena il 51% a fronte di un 49% che dichiara tutto il suo scetticismo verso Bruxelles.


L’Euro? Anche no. Anche la fiducia riposta verso la moneta unica diventa sempre più negativa. Quasi 3 italiani su 4 ne sono insoddisfatti (71% contro il 74% del 2014), sebbene la maggior parte degli italiani resti convinta della sua utilità nel lungo periodo. Appena il 4% degli intervistati attribuisce però le colpe della crisi all'Europa, mentre il 48% ritiene che la situazione attuale sia causata dal malgoverno del paese negli ultimi anni e dalle mancate riforme.
 




"CHE FAI…LI CACCI?": IL NUOVO LIBRO DEL GIORNALISTA ALBERTO DI MAJO

Redazione 
 
Roma –  “Che fai…li cacci?” è il nuovo libro del giornalista de Il Tempo Alberto Di Majo, sarà presentato a Roma martedì 27 ottobre alle ore 18:30 presso la Camera di Commercio di Roma, nella Sala del Tempio di Adriano. Alla presentazione del libro, oltre all’autore, interverranno anche: Luigi Bisignani, famoso scrittore, Carlo Scognamiglio, filosofo e blogger, Narciso Mostarda, psichiatra ed Elisa Calessi, giornalista di Libero. Saranno molti i temi che verranno affrontati durante il corso della serata, si parlerà di politica “i partiti sono diventati semplici comitati elettorali, se non proprio d’affari”, dei nuovi mezzi di comunicazione “Benvenuti nell’era dell’uomo solo al comando” , uomini soli al comando e dissidenti  “Più che in una democrazia viviamo in una egocrazia”. 



"DIECI ANNI DI ORDINE PUBBLICO". IL CAPO DELLA POLIZIA PANSA: "SCROLLIAMOCI DALLE SPALLE IL PESO DEL 2001"

Il 27 ottobre, all'interno della sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri di Via Santa Maria numero 37 a Roma, l'Associazione Nazionale dei Funzionari di Polizia ha presentato il volume “Dieci anni di ordine pubblico”.

Lo studio. Il volume, frutto del lavoro di Armando Forgione, direttore dell’Ufficio ordine pubblico del Ministero, di Roberto Massucci attuale Capo di Gabinetto del Questore di Roma, e da Nicola Ferrigni, Sociologo del Link Campus University, vuole offrire un'analisi socio-statistica degli ultimi 10 anni di gestione dell'ordine pubblico. L’obiettivo del lavoro, condotto con rigoroso approccio scientifico, è quello di contribuire alla riflessione sulla specifica missione affidata alle Forze di Polizia e sul ruolo che esse hanno nel mantenere e rafforzare il patto di fiducia stretto tra la società e le Istituzioni. In particolare, lo scopo perseguito – specie in virtù dell’esperienza maturata sul campo – è quello di partecipare anche attraverso spunti propositivi e critici, al dibattito sul ruolo della gestione dell’Ordine Pubblico nel più ampio concetto della sicurezza, al fine di garantire: “Il diritto di manifestare come quello di dare legalità e sicurezza a tutti gli altri cittadini”. Se il governo dell’ordine pubblico rappresenta la più complessa e articolata incombenza che la legge demanda all’Autorità di P.S., l’impegno quotidiano e il fruttuoso processo di democratizzazione interna, nel confermare la natura di Istituzione al “servizio della gente”, offrono, al contempo, la necessaria garanzia di tutela di quel contesto di legalità che costituisce un presupposto indefettibile per il godimento delle prerogative democratiche e dei diritti costituzionali.

Francesco Tagliente. In merito al servizio di ordine pubblico si è espresso l'ex Questore di Roma e già Prefetto di Pisa Francesco Tagliente, secondo cui per evitare l'intervento delle forze di Polizia scatenando le così dette “guerriglie urbane”, debbano essere attivati, con coesione istituzionale, strumenti giuridici con effetti deterrenti come Daspo con prescrizioni, denunce e arresti seguiti da condanne esemplari e misure carcerarie. Inoltre, Tagliente si era già pronunciato più volte in merito, delineando la migliore strategia da adottare nel contrasto della “guerriglia urbana”, sostenendo che : “Ai fini della deterrenza, possono essere più efficaci gli arresti e le denunce piuttosto delle cariche con manganelli e lacrimogeni, a condizione però che tutte le maglie della rete istituzionale siano coese e che l’identificazione e la denuncia degli autori dei fatti di violenza commessi nel corso di una pubblica manifestazione, in stato di arresto o di liberta, può risultare più efficace ai fini della deterrenza solo se tutte le maglie della rete sono resistenti agli urti”. Sulla migliore strategia per la gestione della “guerriglia urbana” da parte delle Forze di polizia Tagliente sostiene che: “Non esiste un dispositivo unico di gestione dell’ordine pubblico universalmente valido, ma esistono le norme, i regolamenti e le buone prassi frutto di anni di lavoro nella gestione della piazza, dello stadio o del corteo. Ciascun episodio è unico e come tale va trattato, nella cornice delineata dalle fonti normative. È chiaro- aggiunge Tagliente- che il diritto di manifestare le proprie opinioni e il proprio dissenso è e deve restare inviolabile non è solo una volontà costituzionale ma una convinzione intima di quanti sono chiamati, ciascuno nell’ambito della propria competenza, al mantenimento dell’ordine pubblico”. All’uso della forza nella gestione delle manifestazioni – considerata quale estrema ratio – Tagliente preferisce strumenti di intervento quali, ad esempio, l’istituto dell’arresto differito precisando che la possibilità del sopraggiungere improvviso di una criticità deve essere sempre considerata e che l’azione per smorzare eventuali focolai deve essere decisa e netta; comunque, sempre la meno lesiva ritenuta idonea per ripristinare l’ordine violato”. Tagliente ha più volte sottolineato come: “Parlamento, polizia, magistratura, istituzioni penitenziarie, cittadini, mass-media, agenzie di controllo sociale ecc. devono agire nella consapevolezza che la polizia non può essere considerata detentrice del monopolio, del controllo sociale e della gestione delle piazze; che la Polizia non può essere considerata la sola responsabile delle violenze di piazza e che la strategia di gestione della guerriglia urbana dipende dalla forza di tutte le maglie della rete istituzionale con la conseguenza se si rompe o viene meno anche una sola maglia, tutta la rete si sfilaccia”. Dunque, l'ex Questore insiste sul ruolo del parlamento affermando che: “Per ridurre le occasioni di scontri di piazza, servono nuovi strumenti giuridici per rafforzare l’apparato sanzionatorio destinato alla repressione delle condotte illecite poste in essere in occasione di manifestazioni pubbliche e che va nella giusta direzione quanto previsto nella bozza di un disegno di legge, annunciato alla stampa, che propone nuove norme per la sicurezza urbana e per la legalità e la sicurezza dei territori”. “E’ importante – continua Tagliente – che l’uso di mazze, bastoni, scudi, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti o atti ad offendere, di caschi protettivi o altri mezzi che rendono impossibile o difficile il riconoscimento, il lancio o l’utilizzo di razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi siano considerarti delitti e che, per tali reati e per tutti gli altri per i quali è oggi previsto l’arresto obbligatorio o facoltativo, sia consentito l’arresto in flagranza differita. Ma questo non basta, per la sicurezza delle manifestazioni di piazza, sul piano sanzionatorio, il parlamento potrebbe intervenire anche per limitare la concessione delle misure alternative alla detenzione carceraria di quei soggetti che potrebbero reiterare azioni violente”. Ancora più incisiva sul piano preventivo la proposta di Tagliente: “Per evitare l’arrivo in massa, nella città dove si tiene la manifestazione ritenuta a rischio di incidenti, di soggetti violenti provenienti da altre province, si dovrebbero bloccare alla partenza fornendo alle Forze di Polizia gli strumenti giuridici per trattenere i violenti in analogia a quanto già previsto per le manifestazioni sportive. Sarebbe auspicabile introdurre una norma che consenta al Questore il potere di emettere un provvedimento di prescrizione per soggetti già denunciati e sottoposti a processo per fatti di violenza di piazza: per impedire la partenza- aggiunge l'ex Questore capitolino-, il giorno della manifestazione, il “daspato” dovrebbe firmare all’ufficio di polizia del luogo di residenza”. “Sarebbe inoltre auspicabile prevedere anche per il giudice l’applicazione, in sede di condanna per “reati tipici”, dell’obbligo di presentazione in un ufficio di polizia”.

La presentazione. Dopo i saluti del Capo della Polizia, Alessandro Pansa – che ha firmato la prefazione al Testo – il Presidente dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, Lorena La Spina, ha spiegato la relazione introduttiva dei lavori affidati alla moderazione di Paolo di Giannantonio. Oltre agli Autori della pubblicazione Forgione, Massucci e Ferrigni, prenderà la parola il sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, Paolo Canevelli

 

L'intervento di Pansa "Dobbiamo scrollarci dalle spalle il peso del 2001: abbiamo studiato, analizzato, trovato soluzioni e oggi nella gestione dell'ordine pubblico siamo un'organizzazione completamente diversa rispetto al passato". Lo ha sottolineato il capo della polizia, Alessandro Pansa, facendo riferimento ai fatti del G8 di Genova nel suo intervento alla presentazione del volume "Dieci anni di ordine pubblico". Ordine pubblico che – ha premesso Pansa- "rappresenta il core business del nostro lavoro, l'elemento particolare che caratterizza quotidianamente la funzione della polizia e il lavoro dei suoi funzionari". "Oggi – ha ricordato il capo della polizia – nelle manifestazioni di piazza le forze dell'ordine hanno una consapevolezza totale del loro ruolo: consentire a tutti di esprimere, in modo corretto, il proprio pensiero e il proprio dissenso. Noi non stiamo a valutare le istanze di cui i manifestanti sono portatori ma solo a garantire che tutti possano manifestare nel rispetto delle regole democratiche. Siamo i primi difensori dei principi costituzionali: ci sono meccanismi ulteriormente da affinare, anche sul piano normativo, e il nuovo ddl sulla sicurezza urbana definisce regole e norme che possono rendere ancora piu' efficace la gestione dell'ordine pubblico ma piu' in generale dobbiamo anche spostare l'attenzione dal comportamento dei singoli alla tutela dei luoghi dove le manifestazioni avvengono, visto che le aree metropolitane presentano varieta' di situazioni molto diverse tra di loro". Per Pansa, e' necessario "affrontare la modernita', le novita' che si sviluppano nella societa', le dinamiche delle nuove tecnologie che rendono piu' complicata la gestione dell'ordine pubblico, ma sempre tenendo presente il nostro passato e la nostra storia: le manifestazioni di tanti anni fa in cui si sparava, in cui c'erano i morti, non vanno dimenticate, non sono un passato lontanissimo: ricordiamoci come si e' evoluto il tempo, ricordiamoci come sono cambiate le manifestazioni e certe espressioni di violenza". Cio' che va sempre tenuto presente – ha concluso Pansa – e' "il bilanciamento dei diritti in gioco, in modo da valutare qual e' il momento in cui tale bilanciamento richiede il nostro intervento. Se lo faremo, l'ordine pubblico sara' gestito sempre meglio e indipendentemente dalle polemiche che di volta in volta si creano e di cui non ci dobbiamo curare"




GIROLAMO SEGATO: L'UOMO CHE PIETRIFICAVA I CORPI

di Angelo Barraco

“Girolamo Segato – L’uomo che pietrificava i corpi” è il nuovo documentario del regista Paolo Cochi, noto per il suo documentario sul Mostro di Firenze. La presentazione avrà luogo martedì 27 ottobre alle ore 12 a Firenze, preso il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Sezione di Anatomia, Aula Fazzari – Careggi, Largo Brambilla 3. Ma chi era Girolamo Segato? Fu definito dal popolo un mago, alchimista e pietrificatore di cadaveri poiché escogitò un metodo rivoluzionario che ancora oggi è sconosciuto e insuperabile. Conservare il corpo dopo la morte, evitarne il disfacimento fisico attraverso l’imbalsamazione. Questo è il segreto rivelato dall’Egitto a un uomo straordinario che, nel XIX secolo, scoprì il modo di sfuggire al banchetto della morte, ispirato da antiche conoscenze. Un racconto di 25 minuti che ripercorre la vita dello studioso, nato a Belluno ma vissuto e morto a Firenze (1792-1836). Martedì 27 ottobre verrà proiettato il documentario e ci saranno gli interventi in sala da parte di:
Paolo Cochi – Autore, regista
Donatella Lippi  – Professore di Storia della Medicina, Responsabile della Sezione Biomedica del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze 
Sandra Zecchi  – Professore di Anatomia, Responsabile della Sezione di Anatomia del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica
 
Girolamo Segato. Nasce il 13 giugno 1792 a San Gottardo di Sospirolo. Si avviò alla scienza grazie al parroco del paese e studiò presso il liceo di Belluno sotto la guida di Tommaso Antonio Catullo. Da adulto si stabilì a Firenze e si interessò della tecnica di imbalsamazione dei cadaveri con un metodo che erroneamente è stato denominato pietrificazione. Il metodo di Segato è simile alla mummificazione ma l’unicità del suo metodo sta nella mineralizzazione dei tessuti di cui ancora la formula utilizzata rimane un mistero. Girolamo Segato quando tornò dai suoi viaggi dall’Egitto, il suo intento era quello di sfidare il tempo elaborando una tecnica che consentisse la conservazione dei corpi. La sua tecnica di “pietrificazione” rimane tutt’ora avvolta da una fitta cortina di mistero poiché per lui la segretezza era legge. Le sue realizzazioni si trovano oggi presso il Museo della Sezione di Anatomia  del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. Sulla sua tomba sta scritto: “Qui giace disfatto Girolamo Segato, che vedrebbesi intero pietrificato, se l’arte sua non periva con lui. Fu gloria insolita dell’umana sapienza, esempio d’infelicità non insolito”



CALCIO: GIOCATORI DEL TARANTO SCHIAFFEGGIATI DAI CONTESTATORI

di A.B.

Taranto – Il calcio è uno sport che può portare a delle vittorie ma anche a delle sconfitte, e quando queste sconfitte portano i “tifosi” ad agire ai danni di chi sul campo gioca con amore, quello non è più sport, quella è violenza gratuita. Proprio un episodio di violenza gratuita ha travolto ieri sera la squadra del Taranto che, in seguito alla partita Taranto Fc-Turris che ha portato alla vittoria della squadra avversaria, al rientro da Torre del Greco i giocatori del Taranto sono stati aggrediti da un gruppo di contestatori che li hanno insultati, offesi e schiaffeggiatii. Un atto di violenza ignobile che la società ha condannato. Il Presidente del Taranto FC 1927, Elisabetta Zelatore e la dirigenza del Taranto Calcio riferiscono in merito a quanto avvenuto in una nota stampa: “L’aggressione subita dalla squadra, questa sera, al rientro a Taranto da Torre del Greco ad opera di alcune persone è un deprecabile atto di gratuita violenza che la Società Taranto FC 1927 condanna con assoluta fermezza. Una sconfitta maturata sul campo non può, in alcun modo, giustificare l’aggressione fisica nei confronti di tecnici e giocatori.  Non è, certamente, questo il modo per aiutare la Società e la squadra a raggiungere i risultati che tutti auspicano e che restano a portata di mano considerato che il campionato finora è stato giocato per appena un quarto ed il Taranto è, comunque, al secondo posto in classifica. Il Presidente del Taranto FC 1927 Elisabetta Zelatore e l’intera dirigenza ionica auspicano che tutte le componenti restino unite in previsione dell’importante incontro casalingo di domenica prossima contro il Nardò.  Solo l’unità può determinare il conseguimento della vittoria da tutti sperata”.



IL MINISTERO DELLA LORENZIN DA DELLO SCEMO A 10 MILIONI DI ITALIANI

di I.G.

Dare dello “scemo” a una persona racchiude in sé l’attribuzione di un concetto negativo e dispregiativo. Secondo la sentenza del 10 Novembre – 15 dicembre 2014, n. 52082 della suprema Corte di Cassazione, in tali casi scatta il reato di ingiuria e nel caso l'appellativo sia rivolto ad un pubblico ufficiale di oltraggio.
Eppure uno spot televisivo fatto realizzare dal ministero della Salute dal titolo "Ma che sei scemo?”,  vede l'attore Nino Frassica dare l'appellativo di scemo ad un ragazzo intento ad accendersi una sigaretta e ad un altro ragazzo che guida il motorino senza casco. Lo spot poi termina con la scritta  "Chi fuma è scemo ma anche chi non si mette il casco" frase questa riprodotta verbalmente anche da Frassica.

Senza nulla togliere all'obiettivo della pubblicità e pur condividendone il messaggio che si intende far passare, che è quello di non fumare e di non guidare senza casco, ci si chiede se chi ha ideato lo spot ha tenuto conto di quanto stabilito dalla Cassazione, ovvero che dare dello scemo ad una persona equivale al reato penale di ingiuria e nel caso di pubblico ufficiale di oltraggio.
 

A quanti fumatori è stato quindi rivolto l'appellativo di scemo? Davvero molti, considerando che in Italia ci sono all’incirca 10 milioni di fumatori, compresi anche i pubblici ufficiali.

Dunque in Italia ci sarebbero, secondo lo spot promosso dal ministero della Lorenzin, almeno 10 milioni di “scemi”. Forse era il caso di pensare a qualcosa di diverso che non andasse contro il rischio di incorrere, da parte del Ministero, nel reato di ingiuria o di oltraggio.

Siamo tutti autorizzati a dare dello scemo a chi fuma? Pubblici ufficiali compresi? Quindi se vediamo fumare un poliziotto siamo autorizzati a dirgli: “Che fai, a scemo!. Come siamo caduti in basso.

Pubblichiamo l'estratto, facilmente comprensibile, della sentenza n. 52082 pronunciata in data 15 dicembre 2014 dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. V penale; nel caso de quo gli ermellini sono stati chiamati a chiarire se la parola "scemo" avesse valenza ingiuriosa ai sensi della legge penale.
"Quanto alla natura della parola scemo, occorre ricordare che le frasi volgari e offensive sono idonee ad integrare gli estremi del reato (di oltraggio) anche se siano divenuto di uso corrente in particolari ambienti perchè l'abitudine al linguaggio volgare e genericamente offensivo proprio di determinati ceti sociali non toglie alle dette frasi la loro obiettiva capacità di ledere il prestigio del pubblico ufficiale, con danno della pubblica amministrazione da esso rappresentata (nella fattispecie era stata ritenuta oltraggiosa la frase "vieni qui scemo, cretino".