CAMERA, RIFORMA DELLA SCUOLA: APPROVATO L'ARTICOLO 1

di Christian Montagna
 

Passa alla Camera l'articolo 1 del ddl scuola con 267 voti favorevoli e 92 contrari. L'articolo prevere l'introduzione di insegnamenti opzionali nelle scuola superiori che faranno media all'Esame di Stato. Dunque via libera della Camera all'attuazione dell'autonomia della scuola.  L'Aula ha approvato l'articolo 1 del provvedimento; i voti riprenderanno lunedì. Sono 750 in tutto gli emendamenti presentati da votare fino a mercoledì. Grande la soddisfazione espressa dal ministro Giannini.

Ciò nonostante aumentano le proteste nelle piazze, nelle scuole e tra gli anziani e diminuiscono sempre più i consensi verso il nuovo governo in merito alle proposte avanzate dai ministri. Renzi si trova ogni giorno a dover fare un passo indietro su qualche disegno di legge avanzato. Soltanto la scorsa settimana, quello che è stato definito il più grande sciopero di tutti i tempi, ha visto coinvolte persone di ogni età, colore e ideologia politica in una protesta contro il disegno di legge che mirava ad un radicale cambio nella scuola italiana. Insuccessi conteggiati, Renzi si dice pronto a discutere nel merito di tutto ma palesa intransigenza massima nei confronti della valutazione degli insegnanti unitaria per tutti; Avanza perciò un bonus mensile da attribuire soltanto ai migliori docenti. Sempre secondo i suoi calcoli, approvando questa riforma, cento sessanta mila persone nei prossimi anni saranno pronti ad essere assunti tramite i concorsi pubblici.


Le dichiarazioni del premier giungono in seguito alle minacce del blocco degli scrutini, ritenuto assolutamente inconcepibile da molti esponenti politici. Anche dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, giungono frasi di incoraggiamento: "Mi auguro che prevalgano il buon senso e il senso di responsabilità, perché c'e' da contemperare il diritto di chi vuole protestare con quello di chi vuole portare a termine l'anno scolastico. Mi auguro che non ci sia un diritto che prevale sull'altro". A queste dichiarazioni però si contrappongono quelle della Cgil di Susanna Camusso che non identifica questo come un sistema efficace e che non reputa credibili i numeri espressi dal Premier. Titubante è anche l'ex premier Enrico Letta, secondo cui le riforme andrebbero fatte non tanto per il gusto di farle ma con maggiore condizione di causa.




ROMA: SALVINI ATTACCA DURAMENTE RENZI SULL'ARGOMENTO PENSIONI ACCUSANDOLO DI ESSERE "FUORI LEGGE"

Angelo Barraco
 
Roma: Oggi il premier Matteo Renzi ha dichiarato a Radio Anch’io su Radio 1, in merito alle indicizzazioni delle pensioni “Restituiremo una parte di questi soldi, Stiamo studiando come fare a rispettare la sentenza e, contemporaneamente, l'esigenza di bilancio, sapendo che questi soldi, purtroppo, non andranno ai pensionati che prendono 700 euro al mese”. Le dichiarazioni di Renzi però smuovono le acque della Lega Nord e Salvini si scaglia duramente contro le dichiarazioni di Renzi dicendo: “Renzi dice 'restituiremo una parte dei soldi' tolti ai pensionati. Una parte? Vergogna, la Lega fara' le barricate! Restituire tutto a tutti, con lettera di scuse, e cancellare la Fornero. Siamo pronti a bloccare i lavori in Parlamento” questo lo scrive su facebook. Dichiara invece, sempre in merito all’argomento: “Un presidente che non rispetta una sentenza della Corte Costituzionale e' un presidente fuori legge. Questo e' gravissimo Renzi ha detto che restituira' solo una parte dei soldi dei pensionati”. Il Leader della Lega, dopo essere stato duramente contestato in parte della Sicilia occidentale, ma in parte della Sicilia stessa anche apprezzato e accolto, non si arrende e lotta a testa alta contro tutto e tutti. Renzi che farà invece in merito alle pensioni? 



GIUSTIZIA: PD E AREA POPOLARE TROVANO LA QUADRA SULLA PRESCRIZIONE

Dal vertice tenutosi il 14 maggio 2015 presso il Ministero della Giustizia emerge la volontà di lavorare sull'art.171 del Codice penale anziché sul 157. Accordo di maggioranza PD e Area Popolare sulla prescrizione nel giorno in cui il ddl anti-corruzione approda in Aula alla Camera. I due testi viaggeranno in parallelo. Si dice soddisfatto il ministro della Giustizia Andrea Orlando

di Cinzia Marchegiani

Proficuo il vertice tenutosi stamane al Ministero della Giustizia con il Guardasigilli Andrea Orlando, il viceministro Enrico Costa, responsabile Giustizia del Pd David Ermini, il presidente dei senatori di Ap Renato Schifani e il capogruppo in commissione Senato Nico D'Aspola. L’accordo tra il Partito Democratico e Area Popolare sulla prescrizione, prevede la possibilità di programmare un tavolo tecnico per riconsiderare i termini per i reati contro la pubblica amministrazione che rischiavano proprio per l’eccessivo allungamento dei termini, produrre pesanti impatti. Un tavolo dove si procederà a concordare il ddl prescrizione e anticorruzione.

MODIFICA SUL DDL PRESCRIZIONE

Mentre approda in Aula alla Camera il dddl anticorruzione, c’è anche l’accordo sul ddl prescrizione. Il tavolo tecnico per quest’ultimo dovrà lavorare sugli interventi di modifica cercando quell’armonizzazione del ddl sulla prescrizione che è stato già approvato alla Camera e ora passato all'esame della Commissione Giustizia del Senato e del ddl anticorruzione e domani inizia l'iter per l'approvazione finale alla Camera. Insomma sembra accordo tra Area popolare e Partito Democratico garantendo entrambe che i tempi dell’approvazione saranno rispettati garantendo che le stesse norme saranno presto legge dalla prossima settimana.
A sollecitare il vertice era stata la stessa Area Popolare (Ncd e Udc). L'obiettivo del tavolo è raccordare ddl prescrizione e ddl anticorruzione. Il ministro Orlando dichiara: "Sono soddisfatto per l'accordo nella maggioranza sulla prescrizione perché consente di approvare le norme prima del voto sulle regionali".

DICHIARAZIONI

Il senatore Nico D'Ascola (Ap) specifica, dopo la chiusura del vertice: "Abbiamo trovato un accordo per l'istituzione di un tavolo che dovrà esaminare le modifiche per ridurre i termini di prescrizione per i reati contro la pubblica amministrazione e su tutto l'assetto della prescrizione. Si è convenuto – Da’D’Ascola aggiunge – che per effetto di alcune modifiche di legge ci sarebbero stati tempi troppo lunghi di prescrizione e che non avrebbero eliminato il rischio prescrizione in sé e per sé, ma avrebbero avuto riflessi sulla ragionevole durata dei processi". La scelta individuata oggi sarà quindi di lavorare sull'art.171 del Codice penale anzichè sul 157.

Per Renato Schifani, capogruppo di Ap al Senato i cittadini hanno diritto a tempi certi dei processi e bisogna evitare un eccessiva dilatazione: “Oggi abbiamo avviato una trattativa foriera di un giusto compromesso e delle giuste tutele.”

L’IMPIANTO DEL TESTO
Il responsabile giustizia del Pd, David Ermini spiega quanto questo tavolo tecnico concordato e avviato svolgerà un lavoro importante: “L'impianto del testo sulla prescrizione rimane integro: ci saranno le sospensioni di due anni e un anno dopo le condanne in primo grado e in appello; si partirà nel calcolo dal massimo edittale come base. A nostro avviso va considerato che i reati contro la pubblica amministrazione – spiegando un punto importante – non potranno essere considerati come reati ordinari. Inoltre è stato chiesto che siano inseriti nelle modifiche al 161 anche gli altri reati contro la P.A., come l'induzione".
 




RAUL CASTRO, LA VISITA AL PAPA E LE SPERANZE PER IL FUTURO

di Silvio Rossi

La visita di Raul Castro a papa Francesco è stato certamente l’evento di politica internazionale più importante di questi giorni. Il viaggio a Roma del presidente cubano è una sorta di ringraziamento, così come ha detto lo stesso Raul, per il lavoro svolto dal pontefice nel solco di un progetto di riconciliazione tra l’isola caraibica e gli stati occidentali, USA in testa. Per analizzare meglio il significato di questo passo, abbiamo cercato di approfondire l’argomento con un illustre collega, firma storica di Messaggero e Repubblica, attualmente vaticanista de Il Fatto Quotidiano, Marco Politi, che ci ha onorato della sua preziosa opinione.


Raul Castro ha ringraziato papa Francesco per il suo ruolo nelle trattative con gli USA. Si può affermare che papa Francesco è per il Sudamerica ciò che Woytjla fu per l'Europa orientale, inteso nel senso di un processo di pacificazione?
Io non farei questo parallelo, perché Woytjla è stato molto attivo nel sostenere le forze che si battevano contro il regime comunista in Polonia, e quindi di riflesso nell’Europa dell’est. La Chiesa Cattolica a Cuba ha invece esercitato un forte ruolo di mediazione, e proprio questo ruolo di mediazione ha permesso di sbloccare la situazione. Il papa, anche Giovanni Paolo II ha sempre sostenuto l’azione del cardinale di Cuba, che si è sempre battuto per i diritti della chiesa, quindi per la presenza della chiesa nella società, e anche per la libertà di espressione dei cittadini, senza però schierarsi.


Quindi diciamo, mentre in Woytjla era più partigiano, a Cuba la chiesa è stata più arbitro?
Diciamo che a Cuba anche Woytila ha preso una posizione differente. Proprio nel 1998, alla fine del suo incontro con Fidel Castro, durante la visita all’Avana lanciò questa parola d’ordine: “Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. Quindi Woytjla contemporaneamente chiedeva la fine dell’embargo americano e l’apertura di un processo di democratizzazione del regime cubano. In tutti questi anni la chiesa cattolica ha continuato a lavorare in questa posizione, e ciò ha culminato col ruolo di mediazione di papa Francesco tra Castro e Obama nei mesi passati. Questo da una parte ha terminato positivamente un lavoro, ma si apre una pagina nuova, perché il regime cubano nel momento in cui si apre sia alla democratizzazione, sia anche all’economia privata, ha bisogno di non essere travolto dall’economia privata, e di mantenere quelle che sono state le conquiste sociali della sanità e dell’istruzione, che lo stesso Giovanni Paolo II aveva riconosciuto. L’incontro di domenica, quindi, non è solo un ringraziamento per il passato, ma cerca nella chiesa un alleato per il futuro.


La dichiarazione di Castro, durante l’incontro con Renzi, quando ha detto: “Se papa Francesco continua così, tornerò a pregare”, è l’elemento che si può ricordare di questo incontro?
Sì, certamente è una frase che dimostra quanto papa Francesco riesca personalmente a influire sulle persone, e quanto forte sia l’impressione che lui lascia sulle persone. In questo senso Raul Castro è stato veramente a cuore aperto durante la conferenza stampa, perché finora aveva sempre sottolineato l’identità di vedute tra la dottrina sociale della Chiesa e le preoccupazioni sociali del regime cubano, qui invece è andato sul personale, e questo è lo specchio di come Francesco riesca a colpire anche gli agnostici e gli atei. Proprio con quello che Raul Castro ha detto molto bene in due parole: “la sua saggezza e la sua modestia”, quindi da un lato un intelletto acuto, e dall’altro una grande umiltà.


Quando venne Fidel Castro nel 1996, chiese al papa di andare a Cuba, e ci volle più di un anno per organizzarla, ora in tre mesi si dovrebbe concretizzare la visita di Bergoglio a Cuba. Sono veramente cambiati i tempi da allora?
Sì. Allora Fidel Castro venendo a Roma, incontrando il papa e invitandolo, chiuse un lungo periodo di ideologizzazione del regime cubano, per cui la Chiesa era tollerata, ma sostanzialmente i militanti e i dirigenti del Partito Comunista Cubano dovevano essere atei. La mossa di Fidel coincideva col fatto che, essendo caduta l’Unione Sovietica, ed essendo la Russia concentrata sui problemi della propria economia, e non potendo quindi aiutare Cuba, Fidel Castro si era reso conto che doveva guardare all’Europa, e quindi anche alla Chiesa Cattolica per rientrare nel concerto internazionale.


Con quella visita è iniziato il cambiamento anche di Fidel Castro persona, oltre che di Cuba? Prima della visita, era comunque un personaggio più inquietante, e l’incontro col Papa l’ha restituito più umano?
È cambiato il passo del regime cubano, però tenga presente che Fidel Castro in America Latina non è stato visto come una persona inquietante, in fondo ha sempre colpito, in qualche modo, anche persone che non erano d’accordo con lui. Non dobbiamo dimenticare che prima della rivoluzione cubana, L’Avana era un grande bordello, proprio nel senso vero della parola, era veramente un regime corrotto e anche moralmente drammatico. Però certamente, nel momento in cui si chiude la lunga fase filosovietica, e Cuba deve camminare con le gambe proprie, Fidel capisce che papa Woytjla, crollata l’Unione Sovietica, diventa anche una voce e un allarme contro il neoliberismo selvaggio, cioè contro un capitalismo radicale, che non ha più una preoccupazione per il bene comune, per una giustizia sociale.


Forse l’ha capita più Castro di molti regnanti occidentali.
Varo, e infatti il vero momento di svolta è stato il contatto proprio fisico tra i due, perché Fidel Castro teneva spesso per mano Giovanni Paolo II, è nata una vera simpatia, allora il papa era già vecchio, aveva bisogno di essere sostenuto, e Fidel Castro lo teneva per mano. Ricordo che il Papa in volo disse a noi giornalisti: “voglio sentire la sua verità”. Tutti e due si sono raccontati la loro verità, e lì è nato un rapporto personale molto forte. Nel caso di Raul Castro c’è stata un’accelerazione, perché lui è arrivato al potere proprio con la decisione del Partito Comunista di aprire una nuova fase economica.


Raul Castro è una figura più moderata del fratello, o il cambio è dovuto solamente a un cambiamento della situazione internazionale?
No, possiamo dire che era una figura di secondo piano, lui oggi agisce dietro la necessità di una spinta storica, per tanti anni è stato all’ombra del fratello, e non ha mai preso iniziative personali. Oggi è sotto a una necessità storica che Cuba faccia una transazione, e quando è arrivato al potere il suo primo discorso faceva intravvedere che sarebbe incominciato un nuovo corso.




MARSALA: MATTEO SALVINI E L'APPUNTAMENTO SFUMATO. RESTA IN MACCHINA TRA URLA E CONTESTAZIONI

 
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di Angelo Barraco

Marsala –  Martedì 12 maggio si è svolta in Largo Zerilli l’apertura della campagna elettorale di Vito Armato, candidato a rivestire il ruolo di Sindaco della città di Marsala sotto la bandiera politica “Noi con Salvini”. Certo, una posizione che a molti siciliani fa storcere il naso, ad altri invece fa battere le mani ed apprezzare questo nuovo movimento del nord Italia che prende piede al sud.
L’apertura della campagna elettorale del candidato Vito Armato ha avuto tanto fragore e riscontro verso la popolazione marsalese, e non solo, perché è stato chiamato come ospite e rappresentante del partito il Leader della Lega Nord Matteo Salvini. Noi de L’Osservatore D’Italia eravamo lì.
 
Ripercorriamo la giornata del 12 maggio. Al nostro arrivo in Largo Zerilli, erano circa le 19:00, c’era un piccolo gruppo di manifestanti che stava sistemando i cartelloni e si stava preparando per la serata. Cartelloni che esprimevano un chiaro dissenso e disapprovazione verso una politica non appartenente alla Sicilia, con riferimenti chiari e diretti. I cartelloni riportavano frasi come “Salvini sta alla Sicilia come il mascarpone sta al cannolo” oppune “Antifascisti sempre”.
 
Poi sono stati attaccati degli striscioni che riportavano la frase “Marsala mai con Salvini”. Mentre i manifestanti si preparavano alla contestazione a Salvini noi raggiungiamo uno di loro e ci dice: “Noi abbiamo una piccola organizzazione e abbiamo deciso di andare oltre le varie inciviltà e quindi manifestare in modo assolutamente pacifico. Noi siamo un gruppo di amici e appena abbiamo saputo che Salvini veniva a Marsala abbiamo detto, guarda, non possiamo accettare che lui incominci quasi a infettare la popolazione marsalese che già ha i suoi problemi”.
 
Domande ai contestatori. Rivolgiamo la seguente domanda: come avete reagito alla presenza di un partito politico che appoggia Salvini a Marsala? La risposta è stata: “E’ stato questo a fare partire tutto, non faccio politica da dieci anni ma di sicuro sono antirazzista ed è stato questo che mi ha portato a decidere di manifestare in questa occasione perché Salvini, con la sua dialettica eccellente che ha –è un eccellente comunicatore- sta cominciando a far rievocare tutti quei pensieri razzisti ma anche separatisti e intolleranti che comunque in Italia non ci sono mai stati” aggiunge “prima le persone si vergognavano che erano razzisti, adesso lo dicono palesemente, dicono quando affonda una nave con mille persone, che sono clandestini o comunque diversi da loro, tutti con le faccine sorridenti”.
Altra domanda rivolta al contestatore: secondo te la reazione a Salvini com’è e come sarà? Ecco la risposta: “io non voglio sottovalutare o fare delle ipotesi, però secondo me il partico di Salvini sta riprendendo soltanto la destra che non esiste più a Marsala, come non esiste più la sinistra, quindi quelli che comunque sono sempre stati di destra adesso li sta raggruppando tutti Salvini. Sta facendo questo Salvini, in tutta Italia, non il centro destra ma la vera destra. Per questo io penso che Salvini sia una persona pericolosa, perché sta portando l’Italia ad un degrado culturale e morale che non si era mai visto e l’ignoranza porta alla violenza, sta tutto lì”.
 
L'INCONTRO CON ARMATO
 
Dopo aver fatto quest’intervista abbiamo visto il candidato Sindaco Vito Armato e gli abbiamo chiesto la sua opinione in merito alla manifestazione e per Salvini che avrebbe presenziato a Marsala, Armato ha risposto: “Credo che in democrazia se ognuno esprime le sue idee credo che sia una cosa assolutamente giusta infatti prima mi sono pure avvicinato al gruppo di ragazzi che stanno organizzando questo piccolo corteo e non ho nessun problema. Anzi dico, nella vita è giusto che le persone manifestino e facciano avanti le loro idee quindi accetto assolutamente questa reazione”. Abbiamo poi chiesto al candidato Sindaco Armato com’è stata la reazione dei marsalesi a Salvini, la risposta è stata: “Sicuramente c’è questa situazione nord sud che non è creata né da Salvini né da Vito Armato, ormai è solo un discorso di cultura, come quando si parla di comunisti e fascisti. Quindi la cosa che io dico è che noi ci stiamo candidando perché è un movimento nazionale, la mia candidatura è stata una candidatura veloce che passa attraverso alcune riflessioni. Noi abbiamo a Marsala una situazione politica che è scandalosa, rappresentanti politici che sono radicati sulle poltrone, non riusciamo a cambiare niente”. Continua dicendo  “Noi con Salvini sta dando slancio ad un gruppo di ragazzi normali, perché se voi andare a vedere la nostra lista non ci sono né fascisti né altro, c’è un po’ di tutto. Anzi ti dico che ci sono persone che anche guardavano a sinistra quindi la nostra è una lista molto tranquilla, abbiamo architetti, abbiamo commesse, abbiamo ragazzi che hanno dei locali. Abbiamo una lista variegata e variopinta che rappresenta un po’ tutte le categorie sociali.” aggiunge “E’ pur vero che ci stanno aiutando, perché visto che non hanno candidato nessun candidato al centro destra sicuramente siamo un po’ avvantaggiati, perché noi rischiamo di andare al ballottaggio e giocarci la partita quindi per la città potrebbe essere questa un’occasione per dare una spallata a tutto quello che è il vecchio e rinnovare totalmente il modo di vivere la politica e la città. Quindi Noi per Salvini, al di là di tutto quello che si può dire, a Marsala sta dando un’opportunità.” Come ultima domanda abbiamo chiesto al candidato sindaco se, secondo lui, dopo la partecipazione di Salvini qualcosa nei marsalesi sarebbe cambiato, ecco la risposta: “Credo assolutamente di si perché ho avuto modo di conoscerlo, chi lo tocca con mano sa che è una persona assolutamente normale, si vede che protegge e che pensa solo agli italiani, soprattutto gli italiani, questa è una cosa che i politici hanno un po’ perso di vista.” aggiunge “Lui non giudica, lui dice diamo agli italiani, diamo a chi paga le tasse, proteggiamo gli italiani, abbiamo una manifestazione in piazza con la Polizia di Stato, con il Commissariato, quindi dico, stiamo raccogliendo delle firme per la sicurezza di Marsala, quindi dico Salvini venendo a Marsala e stando qui sta dando la giusta importanza alla quinta città siciliana, è venuto ad ascoltare i marsalesi e i nostri progetti per Marsala  e vedere come fare per metterli in atto in maniera immediata quando saremo, speriamo, eletti quindi non è la solita visita elettorale, Salvini è venuto a conoscere, a capire, a dire qualcosa ai marsalesi a parte il fatto di aver chiesto scusa mille volte”. Continua dicendo “La cosa che dico sempre quando si parla di Salvini mi rifaccio sempre ad una cosa importante, chi dieci anni fa non ridirebbe una cosa che oggi non ridirebbe nemmeno sotto minaccia, è normale. Può capitare n un momento di fare una dichiarazione che dopo 5/6 anni uno cambia idea, si cresce per questo. Questi ragazzi che stanno manifestando qui magari tra vent’anni li vedremo in giacca e cravatta al governo con/se esisterà ancora la Democrazia Cristiana, perché quella sembra non finire mai”. 
 
Verso le ore 20:00 la piazza inizia a riempirsi di macchine della Polizia, Carabinieri e della Guardia di Finanza che sfilano lungo la strada. I manifestanti issano sui pali i lenzuoli riportanti le scritte “Mai con Salvini”, intanto la piazza inizia a popolarsi di curiosi, di nuovi manifestanti ma anche di aderenti al partito “Noi con Salvini”. Cala la sera e inizia la manifestazione. I contestatori si posizionano fermi, immobili vicino al marciapiedi di fronte ad un noto locale. Nell’attesa che arrivi Salvini l’attesa è tanta e iniziano gli slogan dei manifestanti, slogan come “Lega ladrona Marsala non perdona” o “Siamo tutti antifascisti”. Intanto la piazza si va riempiendo di curiosi che osservano, o si aggregano al gruppo che pian piano cresce. Alle urla si altra un suono che ha contraddistinto la serata di giorno 12, i fischi. Intanto il locale di fronte posiziona una cassa fuori, che fa presupporre ai presenti che il luogo in cui il leader della lega avrebbe proferito parola con il popolo marsalese sarebbe stato quello. Successivamente qualcosa cambia, dalla cassa posizionata dal lato opposto inizia ad uscire della musica ad alto volume, forse per distrarre anche i presenti. Ma nulla ha fermato i contestatori che cantano “Bella Ciao”. Intanto i poliziotti armati di scudi antisommossa, caschi e giubbotti hanno formato un cordone di fronte ai manifestanti che, sempre immobili, hanno continuato la loro opposizione. Intanto le ore passavano, le ore passavano e l’attesa per Salvini aumentava e si sentiva.
 
L'INCONTRO CON BRACCONERI
 
Tra la folla, mentre cercavamo di scorgere dettagli e umori del momento su entrambe le fazioni, abbiamo visto Fabrizio Bracconeri, il noto attore romano conosciuto per aver partecipato nel film “Acqua e Sapone” di Carlo Verdone e noto anche per aver condotto Forum. Abbiamo chiesto al noto personaggio televisivo se si trovasse lì per Salvini o per Fiorello –poiché in questi giorni a Marsala c’è anche Fiorello che fa uno show teatrale- e lui ha risposto: “io sò quì pè Salvini ovviamente perchè c'è fiorello?”. La sua presenza ha dimostrato che Salvini a Marsala non era atteso soltanto dai marsalesi ma anche da personaggi che lo seguono da altre parti d’Italia. Arrivati alle 23.30 inizia un movimento che fa presagire l’arrivo di Salvini, poliziotti, carabinieri e finanzieri si mobilitano per le uscite e per il controllo delle strade e per far si che vi sia ordine e che nessuno invada la strada.
 
Intanto al microfono qualcuno dice “tra pochi minuti il nostro leader Salvini sarà qui”, affermazione che fomenta la folla e i manifestanti in una serie di urla, slogan e fischi, ma sempre immobili nella loro posizione; esattamente come lo erano nel pomeriggio. Questa voce si ripete diverse volte, quando finalmente, dopo tanta attesa ecco arrivare da una strada laterale una macchina della Polizia e dietro di essa vi era un’altra auto, dove vi era proprio lui, Matteo Salvini. Dal microfono lo annunciano con entusiasmo e i manifestanti lo fischiano gridandogli “buffone! Buffone!” mentre dal microfono si sente la voce che dice “diamo il benvenuto al nostro Matteo Salvini che è venuto a Marsala!”.
 
SALVINI RESTA IN MACCHINA
 
La macchina di Salvini si ferma e sembra che il leader della Lega stia per scendere per fare il suo discorso alla città, ma invece no, non è così. La macchina sfreccia via e Salvini non fa nessun discorso alla città, non rappresenta il suo partito a Marsala e non dice nulla, va via. Noi de L’Osservatore d’Italia, insieme ad altri colleghi giornalisti, abbiamo rincorso la macchina pensando che  si fermasse più avanti o facesse il giro e invece no, la macchina non ha fatto dietro front. Allora il fragore è maggiore, la folla rompe il cordone che avevano creato le forze dell’ordine per far passare le auto e si accalca per strada, ponendosi domande, molte domande. Intanto i manifestanti esultano con molta enfasi quanto accaduto. Intanto si creano dissidi tra la fossa e due persone appartenenti a schieramenti opposti si scontrano verbalmente tra la folla vicino al microfono mentre la folla ascolta impietrita dopo la delusione di Salvini. Improvvisamente prende il microfono in mano Vito Armato e dice di essere li per difendere Marsala, ogni sua parola però è accolta male da fischi e da dissensi sia da parte dei manifestanti e sia da parte delle persone presenti ad ascoltarlo. Lui dice: “Vito Armato è l’unico Sindaco candidato di persona normale ed è una persona per bene e la maggior parte delle persone lo stanno indossando”, continua dicendo “continuate a urlare perché la mia vittoria siete voi, io già ho vinto stasera. Voi avete fatto andare un leader che era venuto per la nostra Marsala” aggiunge dicendo: “i vostri politici non sono nemmeno in grado di parlare al telefono” continua “i vostri leader non parlano neanche a telefono con i leader nazionali, vi guardano in televisione, noi ci parliamo” rivolgendosi ai presenti dice “imparate a scegliere bene, non vi fate incantare da quattro persone, sono brave persone le conosco (rivolgendosi ai contestatori)” dice ancora “più fischiate più mi voteranno le persone per bene e normali” poi dice alla folla “siete soltanto burattini” e la folla continua con fischi, insulti e parole forti e lui continua a dire “avete votato le persone che vi stanno rovinando, le persone normali sceglieranno Vito Armato quest’anno” poi i manifestanti inneggiano un coro “siamo noi, siamo noi…” e Armato si rivolge ai manifestanti e chiedendo alla folla, che continua a fischiarlo ed insultarlo, di applaudire i manifestanti che hanno cacciato Salvini e che non hanno consentito a lui di presentare il programma del partito, di un partito che lavora e poi dice, sempre rivolto ai manifestanti “andate a lavorare”, la folla inneggia un inno “ Noi Salvini non lo vogliamo”, poi illustra nella più totale indifferenza della folla e nel più totale caos della piazza, il programma politico del suo partito chiudendo con la frase “andate a casa e a lavorate, provate ad essere onesti e avete fatto bene a mettervi quelle orecchie”, si rivolgeva ad alcuni manifestanti che avevano orecchie finte da coniglio. Poi ringrazia le forze dell’ordine e dice ai manifestanti di soffiare ancora se hanno fiato, saluta la folla e va via.
 
AL RISTORANTE DOVE CENA SALVINI
 
Tutto sembrava essere finito lì, ma all’improvviso voci dalla folla dicono dove si trova Salvini a cena, e allora noi de L’Osservatore d’Italia seguiamo i contestatori che vanno di fronte ad un locale del centro storico dove si trova Salvini a cena. I contestatori iniziano una protesta di fronte al ristorante dove cena Salvini, ma dopo un po’ arrivano i Carabinieri, la Polizia e Guardia di Finanza e bloccano tutto. Bloccano la strada, impediscono il transito e fanno andar via i contestatori e i semplici spettatori. Matteo Salvini, dopo esser fuggito in auto e non aver proferito parola con la città ha scritto sul suo profilo facebook testuali parole: “Alla faccia di pochi cretini, a Marsala per vincere!”. Un politico dovrebbe affrontare la piazza a prescindere dal contrasto che potrebbe avere con essa, dovrebbe anche accettare gli insulti e capire qual è la parte opposta e affrontare la situazione di contrasto di petto. La fuga non dimostra una solida politica, non dimostra spina dorsale ma dimostra vigliaccheria che i cittadini più attenti notano. 



EBOLA: ACCERTATO NUOVO CASO IN ITALIA

di Maurizio Costa

Roma – L'infermiere di Emergency, che ha contratto l'ebola in Sierra Leone, è atterrato alle 2.50 di questa mattina a Pratica di Mare ed è stato trasportato all'ospedale Spallanzani di Roma per le cure previste. Il 37enne verrà curato con farmaci non ancora ufficiali ma che possono far guarire dal virus africano.

Durante una conferenza stampa, i medici hanno spiegato che "al momento della presa in carico il paziente era febbrile, lucido e collaborante". L'infermiere di Emergency sa affrontare il virus, essendo stato in contatto con i malati africani per lunghi mesi.

I medici hanno affermato che "il paziente ha iniziato il trattamento antivirale specifico con un farmaco non registrato, autorizzato da un'ordinanza Aifa. Abbiamo già contattato il Centro Nazionale Sangue e stiamo valutando tutte le opzioni terapeutiche, in accordo con il centro di coordinamento dell'Oms".

Il direttore dell'ospedale ha dichiarato che potrebbe essere utilizzato il plasma di un donatore già guarito dall'ebola, una cura che è stata fruttuosa in molti casi in giro per il mondo.

Luigi Arru, assessore regionale alla Salute della regione Sardegna, dove l'infermiere abitava, ha dichiarato che "il rischio di contagio è trascurabile e il personale che ha preso in carico il paziente è altamente specializzato e attrezzato. Inoltre – ha aggiunto Arru – la struttura clinica interaziendale che ha gestito l'emergenza legata all'infezione da virus Ebola contratta in Sierra Leone dall'infermiere sassarese di 37 anni ha disposto un periodo di quarantena per altre tre persone".

L'infermiere aveva avuto i primi sintomi qualche giorno fa, subito dopo il ritorno dalla Sierra Leone. La febbre altissima ha fatto salire le preoccupazioni dell'infermiere, che ha quindi raggiunto subito l'ospedale sardo più vicino.




CASTELLAMMARE: PROTESTANO GLI IMMIGRATI NEL CENTRO D'ACCOGLIENZA

di Angelo Barraco

Castellammare (NA) –  Stamattina è scattata una protesta da parte degli 85 immigrati ospitati presso il centro d’accoglienza Villa Angelina sito in Via Quisisana a Castellammare. I manifestanti hanno un’età compresa tra i 25 e i 30 anni e sono tutti maschi e provengono tutti dal Mali, dal Ghana, Gambia e Nigeria. La protesta degli immigrati ha il fine di allontanare dalla struttura che li ospita alcuni dipendenti e volontari a loro non molto graditi. Hanno portato fuori i loro letti per bloccare la strada. La protesta degli immigrati sarebbe scaturita perché non avrebbero ricevuto ancora i voucher da 75 euro al mese, hanno la tessera sanitaria scaduta e i commercianti del luogo non accettano i bonus dello Stato e quindi sono costretti a recarsi altrove. Sono sopraggiunti anche i Carabinieri della compagnia di Castellammare che hanno riportato la situazione alla normalità. Gli immigrati non volevano che i volontari entrassero nella struttura, una dipendente della struttura dice: “Non possiamo neppure entrare nelle cucine per controllare quanto cibo è in deposito eppure noi gli laviamo persino le mutande”. La ditta che si occupa della gestione della struttura è stata scelta dalla prefettura. Anche in Sicilia è successo un episodio di protesta di immigrati, e precisamente a Marsala in provincia di Trapani quando  il 17 marzo del 2015, 15 extracomunitari ospitati presso l’Hotel Concorse, si sono presentati presso il commissariato di Marsala e hanno denunciato lo stato di abbandono. I migranti si sono lamentati anche per un’altra struttura, l’Hotel Acos che li ospita, dove hanno riscontrato lo stesso problema aggiungendo che il cibo non era buono e l’invasione di zanzare all’interno delle stanze. Abbiamo provato a chiamare un altro centro d’accoglienza per avere delle risposte in merito alla situazione attuale degli immigrati ospitati, ma c’è stata reticenza e non abbiamo avuto risposta e chiarezza. Il problema maggiore è che questi ragazzi, a causa della mancanza di documenti, non lavorano e non fanno nulla tutto il giorno. Ma non perché non vogliono ma perché non possono e perché la burocrazia del nostro paese ha tempi lunghi. 



LA PIU’ AMATA DAI PENSIONATI

di Maurizio Costa / Cinzia Marchegiani / Angelo Barraco

 

Maurizio Costa

La decisione della Corte Costituzionale sulle pensioni rischia di stravolgere il piano economico che il governo si era apprestato a delineare con il Def. Lo stato dovrà rimborsare ai pensionati ben 14 miliardi di euro netti. Questo perché il governo Monti, con l'esecuzione dell'allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nel 2012 e nel 2013 non adeguò gli assegni pensionistici all'inflazione, provocando una diminuzione del valore delle pensioni italiane. Adesso la Corte ha deciso che è stata una manovra anticostituzionale e il governo deve correre ai ripari. Venerdì, il Consiglio dei ministri si riunirà e avrà all'ordine del giorno la ricerca di una soluzione per il problema delle pensioni. Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, ha affermato che “la commissione europea ci osserva attentamente”. Infatti, la l'Ue ha già stabilito di monitorare l'Italia per quel che riguarda questo buco monetario che ha dato il via alla decisione della Corte. Nelle raccomandazioni di mercoledì, dirette ad ogni stato membro, la Commissione inserirà anche questa grana per il governo Renzi. I problemi riguardanti il rimborso delle perequazioni bloccate da Monti sono vari e difficili da superare. La somma da restituire ai pensionati tocca quota 14 miliardi di euro netti, una cifra insostenibile in un momento come questo. Allora, Padoan ha in mente un piano per sanificare la situazione.
Rimborso parziale e selettivo – Il governo vorrebbe spalmare questi soldi da rimborsare in più anni e in base a delle fasce. Si pensa ad un rimborso totale per le pensioni fino ai 1.500/1.700 euro. Salendo poi con il valore dell'assegno mensile, la cifra da riconsegnare ai pensionati si abbassa fino al 45% per gli assegni su
periori ai 3.000 euro.
Da dove prendere i soldi? – Padoan dovrà fare i conti con il fondo cassa del governo. Il problema è che se Renzi dovesse pagare tutti questi rimborsi insieme sforerebbe il tetto della differenza deficit-Pil imposto dall'Europa (3%). L'Italia ha promesso che per quest'anno rimarremo al 2,5% e questa decisione ha fatto nascere il famoso tesoretto da 1,6 miliardi di euro (poiché il limite fissato deficit-Pil era al 2,6%). In questo caso, il governo potrebbe utilizzare questa somma per cominciare a rimborsare i pensionati. Il resto della cifra potrà provenire dai tagli strutturali o dall'aumento delle tasse, misure non gradite dalla popo
lazione italiana.
Pensioni ricche – Il governo sta pensando anche ad una tassa di solidarietà da applicare sulle pensioni più elevate. Un prelievo straordinario che penderebbe sui pensionati che percepiscono un assegno sopra i 5.000 euro al mese. Però, Renzi potrebbe anche applicare il “piano Boeri”, ricalcolando col metodo contributivo tutte le pensioni sopra i 5mila euro, creando un gettito di 1,5 miliardi di euro.
Qualsiasi sarà la decisione del governo, sicuramente qualcuno ci rimetterà. Adesso dovremo solo vedere chi e come.

LA RIFORMA FORNERO E QUELLE RESPONSABILITA’ NEGATE

Cinzia Marchegiani

Dopo la sentenza della Consulta che ha di fatto bocciato il blocco degli adeguamenti pensionistici, che con un colpo di spugna aveva disintegrato la perequazione delle pensioni degli anni 2012-2013, una manovra ricordata dal popolo italiano dalle lacrime di coccodrillo dell’ex ministro del lavoro Elsa Fornero, i pensionati hanno dovuto scoprire che era tutto illegale, un vero sopruso.
Lo stesso ex premier Monti in una confessione shock ha dichiarato sul blocco pensioni: "se non l'avessimo fatto sarebbe arrivata la Troika – difendendo di fatto il suo operato – il nostro primo dovere allora era evitare il default". Ora, il Ministro dell’economia Pier Carlo Padoan deve fare i conti con le casse pubbliche, ma ha assicurato, non tranquillizzando le vittime di questa legge, che rispetterà la sentenza, dovendo anche minimizzare il più possibile l’impatto sugli stessi conti pubblici.

MA I RIMBORSI NON SARANNO PER TUTTI

E ora per i pensionati si prospettano rimborsi una tantum. Il ministro Padoan in un’intervista ha spiegato le prossime mosse, che serviranno a rispettare sia la sentenza ma anche gli impegni verso i partner europei con una soluzione che dovrà essere ovviamente compatibile con l’obiettivo programmatico del 2,6% per non scardinare la manovra di bilancio già predisposta: ”Se si dovesse ripristinare totalmente l’indicizzazione, l’Italia si troverebbe a violare simultaneamente il vincolo del 3%, l’aggiustamento strutturale e la regola del debito. Quest’ultimo, che sta iniziando a scendere, ricomincerebbe a salire, e la Commissione ci metterebbe immediatamente in procedura d’infrazione, sia per il deficit che per il debito. Con conseguenze per noi gravissime”.

LA RESTITUZIONE SARÀ SELETTIVA E PARZIALE
Un buco da 5 miliardi che sembra non possano essere restituiti a tutti, così all’orizzonte si prospetta una restituzione modulata in base al valore dell’assegno. In poche parole si creerà una vera discriminazione: avrà di più chi è titolare di un reddito più basso e via via chi lo ha più alto. Sarà una tantum e sembra senza impostare una successiva rateizzazione per il residuo.

L’EX MINISTRO DEL LAVORO FORNERO GIRA LA COLPA A MONTI

L’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, sembra non voglia addossarsi alcuna responsabilità per questa legge a sua firma, imputandone la responsabilità all’ex premier Monti che avrebbe avuto l’idea di questa manovra fiscale relativa  il
congelamento delle pensioni.

L’UNIONE EUROPEA PUNTA I RIFLETTORI SULL’ITALIA

Da Bruxelles sono pronti i telescopi. La Commissione europea nella giornata di mercoledì 13 maggio, ha deciso di monitorare l’Italia, per capire il valore dell’'impatto quantitativo della decisione della Corte Costituzionale di bocciare la norma Fornero che di fatto ha bloccato la rivalutazione degli assegni previdenziali al costo della vita.

L’ALBA E IL TRAMONTO DELLA RIFORMA FORNERO

Angelo Barraco

La riforma Fornero-Monti dal 2012 imponeva un sistema fondato su due pilastri. Il primo pilastro era la “nuova” pensione di vecchiaia e pensione anticipata, mentre la pensione di anzianità e quote non esistono più. Dal 1 gennaio 2012 le anzianità contributive maturate si calcolavano con il sistema di calcolo contributivo che si basava sui contributi versati durante l’arco della vita lavorativa. Tale sistema di calcolo si distingue da quello retributivo che invece si basa sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di vita lavorativa. Tutti i lavoratori che usufruivano di una pensione calcolata mediante calcolo retributivo usufruivano di una pensione con entrambi i sistemi di calcolo. Il retributivo era fino al 31 dicembre 2011 e il contributivo dal 1 gennaio 2012. Chi invece aveva ottenuto la pensione entro il 31 dicembre 2011 invece ha mantenuto la pensione secondo le vecchie disposizioni di legge. Prima della Fornero vi è stata la Legge n. 148 del 14 settembre 2011 detta anche riforma Sacconi dove l’aspettativa di vita era di 65 anni e occorrevano 20 anni di contributi versati. Per le donne vi è stato un aumento nel settore privato a 65 anni. Nel 2011 i requisiti validi per la pensione per “vecchiaia” erano: 60 anni di età per le donne con innalzamento fino a 65 anni e per gli uomini invece 65 anni di età con almeno 5 anni di contributi dal 1 gennaio 1996. In alternativa a tutto ciò erano richiesti: 35 anni di anzianità contributiva e l’età anagrafica per la pensione o 40 anni di anzianità contributiva a prescindere all’età anagrafica. Il sistema riguardava chi aveva iniziato a lavorare dopo il 95 e chi aveva optato per il sistema contributivo. Il sistema di anzianità con il “sistema delle quote” era il seguente: “ dal 2011 al 2012; 60 anni di età + 36 di contributi per i dipendenti, 61 anni di età + 36 di contributi per gli autonomi, 40 anni di contributi. Cambiamenti invece dal 2013 al 2015 dove; 61 anni di età e 3 mesi + 36 di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 3 mesi + 36 di contributi per gli autonomi, 40 anni di contributi. Ulteriori ed eventuali cambiamenti dal 2016 al 2018; 61 anni di età e 7 mesi + 36 anni di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 7 mesi + 36 anni di contributi per gli autonomi, 40 di contributi e dal 2019 al 2021; 61 anni di età e 11 mesi + 36 anni di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 11 mesi + 36 anni di contributi per gli autonomi, 40 di contributi. Le donne poteva scegliere di ritirarsi da lavoro con i seguenti requisiti validi fino al 31 dicembre 2010: 57 anni di età e 35 di con tributi per le dipendenti, 58 anni di età e 35 di contributi per le autonome. La Corte Costituzionale ha bocciato la legge in merito alla perequazione delle pensioni, la cosiddetta norma Fornero che si trova nel “Salva Italia”. La norma che ha stabilito che le pensioni di importo superiore tre volte superiore al minimo inps scattava il blocco della perequazione, ossia l’adeguamento della stessa al costo della vista è stata ritenuta incostituzionale dalla Corte Costi tuzionale. “Proporzionalità e adeguatezza delle pensioni che non devono sussistere soltanto al sussistere soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente assicurate anche nel prosieguo, in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta», e stabiliscono che la pensione debba costantemente essere adeguata alle retribuzioni del servizio attivo”. Nella sentenza si legge: “Deve rammentarsi che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull'ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato. La censura relativa al comma 25 dell'art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico  induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla
cessazione della propria attività. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36 Costituzione) e l'adeguatezza (art. 38). Quest'ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà" (art. 2) e al contempo attuazione del principio di eguaglianza  (art. 3)”.

GOVERNO LAVORA PER SOLUZIONE EQUA E SOSTENIBILE

Redazione

Poletti, lavoriamo per soluzione equa e sostenibile – "Il ministro dell'Economia, Padoan, ha detto in maniera piuttosto chiara che noi vogliamo lavorare in direzione di una soluzione che sia equa, coerente con la sentenza e sostenibile per i conti pubblici". Lo afferma il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in una intervista a Radio Vaticana, a proposito delle pensioni. Alla domanda se i rimborsi saranno solo per quelle più basse, il ministro risponde che "oggi non abbiamo ancora una posizione puntualmente definita", che sono in corso "analisi" e "simulazioni" e la soluzione "sarà il frutto di una valutazione collegiale" del Cdm. "Noi sappiamo – torna a sottolineare il ministro – che insieme alla corrispondenza alla decisione della Corte" costituzionale che ha bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo per il 2012 e il 2103, "abbiamo degli obblighi sia rispetto al pareggio di bilancio scritto nella Costituzione italiana, sia rispetto ai patti che abbiamo sottoscritto con i nostri partner europei. Dobbiamo, quindi, rendere compatibili e coerenti le soluzioni a tutti questi input, cosa che credo saremo in grado di fare sicuramente". Rispetto alla soluzione che sarà adottata, Poletti spiega che "cosa faremo, lo comunicheremo nel momento in cui saranno state fatte tutte le analisi, con tutte le simulazioni del caso, perché la materia è complessa e peraltro non riguarda solo il passato" ma "anche i trascinamenti che questa situazione produrrà in prospettiva futura. Quindi dobbiamo fare le cose per bene. Io ora non sono in condizione e non credo sia giusto anticipare nulla rispetto alle soluzioni, anche perché questo sarà il frutto di una valutazione collegiale, che il Consiglio dei ministri farà". "Renzi sbaglia a non parlare e a far intervenire su questo tema solo Padoan". Così il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, a "24 Mattino" su Radio 24 sul caso pensioni, rilanciando lo stop ai rimborsi per gli assegni più elevati. Per il segretario di Scelta civica "Renzi dovrebbe dire che noi non restituiamo a tutti i soldi non perché ce lo chiede l'Ue o per non sforare il 3% ma perché se abbiamo chiesto sacrifici enormi ai non pensionati non possiamo non chiederne anche ai pensionati. Così scateni la guerra generazionale".
Il deficit 2015 resterà quest'anno al 2,6%, l'obiettivo programmatico indicato nel Def. Non un decimale di più. La soluzione che il governo sta identificando per adeguarsi alla sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni non avrà infatti impatto sugli impegni presi poco meno di un mese fa in materia di conti pubblici nel Documento di economia e finanza. La garanzia assoluta del rispetto dei parametri Ue arriva direttamente da fonti del ministero dell'Economia, dopo che da Bruxelles è trapelata la notizia della possibile messa sotto "monitoraggio" dell'Italia da parte della Commissione. Nelle prossime raccomandazioni in arrivo mercoledì, l'Europa potrebbe infatti arrivare a condizionare alla soluzione del problema pensioni il via libera all'uso della flessibilità richiesto dall'Italia per attenuare la regola del debito e il percorso di rientro del deficit strutturale. Un'eventualità in cui il governo non vuole in nessun modo incappare.
 




METRO C: PRENDE IL VIA IL PRE-ESERCIZIO DELLA TRATTA CENTOCELLE-LODI DOPO LO STOP DI TRE GIORNI

Angelo Barraco
 
Roma: Oggi prende il via il pre-esercizio della tratta Centocelle-Lodi dopo lo stop durato tre giorni dei servizi per il collaudo. La Metro C torna operativa e con essa vi sono buone notizie. L’assessore alla Mobilità, Guido Improta, al termine di un incontro al Ministero delle infrastrutture ha dichiarato: “Abbiamo ricevuto il nulla osta tecnico sia da parte dell’Ustif che da parte della Regione Lazio. Il pre-esercizio può durare fino a 45 giorni. Quindi calendario alla mano dal 29 giugno si potrà aprire. La data d’inaugurazione delle sei nuove stazioni (Mirti, Gardenie, Teano, Malatesta, Pigneto e Lodi) la stabiliremo con il Ministro dei Trasporti, Delrio che ha assicurato la sua presenza”. Ignazio Marino, al termine di un vertice operativo avvenuto con il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e gli assessori ha detto: “Il pre-esercizio sulla seconda tratta della Metro C inizierà la prima settimana di aprile”. Marino ha detto anche che: “Abbiamo fatto il punto sulla consegna del nuovo segmento fino a Lodi, esaminando nel dettaglio tutte le autorizzazioni che occorrono: lo stesso tipo di lavoro che abbiamo fatto dieci giorni fa con il ministro Lupi e che nei prossimi giorni farò con il professor Monorchio, in modo che tutte le tecnologie che sono all'interno del nuovo segmento della metro C possano essere autorizzate dalle tre istituzioni coinvolte con dei tempi certi, affinché entro luglio possa aprire questo nuovo tratto” aggiunge “L'apertura del nuovo tratto fino a Lodi dal punto di vista dei treni è più semplice rispetto al primo segmento perché i convogli già ci sono e funzionano, mentre dal punto di vista delle infrastrutture  è più complesso perché tra ascensori e scale mobili ci sono 80 impianti e ognuno di essi richiede un'autorizzazione con un singolo decreto della Regione. Ecco perché affrontiamo il nodo quattro mesi prima”.



INPS: AUMENTANO I POSTI DI LAVORO, RENZI: "ERA PROPRIO QUELLO CHE VOLEVAMO"

di Angelo Barraco

Sembra che la grande macchina chiamata “lavoro” si sia rimessa in moto, I dati Inps mostrano un aumento dei posti di lavoro, soprattutto quelli fissi. I dati inoltre dicono che nel primo semestre di quest’anno sono cresciuti di 91.277  unità le assunzioni a tempo indeterminato, invece per quanto riguarda i contratti a termine vi è stata una diminuzione di 32.117 unità. Invece per quanto riguarda le cessazioni di lavoro, sono state di 135.684 unità e il saldo netto è stato di 185.656 unità. Invece le nuove assunzioni hanno avuto un aumento che è arrivato a 49.972 unità e vi è stato anche il 9.188 di assunzioni per apprendistato. Nei primi tre mesi del 2015 quindi le assunzioni sono state il 24,1% in più rispetto al 2014 e la trasformazione degli apprendisti in lavoratori a tempo indeterminato è stata del 5% rispetto al 2014. Le assunzioni con rapporti stabili sono passate da una percentuale del 36,61% nel primo semestre del 2014 al 41,84% nel primo semestre del 2015. Matteo Renzi è molto contento per questi dati e dice: “I dati ufficiali Inps sul lavoro ci dicono che la strada da percorrere e' ancora lunga, ma la macchina finalmente è ripartita. Dopo cinque anni di crollo costante tornano a crescere gli occupati. Il fatto che molti di questi contratti siano agevolati dalle misure del Jobs Act (stabilita', sgravi, tutele crescenti, taglio Irap) e' sicuramente un fatto positivo”. Aggiunge poi ironizzando: “Mi colpisce che ci sia chi dice: 'Beh però una parte non sono nuovi contratti, ma regolarizzazioni e stabilizzazioni', fa sorridere! Era infatti proprio quello che volevamo. Non e' la stessa cosa per un precario vedere trasformato il proprio contratto a tutele crescenti: e' una svolta per la vita di tanti ragazzi della nostra generazione. Perche' significa un mutuo, le ferie, la maternita'. Naturalmente c'è ancora molto lavoro da fare. Ma grazie all'impegno di tutti e di ciascuno l'Italia ce la farà”. Ma i dati non sorprendono tutti, infatti la Cgil, Serena Sorrentino, dice: “Non ci troviamo di fronte ad una vera svolta, ma ad un grande regalo alle imprese e a meno diritti per i lavoratori”. La Cisl, dalle parole di Gigi Petteni (segretario confederale) dice: “Come Cisl non siamo interessati a partecipare al 'festival' dell'occupazione aggiuntiva o sostitutiva: a noi stanno a cuore le condizioni dei lavoratori. Ecco perche' l'evoluzione di forme contrattuali che vanno nella direzione del contratto a tempo indeterminato per la Cisl e' una notizia positiva".




DELITTO MARCO BIAGI: PRESCRIZIONE PER SCAJOLA E DE GENNARO

Redazione

Bologna – Andati in prescrizione le accuse nei confronti dell'ex ministro Claudio Scajola e dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro per la mancata scorta a Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse nel 2002. Scajola e De Gennaro erano indagati per cooperazione colposa in omicidio colposo.
Scajola avrebbe dovuto rispondere in qualità di ministro dell'Interno e autorità nazionale di pubblica sicurezza dal 10 gennaio 2001 mentre De Gennaro quale capo della Polizia e direttore centrale di pubblica sicurezza dal 26 maggio 2000, già vicecapo della Polizia e direttore centrale della Criminalpol dal 1994.
Si trattava dell'inchiesta bis portata avanti dal procuratore Roberto Alfonso e del Pm Antonello Gustapane relativa la mancata scorta a Marco Biagi. L'inchieta era stata riaperta dopo la trasmissione alla Procura bolognese degli appunti dell'ex segretario dell'ex ministro.
 La Procura aveva concluso l'indagine a fine febbraio, chiedendo al tribunale dei ministri di procedere nelle forme di rito all'interrogatorio di Scajola e De Gennaro, anche per sapere se intendevano o meno avvalersi dell'intervenuta prescrizione; era chiesto poi di disporre l'archiviazione per intervenuta prescrizione nel caso i due indagati non rinuncino e di trasmettere gli atti alla Procura, con relazione motivata, per la loro immediata rimessione al presidente del Senato, qualora i due indagati rinunciassero alla prescrizione e il collegio ritenga di dover procedere.
Secondo quanto appreso le difese di Scajola e De Gennaro, rappresentati rispettivamente dagli avvocato Giorgio Perroni e Franco Coppi, non hanno fatto richiesta di interrogatorio ma si sono affidati a memorie scritte, senza esprimere volontà di rinunciare alla prescrizione. Prescrizione dichiarata quindi dal collegio del tribunale, che non sarebbe entrato nel merito. "Era la nostra richiesta", si è limitato a dire il procuratore Alfonso sulla decisione del tribunale dei ministri.