ELENA CESTE: INTERVISTA A MORENA DEIDDA, COMPAGNA DI CLASSE

di Silvio Rossi

Non si rassegnano all’oblio. Vogliono mantenere alta l’attenzione su Elena Ceste, la casalinga di Cotignole d’Asti scomparsa la mattina del 24 gennaio scorso.

Morena Deidda, sua compagna di classe alle superiori, e Paolo Lanzilli, ex fidanzato proprio ai tempi del liceo, hanno costituito un comitato, “Insieme per Elena”, per cercare di giungere alla verità sulla vicenda che, ormai da otto mesi, tiene in sospeso molte persone.

La prossima settimana, il 25 ottobre, ricorre il trentottesimo compleanno di Elena, il comitato non vuole che passi in sordina, stanno promuovendo iniziative, cercano di collaborare con le indagini.

Abbiamo contattato Morena, che non riesce a comprendere come mai, dopo otto mesi, nessuno sia ancora iscritto nel registro degli indagati, non crede che Elena possa essere ancora viva, e ha molti dubbi sulla figura del marito.

 

D       Tu conoscevi Elena perché eravate in classe insieme, giusto?

 

R       Sì, alle superiori

D       Dopo la scuola hai continuato a frequentarla?

R       No. Noi ci siamo persi di vista finite le superiori. Ma lei in particolare si era persa di vista con tutti, perché si è sposata, è andata a vivere giù nel meridione, e quindi non avevamo più sue notizie. Per assurdo si può dire che Elena era scomparsa anche prima.

D       Ma non l’avevi più sentita, neanche su Facebook?

R       Sì, io era due anni che la sentivo, lei mi chiese l’amicizia ad agosto del 2012.

D       Quindi, comunque c’è stato un certo dialogo.

R       Sì, ci siamo riavvicinate.

D       Come l’avevi trovata, diversa da come la ricordavi, o era sempre uguale?

R       Sempre molto riservata. Assolutamente non dava nessuna confidenza, si parlava del più e del meno: dei figli, della casa.

D       Quindi a te non ha raccontato nulla in merito a possibili incontri con altri uomini?

R       Assolutamente nulla

D       Michele, il marito, non l’avevi conosciuto?

R       No, l’unica cosa che mi aveva detto è che era un vigile del fuoco, basta, nient’altro.

D       E dei figli parlava?

R       Sì, si raccontava dei bambini, nel senso cosa facevano, che scuola frequentavano.

D       Poi arriva il giorno della scomparsa. Come l’hai saputo? Dai giornali?

R       No, mi ha telefonato un’amica la domenica, Elena è scomparsa il venerdì. Quest’amica stava guardando il telegiornale, e mi ha chiamato dicendomi che era scomparsa.

D       Un’altra amica della classe?

R       Sì, un’altra amica di scuola.

D       Eravate più di una persona a essere in contatto.

R       Sì, ad esempio a settembre avevamo organizzato una cena, Elena non era venuta. Doveva venire anche lei, poi all’ultimo non sapeva come fare con i bambini, perché il marito faceva la notte.

D       Quando hai iniziato a interessarti della vicenda? Subito dopo la scomparsa o più tardi?

R       Io, qualche giorno dopo la scomparsa, stavo guardando Quarto Grado, e stavano parlando di Elena, dicendo che per loro era allontanamento volontario, al che io mando una mail dicendo: “Io conosco Elena, ed escludo assolutamente che sia un allontanamento volontario”. Quindi loro mi hanno contattato e mi hanno fatto un’intervista. Poi la giornalista mi ha dato il numero di Torino, del cognato, e mi sono messa in contatto con loro. Li ho incontrati, ho parlato con lui, con la mamma di Elena, la sorella. Poi dopo un paio di settimane mi ha voluto incontrare Michele, perché non mi conosceva, ha voluto capire chi ero.

D       Quindi hai conosciuto Michele.

R       L’ho visto due volte.

D       L’altra settimana intervistai Paolo Lanzilli, e lui era scettico sul comportamento di Michele, perché non partecipa alle ricerche. Tu cosa pensi?

R       Assolutamente concordo con quanto ha detto Paolo, anche perché io sono stata a casa di Michele l’ultima volta il 24 marzo, dove io gli ho detto come secondo me erano andate le cose, che quindi lui sapeva assolutamente la verità sulla scomparsa della moglie, e lui da quel giorno non mi parla più.

D       Ora voi avete fatto questo comitato, assieme a Paolo. Cosa sperate di ottenere?

R       Sicuramente dare fastidio al marito, fargli sapere che noi ci siamo, che comunque vogliamo la verità su Elena e non molliamo. Tramite il comitato noi possiamo organizzare eventi, per non dimenticare.

D       Stavate anche organizzando una fiaccolata per il 25, compleanno di Elena, che poi alla fine non si farà per non turbare ulteriormente i figli.

R       Noi avevamo già fatto, prima del comitato, una fiaccolata a luglio. Volevamo farla anche adesso per il compleanno, ma anche per il momento delicato delle indagini, abbiamo preferito non ripeterla. Adesso stiamo organizzando una battuta di ricerche sul territorio con i cani da cadavere, che penso nel mese di novembre la faremo, comunicandola agli inquirenti, per non avere problemi con loro. Sarà sicuramente un sabato, con una decina di persone, batteremo la zona.

D       Un altro particolare che ho letto è la scomparsa del cane di Elena.

R       Quando io sono andata a casa di Michele a marzo il cane già non c’era più. Michele dice di averlo ridato al proprietario, perché gli era stato dato in prestito. Se poi chiedi al papà di Elena ti risponde uguale, hanno una formula standard.

D       Dalle dichiarazioni sembra che i familiari di Elena non sospettino di Michele, come mai?

R       Io penso che siano ricattati da Michele per via dei bambini. Io ne sono convinta, che lui abbia in pugno i suoceri da quel punto di vista.

D       Un’ultima domanda. Mi sembra di capire che anche tu sia convinta che Elena non sia più tra noi. Se però ti fossi sbagliata, e un giorno dovesse tornare, cosa le diresti?

R       La prima cosa le direi di separarsi da Michele.

D       Perché in ogni caso, anche fosse un allontanamento volontario, daresti a lui la colpa?

R       Certo, anch’io sarei scappata da uno così. A gambe levate.

 

 

 

 

 

 

 




CHIESA SU DIVORZIATI E RISPOSATI:"CHIESA SIA MADRE MISERICORDIOSA"

Redazione

"Se la Chiesa e' davvero madre, tratta i suoi figli non solamente secondo il suo 'cuore', ma anche secondo le sue uterine 'viscere di misericordia': non sottomette il suo abbraccio a regole, ma semmai a processi di gestazione, allevamento e formazione, anche di carattere penitenziale". Lo ha affermato il direttore della Civilta' Cattolica, padre Antonio Spadaro, nel suo intervento al Sinodo.
  Nominato da Papa Francesco tra i padri sinodali, il giovane gesuita ha ricordato che "la domanda radicale che alcune coppie in situazioni problematiche pongono e' se possano esistere, per la misericordia viscerale di Dio, situazioni radicalmente irrecuperabili, cosi' che la Chiesa non possa far altro che escludere definitivamente la loro possibilita' di accedere al sacramento della riconciliazione".




ROBERTA RAGUSA: ANTONIO LOGLI E GLI INDIZI DI COLPEVOLEZZA

di Angelo Barraco

Gello di San Giuliano (PI) – Roberta Ragusa scompare nel nulla nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 a Gello di San Giuliano Terme, a sud dei monti pisani.

Il marito, Antonio Logli, racconta che la mattina quando si è svegliato Roberta non era né a letto né in casa. Il marito, insieme al suocero di Roberta individuano come possibile ipotesi della scomparsa l’allontanamento volontario.
Antonio Logli inizialmente, intervistato dalla trasmissione “Chi l’ha visto?”, dice che la moglie poco tempo prima aveva battuto la testa e tale trauma avrebbe potuto causarle una perdita di memoria ergo lo smarrimento psicofisico. Logli dice anche altre cose, la prima cosa che fa è mettersi sulla difensiva, dice che con la moglie i rapporti sono buoni e che se ci fossero stati dei problemi non avrebbe esitato a riferirlo ai fini dell’indagine. Ma i riscontri oggettivi sono ben diversi.

Testimoni, Alibi e prove
Una prima testimonianza di Roberta si ha poco tempo dopo, viene riconosciuta dai titolari di una rosticceria e quella persona viene identificata come Roberta. Ma dopo attente verifiche tale testimonianza si rivelerà falsa e senza riscontri.
La prima testimonianza che ha una valenza sulle indagini è quella di Loris Gozi. Gozi riferisce di aver visto e sentito litigare Logli, intorno all’01.30 di notte, con qualcuno in Via Gigli e di aver visto caricare con forza una donna all’interno di una C3 azzurra, proprio come la macchina di Roberta. La sua testimonianza è confermata dalla moglie di Gozi poiché codesta si trovava prima in macchina con lui ed entrambi hanno incrociato Logli lungo quel tragitto di strada, poi Loris torna a casa, lascia a casa la moglie e porta fuori il cane e proprio in quel momento vede la scena sopracitata.
Con il passare del tempo si arriva ad un numero di quattro testimoni che confermano ciò che ha riferito Gozi e un altro testimone riferisce di aver sentito anch’esso le urla di una donna.
Oltre alle prove visive che inchioderebbero Logli, vi è la prova dei cani molecolari. I casi molecolari fiutarono la presenza di Roberta Ragusa tra la sua abitazione e un punto preciso di Via Gigli nei pressi della ferrovia.

Ci sono degli elementi che hanno destato sospetto agli inquirenti e che hanno portato loro ad indagare sulla persona di Antonio Logli.
Un elemento importante è Gozi e la sua testimonianza.
Gozi racconta che giorni dopo la scomparsa di Roberta, Antonio Logli si recò da lui chiedendogli se avesse visto Roberta e si è affacciato dalla loro finestra per verificare se da lì si potesse vedere qualcosa.
Un altro elemento che ha insospettito gli inquirenti è stata la scarsa collaborazione di Logli alle indagini. Antonio Logli alle 07.30 del mattino seguente avverte la sua giovane amante Sara Calzolaio e comunica ad essa di gettare il cellulare. Lei stessa successivamente si recherà in caserma dicendo di essere l’amante di Logli e di aver gettato il telefono, apparecchio che verrà recuperato dagli inquirenti dove, tramite i tabulati, verranno trovati dei riscontri importanti che riguardano anche alcune chiamate intercorse tra i due la sera della scomparsa di Roberta.
Un altro elemento che ha fatto parlare molto è stato che Logli, non molto tempo dopo, porta ufficialmente a casa sua Sara e codesta convive con lui allo stato attuale. Per gli inquirenti anche questo atteggiamento dimostra che Logli è sicuro che Roberta non tornerà e ciò è dimostrato dal fatto che ha portato Sara con se e da come si comporta anche durante la prima fase delle indagini, freddo e distaccato.

Durante questo iter si viene a conoscenza di lettere scritte da Roberta (tramite la trasmissione “Chi l’ha visto?”) in cui la donna manifesta il suo malessere nei confronti di un marito che la ignora come donna e si evidenzia una situazione tragica e al limite poiché la donna tenta di salvare un rapporto che il marito ignora.
 

Più passa il tempo e più saltano fuori novità, ma i riscontri oggettivi?
Una lettera anonima segnala che Logli, il giorno dopo la scomparsa si mobilità presso il cimitero di Orzignano. Logli dice che va lì per verificare se Roberta è andata in quel luogo per piangere sulla tomba della madre che è sepolta lì, ma questa versione non convince gli inquirenti, soprattutto prer il fatto che nel cimitero vi sono sei botole vuote, è un indizio e quindi una svolta decisiva per le indagini?

Sono passati quasi tre anni dalla scomparsa di Roberta Ragusa, ma cosa è stato realmente fatto?
Bisogna considerare un punto molto importante ai fini investigativi, ovvero che il corpo di Roberta Ragusa non è stato trovato quindi non vi è modo oggettivo di verificare la causa della morte della donna.
Antonio Logli è accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere, quest’ultima accusa gli è stata attribuita in merito al fatto che il corpo non è stato trovato ergo secondo gli investigatori il corpo è stato distrutto.
Ma quali prove concrete vi sono contro Antonio Logli?
Non vi è il corpo, il supertestimone Gozi in quella donna non ha saputo riconoscere Roberta quindi il dubbio non è sinonimo di certezza ma al contrario.
Gli investigatori hanno in mano le telefonate tra Antonio e Sara intercorse quella sera e hanno in mano le bugie dette da Antonio, ma queste non sono prove oggettive della sua colpevolezza.
Nessun testimone ha dichiarato di aver visto Antonio uccidere Roberta ne tantomeno ha dichiarato che quella donna era Roberta ma hanno detto di aver visto una donna urlare.
In quasi tre anni di indagine non si è arrivati a capo di un solo dato oggettivo che dimostri la colpevolezza di Antonio Logli, non c’è un dato oggettivo che dimostri il fatto che l’abbia uccisa, poiché le sue macchine (la sua e quella di Roberta) sono state ispezionate e non sono state trovate tracce. Non sono state trovate prove oggettive sulla distruzione del cadavere. Con queste basi, che processo sarà?
Voglio aggiungere che, a mio avviso, l’errore più grande è stato fatto dagli inquirenti che, all’inizio hanno avuto la presunzione di aver risolto il caso e hanno subito iscritto Antonio Logli nel registro degli indagati. Ciò ha comportato dei limiti e restrizioni poiché Logli, da persona informata sui fatti è diventato l’indagato e quindi ha usufruito dei suoi diritti quali l’avvalersi della facoltà di non rispondere e altri.
Sono convinto che se Antonio Logli non fosse stato iscritto nel registro degli indagati in così breve tempo, gli inquirenti avrebbero avuto maggiore libertà nello svolgere le indagini e probabilmente avrebbero trovato maggiori informazioni anziché arrivare ad un processo con in mano un fuoco di paglia. A meno che gli inquirenti abbiano pronto un asso nella manica che lo incastri e di cui noi non siamo al corrente. 

Nel caso della scomparsa di Elena Ceste, gli inquirenti stanno adottando un diverso profilo: il marito non è indagato ma probabilmente "sorvegliato speciale".




NAPOLI: MONNEZZA E RIFIUTI TOSSICI. CHE VERGOGNA!

di Christian Montagna

Napoli
– Non c'è giustificazione che tenga al degrado a cui quotidianamente gli automobilisti sono avvezzi. E poi non lamentiamoci se di Napoli e province passa sempre la stessa immagine. A volte, sarà pure esagerata e gonfiata da qualche teatrale penna giornalistica ma stavolta, purtroppo, è la realtà dei fatti. Siamo a Nord della Campania, sull'asse mediano che collega Napoli con Caserta. Ma più che asse mediano mi verrebbe da dire discarica abusiva. Uno squallore senza precedenti che nemmeno ai tempi dell'antico Medioevo si era soliti vedere quando il popolo si serviva delle fosse costruite in strada per smaltire i rifiuti. Il problema è che non siamo né al Medioevo né tantomeno ci sono le fosse pubbliche. Copertoni di pneumatici, materiale edile, lastre di amianto, oli e combustibili, rifiuti organici: non manca proprio nulla! Non si fa in tempo a rimuoverlo, quelle rare volte che è stato fatto, che tutto torna come prima. Che ci fosse un cartello sulla strada che autorizzi tutto ciò e non ce ne siamo accorti? Assurda considerazione! Quel tratto di strada è adibito soltanto alle autovetture e ai motocicli e serve a collegare i punti della regione, non a raccogliere i rifiuti! Pare scontato dirlo, ma qui c'è qualcosa che non quadra. La camorra ,onnipresente, anche stavolta c'entra qualcosa? Ci stiamo facendo la fossa da soli come si dice in gergo. Forse qualcuno non sa che gli infiniti incendi dolosi che ivi appiccano ogni giorno, emettono sostanze nocive al nostro organismo! Forse qualcuno non sa che l'aumento dei tumori in Campania è soprattutto dovuto a questo.Su questo tratta di strada, vi risiede anche un campo rom ma la responsabilità non può essere sempre e solo attribuita a loro. Si parla tanto di Terra dei fuochi, di aumento dei tumori; la gente è allarmata, impaurita, organizza proteste e sit in. Ma come è possibile che nessuno parli mai di senso civico? Miei cari conterranei, il problema è proprio questo. A Napoli, non c'è senso di civiltà, non c'è amore per la patria. Siamo stati nominati gli abitanti della terra di nessuno, ed è proprio così! Pino Daniele cantava " Napule è na carta sporc e nisciuno se ne importa". Ebbene si, quel cantante dal timbro raro aveva proprio ragione! E non lamentiamoci se poi viene la prima organizzazione criminale di turno e ci sottomette. Lo abbiamo voluto noi con la nostra grande strafottenza. Se dagli uffici comunali non arriva nessuna risposta, armiamoci di buona volontà e troviamola una soluzione, noi che questa terra la amiamo!




TERAPIA TUBARICA: QUANDO E PERCHE' EFFETTUARLA

A cura della Dottoressa Chiara Marianecci – Logopedista

Capita spesso di sentir parlare di “Terapia Tubarica”, ovvero un trattamento logopedico finalizzato alla prevenzione o riabilitazione della normale funzionalità delle tube di Eustachio, “tubicini” che collegano l’orecchio, in particolare la cassa timpanica, con il rinofaringe. Le tube hanno la funzione di “drenaggio”, mantenendo il sistema uditivo senza accumuli di muco e catarro, proprio per questo hanno posizione verticalizzata con ciglia vibratili, per far scendere le secrezione formatasi, inoltre la tuba esercita una funzione di “difesa” per l’orecchio rispetto ad agenti chimici, fisici, biologici che potrebbero arrivare dall’esterno.

Le tube inoltre hanno il compito di mantenere la pressione all’interno dell’orecchio, ai due lati del timpano, in equilibrio: sono infatti questi tubicini a farci percepire la sensazione di apertura o chiusura delle orecchie quando cambiamo ambiente, ad esempio in montagna o sott’acqua, ciò garantisce una buona trasmissione dei suoni. Le tube di Eustachio adempiono alle funzioni descritte grazie alla loro apertura, che dovrebbe avvenire spontaneamente e attivamente soprattutto sbadigliando, deglutendo o con eruttazioni a bocca chiusa.

Può accadere che tale apertura non avvenga e che ci si trovi quindi in un quadro di insufficienza tubarica, le cui conseguenze possono essere molteplici; nel caso di un adulto si possono riscontrare: otiti siero mucose ricorrenti, retrazioni timpaniche, otiti medie croniche, distruzione timpanossiculare, colesteatoma, con ovvie ripercussioni sulla percezione dei suoni.  Nei bambini, l’insufficienza tubarica è molto più frequente, proprio per le caratteristiche anatomiche ancora in crescita, ciò può causare: otiti ricorrenti, ipoacusie trasmissive con possibile associazione a ritardo di linguaggio; dal punto di vista morfologico può portare a palato ogivale e cattiva respirazione. Di conseguenza risulta utile e in alcuni casi indispensabile intervenire con una prima visita otorinolaringoiatrica di diagnosi, in associazione con ulteriori esami che il medico riterrà opportuno fare per individuare le effettive cause e caratteristiche del quadro, per poi rivolgersi ad un logopedista per effettuare una valutazione e se necessario intervenire con la riabilitazione. Il trattamento logopedico consiste in consigli ed esercizi specifici e personalizzati mirati a ripristinare l’apertura delle tube.

 

Logopedista Chiara Marianecci

Tel. 3497296063

E-mail: chiara.marianecci@hotmail.it    

Centro Psicologia Castelli Romani




L'INTOCCABILE

 

Sembrerebbe che il generale Leonardo Gallitelli sia in procinto di essere prorogato fino al 31 dicembre 2015 e che la relativa proposta sia già all'attenzione del Ministro della difesa Roberta Pinotti.

 

di Luca Marco Comellini*

"Il prossimo 31 ottobre scade il termine previsto dal decreto legge n. 90/2014 per il trattenimento in servizio dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni che sono stati trattenuti o richiamati in servizio pur avendo superato i limiti d'età per il collocamento a riposo. Tra questi moltissimi militari e anche il Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri, generale Leonardo Gallitelli, che l'ex premier Mario Monti prima di lasciare la poltrona di governo si preoccupò di prorogare fino al 31 dicembre del 2014. Ora, dalle informazioni che mi sono giunte da ambienti ministeriali sembrerebbe che il generale sia in procinto di essere prorogato fino al 31 dicembre 2015 e che la relativa proposta sia già all'attenzione del Ministro della difesa Roberta Pinotti.

Se questa indiscrezione dovesse essere confermata dai fatti allora mi domando quale sia, e chi debba riguardare, il ricambio generazionale di cui si sono riempiti la bocca il Ministro Madia e il Premier Renzi. Qual'è l'eventuale interesse superiore per il quale il generale Gallitelli debba rimanere sine die al comando
dell'Arma dei carabinieri? La domanda che sorge spontanea è: possibile che non ci siano altri generali, anche dell'Esercito, in grado di sostituirlo?"

*Segretario del Partito per la tutela dei Diritti di Militari e Forze di polizia (Pdm)




CAMORRA: CONFISCATI 47 MILIONI AL CLAN MALLARDO

Redazione

Operazione "Bad brothers", cattivi fratelli. Cosi' era denominata quella condotta dal Comando provinciale di Roma della Guardia di Finanza contro il clan camorristico Mallardo, con una forte cellula economica nel basso Lazio, al termine di indagini avviate nel 2012 e che ha portato al sequestro di 13 societa', con sede in provincia di Latina, Napoli, Caserta e Bologna, operanti nel settore delle costruzioni di edifici, nel commercio di porcellana, di autoveicoli, nel settore dell'intermediazione immobiliare e alberghiero e della ristorazione; di 105 immobili in provincia di Latina, Napoli, Caserta, Ferrara e Bologna; 23 tra auto e motoveicoli, tra cui 3 autovetture d'epoca; numerosi rapporti bancari, postali, assicurativi ed azioni. Il tutto per un valore complessivo di quasi 47 milioni di euro. Oltre 100 finanzieri sono stati impegnati nell'operazione in Lazio, Campania ed Emilia Romagna. Il sequestro ha riguardato beni riconducibili – stando alle indagini delle Fiamme Gialle – ai fratelli Domenico e Giovanni Dell'Aquila, indicati come appartenenti appunto al clan camorrista Mallardo, e a Vittorio Emanuele Dell'Aquila e Salvatore Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario di Giovanni Dell'Aquila, per conto del quale avevano costituito – dice la Gdf – una rete economica nel Lazio. La confisca dei beni, disposta dal Tribunale di Latina – Sezione Penale, arriva a distanza di circa un anno dal sequestro eseguito nell'ambito di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale e personale nei confronti dei citati fratelli Dell'Aquila. Le indagini del G.I.C.O. (Gruppo investigazione criminalita' organizzata delle Fiamme Gialle) del Nucleo di Polizia tributaria di Roma, avviate nel 2012 e coordinate dalla Dda della procura di Roma, hanno consentito di accertare la "costante ed inarrestabile ascesa", nella provincia di Latina, Napoli e, in parte, in Emilia Romagna, dei fratelli Dell'Aquila, noti imprenditori campani, "attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con esponenti di spicco del noto clan Mallardo". Viene sottolineata "la feroce operativita' del clan" che nel tempo e' stata orientata – attraverso il "controllo economico" e i considerevoli reinvestimenti dei proventi delle attivita' criminali – al finanziamento del traffico di stupefacenti ed al controllo delle attivita' economiche di rilievo (edilizia, appalti e forniture pubbliche, commercio all'ingrosso). Dalle indagini della Guardia di Finanza sarebbe emerso che il clan non si limitava piu' ad operare nel territorio d'origine, ma ormai da tempo aveva esteso la propria sfera d'azione anche in altre regioni dell'Italia centrale e meridionale ed, in particolare, nel Lazio, regione in cui opera da oltre un lustro. In tal senso, "emblematica e' la definizione accademica" della 'impresa camorrista', resa da un noto pentito di camorra rispetto al modo di fare impresa del clan Mallardo: non imporre il pizzo estorsivo, ma far entrare "di fatto" persone di fiducia del clan in societa' con gli imprenditori, di modo che questi ultimi diano una parvenza di liceita' all'attivita' economica, mentre i camorristi partecipano direttamente ai guadagni e riescono a reimpiegare i proventi derivanti da altre attivita' illecite. Il provvedimento del Tribunale di Latina, a firma del presidente Pierfrancesco De Angelis, "conferma la solidita' dell'impianto accusatorio formulato dalla Dda capitolina, sia per quanto concerne la pericolosita' sociale di Domenico, Giovanni e Vittorio Emanuele Del'Aquila", ai quali e' stata applicata la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di 5 anni con obbligo di soggiorno nel Comune di loro residenza, "che in relazione alla macroscopica sproporzione tra il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario ai medesimi riconducibile e la rispettiva situazione reddituale dichiarata al Fisco".




ROBERTA RAGUSA: LE LETTERE DELLA DONNA E IL RAPPORTO CON ANTONIO LOGLI

di Simonetta D'Onofrio

Gello di San Giuliano (Pisa) – Novità sul caso Roberta Ragusa. Due lettere importanti scritte dalla donna avvalorerebbero la tesi del rapporto conflittuale che avrebbe avuto con il marito Antonio Logli. Ricordiamo che Roberta è sparita nella notte del 10 gennaio del 2012 da Gello di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa.
Il contenuto delle missive testimonierebbe le problematiche che Roberta subiva nel rapporto quotidiano con il marito, il quale non ha mai evidenziato agli inquirenti la crisi di coppia che aveva come tratto distintivo il protrarsi nel tempo.

Roberta avrebbe scritto a Natale del 2006 una lettera d’auguri, dove avrebbe augurato al consorte di ritrovare la serenità e la felicità che sempre di più gli sfuggiva. Possiamo immaginare dalle sue parole un malessere che viveva la donna scomparsa, il desiderio di cambiamento e i tentativi di risolvere i problemi familiari.

Sconcertante è, invece, il testo della seconda corrispondenza che Roberta avrebbe inviato al marito, dove s’intuisce chiaramente e senza alcuna ambiguità il difficile rapporto che si trascinava giorno dopo giorno.

La donna era delusa sul comportamento assunto dal marito Antonio, poco tempo a disposizione, sfuggente e sempre concentrato al mondo lavorativo. In altre parole era una coppia molto stanca, ed è proprio Roberta ad usare questo aggettivo scrivendo: "stanca, stanca, stanca".  La donna si lamentava sula condotta del coniuge, non curante dell’intera famiglia, tralasciando le relazioni interpersonali.

Altri segnali preoccupanti sono dovuti alle “dimenticanze” dell’uomo; Logli non si ricorda neanche della data dell’anniversario.

Sono questi i fattori scatenanti della scomparsa della Ragusa? Forse uccisa perché aveva capito il tradimento che aveva subito in tanti anni, può essere questa la motivazione del delitto? A tutt’oggi il marito di Roberta, Antonio Logli, padre dei suoi due figli è il principale sospettato di omicidio e distruzione del cadavere della donna, ma non è stato ancora possibile giungere a un’incriminazione ufficiale per la mancanza di prove certe.

 

ISIS: RISCHI PER EUROPA E ITALIA

Redazione

La situazione Isis sebbene sia fortemente monitorata è preoccupante. "La pressione militare dell'ISIS in Siria e in Iraq implica rischi rilevanti per l'Europa e per l'Italia, anche per la forza attrattiva che il movimento sembra poter esercitare su altre formazioni jihadiste e dell'estremismo islamico in aree non contigue ai territori controllati". Lo afferma una nota del Quirinale al termine del Consiglio Supremo di Difesa. "Il quadro della situazione internazionale – si legga dalla nota – mostra tensioni e instabilita' crescenti.

In Ucraina il conflitto appare tendenzialmente frenato dagli sforzi politici e diplomatici in atto che vedono il costante impegno del nostro Paese. E' indispensabile dare continuita' e sbocchi risolutivi a questi sforzi. La pressione militare dell'ISIS in Siria e in Iraq – prosegue – implica rischi rilevanti per l'Europa e per l'Italia, anche per la forza attrattiva che il movimento sembra poter esercitare su altre formazioni jihadiste e dell'estremismo islamico in aree non contigue ai territori controllati. E' quindi necessario che l'Italia, insieme a Nazioni Unite e Unione Europea, consideri con estrema attenzione gli eventi in corso ed eserciti ogni possibile sforzo per prevenire, in particolare, l'ulteriore destabilizzazione della Libia".
Obama agli alleati, "La lotta all'Isis sara' lunga"
"La minaccia costituita dai cosiddetti foreign fighters – sostiene la nota – rende evidente l'esigenza di uno sforzo integrato e senza soluzione di continuita', sia sul fronte informativo sia su quello esecutivo, da parte dei dispositivi di sicurezza esterna e interna nazionali e internazionali. La situazione in atto dimostra l'urgenza e l'importanza, pur nei limiti della ridotta disponibilita' di risorse, di una rapida trasformazione delle nostre Forze Armate e dell'organizzazione europea della sicurezza.
Se le prime dovranno essere rese piu' pronte ed efficaci rispetto ai compiti da assolvere nelle aree di prioritario interesse per il nostro Paese, il solo sforzo nazionale non potra' essere sufficiente a garantire l'Italia, come ciascuno degli altri Paesi europei, dalle minacce e dai rischi che si prospettano gia' nel breve termine. Il Libro Bianco dara' quindi indicazioni circa la strategia di integrazione politico-militare che il Governo intende realizzare in ambito UE e NATO.
Pur se il contributo italiano agli obiettivi della sicurezza nazionale e comune non potra' che essere limitato in termini di uomini e mezzi, il nostro Paese dovra' essere in grado di fornire, nei consessi internazionali, un apporto qualificante e incisivo sul piano delle iniziative di prevenzione e di risoluzione delle crisi".
"A questo fine, il Consiglio auspica – sottolinea la nota – un rilancio delle istituzioni della global governance che operano in questo settore, a partire dalla Common Security and Defence Policy (CSDP).
Il nuovo Alto Rappresentante potra' certamente sostenere le iniziative italiane e imprimere adeguato impulso alla rivitalizzazione del fondamentale settore della sicurezza". "Il Libro Bianco – spiega la nota – dovra' poi conferire massima priorita' all'obiettivo dell'integrazione interforze e, piu' in generale, dell'integrazione interna delle nuove Forze Armate e del sistema Difesa nel suo complesso.
Provvedimenti in questa direzione, insieme a quelli altrettanto urgenti volti a consentire un rapido deflusso o reimpiego del personale militare in esubero, sono essenziali per risolvere il fondamentale problema di efficienza e di economicita' dell'apparato militare.
La sfida piu' importante da vincere attraverso l'integrazione resta comunque quella dello sviluppo della massima sinergia tra le diverse componenti logistiche e amministrative, ma soprattutto operative e di comando delle Forze Armate rispetto agli effettivi compiti da assolvere. Il successo del progetto di riorganizzazione delle Forze Armate che prende avvio con il Libro Bianco riveste grande importanza per il nostro Paese e si inserisce a pieno titolo, nel grande processo di riforma della Pubblica Amministrazione promosso dal Governo per la realizzazione di una struttura dello Stato meno onerosa ma, allo stesso tempo, in grado di servire piu' efficacemente il cittadino. Il Consiglio ha infine ribadito la necessita' di continuare a perseguire una rapida soluzione della vicenda dei nostri fanti di marina", conclude la nota.




GDF PIENA DI AMIANTO

di Luca Marco Comellini*

“Il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato di non avere elementi informativi in merito alla specifica materia”. Così aveva risposto il ministro della difesa a una interrogazione presentata il 13 ottobre del 2011 dal deputato radicale Maurizio Turco nel corso della XVI Legislatura per la quale ottenne una delle moltissime “non risposte” che i ministri della difesa amavano, ed amano, dare quando sono opportunamente sollecitati su argomenti fastidiosi che vorrebbero evitare. Il nostro lavoro non è stato ignorato e grazie al deputato Villarosa Alessio Mattia del M5S che ha voluto fare chiarezza sulla questione amianto che avevamo posto all'attenzione del Ministri della difesa , dell'interno e dell'Economia e delle finanze, finalmente, oggi sappiamo che a seguito di quella nostra interrogazione il Comando generale della Guardia di Finanza nel mese di luglio dell'anno 2012 decise di avviare «un'attività di monitoraggio e mappatura che ha consentito di definire le criticità sussistenti, gli interventi di bonifica e le pertinenti ulteriori risorse finanziarie all'uopo necessarie rispetto a quelle già assegnate.

L'attività di monitoraggio complessivamente svolta ha evidenziato: la presenza di amianto in n. 111 immobili in uso al Corpo, connotata da diversificata rilevanza; la risoluzione delle relative criticità in n. 89 siti; la programmazione/avvio, per le restanti sedi del propedeutico iter procedurale». L'importante lavoro parlamentare che abbiamo svolto dal luglio 2009 fino al termine della XVI Legislatura non deve essere disperso e per questo motivo cerchiamo parlamentari volenterosi e capaci di far avere ai cittadini in divisa quelle risposte che la partitocrazia fino ad oggi gli ha negato.

Ai volenterosi – se ci saranno – rendiamo noto che delle 566 interrogazioni che abbiamo presentato nel corso della passata legislatura tramite i parlamentari radicali solo 271 hanno ricevuto una risposta e di queste almeno la metà sono “non risposte”.

Chi se la sente di affrontare questa battaglia di giustizia e legalità per i diritti dei cittadini in divisa?”

*Segretario del Partito per la tutela dei Diritti di Militari e Forze di polizia (Pdm)




FORTUNA LOFFREDO: LA PICCOLA E' STATA SEVIZIATA

di Silvio Rossi

Caivano – Il grido lanciato dalla madre non è caduto nel vuoto. Così come anticipammo nell’articolo del 7 settembre, la bambina di Caivano non è precipitata dal sesto piano per un incidente. L’autopsia disposta dal PM Federico Bisceglia, ha evidenziato come la piccola è stata seviziata in un arco di tempo che va da due settimane fino a due mesi precedenti la morte.

I sospetti della madre, che nella trasmissione “Quarto Grado” parlò di bruciori che la piccola accusava, non sono quindi invenzioni di un genitore disperato. La ricostruzione di Maddalena ha portato alla luce quindi la più atroce delle verità. Qualcuno ha abusato di una bambina di appena sei anni e, ancora non si sa per quale motivo, ha contribuito a mettere fine alla sua breve vita.

Anche il parroco Don Maurizio Patriciello, durante i funerali, quando all’omelia gridò “Chi sa deve parlare, davanti a Dio e agli uomini” si schierò apertamente dalla parte della famiglia, comprendendo come un muro di omertà ha nascosto atti che provocano l’indignazione di tutta la società.

Il quadro investigativo, con la conferma dell’esame autoptico, si è drasticamente modificato. Il fascicolo della procura, da caduta accidentale (probabilmente a questa ipotesi i PM non hanno mai creduto, ma in mancanza di una prova delle violenze subite non era possibile modificare il capo d’accusa) a omicidio volontario.

A fine settembre è stato consegnato un video agli inquirenti dall’avvocato della famiglia Loffredo, in cui due supertestimoni hanno detto chiaramente che Antonio Giglio, il bambino di tre anni che lo scorso anno è morto nello stesso palazzo del complesso “Parco Verde” di Caivano, in modalità pressoché identiche a Fortuna Loffredo (entrambi avevano anche il particolare di una scarpina che non è mai stata trovata), è stato gettato nel vuoto volontariamente, e non è caduto per caso.

Sembra che i PM stiano interrogando gli amichetti della piccola, e che il cerchio nei confronti dell’orco dell’Isola Verde si stia stringendo. Attendiamo ulteriori sviluppi.