CHIARA POGGI, DELITTO GARLASCO: SETTE ANNI DI INDAGINI, TRE PROCESSI E ANCORA NESSUN COLPEVOLE

di Christian Montagna

Sono le ore quattordici circa del 13 Agosto 2007 quando una telefonata al 118 segna l'inizio di una triste storia di cui ancora non si è arrivati a capo. Alberto Stasi al telefono, allarmato, dice di aver trovato la sua ragazza Chiara Poggi distesa al suolo in una pozza di sangue nella sua villetta di Garlasco. Incerto sulla possibile morte della fidanzata,descrive minuziosamente la scena del delitto cosparsa di sangue. Giunti i soccorsi, la giovane 26 enne viene trovata accasciata in fondo alle scale di casa in pigiama e massacrata da una decina di colpi. L'ultimo, quello letale, alla nuca. Subito si cerca di capire quale potrebbe essere stata l'arma del delitto da allora mai più trovata. L'autopsia colloca la morte tra le nove e le dodici dello stesso giorno; ad uccidere sarebbe stato un oggetto molto appuntito. Un omicidio feroce ed efferato apparentemente senza alcun movente. La giovane Chiara è rimasta nella villetta da sola dopo aver trascorso la notte con il fidanzato rientrato a sua volta a casa per ultimare la scrittura della tesi di laurea in economia e commercio. Ed è proprio nelle ore della notte e nelle prime del giorno che si cerca di indagare per scoprire l'assassino. Dopo una notte passata insieme come le tante altre, Alberto rientra a casa e l'indomani, preoccupato per non aver sentito la fidanzata al telefono, si reca alla villa di Garlasco. Da lì la tragica scoperta: la porta di casa semiaperta e ovunque tracce di sangue che portano quasi come fosse un percorso disegnato al corpo senza vita della giovane massacrata. I primi racconti del giovane sembrano essere privi di contraddizioni ma è pur vero che ancora adesso risulta essere l'unico indagato.

ALBERTO STASI SI PROCLAMA INNOCENTE
Ultima persona ad aver visto Chiara Poggi in vita e prima ad averla vista morta, sin dall'inizio le indagini si concentrano su di lui: il giovane Alberto Stasi, sguardo di ghiaccio e capelli biondi, schivo e riservato. Una persona apparentemente tranquilla ed equilibrata ma che probabilmente, secondo la famiglia Poggi, potrebbe essere l'assassino di Chiara. Lui, dal suo canto, continua a proclamarsi innocente e difende a denti stretti le sue tesi. Sono trascorsi sette anni da quel giorno, tre processi e ancora nessun colpevole. L'indagato numero uno, nelle numerose interviste continua a dirsi fiducioso nella giustizia, convinto che al più presto sarà confermata la sua innocenza. L'accusa invece non è della stessa opinione: con l'obiettivo di ribaltare le due sentenze di assoluzione precedenti, cerca di acquisire nuove prove che incastrerebbero Alberto.

LE MANCANZE INVESTIGATIVE
A finire nell'occhio del mirino sarebbero state anche le indagini eseguite dagli inquirenti in questi anni. Mancanze, imprecisioni e sciatterie nella ricostruzione dei luoghi, nelle perizie e negli interrogatori. Una giustizia che ancora una volta incespica, è lenta ed arranca. Siamo di fronte ad un altro caso di mala giustizia? Atroci dubbi assalgono la mamma di Chiara: un analisi del capello ritrovato nella mano di Chiara dal costo di duecento euro sarebbe stata negata. Perchè? E ancora: il silenzio di Stasi durante i processi, nessun interrogatorio andato a buon fine. Troppe anomalie che non lasciano ben sperare. E nel frattempo una famiglia piange la sua piccola ragazza massacrata senza ancora aver trovato un colpevole.

LA DIFESA DI STASI
Come in ogni inchiesta, ognuno tira acqua al proprio mulino. I legali di Alberto Stasi sin dal primo momento hanno parlato di inchiesta a senso unico, incentrata totalmente su un'unica persona: una sorta di accanimento giudiziario? Si interrogano sul motivo per cui sarebbero state tralasciate piste alternative e seguite soltanto le piste che riconducono all'unico indagato. Inchieste giornalistiche , negli ultimi tempi hanno portato alla luce l'analisi di prove trascurate prima. Il pm si affida unicamente alla bicicletta nera ritrovata davanti alla villetta di Garlasco, elemento di cui ha parlato la testimone Franca Bermani.

FRANCA BERMANI, LA TESTIMONE OCULARE
La seconda persona chiamata in causa dai magistrati è la testimone oculare Franca Bermani. Secondo i suoi racconti, la bici che quel giorno sostava dinanzi alla villetta era nera, da donna ben tenuta e senza cestello davanti con le molle cromate sotto la sella. Il maresciallo Francesco Marchetto chiamato a verificare le dichiarazioni della testimone, individua suddetta bicicletta nel negozio di autoricambi del papà di Alberto e potrebbe essere proprio quella vista dalla testimone. Un indizio che però non fornirebbe una prova schiacciante e decisiva al processo.

ALLA RICERCA DI UN MOVENTE
Il punto più importante è proprio il movente. Si cerca di scoprire il motivo per cui la giovane ragazza sarebbe stata massacrata. Perché Alberto avrebbe dovuto uccidere la sua amata? Potrebbe essere determinante la scoperta dei video hard nel pc di Alberto da parte di Chiara? Nemmeno questa ipotesi reggerebbe visto che i due fidanzatini erano soliti scambiarsi materiale hard. Anche nel processo per detenzione di materiali pedo pornografici, Alberto è stato assolto. E allora quale potrebbe essere il movente? Qualora Alberto dovesse essere assolto nuovamente anche al terzo processo, come si farà a rianalizzare il caso per cercare un altro colpevole a distanza di così tanti anni? E sono proprio queste le atroci domande che affliggono la mamma e il papà della giovane Chiara che a tutti i costi vogliono giustizia per la loro figlia ferocemente uccisa.