CIRO ESPOSITO, OMICIDIO: DE SANTIS, "SE NON AVESSI PREMUTO QUEL GRILLETTO SAREI MORTO"

di Ch. Mo.

Fanno male le dichiarazioni del tifoso Daniele De Santis che lo scorso 3 Maggio ha sparato al napoletano Ciro Esposito durante il match di Coppa Italia disputato a Roma. Dichiarazioni che sanno di ammissione, di presa di coscienza della realtà dei fatti ma che non serviranno alla famiglia Esposito poiché nulla potrà riportare Ciro in vita. In un'intervista rilasciata al settimanale Panorama, il colpevole di quel terribile omicidio ha dichiarato di essere stato costretto a sparare Ciro giustificando con una legittima difesa quanto accaduto. Dopo un susseguirsi di versioni rilasciate alla Procura di Roma che indaga sull'accaduto, De Santis sarebbe giunto dunque all'ammissione delle sue responsabilità. Cerca di giustificare il suo gesto anche se nessuna giustificazione potrà mai scagionare la sua fedina penale dalla più terribile delle accuse che su di lui pende inquietante, quella di omicidio colposo. De Santis dice: "Penso sempre a quel giorno e questa è e rimane una tragedia per tutti. Per la famiglia di Ciro e anche per la mia. A volte mi domando: se per salvarmi la vita, oltre alle sofferenze fisiche, devo veder soffrire tanto, non era meglio che mi avessero ammazzato? L’unica cosa che non avrei dovuto fare è stata raccogliere un fumogeno e rilanciarlo verso un pullman parcheggiato sul controviale che chiudeva completamente l’accesso. Improvvisamente sono spuntate almeno 30 persone. Se fosse andata come sostiene chi mi accusa, avrei dovuto sparare al primo che mi capitava, no?". In seguito alle prime dichiarazioni in cui aveva raccontato di essere fuggito e di aver preso bastonate e coltellate, continua dicendo che nel tentativo di chiudere il cancello, "una gamba è rimasta sotto e si è staccata quasi completamente dal corpo. Ho arrancato per qualche metro e li ho avuti ancora addosso. Ero convinto di vivere gli ultimi momenti della vita. Se non avessi premuto quel grilletto sarei morto". Attimi di concitazione e panico rilasciati in un'intervista che ora, sembrano quasi voler fornire un alibi. Non c'è giustificazione ne attenuanti per chi uccide, la legge non lo prevede, o almeno non dovrebbe farlo. Un giovane trentenne in trasferta a Roma è stato ucciso come il peggiore dei criminali a causa di una disputa calcistica e di scontri tra tifoserie. Un problema che al giorno d'oggi non è più ammissibile. La famiglia Esposito, nella persona della mamma di Ciro Antonella Leardi, che dal primo giorno dello spiacevole accaduto ha invocato pace e giustizia, attende con ansia quella giustizia che chissà quando arriverà. E i napoletani, con lei, scalpitano nell'attesa di assicurare alla giustizia il colpevole dell'omicidio di un loro giovane fratello.