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CONTINGENTE ITALIANO IN KOSOVO: IL SALUTO DELLE ISTITUZIONI ALLE FORZE ARMATE E ALL'ARMA DEI CARABINIERI

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Tempo di lettura 4 minuti Messo in risalto l'importante contributo delle Forze Armate italiane, presenti in Kosovo dal 1999, fornito alla NATO per la stabilizzatore di questa delicata zona dei balcani

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Redazione

Pristina – Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, Onorevole Gioacchino Alfano si è recato, lo scorso martedì 22 dicembre, nella base Camp “Film City” di Pristina, sede del Comando multinazionale della missione NATO Kosovo Force, per incontrare il personale militare del contingente italiano in Kosovo.
Ad accoglierlo, il Comandante della missione, Generale di Divisione Guglielmo Luigi Miglietta. La visita è stata l’occasione per un aggiornamento sulla situazione operativa corrente, le condizioni di sicurezza in Kosovo e il ruolo dei soldati di KFOR.

Il Sottosegretario Alfano ha poi salutato il personale militare delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri a cui ha espresso parole di elogio per l’eccellente professionalità dimostrata: “uomini e donne con le stellette che con impegno, professionalità e determinazione svolgono quotidianamente un ruolo fondamentale per la stabilizzazione di questo Paese e più in generale dell’area Balcanica, confermando quell’approccio tutto italiano alle operazioni di pace che la comunità internazionale ci riconosce” – ha concluso il Sottosegretario – “a voi tutti, che trascorrerete queste festività natalizie lontani dagli affetti più cari, e alle vostre famiglie, porto gli auguri miei personali e delle Istituzioni”. A seguire, il Sottosegretario Alfano e il Generale Miglietta  hanno incontrato l’Ambasciatore d’Italia in Kosovo, Andreas Ferrarese, che ha rimarcato l’importanza di KFOR e della componente italiana per la creazione delle necessarie premesse per lo sviluppo e la completa stabilizzazione dell’area. Al termine della visita, il Generale Miglietta ha ringraziato il Sottosegratario Alfano che con la sua presenza ha confermato la vicinanza e l’apprezzamento delle Istituzioni al contingente italiano in Kosovo e a tutti i militari impegnati nelle operazioni fuori area.

Anche il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ha fatto visita in Kosovo per incontri di vertice con le principali cariche Istituzionali kosovare.
Con l’occasione il ministro Gentiloni ha fatto visita, durante la mattinata dello scorso mercoledì 23 dicembre, al Quartier Generale multinazionale di KFOR, nella base di Film City a Pristina, dove ha incontrato il personale militare italiano impegnato nella missione Kosovo Force.

Il Ministro Gentiloni è stato accolto dal Comandante di KFOR, Generale di Divisione Guglielmo Luigi Miglietta che nel corso di un briefing ha presentato al Ministro un quadro della situazione operativa corrente, le condizioni di sicurezza in Kosovo e il ruolo dei soldati di KFOR. Il Generale Miglietta ha rimarcato l’importanza della proficua cooperazione tra la NATO, le Organizzazioni Internazionali operanti in Kosovo, le forze di sicurezza Kosovare e le Istituzioni Centrali e Locali per il mantenimento di un ambiente pacifico e sicuro. L’agenda del Ministro è stata particolarmente densa di appuntamenti. Il Ministro Gentiloni, accompagnato dall’Ambasciatore d’Italia in Kosovo, ha incontrato la Presidente del Kosovo Atifete Jahjaga, il Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri del Kosovo Hashim Thaci. Il Ministro Gentiloni ha poi incontrato il personale militare delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri a cui ha espresso parole di elogio per l’eccellente professionalità dimostrata.

“Prima di farvi sentire la vicinanza del Governo, del Parlamento e mia personale, vorrei trasferirvi le parole di sincero apprezzamento delle istituzioni del Kosovo. Queste danno la misura di quanto sia utile e apprezzato il vostro lavoro”, ha detto il Ministro Gentiloni, mettendo in risalto l’importanza del contributo che le Forze Armate italiane, presenti in Kosovo dal 1999, hanno fornito alla NATO per la stabilizzatore di questa delicata zona dei balcani. Il Generale Miglietta ha ringraziato il Ministro Gentiloni che “con la sua visita conferma la vicinanza del Paese e delle Istituzione al contingente italiano in Kosovo e a tutti gli uomini e le donne con le stellette impegnati nelle operazioni fuori area”. Sorveglianza, monitoraggio del territorio, pattugliamento e presidio di specifiche aree sensibili sono i compiti che, a rotazione, svolgono gli oltre 5000 militari delle 31 nazioni che compongono la forza NATO KFOR in Kosovo.

Non è mancata la visita del Capo di Stato Maggiore della Difesa italiano, Generale Claudio Graziano, che si è recato in vista lo scorso 19 dicembre al contingente italiano che opera in Kosovo nell’ambito della Forza multinazionale NATO KFOR per portare il proprio saluto e quello di tutte le Forze Armate in occasione dell’avvicinarsi delle prossime festività. Il Generale Graziano, accolto al suo arrivo dal Comandante di KFOR – Generale di Divisione Guglielmo Luigi Miglietta – è stato aggiornato sulla situazione operativa corrente, le condizioni di sicurezza in Kosovo e il ruolo dei soldati di KFOR quale partner cruciale nel processo di stabilizzazione dell’area balcanica.

La visita è proseguita con l’incontro con il personale militare, uomini e donne delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri, a cui il Capo di SMD  ha rivolto parole di apprezzamento per il  livello di professionalità, la dedizione e per l’impegno profuso in questo complesso teatro di operazione. “La presenza della NATO in Kosovo, in questo particolare momento storico, è molto importante dal punto di vista anche della prevenzione al terrorismo”, ha poi aggiunto. “Questo paese è nel cuore dell’Europa e rappresenta un’area di grande interesse  per l’Italia che da sempre è stata in prima linea per la sua stabilità e per quella dell' intera area balcanica. Un impegno che viene apprezzato a livello internazionale e che vede , da alcuni anni, assegnare la leadership della missione al nostro Paese”.
L’Italia, presente nella missione sin dalla sua apertura nel 1999,  è uno dei maggiori contributori di truppe a favore di KFOR con oltre 550 militari impegnati in Kosovo  sia nel Multinational Battle Group West, nel Joint Regional Detachment Centre, nella Multinational support unit dei carabinieri e nel Comando della Forza a Pristina. Infine il Generale Graziano ha incontrato l’Ambasciatore d’Italia in Kosovo, Andreas Ferrarese che ha sottolineato “la presenza di KFOR e della componente italiana contribuisce in maniera determinante al raggiungimento degli obiettivi richiesti dalla Comunità Internazionale e alla creazione delle necessarie premesse per lo sviluppo e la completa stabilizzazione dell’area”.

 

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Israele: imminente l’attacco sull’Iran

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Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.

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Russia, Evgenya Kara-Murza: “Putin va fermato”

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“La Russia ha un unico ed enorme problema interno ed è il regime di Putin.

Tutto il resto proviene a cascata da questo” perciò “Putin va fermato. L’unica garanzia di pace e stabilità per il nostro continente è una Russia democratica”. A parlare, in un’intervista esclusiva al Festival Internazionale del Giornalismo 2024 anticipata all’ANSA, è Evgenya Kara-Murza, moglie di uno dei più noti politici d’opposizione in Russia, Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere dove sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione con l’accusa di vilipendio alle forze armate e alto tradimento.“Mio marito è sopravvissuto a ben due agguati, nel 2015 e nel 2017, da parte del gruppo di spionaggio Fsb (i servizi segreti russi, ndr), una banda di criminali al servizio del governo russo, implicati anche nell’avvelenamento con il Novichok”, racconta la moglie dell’oppositore che ha dovuto rinunciare alla sua partecipazione in presenza al Festival di Perugia, in programma dal 17 al 21 aprile. Nella video intervista, che sarà trasmessa sabato 20 aprile, Kara-Murza racconta di non vedere il marito dal giorno del suo arresto nell’aprile 2022: “Mi è stato concesso di parlargli al telefono solo un paio di volte. L’ultima a dicembre per soli 15 minuti. Abbiamo tre figli e ho lasciato che parlassero con il padre per cinque minuti ciascuno. Non ho scambiato nemmeno una parola con lui perché non volevo togliere tempo prezioso ai suoi figli”. La donna è un fiume in piena e le accuse a Mosca sono dirette e circostanziate.

“Questa è un’autentica tortura psicologica che il regime utilizza nei confronti di chi rifiuta di rimanere in silenzio di fronte alle atrocità del governo russo e denuncia la guerra in Ucraina. Il regime di Putin ha rispolverato tutto l’intero arsenale della macchina repressiva sovietica, incluso l’uso di punizioni psichiatriche. Vuol dire che oppositori e dissidenti possono essere rinchiusi con la forza in cosiddetti ‘ospedali psichiatrici’ ed essere sottoposti a trattamenti psichiatrici contro la loro volontà”. Evgenya Kara-Murza non nasconde la sua preoccupazione per la salute del marito che ha perso 25 kg da quando è in carcere. Dallo scorso settembre è rinchiuso in una cella di isolamento nota con le sue iniziali russe come EPKT. La cella di sei metri quadrati ha un solo sgabello, una piccola finestra chiusa da sbarre e un letto che si ripiega nel muro durante il giorno. Nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, neanche tramite lettere. “L’obiettivo del regime di Putin – spiega Kara-Murza – è quello di isolare gli oppositori dal mondo. Di farli sentire soli e dimenticati. Per questo è importante continuare a parlare di loro, che i nomi dei dissidenti russi e che le loro storie siano conosciuti”.

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Zaporizhzhia, Aiea: rischio di un grave incidente nucleare

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Gli “attacchi sconsiderati” alla centrale nucleare di Zaporizhzhia “aumentano significativamente il rischio di un grave incidente nucleare e devono cessare immediatamente”: lo ha detto il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi, come riferisce l’Agenzia stessa.

L’attacco di ieri alla centrale rappresenta “una chiara violazione dei principi fondamentali per la protezione della più grande centrale nucleare d’Europa”, ha aggiunto. 

Ieri l’Aiea ha confermato che “le principali strutture di contenimento dei reattori della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia hanno subito ieri almeno tre attacchi diretti”.

E’ il primo caso del genere “dal novembre 2022 e dopo aver stabilito i 5 principi di base per evitare un grave incidente nucleare con conseguenze radiologiche”, ha detto Grossi.

“Nessuno può in teoria trarre beneficio o ottenere alcun vantaggio militare o politico dagli attacchi contro gli impianti nucleari – continua Grossi in un post sul suo account X -. Faccio appello fermamente ai responsabili militari affinché si astengano da qualsiasi azione
che violi i principi fondamentali che proteggono gli impianti nucleari”.

Poco prima l’Aiea aveva dichiarato che “attacchi di droni hanno causato un impatto fisico su uno dei sei reattori dell’impianto e una vittima”, specificando che “i danni all’unità 6 non hanno compromesso la sicurezza nucleare ma si tratta di un incidente grave che potrebbe minare l’integrità del sistema di contenimento del reattore. 

 I responsabili dell’impianto, sotto controllo russo, hanno denunciato che “droni ucraini hanno attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhia” e questi raid hanno “danneggiato un camion parcheggiato vicino alla mensa”. Da parte sua, il governatore ucraino Ivan Federov ha detto che l’esercito russo ha bombardato con missili Grad Gulyaipole la regione di Zaporizhzhia, uccidendo tre civili nella stessa abitazione.

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