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CONTINUA LO SCONTRO TRA GIUDICI E GOVERNO

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Tempo di lettura < 1 minuto Il segretario Anm: "Non vogliamo scontri e polemiche, non e' questa la finalita' del nostro congresso, vogliamo trovare intese e confronto"

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Redazione

Non si placano le tensioni e le polemiche che si sono innescate tra toghe e governo: "Non vogliamo scontri e polemiche, non e' questa la finalita' del nostro congresso, vogliamo trovare intese e confronto". Lo ha detto il segretario dell'Anm, Maurizio Carbone, a margine della seconda giornata di congresso del sindacato delle toghe, dopo il dibattito scaturito dalla relazione ieri dal presidente Rodolfo Sabelli. "Non facciamo paragoni con il passato – ha aggiunto – la relazione era un'analisi degli ultimi due anni, chiediamo risposte concrete e forti, e questo non sempre e' accaduto, soprattutto sul fronte della corruzione. Un tema su cui la stessa politica sta facendo autocritica: la legge Severino, che era stata presentata come soluzione di tutti i mali, oggi viene rivista dal Parlamento, lo stesso presidente del Senato Grasso ha detto che e' insoddisfacente. Vogliamo che vengano meno errori e timidezze".
Carbone ha ripercorso poi tutti i temi al centro del congresso: sulle intercettazioni, ha osservato che "l'attenzione della politica si e' concentrata sulla pubblicazione piuttosto che sull'importanza dello strumento investigativo, questo per noi e' preoccupante". E sulla "campagna di delegittimazione", il segretario dell'Anm ha sottolineato che "noi magistrati siamo spesso stati indicati come unici responsabili delle disfunzioni del sistema, anche con slogan, come quello 'chi sbaglia paga', che hanno accompagnato riforme peggiorative. Noi ci ribelliamo a questo messaggio negativo"

Editoriali

“Fuori dal Coro”, Mario Giordano: accuse e disinformazione, tra “ladri di salute” e realtà distorta

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La trasmissione di Rete4 punta il dito sulle liste d’attesa con tagli e montaggi che distorcono la realtà dando poco spazio alle spiegazioni sulle cause strutturali e storiche di questo problema

Le liste d’attesa sanitarie nella regione Lazio rappresentano da anni una delle maggiori sfide per i cittadini e le istituzioni. Problemi come i lunghi tempi di attesa per visite specialistiche e interventi chirurgici affliggono il sistema sanitario da decenni, ereditati da diverse amministrazioni regionali. Negli ultimi mesi, tuttavia, la trasmissione Fuori dal Coro, condotta da Mario Giordano su Rete4, ha acceso i riflettori sul tema, con servizi che spesso sembrano puntare il dito contro l’attuale governatore Francesco Rocca e i dirigenti delle ASL.

La narrazione mediatica proposta dal programma sembra suggerire che la responsabilità delle inefficienze sia interamente da attribuire alla giunta Rocca, ignorando la complessità storica e sistemica del problema.

La campagna mediatica di Fuori dal Coro

La trasmissione di Giordano, Fuori dal Coro, è nota per il suo stile provocatorio e per servizi che mirano a denunciare inefficienze e disservizi in vari settori della vita pubblica italiana. Negli ultimi tempi, il programma ha rivolto un’attenzione particolare alla sanità del Lazio, accusando il sistema di essere gestito da “ladri di salute”. Giordano, con i suoi servizi taglienti, ha puntato il dito contro la gestione delle liste d’attesa e il ruolo delle ASL, alimentando polemiche sulla responsabilità del governatore Rocca e delle amministrazioni locali nel garantire un servizio sanitario efficiente utilizzando filmati montati ad arte per evidenziare episodi di presunta incompetenza o scarsa trasparenza da parte dei dirigenti delle ASL. Questi servizi, sebbene utili per accendere il dibattito pubblico, rischiano di presentare un quadro distorto della realtà, facendo sembrare che il problema delle liste d’attesa sia frutto esclusivo dell’attuale amministrazione. Gli spezzoni video presentati, tagliati e cuciti ad arte, non offrono sempre un quadro completo delle azioni e delle iniziative messe in campo per risolvere un problema così complesso. Rocca e le ASL regionali vengono spesso messi in ridicolo, attraverso un montaggio selettivo che dà poco spazio alle spiegazioni sulle cause strutturali e storiche di questo problema.

Un problema di lungo corso: le cause storiche delle liste d’attesa

La questione delle liste d’attesa nel Lazio ha radici profonde, e risale a molto prima della gestione di Rocca. Secondo i dati forniti dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), la Regione Lazio si è trovata negli ultimi 10 anni a fronteggiare un aumento costante delle richieste di prestazioni sanitarie. Questo è avvenuto in un contesto di scarsità di risorse, con un personale sanitario insufficiente rispetto al fabbisogno, strutture ospedaliere spesso sovraccariche e difficoltà nel gestire in modo efficiente il sistema delle prenotazioni.

Le precedenti amministrazioni regionali hanno tentato varie riforme per affrontare il problema, ma con risultati alterni. Nel 2019, sotto la giunta Zingaretti, il Lazio era già tra le regioni con le più lunghe liste d’attesa in Italia, con pazienti costretti ad attendere mesi, se non anni, per accedere a esami diagnostici e visite specialistiche .

Gli sforzi della giunta Rocca per ridurre i tempi

Dal suo insediamento, Francesco Rocca ha reso le liste d’attesa una priorità per la sua amministrazione. Il governatore, insieme agli assessori competenti, ha avviato un piano di riorganizzazione del sistema sanitario regionale che mira a ridurre significativamente i tempi di attesa. Uno dei punti chiave è l’incremento delle risorse destinate all’assunzione di nuovo personale sanitario e all’implementazione di sistemi digitali più efficaci per la gestione delle prenotazioni.

Un passo importante è stato l’avvio della piattaforma Recup, il sistema unico regionale per le prenotazioni di visite ed esami, che dovrebbe rendere più trasparente e immediata la gestione delle richieste. Inoltre, la giunta Rocca ha stanziato fondi per migliorare l’infrastruttura tecnologica degli ospedali, con l’obiettivo di abbattere le inefficienze burocratiche che spesso causano ritardi nelle prestazioni sanitarie.

Nonostante questi sforzi, il sistema sanitario del Lazio si trova ancora in una fase di transizione, e ci vorrà del tempo prima che le riforme possano produrre risultati tangibili. Le criticità attuali, infatti, sono l’eredità di anni di mancati investimenti e tagli alla sanità, e non possono essere risolte nell’arco di pochi mesi.

Il ruolo delle ASL e il problema della comunicazione

Un altro punto sollevato da Fuori dal Coro riguarda i dirigenti delle ASL, spesso accusati di essere poco trasparenti o addirittura di boicottare le riforme. Tuttavia, è importante ricordare che le ASL sono strutture complesse, e molte delle inefficienze segnalate dipendono da vincoli amministrativi e da una scarsità di risorse che si protrae da anni.

La campagna di discredito portata avanti da alcuni programmi televisivi rischia di delegittimare il lavoro di migliaia di professionisti della sanità, che ogni giorno si impegnano per garantire il miglior servizio possibile ai cittadini, nonostante le difficoltà.

La necessità di una corretta informazione

In un contesto così delicato, è fondamentale che il dibattito pubblico venga alimentato da informazioni accurate e contestualizzate. La disinformazione, come quella veicolata da montaggi video parziali, non fa altro che creare sfiducia nei confronti delle istituzioni e alimentare tensioni sociali. Al contrario, è necessario riconoscere gli sforzi che la Regione Lazio sta compiendo per risolvere un problema che affligge non solo questa regione, ma molte altre parti d’Italia.

Le riforme sanitarie richiedono tempo, risorse e la collaborazione di tutti gli attori coinvolti, dai politici ai dirigenti sanitari, fino ai cittadini stessi. Solo attraverso un approccio condiviso e una comunicazione trasparente si potranno raggiungere risultati concreti e duraturi nella riduzione delle liste d’attesa e nel miglioramento della sanità pubblica.

E così, mentre la trasmissione Fuori dal Coro punta il dito contro Rocca e le ASL del Lazio, sarebbe invece importante non perdere di vista la complessità della questione e il lavoro che si sta facendo per migliorare una situazione ereditata da anni di difficoltà strutturali.

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Editoriali

Un anno di articoli con L’Osservatore d’Italia

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Un anno di esperienza con questa testata giornalistica! Beh che dire, lo staff è davvero impegnato su diversi fronti e la collaborazione con loro aiuta sicuramente uno scrittore esordiente ad imparare a scrivere in termini giornalistici.

La testata giornalistica di www.osservatoreitalia.it è sempre molto accattivante e ricca di notizie, dalla cronaca nera a quella rosa. Fare esperienza con un’equipe ben organizzata è il giusto trampolino di lancio per modellare e migliorare l’arte dello scrivere.

La possibilità di vedere i propri articoli pubblicati e seguiti da molti followers investe positivamente sia sul pubblicista che sul giornale. La direttrice, Chiara Rai e il marito Ivan Galea sono impegnati su tanti fronti (dalla politica, alla finanza, alla salute, alla cronaca etc ..) e si occupano in modo chiaro di dare qualità al loro lavoro.

Un “mestiere” quello del giornalista molto scrupoloso e curioso che deve accendere nei lettori la necessità di leggere una determinata notizia. Il giornale si occupa di organizzare momenti di rassegna stampa su diverse tematiche interessanti.

Scrivere articoli per www.osservatoreitalia.it è stata e sarà un’esperienza che ha colmato lacune e incoraggiato l’uso della lingua italiana. Ha arricchito l’esperienza culturale di ciascun collaboratore che ne fa parte.

www.osservatoreitalia.it è una realtà in espansione e mi auguro di vederla sempre di più crescere nell’ambito giornalistico e di espressione. È un’opportunità che va calibrata e pensata, nessuna notizia può essere un caso, ma deve rispecchiare gli avvenimenti reali della nostra quotidianità. Deve incuriosire per espandersi sempre oltre.

La collaborazione con Chiara Rai è efficace sotto ogni punto di vista, poiché il suo modo diretto di spiegare e render noto gli avvenimenti è molto oggettivo e schietto. Non esistono ma e se …, ma la consapevolezza di chi si è e di chi si vuol essere.
Il giornalismo è un’attitudine alla scoperta e alla capacità, non solo di vincere l’attenzione del lettore, ma di formulare articoli chiari e concisi.
La grande “famiglia” di www.osservatoreitalia.it sta lavorando sempre più per ampliare le sue conoscenze e competenze pertanto far parte di questo team è davvero eccezionale.
Nel dedicare questo articolo al mio primo anno di collaborazione, ringrazio Chiara e Ivan in modo speciale. Continuate e continuiamo così, l’informazione c’è e noi ci saremo sempre cari lettori!

Cara Maria Rossella Randi,
grazie di cuore per il tuo bellissimo editoriale e per le parole di stima e apprezzamento verso L’Osservatore d’Italia.

È un piacere sapere che la tua esperienza con noi sia stata così positiva e formativa. Il tuo impegno e la tua dedizione nel contribuire alla nostra testata ci rendono orgogliosi. Il giornalismo è un lavoro di passione e attenzione, e siamo felici che tu abbia trovato in noi una squadra con cui crescere e sviluppare le tue abilità. Siamo certi che il tuo contributo continuerà a essere prezioso, e ti ringraziamo per la fiducia e la collaborazione! Un caro saluto e un grande augurio per il futuro!

La redazione de L’Osservatore d’Italia!

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Ambiente

Amianto, 30 anni di lavoro e una vita spezzata: giustizia per Giovanni Giannetto

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Il Tribunale di Messina condanna l’INAIL, riconosciuta la malattia professionale. Oltre 6.200 morti in Sicilia per la fibra killer

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Messina ha emesso una sentenza importante, condannando l’INAIL a riconoscere la malattia professionale causata dall’esposizione all’amianto di Giovanni Giannetto, 66 anni, residente a Nizza di Sicilia (Messina). Giannetto, affetto da broncopatia cronica, microplacche del diaframma e fibrosi polmonare, ha lavorato per oltre 30 anni come manutentore in diverse centrali Enel, tra cui quelle di San Filippo del Mela, Termini Imerese, Augusta, Priolo, e Porto Empedocle.

Il caso di Giannetto è emblematico del dramma che ha colpito migliaia di lavoratori in Italia esposti alla fibra killer, l’amianto, un materiale utilizzato per decenni nell’industria per la sua resistenza al calore, ma che ha causato gravissimi danni alla salute. In particolare, la centrale di San Filippo del Mela, come quella di Milazzo, è stata classificata come Sito di Interesse Nazionale (SIN) per l’alto livello di inquinamento, che ha esposto il lavoratore sia in modo diretto, tramite l’uso di guanti anticalore in amianto, sia in modo indiretto a causa della contaminazione ambientale per il massiccio uso del minerale nelle coibentazioni e nei rivestimenti degli impianti.

La lunga battaglia legale

Nel 2018, Giannetto aveva presentato all’INAIL una richiesta per il riconoscimento della malattia professionale derivante dall’esposizione all’amianto, ma l’ente previdenziale aveva respinto la domanda. Con l’assistenza dell’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), Giannetto ha dovuto intraprendere un lungo iter giudiziario, culminato con la sentenza del Tribunale di Messina, che ha confermato il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e le patologie sviluppate dal lavoratore. L’INAIL è stata condannata a riconoscere la malattia professionale e a indennizzare Giannetto con 10mila euro per il danno biologico subito.

L’avv. Bonanni ha accolto con soddisfazione la sentenza, dichiarando: “Dopo questa condanna, adesso agiremo per ottenere il risarcimento del danno e coinvolgeremo l’INPS per ottenere la maggiorazione della pensione“. Bonanni ha anche ricordato i numeri drammatici relativi alla Sicilia: “Dal 1998 a oggi abbiamo censito circa 1.850 casi di mesotelioma, con un tasso di mortalità del 93% nei primi cinque anni. A questi si aggiungono 3.500 casi di tumore ai polmoni e oltre 1.000 decessi per altre malattie asbesto-correlate, per un totale di oltre 6.200 morti“.

Le aree più colpite in Sicilia

Tra i territori siciliani maggiormente colpiti dall’inquinamento da amianto spicca Biancavilla, in provincia di Catania, dove è presente la fluoro-edenite, un minerale simile all’amianto recentemente classificato ma non ancora riconosciuto nelle liste dell’INAIL. L’esposizione a questo minerale ha provocato mesoteliomi, asbestosi e altre gravi malattie nella popolazione locale.

Anche altre zone industriali della Sicilia, come Augusta-Priolo (Siracusa), Gela (Caltanissetta) e Milazzo (Messina), sono note per l’alto rischio ambientale legato alla presenza di poli industriali, soprattutto nel settore petrolchimico. A Gela, in particolare, sono stati registrati numerosi casi di tumore del sangue, cancro al colon, asbestosi e malformazioni alla nascita, portando all’avvio di programmi di monitoraggio sanitario ed epidemiologico.

Un problema ancora aperto

Nonostante l’uso dell’amianto sia vietato in Italia dal 1992, le conseguenze della sua esposizione continuano a mietere vittime, spesso senza che i responsabili vengano adeguatamente puniti o che i lavoratori ottengano il giusto riconoscimento. Il caso di Giovanni Giannetto è un esempio della lunga battaglia legale e personale che molti ex lavoratori devono affrontare per ottenere giustizia.

L’ONA e l’avv. Bonanni continuano a lavorare per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla gravità della situazione, sottolineando la necessità di misure più efficaci per tutelare i lavoratori esposti e per risarcire le vittime di questo “killer silenzioso”.

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