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Costa Concordia, 10 anni dalla tragedia: “Ci sono anche altri responsabili”

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Il disastro della Costa Concordia a 10 anni dalla tragedia “ci insegna che si possono fare degli errori tragici e anche sistemici, perché ritengo che c’è un responsabile penale ma ci sono anche altri responsabili di questa tragedia.

E ci insegna che è possibile riscattarsi, porre rimedio agli errori, e anche che laddove si realizzano corrette sinergie si possono conseguire cose straordinarie”.

Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Franco Gabrielli, ai tempi del disastro della Costa Concordia a capo della Protezione civile e poi commissario per l’emergenza, parlando oggi all’Isola del Giglio (Grosseto).

Una storia italiana. Sciatteria, sottovalutazioni e sconosciuti diventati eroi (di Matteo Guidelli) – Dalle finestre della casa color ocra a cento passi dal porto del Giglio dove abita Mamiliana Rossi, la donna alla quale era dedicato l’inchino, gli scogli delle Scole sembra quasi di riuscire a toccarli, tanto sono vicini. Antonello Tievoli, il maitre della Costa Concordia, l’aveva chiamata poco prima del disastro: “mamma, stasera passo”. E lei al processo l’aveva raccontato: “La mia finestra rimane un po’ nascosta e non vedevo subito la nave ma la sera del naufragio vidi le luci che si spensero, una cosa diversa dal solito”. A volerla guardare bene, dieci anni dopo, quella della Costa Concordia è una storia molto italiana e senza misteri: una nave di 290 metri di lunghezza con 4.229 persone a bordo – 32 delle quali mai più tornate a casa – finisce su uno scoglio ad uno sputo dall’isola per una serie di incredibili sottovalutazioni e sciatterie. Ma è anche la storia di perfetti sconosciuti che senza pensare alle conseguenze delle scelte fatte quella notte misero a rischio la loro vita per salvarne anche solo un’altra. E ci riuscirono.

Mario Pellegrini era il vicesindaco del Giglio, fu il primo a salire sulla nave: aiutò ad evacuare centinaia di persone, una decina le strappò ai pozzi neri che erano diventati i corridoi. “Ripensando in questi anni a quei momenti, se avessi fatto tutto quello che potevo, alla fine mi sono detto che sì, non potevo fare di più”, dice con indosso lo stesso giubbetto di dieci anni fa. Mario ricorda tutto. “Le scarpe. Erano centinaia, fluttuavano nell’acqua. Le mani segate dalle corde. La paura negli sguardi vuoti dei passeggeri. Il terrore nei volti dei bambini indifesi”. E il rumore dell’acqua che entrava. “Come un fiume che sta arrivando ma è lontano, non lo vedi ma sai che c’è”. Hai mai pensato di morire? “Quando la nave si è ribaltata e le luci si sono spente ho avuto paura, sì. Mi sono detto ‘Mario tieniti e aspetta che passi l’acqua, poi nuota e spera’.” Ennio Aquilino è un altro degli sconosciuti. Era il capo dei vigili del fuoco di Grosseto, fu tra i primi a salire sulla Concordia.”Quando l’ho vista non potevo crederci. Mi sono detto ‘e ora che facciamo?’ Cercavamo la linea di comando, ma non c’era, era saltato tutto”. I pompieri sapevano che la nave sarebbe potuta andare a fondo. “Quello che faceva paura è che non c’era un piano B, saremmo andati giù con lei. Non avremmo potuto far nulla, salendo avevamo sposato la sorte di chi era là sopra. Ripensandoci dopo, la sensazione era come quella che devono aver provato i pompieri entrati nelle Torri gemelle. A noi è andata meglio”.

Il simbolo negativo di questa storia non può che essere Francesco Schettino, il comandante che sta scontando una condanna a 16 anni. L’inchino fu opera sua così come furono suoi i ritardi nel dare l’abbandono nave, un’ora e 9 minuti dopo l’impatto. Ma è stato chiaro fin da subito che Schettino fosse il colpevole perfetto, anche per via del suo atteggiamento, a partire dalla scusa con cui sostenne di non aver abbandonato la nave: “sono scivolato su una scialuppa”. E poi la lezione alla Sapienza, saltata, sulla gestione del panico e il white party ad Ischia dove venne fotografato abbronzatissimo mentre centinaia di persone lavoravano al Giglio per riparare ai suoi danni.

Schettino però non è l’unico colpevole. Perché l’inchino non l’ha inventato lui e perché altri ufficiali e membri della Costa hanno patteggiato le pene ammettendo le loro responsabilità. Tra loro il capo dell’unità di crisi a Genova Roberto Ferrarini, con il quale Schettino parlò più volte dopo lo schianto, e il timoniere Jacob Rusli Bin: non capì gli ordini, girò a sinistra invece che a destra. Nella Costa c’è però anche chi il suo dovere l’ha fatto. E anzi ha fatto di più. Come Sandro Cinquini e Simone Canessa, medico di bordo e cartografo. “Canessa non voleva abbandonare la nave – racconta Pellegrini – Diceva ‘io sono l’ufficiale più alto in grado a bordo, devo stare qui’. Era quasi in ipotermia, sono riusciti a convincerlo alle 5 del mattino ma hanno dovuto faticare”.

La storia della Concordia è anche quella del riscatto di un Paese che riuscì nell’impresa folle di riportare in asse la nave, prima, e di portarla via sconfiggendo invidie e burocrazie, dopo. Il volto è quello del sudafricano Nick Sloane ma l’impresa l’hanno fatta gli italiani Sergio Girotto, ingegnere della Micoperi, e Franco Porcellacchia, della Costa; le aziende che hanno lavorato al progetto, la Tecon di Assago, la Spline di Venezia, la Ceccarelli Yacht design di Ravenna. E l’ha fatta il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Franco Gabrielli, che allora era Commissario per l’emergenza, riuscendo a far funzionare pubblico e privato insieme, resistendo a pressioni e veti.

Il Giglio che attende le celebrazioni per l’anniversario è come era nel gennaio del 2012: deserto. Chiusi i negozi, chiusi gli alberghi, il molo sferzato dal vento. Arriveranno autorità e naufraghi, tornerà Kevin Rebello, il fratello di Russel, il cameriere indiano che fu l’ultima vittima ad essere restituita, mille giorni dopo il naufragio. “Sono dieci anni volati via ma a me sembra ieri che sono arrivato sul molo”. Questo ragazzo non ha mai fatto polemiche, mai accusato nessuno. “Ho cercato sempre di essere neutrale, di non giudicare, non sono e non ero in grado di farlo, spetta ad altri”. Dieci anni dopo, però, una cosa Kevin la dice. “Tutto questo dolore poteva essere evitato se non ci fosse stato l’inchino. Senza quello, io e te non saremmo qui a parlare”. Non saremmo qui a parlare di una nave che naufragò per salutare Mamiliana.

“Questa sarà l’ultima celebrazione pubblica perché non vogliamo dimenticare ma vogliamo rispettare le 32 vittime”. Così il sindaco di Isola del Giglio (Grosseto) Sergio Ortelli parlando con i giornalisti. “Il consiglio comunale ha deciso di celebrare questo giorno per sempre chiamandolo ‘Giornata della memoria’ – ha spiegato -, perché è doveroso nei confronti dei parenti delle vittime del naufragio. Sulla nave c’erano persone di 54 nazionalità ed è giusto che vengano ricordate per sempre”.

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Ambiente

Sicurezza idrogeologica, nasce “l’ANBI Air Force”

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E’ già stata simpaticamente definita l’ “ANBI Air Force” e sono le decine di droni, che quotidianamente si alzano sui comprensori italiani per controllarne la sicurezza idrogeologica, accompagnati anche da natanti radiocomandanti e sonde deputate ai controlli degli specchi d’acqua: è questa la novità più sorprendente, emersa nel meeting sulle innovazioni messe in atto dai Consorzi di bonifica ed irrigazione, dove anche la figura professionale del pilota di quadricotteri è ormai divenuta familiare negli organigrammi; l’evento è andato in scena a Vercelli, organizzato dall’Associazione Irrigazione Ovest Sesia nell’ambito della Planet Week, prologo al vertice G7 “Clima, Ambiente ed Energia” previsto a Torino a fine mese.
“Abbiamo voluto essere in questo contesto, perché siamo consapevoli di quanto facciamo a servizio del Paese e vogliamo proseguire, aumentando la capacità di fare sistema – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Nei Consorzi di bonifica c’è una grande capacità progettuale, promotrice di un modello irriguo sostenibile, che deve essere riconosciuto in un’Europa, da cui l’Italia è ancora troppo distante. La questione acqua è ormai un problema planetario.”
Se il miglior consiglio irriguo di Irriframe e la certificazione volontaria Goccia Verde, voluti da ANBI, sono il presente della sostenibilità nel settore primario, nuovi orizzonti stanno aprendosi dall’applicazione dell’Intelligenza Artificiale, i cui algoritmi vengono “addestrati” per dare risposte all’agricoltura di precisione ed alla salvaguardia idrogeologica, aumentando l’efficienza, riducendo tempi e costi.
La rete idraulica lungo la Penisola è ormai pressochè totalmente automatizzata e controllata da remoto, nonché luogo di costanti innovazioni: dai pannelli fotovoltaici galleggianti alle barriere per il recupero delle plastiche galleggianti; c’è inoltre una rinnovata concezione della manutenzione lungo i corsi d’acqua, rispettosa dei tempi della natura per favorire la conservazione degli ecosistemi.
I Consorzi di bonifica ed irrigazione sono però consapevoli dell’emergente complessità della gestione idrica di fronte alla crisi climatica: il problema di fondo è la ricerca del punto di equilibrio fra esigenze agricole ed ambientali, valorizzando le molteplici funzioni collegate alla gestione dell’acqua sui territori (dalla ricarica delle falde alla conservazione dei giardini storici); in questo quadro si chiede che l’utilizzo delle acque reflue per l’irrigazione debba essere accompagnato da una certificazione di salubrità, redatta da un ente terzo.
“C’è una profonda ingiustizia in questo Paese, che non percepisce la differenza fra il contributo ai Consorzi di bonifica, che non gravano di oneri il servizio irriguo a servizio dell’agricoltura che produce cibo e la tariffa, imposta dalle società del servizio idrico integrato, che invece legittimamente puntano anche ai dividendi per i soci – chiosa, concludendo, Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – L’Italia non ama la prevenzione, ma il futuro non può che essere legato ad un nuovo modello di sviluppo che abbia, al centro, la valorizzazione del territorio e la promozione della resilienza delle sue comunità.”



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Castelli Romani

Frascati, ospedale: intervento chirurgico con tecnica all’avanguardia

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Asportato tumore allo stomaco a un’anziana senza anestesia generale
 
Straordinario intervento chirurgico all’Ospedale San Sebastiano di Frascati dove è stato possibile evitare gravi complicanze post operatorie per Bice, una signora di 85 anni di Monte Compatri che è stata operata con anestesia spinale anziché generale per l’asportazione di un tumore esteso allo stomaco.
 
Non c’è stata necessità di ricovero in terapia intensiva e nella degenza post operatoria non si sono resi necessari farmaci analgesici.
 
La signora attualmente, a meno di una settimana dall’intervento, ha avuto una precoce ripresa ed è in buona salute, presto sarà dimessa per ricongiungersi ai suoi cari.
 
Grande soddisfazione, in merito alla tecnica anestesiologica, è stata espressa sia dalla paziente che dal chirurgo operatore, il dr. Massimiliano Boccuzzi Direttore della UOC di Chirurgia Generale e dai suoi aiuti Dr. Francesco Boccaccini e Dr.Angelo Torcasio coadiuvati dalla preziosa collaborazione del servizio di endoscopia digestiva del San Sebastiano (Dr.Fabrizio Travaglini).
 
Il Commissario Straordinario della Asl Roma 6 dott. Francesco Marchitelli e il Direttore Sanitario dottor Vincenzo Carlo La Regina si sono complimentati per questo straordinario risultato: “Questo significa salvare vite – hanno detto – siamo di fronte a un intervento che segna un passo fondamentale per la presa in carico dei pazienti complessi e in età avanzata che sempre più spesso sono costretti a subire le gravi complicanze post operatorie o addirittura a non potersi sottoporre agli interventi chirurgici perché eccessivamente rischiosi. Le persone per le persone, questa è un’altra grande testimonianza del percorso di umanizzazione della salute che abbiamo intenzione di portare avanti insieme”.
 
Tecnicamente si è trattato di un intervento chirurgico di gastrectomia subtotale per una voluminosa neoplasia gastrica a un’anziana con un quadro clinico complesso perché già operata alcuni anni fa per una neoplasia del colon e venti giorni fa sottoposta a intervento per una frattura di femore post traumatica, sempre presso il San Sebastiano.
 
In considerazione dell’età avanzata e delle varie comorbidità, in accordo con la paziente, l’equipe della UOSD di Anestesia e Rianimazione del San Sebastiano con il Responsabile Dott. Benedetto Alfonsi, afferente al Dipartimento di Emergenza diretto dalla Dott.ssa Carla Giancotti, ha deciso di non eseguire l’intervento in anestesia generale, bensì in anestesia locoregionale, che è stata effettuata dal Dr. Benedetto Alfonsi in collaborazione con il Prof.Fabrizio Fattorini.  
 
All’anestesia spinale, necessaria per l’intervento chirurgico, è stato associato l’ESP Block bilaterale, un blocco di fascia ecoguidato della parete posteriore del torace.
 
Il blocco di fascia è stato effettuato per garantire l’analgesia post operatoria senza la necessità di oppiacei. I blocchi di fascia rappresentano attualmente un ulteriore passo avanti nel controllo del dolore post operatorio. Per migliorare il comfort operatorio, durante l’intervento la paziente è stata lievemente sedata. Ora sta bene e l’intervento è riuscito.
 
Tale testimonianza è importante anche dal punto di vista scientifico alla luce del continuo incremento di pazienti over 80 con molteplici comorbilità che sempre più spesso si rivolgono all’Ospedale di Frascati, essendo collocato in un’area demograficamente ricca di case di riposo per anziani e di pazienti geriatrici.
 
“Da vari anni – dichiara il  dottor Massimiliano Boccuzzi, direttore UOC di Chirurgia Generale dell’Ospedale di Frascati – sono in aumento gli anziani sottoposti ad interventi di chirurgia maggiore che prima erano uno scoglio difficile da superare per alcune tipologie di pazienti e da anni chirurghi ed anestesisti sono impegnati nell’affinamento di tecniche anestesiologiche e chirurgiche mininvasive, che ci possano condurre ad una sensibile riduzione dei rischi anestesiologici e delle complicanze chirurgiche, in tali tecnologie la Asl Roma 6 si sta dimostrando un importante punto di riferimento permettendo agli operatori di poter crescere e perfezionare nuove tecniche a basso impatto di complicanze post operatorie”.

 



Privo di virus.www.avast.com

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Ambiente

Clima, osservatorio ANBI: “Dopo l’estate anticipata, l’inverno ritardato”. Ecco il quadro nazionale

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Assieme a raffreddori ed influenze, nonché al rischio di gelate per le colture, lo sbalzo termico verso il basso dei giorni scorsi ha portato una benefica discesa nelle temperature dei mari italiani, ricondotte a livelli più in linea con le medie del periodo. Secondo i dati del Programma europeo Copernicus e dell’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), a livello mondiale si registrano, da oltre un anno, le acque marine più calde di sempre, così come conferma il report “European State of the Climate 2023” per quelle, che bagnano i confini esterni del Vecchio Continente.

“Un aspetto della crisi climatica poco percepito dall’opinione pubblica è la sua complessità: la biosfera è unica e l’alterazione di un elemento influisce sull’equilibrio generale – evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Per questo, confinare la siccità come un problema meramente agricolo è un gravissimo errore, perché molteplici sono i servizi ecosistemici apportati: dall’equilibrio ambientale all’attrattività turistica.”

Secondo il report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, chi non pare beneficiare dell’instabilità climatica di questi giorni sono la Sicilia e la Calabria dove, ad esempio, il fiume Lao è al 43% della portata media di questo periodo e l’Ancinale tocca addirittura -95% (fonte: Centro Funzionale Regionale Protezione Civile Calabria); entrambe le regioni sono caratterizzate da enormi deficit idrici, a causa di molti mesi privi di significative precipitazioni.

In Puglia, nei giorni scorsi, si sono registrate piogge sull’Alto Salento (quasi 10 millimetri) e sul Leccese (fino a mm. 5), ma i bacini del Tavoliere trattengono il 37% di acqua in meno rispetto al 2023, cioè mancano oltre 112 milioni di metri cubi.

Non va meglio in Basilicata, dove è impietoso il confronto tra la quantità d’acqua invasata quest’anno e negli anni passati: nella seconda metà di Aprile 2023, rovesci torrenziali avevano fatto confluire ben 14 milioni di metri cubi d’acqua nei bacini della regione; attualmente le disponibilità idriche sono più che dimezzate (-54%) ed il deficit, nonostante un recente apporto di piogge (mln. mc. 2,74), si attesta a quasi 124 milioni di metri cubi (fonte: Autorità Bacino Distrettuale Appennino Meridionale).

Notizie preoccupanti arrivano anche dall’Abruzzo, dove il deficit pluviometrico registrato nei primi 4 mesi del 2024, unitamente alla poca neve caduta sull’Appennino, ha pressochè dimezzato la quantità d’acqua trattenuta nel bacino di Penne, il principale ad uso irriguo, dove mancano all’appello circa 3.600.000 metri cubi; fiducia si ripone nello scioglimento del manto nevoso ora presente a Campo Imperatore (cm. 34) e che potrebbe incrementare la portata del fiume Tavo, che alimenta l’invaso.

Nel Lazio il livello del lago di Bracciano rimane, come un anno fa, 1 metro al di sotto dello zero idrometrico, mentre continua a calare il piccolo lago di Nemi, ora 34 centimetri sotto il livello del 2023. Il fiume Tevere rimane largamente sotto media, così come decrescente è il livello dell’Aniene, mentre incrementi si registrano nei flussi della Fiora.

In Umbria crescono le portate dei fiumi Velino e Topino, mentre cala il Chiascio e l’altezza idrometrica del lago Trasimeno scende a -cm. 1,28.

“E’ la persistente condizione di allarme ecosistemico nel principale lago dell’Italia centrale, l’immagine di un Paese che, al di sotto degli Appennini, non riesce a recuperare il deficit idrico, dovuto a mesi di insufficienti apporti pluviali. E’ quantomai urgente prepararsi a gestire, in maniera condivisa e nel rispetto delle priorità di legge, una condizione d’emergenza che, seppur in maniera non uniforme, appare inevitabile nei mesi a venire” commenta Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

Restano modesti, nonostante gli incrementi registrati questa settimana, i livelli dei fiumi nelle Marche. A far da contrappeso rimangono i circa 53 milioni di metri cubi invasati nei bacini e che, pur essendo inferiori a quelli del 2023 caratterizzato da fenomeni meteorologici estremi nei primi 4 mesi dell’anno, rappresentano una garanzia d’approvvigionamento per i mesi più caldi e secchi.

Sull’Appennino di Toscana è apparsa tardivamente la neve, che era mancata in inverno: cm. 44 sull’Abetone, oltre 30 centimetri in Garfagnana, mentre sull’Amiata il manto è superiore ai 20 centimetri. Ricchi d’acqua sono i principali alvei con l’eccezione dei bacini più a Sud (Ombrone, Albegna, ecc.).

In Liguria tornano a crescere le portate dei fiumi Vara e Magra, mentre registrano un abbassamento quelle dell’Entella e dell’Argentina.

In Emilia Romagna, oltre mezzo metro di neve è ora presente sui monti bolognesi, reggiani e parmensi (cm. 63 a Lagdei), mentre su quelli romagnoli la cumulata si attesta tra i 15 ed i 30 centimetri.

In Veneto, il bilancio idrico resta ampiamente positivo, nonostante drastiche riduzioni di portata per i fiumi Adige, Piave, Livenza, mentre Bacchiglione, Brenta e Muson dei Sassi scendono addirittura sotto media.

Anche in Lombardia le riserve idriche restano largamente confortanti (+45% sulla media), seppur il fiume Adda cali, pur mantenendo una portata superiore a quella degli scorsi 7 anni.

Ad eccezione del lago di Como, i grandi bacini naturali del Nord restano vicini al colmo: Maggiore 97,7%; Sebino 93,6%; Benaco 98,6%.

I fiumi sono in calo anche in Piemonte ad iniziare dal Po, che resta comunque sopra la media, mentre Tanaro e Stura di Lanzo tornano sotto.

In Valle d’Aosta, infine, il manto nevoso supera i 2 metri e mezzo nelle stazioni sopra i m. 2200; terminati temporaneamente gli apporti dalla fusione nivale, dovuta all’anomalo anticipo d’estate della scorsa settimana, le portate dei corsi d’acqua hanno subìto una decisa contrazione: a Nus, la Dora Baltea in 7 giorni è passata da mc./s 29 a mc/s 6,50 (fonte: Centro Funzionale Regionale Valle d’Aosta)!

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