Covid-19, tamponi rapidi in farmacia e dai medici di famiglia: l’accordo con le Regioni entro la prossima settimana

Da Nord a Sud, il sistema, diverso in ogni zona d’Italia, sembra in sofferenza: ore in coda ai drive in, giorni per avere il risultato, centralini telefonici in tilt, modalità che cambiano.

Tra le regioni più in difficoltà il Lazio e la Campania, con file fuori dalle strutture che arrivano anche a 10-12 ore di attesa.

Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 22/10/2020

Il problema è emerso ad esempio nel Lazio, regione che per prima ha puntato sul sistema dei drive in. Ora che la richiesta è salita, si registra un aumento di auto, tante ore di coda e tempi di attesa per avere il risultato che arriva dopo 5 o 6 giorni, troppi per garantire un efficace contenimento.

A Roma, alcuni giorni fa, sono state registrate anche 12 ore di coda per sottoporsi al tampone nella struttura drive-in alla Casa della Salute di Labaro, quartiere nord della capitale dove le auto erano in attesa dalle 2 del mattino.

Per cercare di sgravare il sistema dall’enorme mole di tamponi da processare, da alcuni giorni la Regione ha aperto anche ai laboratori privati, per ora solo per i test rapidi, i tamponi in grado di dare il responso in meno di mezzora, usati da mesi negli aeroporti e anche nelle scuole, ma ritenuti ancora meno affidabili di quelli molecolari.

A breve potrebbe arrivare anche il via libera per consentire ai medici di famiglia di fare i tamponi rapidi e i test sierologici direttamente in studio. Chi sospetta di essere positivo potrebbe infatti chiamare il suo medico, che lo convocherà fargli il tampone o andrà direttamente al domicilio dell’assistito, oppure, se non è tra i medici aderenti, indirizzerà l’assistito altrove. E nel giro di poco tempo verrebbe svolto il test con risposta veloce, smaltendo le code dei drive in.

I tamponi rapidi si potranno fare in farmacia

Lo ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza nel corso della riunione con le Regioni annunciando l’inizio di una fase di sperimentazione: “In farmacia si fanno già i test sierologici in alcune regioni, proviamo a fare una sperimentazione come sta avvenendo a Trento per effettuare gli antigenici anche in farmacia”.

Speranza si è detto poi d’accordo con le Regioni che hanno chiesto di semplificare le procedure di tracciamento – “abbiamo già ridotto la quarantena a 10 giorni e eliminato il secondo tampone, siamo disponibili a trovare nuovi ambiti di intervento specifici” – e ha ribadito che si sta lavorando ad una convenzione con i medici di base per far sì che siano loro ad effettuare i tamponi rapidi che il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri sta acquistando.

All’inizio della prossima settimana dovrebbe esserci l’accordo sui test rapidi fatti dai medici di famiglia. La nuova normativa – stando a quanto si è appreso – prevede l’adesione volontaria dei camici bianchi e una possibile aggiunta contrattuale all’accordo collettivo di lavoro dei medici di base.

Intanto il il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, nel corso della riunione con le Regioni, ha annunciato un contingente di duemila operatori per potenziare le attività di tracciamento. “Con un’ordinanza di protezione civile – ha detto il ministro – creiamo un contingente per potenziare le reti sanitarie interne alle Asl e rafforzare le operazioni di tracciamento”. Il modello è lo stesso che a marzo ha portato medici e infermieri volontari negli ospedali più in difficoltà, e gli operatori socio sanitari in carceri e Rsa. I 2mila operatori verranno individuati con un bando della Protezione civile: 1.500 saranno destinati ad effettuare tamponi, test e tracciamento mentre altri 500 lavoreranno sulla richiesta di informazioi e sulle procedure da seguire.

L’obiettivo, ha spiegato Boccia durante la riunione, è di creare un contingente di persone “che non arrivano né da aziende ospedaliere pubbliche né private, perché non possiamo chiedere a nessuno di privarsi delle proprie risorse in questo momento”. Dunque ci si rivolge a “liberi professionisti o a coloro che non hanno un’occupazione fissa, ad autonomi che hanno caratteristiche che individuiamo insieme alle Regioni e potranno lavorare fino al termine dello stato di emergenza sanitaria”. Gli operatori saranno nella disponibilità delle singole Asl e le domande saranno fatte direttamente per la Regione di residenza.