Esteri
CRISI ASIATICA, VENTO DI GUERRA:IL VIETNAM MANIFESTA CONTRO L’IMPERIALISMO DI PECHINO NEL MAR CINESE MERIDIONALE
Tempo di lettura 4 minuti Scenari da non sottovalutare, situazione esplosiva con forte conflittualità dove l’America è parte integrante degli attriti innescati
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cmontagna
Dal vertice dell’Asean si concretizza l’invito del primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung ai membri dell’associazione, ai paesi di tutto il mondo e alle organizzazioni internazionali ad elevare la voce in protesta contro la Cina e sostenere la richiesta legale e legittima del Vietnam, mentre il Fondo Vietnam per la Pace e lo Sviluppo (VFPD) chiede alla Cina di rimuovere immediatamente la sua piattaforma petrolifera e le navi dalle acque del Vietnam e di proseguire i negoziati per risolvere il problema, poiché l'atto pone problemi nella regione e in tutto il mondo la pace e la stabilità. La sovranità e l'integrità territoriale sono diritti supremi per ogni nazione, e richiedono il rispetto da parte degli altri.
di Cinzia Marchegiani
Isole Paracel – Lo scenario che sta prendendo forma non è nelle più rosee aspettative e i tanti tasselli si stanno incastrando mostrano un puzzle preoccupante che preannuncia venti di guerra anche nell’area asiatica. Dalle news dell’oriente arrivano preoccupanti gli aggiornamenti che hanno visto nel mar Cinese meridionale una contesa sempre più aspra tra Hanoi e Pechino. Il primo maggio la Cina ha posizionato una piattaforma petrolifera e una flotta di navi militari per esercitare l’attività estrattiva al largo delle Isole Paracel considerata zona economica esclusiva di Hanoi all’interno dell’area di pertinenza del Vietnam. Si legge nel dettaglio che il giorno seguente all’invasione della zona economica esclusiva vietnamitica, queste imbarcazioni cinesi, anche grazie all’aiuto dell’aviazione da guerra, hanno condotto un’azione aggressiva alle navi della Guardia Costiera e a quelle preposte al controllo della pesca. La Cina sembra davvero intenzionata ad un’invasione nelle aree del Vietnam, in totale inosservanza delle regole e codici internazionali stipulati proprio tra Cina e Vietnam, appunto della “convenzione di Unclos”. Il 10 maggio a Naypyidaw, in Myanmar, al vertice della 24ma assemblea plenaria dell'Asean, che riunisce dieci nazioni del sud est asiatico, è stata sollevata l’emergenza pace dovuta ai conflitti e le tensioni nel mare dell'Asia-Pacifico. I consiglieri dell’Asean hanno espresso grande preoccupazione per le contese oceaniche e per le dispute territoriali e hanno invitato le parti in causa (senza mai nominare in modo esplicito Pechino) a esercitare contegno ed evitare l'uso della forza, risolvendo le dispute basandosi sui principi del diritto internazionale. La dichiarazione congiunta dei ministri degli esteri sulla tensione Mare Orientale ha chiaramente manifestato la solidarietà, e l'importante ruolo dell'attivismo e l'alta responsabilità dell'ASEAN verso la pace, la stabilità e la sicurezza nella regione. Alla plenaria è proprio il primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung ad esortare i paesi dell'ASEAN a rafforzare la solidarietà e riaffermare fortemente i principi enunciati nei principi in sei punti:”l’Asean dovrebbe chiedere alla Cina di rispettare il diritto internazionale del 1982 UNCLOS, e la DOC, a cui la Cina stessa è firmataria utente, le navi armate cinesi hanno sparato forti cannoni ad acqua contro navi civili vietnamiti, danneggiando i vasi e ferendo molti membri dell'equipaggio, fatto che dimostra come la Cina è la prima volta che ha posizionato un impianto di perforazione all'interno della piattaforma continentale di un paese membro dell'ASEAN e della zona economica esclusiva minacciando direttamente la pace, la stabilità, la sicurezza e marittima nel mare orientale, mentre il Vietnam ha dimostrato moderazione, buona volontà e utilizzato tutti i canali di dialogo con i diversi livelli di protesta cinesi.” Dal vertice Asean emerge l’atteggiamento della Cina che oltre a non dare alcuna risposta alle richieste legittime, ha calunniato e accusato il Vietnam, mentre poi intensificava le sue azioni di supremazia. Di fatto il Vietnam protesta con forza l’egemonia della Cina e conferma che proteggerà la sua sovranità nazionale e l'interesse legittimo in conformità del diritto internazionale. Dal vertice Asean si concretizza l’invito del primo ministro ai membri dell’Asean, ai paesi di tutto il mondo e alle organizzazioni internazionali ad elevare la voce in protesta contro la Cina e sostenere la richiesta legale e legittima del Vietnam.
Lo scenario asiatico non va assolutamente sottovalutato, e sembra che in anticipo si sia mossa strategicamente gli Stati Uniti d’America, infatti Manila e Washington hanno siglato lo scorso 28 aprile 2014 quando Barack Obama si è recato nelle Filippine (prima dell’invasione delle navi Cinesi) un accordo di cooperazione militare, che autorizza una maggiore presenza di truppe statunitensi nel Paese del Sud-est asiatico. Un vero concordato che garantirà per dieci anni un migliore accesso all’alleato americano a porti, basi militari e dell’aviazione sul suolo filippino, mentre le truppe statunitensi forniranno addestramento all’esercito di Manila e sostegno logistico. Questa nuova alleanza ha fatto infuriare anche il vescovo ausiliare di Manila mons. Broderick Pabillo che in merito all’accordo ha sottolineato che “il sostegno di Washington alle Filippine contribuisce a “peggiorare” le contrapposizioni con la Cina… Riflessioni molto profetiche se si guarda con occhio attento le notizie di qualche giorno prima del suddetto accordo l’esercitazione militare annuale battezzata con il nome di Balikatan (Spalla a Spalla, ndr) messe in agenda per aiutare le Filippine a migliorare l’abilità “nell’affrontare queste sfide.” Qui 2.500 soldati americani e tremila militari filippini hanno testato armamenti e attuato test specifici sui sistemi di sorveglianza marittima e sbarchi sulla terraferma.
Dopo il vertice Asean, con la nota diramata l’11 maggio 2014, il Fondo Vietnam per la Pace e lo Sviluppo (VFPD) si è attivato per scongiurare il conflitto e ha chiesto alla Cina di rimuovere immediatamente la sua piattaforma petrolifera e le navi dalle acque del Vietnam e di proseguire i negoziati per risolvere il problema, poiché l'atto pone problemi nella regione e in tutto il mondo la pace e la stabilità. La sovranità e l'integrità territoriale sono diritti supremi per ogni nazione, e richiedono il rispetto da parte degli altri.
Scenari da non sottovalutare, situazione esplosiva con forte conflittualità dove l’America è parte integrante degli attriti innescati…mai come adesso la mediazione di tutti i paesi e le organizzazioni sono diventati così prioritari.
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Clima impazzito: Valencia tra rovine e speranze per un futuro sostenibile
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31 Ottobre 2024
Il sud della Spagna vive giorni di dolore e distruzione in seguito a una delle peggiori inondazioni della sua storia recente. Nella sola provincia di Valencia si contano, finora, 92 dei 95 morti accertati, ma la cifra sembra destinata a salire, considerando che molte persone risultano ancora disperse. L’ondata di piogge torrenziali, causata da una depressione atmosferica che ha scatenato temporali devastanti, ha sommerso interi paesi e costretto oltre 120.000 persone ad abbandonare le proprie case. Cittadine come Paiporta, Sedaví e altre zone periferiche di Valencia sono ora cumuli di fango, detriti e dolore. Qui, la conta delle vittime si fa sempre più angosciante: solo a Paiporta sono stati recuperati 40 corpi, e il numero di persone ancora intrappolate o disperse è alto, un’incognita che grava come un’ombra sui soccorritori.
Le operazioni di soccorso non si sono fermate un attimo: migliaia di soccorritori, tra cui oltre mille militari, scavano giorno e notte tra il fango e le macerie, mentre le forze dell’ordine e l’Unità di emergenza dell’esercito si sono mobilitate per salvare più vite possibile. Finora, più di 250 persone sono state salvate via elicottero e 70 via terra, ma la situazione resta critica. Nel frattempo, le previsioni meteo lanciano un nuovo allarme per il nord di Castellón, una provincia già devastata, con l’agenzia meteorologica Aemet che invita i residenti a rimanere al riparo e non uscire per alcun motivo, poiché “le tempeste non si fermano”. Le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza e i collegamenti ferroviari e autostradali sono stati interrotti, isolando intere aree.
La disperazione e l’impotenza prendono forma nelle parole di chi ha perso tutto: “La necessità più urgente è che vengano a recuperare i cadaveri. Ci sono ancora persone sotto le macchine. È un disastro indescrivibile,” racconta Javier, un ex militare di Sedaví, che ha assistito impotente alla distruzione della sua città. “Abbiamo bisogno di cibo e rifornimenti. I negozi sono stati presi d’assalto e gli scaffali sono vuoti”, aggiunge con voce spezzata.
Oggi, il primo ministro Pedro Sánchez si recherà a Valencia per incontrare i soccorritori e visitare le aree più colpite, mentre il leader del Partito Popolare, Alberto Núñez Feijóo, farà altrettanto per mostrare il proprio sostegno. In un momento in cui ogni minuto può fare la differenza tra la vita e la morte, la speranza si affievolisce, ma l’impegno di volontari e soccorritori continua senza sosta.
Le autorità locali e nazionali stanno lavorando a un piano di ricostruzione e assistenza per le migliaia di famiglie sfollate. Intanto, Valencia piange e lotta, in attesa di un aiuto che possa riportare almeno un po’ di sollievo e speranza in una regione martoriata.
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Medio oriente in fiamme: Israele risponde con forza all’Iran, il mondo trattiene il fiato
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Missili e attacchi notturni segnano l’escalation di una crisi che minaccia la stabilità globale. L’Iran Riduce l’impatto e prepara la controffensiva
In una nuova fase di escalation tra Israele e Iran, le forze israeliane hanno lanciato, nella notte di sabato, attacchi mirati contro siti militari in territorio iraniano, puntando specificamente a strutture di produzione di missili e sistemi di difesa aerea. Questa operazione risponde a un recente attacco missilistico iraniano contro Israele, segnando un nuovo picco nel conflitto che da decenni vede i due Paesi scontrarsi indirettamente attraverso azioni militari e alleati regionali.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno spiegato che l’attacco, condotto con grande precisione, è stato studiato per evitare infrastrutture critiche iraniane come giacimenti petroliferi e impianti nucleari, limitando così i potenziali danni a livello regionale e colpendo invece risorse militari fondamentali. Gli attacchi, riportati intorno alle 2:15 ora locale a ovest di Teheran, sono stati seguiti da ulteriori ondate prima dell’alba, con video pubblicati sui social che mostrano fuochi di traccianti ed esplosioni nel cielo della capitale iraniana.
Secondo i media statali iraniani, la maggior parte dei missili in arrivo sarebbe stata intercettata, e i danni si sarebbero rivelati “limitati”, nonostante le esplosioni iniziali avvenute nelle province di Teheran, Ilam e Khuzestan. L’esercito iraniano ha successivamente confermato la perdita di due soldati, uccisi nel tentativo di “contrastare i proiettili dell’entità sionista criminale”, come Israele viene spesso definito dai funzionari iraniani.
Questo scontro fa parte della risposta di Israele a un massiccio attacco missilistico iraniano del 1° ottobre, quando Teheran ha lanciato 200 missili contro obiettivi israeliani dopo l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, a Beirut. L’intensificazione delle operazioni israeliane contro gli alleati dell’Iran in Libano, Yemen e Siria riflette una strategia volta a limitare l’influenza regionale di Teheran attraverso colpi mirati contro le sue forze per procura.
Le tensioni in Libano sono ulteriormente aumentate, con gli attacchi israeliani che hanno causato più di 2.500 morti, sfollato 1,2 milioni di persone e creato una grave crisi umanitaria. Le operazioni in corso a Gaza dal 7 ottobre, scatenate dall’attacco di Hamas, hanno peggiorato la situazione, con rappresentanti delle Nazioni Unite che denunciano gravi sofferenze per i civili.
Gli Stati Uniti hanno mantenuto una posizione di non coinvolgimento diretto, esortando Israele a concentrare gli attacchi su obiettivi militari ed evitando strutture nucleari o petrolifere iraniane, per prevenire gravi conseguenze economiche e ambientali nella regione del Golfo. Pur riconoscendo il diritto alla difesa di Israele, gli Stati Uniti e altri alleati occidentali hanno chiesto moderazione, temendo che un’escalation possa coinvolgere direttamente gli Stati Uniti e i loro alleati regionali. Recentemente, il Presidente Joe Biden ha discusso con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, consigliando una risposta mirata per evitare una guerra totale.
Rimane incerta la risposta dell’Iran a questa cauta operazione israeliana, con le autorità militari di Tel Aviv che avvertono che qualsiasi futura aggressione iraniana sarà seguita da ulteriori controffensive israeliane. Questo ciclo incessante di risposte militari sottolinea la fragilità della stabilità regionale, con entrambi i Paesi che dispongono di risorse militari significative e alleanze strategiche capaci di trasformare il conflitto in una minaccia più vasta e destabilizzante per l’intero Medio Oriente.
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