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CUBA, BAGNO DI FOLLA PER IL PAPA. STRACOLMA PLAZA DE LA REVOLUCION

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Tempo di lettura 4 minuti Bergoglio: "Lontano da ogni tipo di elitarismo, l'orizzonte di Gesu' non e' per pochi privilegiati"

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Redazione

Cuba – Dire bagno di folla è poco. Una folla stratosferica ha accolto Papa Francesco nella Plaza de la Revolucion, "Jose' Marti'", dove celebrera' la messa domenicale. Gia' in precedenza avevano presieduto le adunanze Eucaristiche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Sui palazzi che limitano la piazza ci sono i volti di Che Guevara, Fidel, e una gigantografia del Signore misericordioso. Alle spalle dell'altare un manifesto raffigura Madre Teresa di Calcutta, la madre dei poveri e degli ultimi. La Piazza e' un luogo fortemente simbolico del Paese, e' stata teatro di grandi adunanze, e puo' contenere circa 600 mila persone. Jose' Marti', padre dell'indipendenza cubana, e' stato anche un grande poeta oltre che militante contro l'occupazione spagnola di Cuba. Qui Fidel diede al popolo cubano la notizia dell'uccisione del Che da parte dei militari della giunta di La Paz, che si erano fatti sicari della Cia in Bolivia l'8 ottobre 1967 (ma il corpo fu mostrato solo il giorno dopo, e l'immagine ricorda il Cristo del Mantegna).

"Lontano da ogni tipo di elitarismo, l'orizzonte di Gesu' non e' per pochi privilegiati". Papa Francesco lo ha voluto ricordare nella Plaza de la Revolucion. Alla domanda "Chi e' il piu' importante?" che i discepoli si rivolgevano nella liturgia di oggi, quella di Gesu' e' "una risposta semplice: 'se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". Ma attenzione, ha ammonito il Pontefice "dobbiamo guardarci, dalla tentazione del 'servizio' che 'si serve'". "Esiste – infatti – una forma di esercizio del servizio che ha come interesse il beneficiare i 'miei', in nome del 'nostro'. Questo servizio lascia sempre fuori i "tuoi", generando una dinamica di esclusione. "La vita autentica – ha spiegato alla folla immensa dei fedeli – si vive nell'impegno concreto con il prossimo. Cosi' "Gesu' sconvolge la logica" dei discepoli di allora che "e' anche la nostra" di oggi.

Quello di Cuba, ha aggiunto il Pontefice, "e' un popolo che ha delle ferite, come ogni popolo, ma che sa stare con le braccia aperte, che cammina con speranza, perche' la sua vocazione e' di grandezza".

Riconciliazione con Usa sia da esempio al mondo – "Credo che oggi il mondo sia assetato di pace": Papa Francesco ha negli occhi "le guerre, i migranti, l'ondata migratoria di persone che fuggono dalle guerre, che fuggono dalla morte" mentre in aereo arriva a Cuba.

Prima di partire ha incontrato la famiglia dei profughi siriani ospiti nella parrocchia sant'Anna in Vaticano si e' "emozionato tanto: si vedeva il dolore nei loro volti", confida ai giornalisti. E "giustizia, pace, liberta' e riconciliazione" chiede al suo arrivo in risposta al benvenuto di Raul Castro, indicando questi valori come cardini di un futuro migliore per l'intero popolo cubano, ripetendo nel primo discorso del viaggio "l'ardente appello" che nel 1998 concluse quello di San Giovanni Paolo II, affinche' "Cuba si apra con tutte le sue magnifiche possibilita' al mondo e il mondo si apra a Cuba". Il Papa ha citato anche il padre dell'indipendenza cubana, Jose' Marti', per spiegare con le sue parole che la vittoria che la Santa Sede auspica per Cuba e' "sul sistema, morto per sempre, di dinastia e di gruppo". L'auspicio di Francesco e' che si realizzi un superamento delle chiusure di ogni tipo che penalizzano i cubani: quelle ideologiche e di apparato che hanno a lungo caratterizzato il regime comunista, e quelle economiche (ed ugualmente ideologiche) imposte dall'esterno con l'embargo.

"Abbiamo apprezzato il suo sostegno al dialogo tra gli Stati Uniti e Cuba", gli ha detto Raul Castro sottolinenando che "il ripristino delle relazioni diplomatiche è stato un primo passo nel processo verso la normalizzazione dei rapporti tra i due paesi che richiederanno la risoluzione dei problemi e riparazione delle ingiustizie". "L'ambargo – ha scandito – ha causato danni umani e le difficolta' per le famiglie cubane: e' crudele , immorale e illegale. E' necessario rimuoverlo".
  "Il territorio usurpato della Base Navale di Guantanamo deve essere restituito a Cuba", ha cntinuato il presidente, elencando le questioni aperte con gli Stati Uniti, a cominciare dall'embargo. "Queste giuste esigenze – ha spiegato – sono condivise dal popolo e la stragrande maggioranza dei governi del mondo".
  Da parte sua Francesco ha espresso, in risposta a Raul, "sentimenti di speciale considerazione e rispetto" per Fidel Castro da Papa Francesco, come primo atto della visita iniziata oggi. Il saluto al "lider maximo" affidato al presidente, chiedendo di trasmettere "a Suo fratello Fidel" questo attestato di stima. "Vorrei inoltre – ha aggiunto – che il mio saluto giungesse in modo particolare a tutte quelle persone che, per diversi motivi, non potro' incontrare e a tutti i cubani dispersi nel mondo". Quindi ha confidato la sua speranza che la distensione che ha contribuito ad avviare tra Cuba e gli Stati Uniti sia contagiosa. "Il mondo necessita di riconciliazione", ha detto ancora evocando la prospettiva di una terza guerra mondiale a pezzi". "Questo viaggio apostolico – ha poi ricordato il Papa – coincide con il primo Centenario della proclamazione della Vergine della Carita' del Cobre a patrona dell'Isola". E da quel momento la Vergine "ha accompagnato la storia del popolo cubano, sostenendo la speranza che custodisce la dignita' delle persone nelle situazioni piu' difficili e difendendo la promozione di tutto cio' che conferisce dignita' all'essere umano". "In questi giorni – ha concluso – avro' l'occasione di recarmi al Santuario del Cobre come figlio e pellegrino, a pregare nostra Madre per tutti i suoi figli cubani e per questa amata Nazione, perche' segua l'esempio dei veterani della guerra d'indipendenza, che "mossi da sentimenti di fede e di patriottismo, chiesero che la Vergine mambisa fosse la patrona di Cuba come Nazione libera e sovrana". L'accoglienza riservata a Francesco dai cubani e' stata straordinaria: decine di migliaia di persone affollavano i bordo dell'autostrada, lunga 18 chilometri che separa l'aeroporto internazionale "Jose' Marti'" dal centro dell'Avana. La fola saluta Francesco sventolando fazzoletti. Il Papa, in piedi, rispondeva con gesti della mano destra, tenendosi con l'altra al sedile. Il vento gli aveva tolto nuovamente la papalina bianca. Mano mano che la vettura si avvicinava al centro, aumentava considerevolmente la gente che se prima rappresentava una fila ininterrotta alla fine era una folla immensa che si assiepa. Papa Francesco sorrideva evidentemente impressionato dal numero dei cubani che e' in strada per salutarlo.

 

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Israele: imminente l’attacco sull’Iran

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Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.

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Russia, Evgenya Kara-Murza: “Putin va fermato”

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“La Russia ha un unico ed enorme problema interno ed è il regime di Putin.

Tutto il resto proviene a cascata da questo” perciò “Putin va fermato. L’unica garanzia di pace e stabilità per il nostro continente è una Russia democratica”. A parlare, in un’intervista esclusiva al Festival Internazionale del Giornalismo 2024 anticipata all’ANSA, è Evgenya Kara-Murza, moglie di uno dei più noti politici d’opposizione in Russia, Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere dove sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione con l’accusa di vilipendio alle forze armate e alto tradimento.“Mio marito è sopravvissuto a ben due agguati, nel 2015 e nel 2017, da parte del gruppo di spionaggio Fsb (i servizi segreti russi, ndr), una banda di criminali al servizio del governo russo, implicati anche nell’avvelenamento con il Novichok”, racconta la moglie dell’oppositore che ha dovuto rinunciare alla sua partecipazione in presenza al Festival di Perugia, in programma dal 17 al 21 aprile. Nella video intervista, che sarà trasmessa sabato 20 aprile, Kara-Murza racconta di non vedere il marito dal giorno del suo arresto nell’aprile 2022: “Mi è stato concesso di parlargli al telefono solo un paio di volte. L’ultima a dicembre per soli 15 minuti. Abbiamo tre figli e ho lasciato che parlassero con il padre per cinque minuti ciascuno. Non ho scambiato nemmeno una parola con lui perché non volevo togliere tempo prezioso ai suoi figli”. La donna è un fiume in piena e le accuse a Mosca sono dirette e circostanziate.

“Questa è un’autentica tortura psicologica che il regime utilizza nei confronti di chi rifiuta di rimanere in silenzio di fronte alle atrocità del governo russo e denuncia la guerra in Ucraina. Il regime di Putin ha rispolverato tutto l’intero arsenale della macchina repressiva sovietica, incluso l’uso di punizioni psichiatriche. Vuol dire che oppositori e dissidenti possono essere rinchiusi con la forza in cosiddetti ‘ospedali psichiatrici’ ed essere sottoposti a trattamenti psichiatrici contro la loro volontà”. Evgenya Kara-Murza non nasconde la sua preoccupazione per la salute del marito che ha perso 25 kg da quando è in carcere. Dallo scorso settembre è rinchiuso in una cella di isolamento nota con le sue iniziali russe come EPKT. La cella di sei metri quadrati ha un solo sgabello, una piccola finestra chiusa da sbarre e un letto che si ripiega nel muro durante il giorno. Nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, neanche tramite lettere. “L’obiettivo del regime di Putin – spiega Kara-Murza – è quello di isolare gli oppositori dal mondo. Di farli sentire soli e dimenticati. Per questo è importante continuare a parlare di loro, che i nomi dei dissidenti russi e che le loro storie siano conosciuti”.

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Zaporizhzhia, Aiea: rischio di un grave incidente nucleare

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Gli “attacchi sconsiderati” alla centrale nucleare di Zaporizhzhia “aumentano significativamente il rischio di un grave incidente nucleare e devono cessare immediatamente”: lo ha detto il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi, come riferisce l’Agenzia stessa.

L’attacco di ieri alla centrale rappresenta “una chiara violazione dei principi fondamentali per la protezione della più grande centrale nucleare d’Europa”, ha aggiunto. 

Ieri l’Aiea ha confermato che “le principali strutture di contenimento dei reattori della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia hanno subito ieri almeno tre attacchi diretti”.

E’ il primo caso del genere “dal novembre 2022 e dopo aver stabilito i 5 principi di base per evitare un grave incidente nucleare con conseguenze radiologiche”, ha detto Grossi.

“Nessuno può in teoria trarre beneficio o ottenere alcun vantaggio militare o politico dagli attacchi contro gli impianti nucleari – continua Grossi in un post sul suo account X -. Faccio appello fermamente ai responsabili militari affinché si astengano da qualsiasi azione
che violi i principi fondamentali che proteggono gli impianti nucleari”.

Poco prima l’Aiea aveva dichiarato che “attacchi di droni hanno causato un impatto fisico su uno dei sei reattori dell’impianto e una vittima”, specificando che “i danni all’unità 6 non hanno compromesso la sicurezza nucleare ma si tratta di un incidente grave che potrebbe minare l’integrità del sistema di contenimento del reattore. 

 I responsabili dell’impianto, sotto controllo russo, hanno denunciato che “droni ucraini hanno attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhia” e questi raid hanno “danneggiato un camion parcheggiato vicino alla mensa”. Da parte sua, il governatore ucraino Ivan Federov ha detto che l’esercito russo ha bombardato con missili Grad Gulyaipole la regione di Zaporizhzhia, uccidendo tre civili nella stessa abitazione.

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