Dalì è protagonista al Palazzo delle arti di Napoli

NAPOLI – “IO DALì” e così che si chiama la bellissima mostra al PAN |Palazzo delle arti di Napoli dal 1 marzo fino al 10 giugno 2018, exibhition dedicata al grande genio del novecento Salvador Dalì. L’intento dell’evento è di svelare ai visitatori la vita segreta del grande genio poliedrico, è vivere un viaggio attraverso dipinti, disegni, collage, video, fotografie e riviste dell’artista catalano. E’ come lui stesso ricorda egli era il SURREALISMO in persona, è l’incarnazione per eccellenza del movimento di André Breton che fondò nel 1924, ricordiamo che all’inizio era essenzialmente letterario, ma nel 25’ il teorico si pose il problema di come poteva essere la pittura surrealista scrivendo un trattato dal titolo:” Le surréalisme et la peinture” pubblicato su “Revolution Surréaliste”. Tutto  il movimento non era uno stile pittorico, letterale, ma un atteggiamento, un modo di essere, ed in questo il grande Salvator Dalì ha incarnato appieno tutta l’ideologia bretoniana.

Salvator Dalì era un’artista che operava non solo nella pittura, egli era sperimentale verso tutto ciò che era COMUNICAZIONE, si è reso immortale perché era soprattutto un artista cosiddetto della “flànerie”, ossia il suo girovagare fra le varie espressioni come un artista del Rinascimento senza meta e sempre in costante mutazione, sempre in attesa della scoperta, sempre con lo sguardo rivolto al passato, ma capace anche di proiettarsi nel futuro, tutto questo ha fatto in modo che il suo personaggio diventasse senza tempo. L’Exibhition è stata fortemente voluta dal Sindaco di Napoli Luigi de Magistris, dall’Assessorato alla  Cultura e al turismo Nino Daniele, in collaborazione con la Fundacio’Gala-Salvador DALì, la Direttrice dei Musei Dalì Montse Aguer. La direzione generale è del Presidente di C.O.R. (Creare Organizzare Realizzare) di Alessandro Nicosia  realizzata e co-organizzata. Ed inoltre è supportata dal Ministero della Cultura spagnola, con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia e l’Istituto Cervantes.

Precursore dell’automatismo odierno potremmo dire che è il “padre” spirituale del divismo che noi tutti siamo testimoni, di quel narcisismo esasperato nel modo di porsi sui social, e sui vari medium che l’uomo contemporaneo ha a sua disposizione. Per Salvator Dalì l’uso dei media era un modo di completare le sue creazioni, un atto performativo non solo durante gli eventi, ma anche nel suo quotidiano, infatti non appariva spesso in pubblico, il medium era da usare con condizione di causa con parsimonia, riconosceva  appieno tutta la sua potenza, egli era molto attento per le “messe in scena” di stesso quando appariva in pubblico, usava se stesso come un Brand da promuovere. Dali e sul tema dei medium ha fatto parecchie dichiarazioni, e tra queste dichiarò ad un giornalista “ Odoro la pubblicità, e se per fortuna i giornalisti mi conosceranno e si occuperanno di me, offrirò loro il mio pane, come San Francesco alle folle”.

Scoprì che l’immagine mediale è comunicazione, ma soprattutto è anch’essa un processo creativo non solo nell’atto dell’invenzione dell’artista, ma è anche capace di dare alla mente un’ulteriore stimolo a sé e al fruitore, e di dare nuove forme all’idea primordiale della creazione.

L’immagine surrealista per eccellenza era un insieme di fattori incompatibili e non accostabili tra di loro, ma ciò che la mente umana in quel momento suggeriva all’artista, ossia di mettere insieme simboli o cose senza una ragione e con diverse letture; qualche critico ha ipotizzato che il bersaglio del surrealismo era il pensiero tradizionale del mito francese della RAGIONE. Le creazioni per Dalì è una grande “scena” teatrale e molte volte fatta di immagini fantastiche, oppure lucidi paradossi con molteplici interpretazioni alle immagini, ma anche le performance e agli happening che egli dava erano delle vere opere d’arte. Tutte le sue “creazioni” erano sempre sulle orme di Freud e di Lacan, il conscio e l’inconscio erano sempre i protagonisti,  i suoi messaggi erano onirici, ma anche attenti alle problematiche reali, sociali e alle scoperte scientifiche come il ciclo dei dipinti dedicati al DNA del 1973.  Precursore dell’immagine 3D, realizzò opere che davano al fruitore la terza dimensione in un dipinto bidimensionale, queste creazioni dovevano essere viste con attrezzature adatte, questa ricerca è la testimone di come Dalì aveva un forte interesse per le nuove frontiere dell’immagine, ma rimanendo ancora al classico, le opere in 3D  sono realizzate ad olio e con il supporto di compensato. E’ il primo artista del ventesimo secolo a lavorare su questo fronte concretamente, ossia la rappresentazione dell’immagine che, senza la minima alterazione degli elementi che compongono l’opera, può trasformarsi grazie alla semplice stimolazione della volontà del fruitore, egli chiede a quest’ultimo la partecipazione per il suo completamento, dando via all’interazione tra artista e il fruitore, diventando quest’ultimo parte del processo creativo, che molte volte l’idea iniziale era diversa dell’artista.

Fra i dipinti che si possono ammirare a questa imperdibile mostra  è “l’Autoritratto con il collo di Raffaello” che realizzò nel 1921, ma anche diversi disegni per la sua autobiografia “Vita segreta” pubblicata nel  1942.

Nel 1961 alla Biennale di Venezia un giornalista  chiese a Salvator Dalì su cosa fosse il surrealismo, pronunciò la famosa frase ”il surrealismo sono io”, nonostante il suo rapporto con Breton e il gruppo del caffè Cyrano fosse terminato da anni, ricordiamo che il suo teorico considerava l’artista per eccellenza Max Ernest. L’intento della mostra “Io Dalì” è un modo di indagare un particolare aspetto della personalità dell’artista, e la sua personale visione del mondo reale ed irreale, ed è anche il modo di vedere come fece la sua vita un capolavoro. Consapevole di avere comportamenti bizzarri un giorno dichiarò “io non mi drogo, la droga è in me”, fin dalla sua nascita ha cercato di attirare l’attenzione a sé in maniera consapevole, infatti ha dovuto per tutta la vita confrontarsi con il fratello morto di cui i genitori non smisero mai di parlare come “genio”, tutto questo lo portarono a sviluppare un ego smisurato. Fin da quando era piccolo aspira ad essere un genio, nel suo diario personale tra il 1919 e il 1920 egli scrisse: “Sarò un genio e il mondo mi ammirerà. Magari sarò disprezzato e incompreso, ma sarò un genio, un grande genio, ne sono sicuro”. Nel 1928 conobbe a Parigi Picasso, Mirò, Breton ed Eluard che lo orientarono verso il surrealismo, ma aderì l’anno successivo, dando alla teoria di Breton una chiave personale che chiamò “metodo paranoico-critico”.

Al Palazzo delle Arti di Napoli si può constatare che i video, le performance e le apparizioni non hanno nulla a che fare con l’improvvisazione, anzi è ben studiato, si possono ammirare le copertine della rivista Time del 1936, oppure alla sua partecipazione in veste di ospite ad un concorso televisivo americano popolarissimo dal nome”What’s My Line?” trasmesso nel 1957 dall’emittente CBS.

Salvator Dalì domina in tutto il primo piano al Palazzo delle esposizioni partenopeo, appena si entra ad accogliere i visitatori c’è il  video con Gregory Peck del 1954 di O.Selnick, Usa, dal titolo: “ Sequenza del sogno basato su Dalì”, è un viaggio all’interno delle opere del maestro catalano, Dalì riusciva a dare colore anche ai film in bianco e nero.

In tutta la mostra si nota che il grande genio aveva “adottato” uno sguardo penetrante e un look identicativo, ad esempio i suoi famosi baffi, era come una vera star del cinema, egli interpretava se stesso quando era in pubblico, Dalì era il regista di Dalì.

Grazie alla sua abilità di promuovere la sua immagine trasformava ogni sua exibhition in un evento sensazionale, non solo si confermò al pubblico come genio, egli assicurò che la sua genialità fosse immutata nel tempo. Nel percorso al Palazzo delle arti sono presenti le foto di Philippe Halsman, le famose immagini che hanno reso ancor di più i suoi celebri baffi, il fotografo  in un’intervista dichiarò al Simon and Schuster a New York del 1954: “ Dalì è un surrealista, la più surrealista fra le sue creazioni, tuttavia è lui stesso. Non so cosa lo abbia reso più famoso, se i suoi dipinti o la leggenda che egli stesso contribuì a creare attorno a sé”. Dal punto di vista pittorico è minuzioso e delicato, in netto contrasto con i suoi soggetti, adorava gli sguardi e il gioco degli specchi dedicati a Velasquez come i dipinti dedicati a Gala dal titolo “Dalì che dipinge Gala di spalla” che si possono ammirare all’esposizione.  Amava i maestri del passato, usava i colori ad olio su supporti in legno dipingendo dipinti in 3D, al Palazzo si possono ammirare anche i dipinti stereoscopici,  queste opere sono una fusion tra il passato e il futuro.

E’ imponente il manifesto che accoglie i passanti e i visitatori che si trova all’ingresso del Palazzo delle Esposizioni a Via Dei Mille del capoluogo partenopeo nella strada dello shopping e del lusso, il suo sguardo ed i suoi celebri baffi ancora governano la scena, dando l’impressione che Dalì sia veramente immortale a distanza di molti anni dalla sua morte.

Giuseppina Ercole