DALL'UCRAINA ALLA SIRIA: LA PACE E' UNA FLEBILE SPERANZA

di Daniele Rizzo

Da Mariupol a Mosul, alfabeticamente parlando, il passo è breve. Ma sebbene più di duemila kilometri di strade separino il porto ucraino sul Mar d’Azov (la prima) e il capoluogo del governatorato iracheno di Ninawa (la seconda), le due città sono in questi giorni al centro della cronaca estera per motivi tutt’altro che piacevoli.

UN MORTO IN UCRAINA, MA LA TREGUA REGGE?
Continuano le esplosioni e i bombardamenti sporadici in Ucraina. Nella notte di ieri sono stati uditi colpi d’artiglieria presso l’aeroporto di Donetsk, mentre una donna è stata uccisa nelle scorse ore nella città portuale di Mariupol, nella regione dell’Oblast’. Nonostante il piano di pace in sette punti promosso da Putin e varato lo scorso venerdì con la firma bilaterale del “cessate il fuoco” continua dunque il non tanto pacifico scambio d’opinioni tra i separatisti e l’esercito regolare di Poroshenko. E a chi parla di tregua che regge consigliamo di andare a parlare con i familiari della donna morta, i quali immaginiamo non siano molto d’accordo. La verità è che la tregua è effimera, temporanea ed anche fugace: basta un niente per dar nuovamente vita al conflitto che negli ultimi mesi ha mietuto vittime in tutta l’Ucraina.
Ad incrinare ulteriormente la situazione sono arrivate oggi le sanzioni contro la Russia promosse dall’Ue e che sono in attesa di ratifica (che deve essere unanime) da parte dei 28 governi. Il primo ministro russo Medvedev ha difatti minacciato che in caso di nuove sanzioni la Russia potrebbe rispondere “in modo asimmetrico”, con misure volte a limitare l’attività in Russia delle grandi compagnie europee; le misure sanzionatorie, ha continuato il delfino di Putin, “non aiutano a riportare la pace” ma anzi “potrebbero minare la sicurezza mondiale”.

L’IRAQ TRA JIHADISTI E AMERICANI
Mercoledì 10 settembre Obama presenterà in diretta tv il piano anti-Isis studiato durante il vertice della Nato in Galles. E’ ottimista il presidente americano: dice che alla fine l’Isis sarà sconfitto e l’occidente vincerà. Ma in che modo? In un’intervista andata in onda sulla Nbc ha annunciato che il punto fondamentale del piano è la creazione di una coalizione internazionale che va dai membri Nato alle potenze mediorientali, e che non saranno assolutamente inviate truppe né in Siria né in Iraq, perché “non avrebbe senso che gli Stati Uniti occupassero paesi in giro per il Medio Oriente”. Ma nonostante questa dichiarazione d’intenti c’è chi ancora non crede alla parole del presidente Obama e che lo accusa di non aver ancora chiara una linea da seguire per risolvere la questione. Fautori di questa teoria i suoi avversari politici più accaniti, che ormai da mesi si scagliano contro ogni dichiarazione del presidente.
Intanto i raid americani non si fermano, anzi; nelle ultime ore è stata registrata un’escalation dei bombardamenti a danno delle milizie jihadiste (ovviamente) nell’ovest dell’Iraq. Qui, nella provincia di Anbar, è presente una delle più importanti dighe del paese, ora nuovamente nelle mani dell’esercito regolare. E’ proprio con queste operazioni trasversali al conflitto armato che la grande coalizione internazionale dovrà cercare di smantellare l’Isis, intervenendo, laddove possibile, per destabilizzare la struttura dei jihadisti e i loro approvvigionamenti, che siano essi di armi o di persone.
Come e se la grande coalizione interverrà per salvare tutti quei civili in mano ai miliziani però non è dato sapere. Da ieri si è appresa la notizia che cento bambini iracheni, sciiti e yazidi sono tenuti in ostaggio dai sunniti in un orfanotrofio di Mosul. La sensazione è che bloccare i capitali esteri che finanziano l’Isis o sorvegliare i movimenti di “capitale umano” verso l’oriente non siano misure sufficienti a garantire l’incolumità dei civili.