DECRETO SALVA ROMA: LA CAPITALE SOTTO I FERRI E IGNAZIO MARINO PRONTO A RICUCIRE TUTTO… MA LE RISORSE?

di Maurizio Costa

Roma – Il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, è stato ascoltato dalla Commissione Bilancio e Finanza Locale della Camera che si sta occupando del decreto "Salva Roma". Il primo cittadino, per accedere ai fondi del decreto, dovrà presentare un piano di rientro che tenga conto del bilancio della Capitale e degli altissimi debiti capitolini. Se entro aprile l'Amministrazione non presenterà questo progetto che tenga conto dei problemi inerenti al risanamento del debito della città e alla riorganizzazione interna delle società partecipate, non potrà accedere a circa 485 milioni di euro del decreto "Salva Roma".

Mentre il MoVimento 5 Stelle chiede di creare una commissione d'inchiesta che indaghi sul debito capitolino, il Sindaco di Roma chiede di posticipare il termine ultimo di presentazione del piano di rientro di altri 30 giorni. La Commissione della Camera, composta da ex Assessori capitolini e presieduta da Daniele Capezzone, ha chiesto a Marino di "ripresentarsi tra dieci giorni, carte alla mano, per avere le linee guida dell'intervento comunale, prima di decidere se approvare il decreto o no."

Questo piano di rientro, per legge, dovrà stabilire gli interventi comunali, di qui a tre anni, per risolvere i problemi fondamentali della Capitale. A questo proposito Marino ha dichiarato, davanti alla Commissione, che: "Servono nuovi processi di governance e razionalizzazione dell'assetto delle municipalizzate. Possibili liberalizzazioni e dismissioni non devono essere un tabù."

Il primo cittadino dà un colpo alla botte ed uno al cerchio: "La razionalizzazione non va intesa come una liquidazione delle società ma come un processo che contempli fusioni, incorporazioni e aperture a nuovi soci pubblici interessati al business." Per accedere ai fondi, molte municipalizzate potrebbero essere comunque chiuse perché non hanno valore per il bene pubblico della città. Il Campidoglio non voleva arrivare a questo, ma è il decreto che impone queste liquidazioni. Marino si esprime anche sulla questione della dismissione del patrimonio immobiliare della Capitale. A breve in Campidoglio si discuterà una delibera che dovrebbe dismettere 600 immobili, con un ricavo di vendita di almeno 280 milioni di euro. Un passo importante che però arriva solo dopo le pressioni del Parlamento italiano.

Sembra che l'Amministrazione della Capitale non riesca a fare le cose da sola; serve sempre un ordine dall'alto per far attivare l'Amministrazione romana. Infine, Ignazio Marino vuole far approvare il ruolo di Capitale alla città, perché, secondo lui, "è ingiusto che gli oneri sui costi aggiuntivi connessi al ruolo di Capitale, quantificabili in centinaia di milioni di euro, gravino sul bilancio esclusivo del comune di Roma. Queste spese" – ha aggiunto il primo cittadino – "devono essere ripartite anche con lo Stato." Il decreto "Salva Roma" sta facendo smuovere le acque intorno all'Amministrazione comunale.

Marino si sta sbrigando per approvare il piano di rientro per risanare il debito della città, sebbene il compito sia arduo e sia improbabile che entro tre anni Roma diventi tutta rose e fiori. Il decreto, tra l'altro, manderà in fumo 30 milioni di euro stanziati per la raccolta differenziata; una mossa che fa capire come la coperta sia corta, e, sebbene si tiri da una parte, rimarrà comunque scoperta un'altra.