DELITTO DI VIA POMA: VERITÀ NASCOSTE E BUCHI NERI SULLA VICENDA DI SIMONETTA CESARONI

di Cinzia Marchegiani

Una storia amara quella di Simonetta Cesaroni, che racchiude nel silenzio della sua morte una parte della vita che forse non si conoscerà mai…Il mostro che l’ha uccisa non è un serial killer e forse, il carnefice era seduto proprio nel banco degli imputati. Spesso, troppo spesso l’identikit dell’assassino non è mai estraneo all’ambiente della vittima, nella statistica fredda dei numeri è quasi sempre un familiare, un amico o un parente.

Questo enorme enigma ha lacerato le certezze sulla giustizia che dopo 24 lunghi anni ha solo partorito un sottofondo di inquietanti interrogativi e soprattutto sempre gli stessi. L’enigma mai risolto, dopo l’assoluzione dell’unico indagato, è riemerso con tutte le sue immense ombre che con forza condannano tutto l’iter processuale, che ad oggi è stato un grande flop. Una lettura attenta della degenerazione processuale e la mancanza di coraggio di condannare sbagli grossolani ha inglobato in una spirale sempre più grande tutto l’impianto accusatorio, per poi infrangersi e perdere forza, logica e credibilità..insomma si son sbagliati tutti. Il giallo è da archiviare? Forse si..forse no! L’omicidio brutale e senza pudore lascia macroscopici buchi, vistosi pecche e un errore giudiziario alla Enzo Tortora, dove l’imputato è stato condannato moralmente senza prove, prima di tutto dalla collettività che aveva necessità di avere tra le mani un nome e un volto del carnefice.

Tutto riconduce a Simonetta, la sua giovane vita si è trovata impigliata in qualcosa più grande e devastante che non ha saputo gestire…l’assassino quella scena l’ha depredata di indizi, quei pochi rimasti, sicuramente mal gestiti. Forse si è perso di vista che Simonetta era una giovane ragazza che aveva tra le amicizie un confidente, qualcuno con cui poter lasciare in sicurezza dettagli, sogni, sensazioni che non sono mai emersi, dettagli che forse avrebbero fatto la differenza, insomma un progetto in cantiere, un avance di troppo, sensazioni dette ad alta voce. Simonetta riposa nel cimitero di Genzano a due passi da Roma…qui la sua vita fino a poco ore prima del suo omicidio, era radicata, dove erano reali amicizie, tante conoscenze e soprattutto sogni nel cassetto di chi vede il futuro come una tela da dipingere…e ora le piste terminano in un vicolo cieco, un vicolo troppo spesso ripercorso ostinatamente: mancanze di idee, di logica, di investigazione? Il delitto di Via Poma racchiude troppi colpi di scena e forse la strada giusta che conduceva all’assassino è stata sbarrata con altre ipotesi…si solo ipotesi, e le poche tracce sono state mal curate, mal gestite, come se quelle mani responsabili delle 29 coltellate son riuscite a cancellare ogni cosa. Il fotoreporter di Repubblica visto cenare con Simonetta in un noto locale tra Albano e Genzano è esistito veramente? Perché non si è cercato il suo nome? L’omicida è quasi sempre un conoscente della vittima e il delitto di Via Poma nasconde troppi segreti che nessuno ha avuto mai accesso. Ad oggi si deve capire se in virtù delle indagini carenti, si può riaprire il caso, e quindi capire come si può ottenere prove fisiche di importante valore, poiché è una regola abbastanza nota in criminologia che le deposizioni raccolte a distante di troppo tempo perdono inevitabilmente valore…forse le tracce perse sono nascoste nella lettura attenta dei verbali, che potrebbero indicare nomi o addirittura prove scartate cui l’evoluzione tecnologica potrebbe riesaminare con nuove analisi strumentali. Ad oggi numerosi errori hanno espressamente partorito processi evanescenti che non dovevano neanche essere iniziati.

L’assassino voleva far sparire il corpo di Simonetta, perché quel luogo poteva associarlo alla suo identikit,e soprattutto i litri di sangue che Simonetta ha perso dopo 29 coltellate erano circa cinque litri, secondo la scientifica…ha impegnato fisicamente il suo assassino. Delitto di Via Poma, solo buchi neri ed errori macroscopici che anche Claudio Cesaroni, papà di Simonetta sempre più consapevole chiese al ministro della Giustizia di allora, Piero Fassino di far svolgere ai suoi ispettori un'inchiesta amministrativa per accertare se vi furono delle negligenze, delle mancanze, degli errori, da parte di chi indagò sulla morte di sua figlia.
Simonetta è vittima non solo del mostro che a sangue freddo ha pensato bene di cancellare le tracce che avrebbero portato gli inquirenti al suo indirizzo, ma di un colossale errore giudiziaro, dove l’evidente fallimento ha fato emergere l’incapacità di tessere ad arte le tracce nascoste nei verbali, nelle prove acquisite sul posto e soprattutto investigativa.

Tutto ha un origine, e la logica spesso è quella cui si fa poco riferimento…Simonetta d’altronde era una giovanissima ragazza e forse qualcuno conosce dettagli davvero preziosi. 

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