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Cronaca

Delitto Garlasco: si apre inchiesta bis

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Tempo di lettura 7 minuti Una vicenda che sembrava definitivamente chiusa ma che oggi, alla luce dei nuovi elementi emersi, viene rimessa in discussione

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di Angelo Barraco
 
 
MILANO – Si riaprono ufficialmente le indagini sulla morte di Chiara Poggi. Una notizia che dopo nove lunghi anni e dolorosi anni, svariate udienze arriva come un fulmine a ciel sereno, riportando alla mente il dolore dei familiari di Chiara che hanno vissuto questo calvario senza tregua e rimettendo in discussione la condanna di Alberto Stasi a sedici anni per omicidio volontario, che oggi sta scontando la sua pena nel carcere di Bollate. Una vicenda che sembrava definitivamente chiusa ma che oggi, alla luce dei nuovi elementi emersi, viene rimessa in discussione con un’inchiesta bis partita da un elemento che sarebbe stato individuato dai difensori di Stasi e farebbe emergere una verità ben diversa da quella attualmente conosciuta e si indirizzerebbe su un giovane della zona. La legge consente che a seguito di una condanna in via definitiva è possibile ottenere la revisione del processo in presenza di elementi nuovi, tali elementi riguardano l’identità del presunto colpevole che gli investigatori avrebbero individuato dal Dna maschile rinvenuto sotto le unghie di Chiara. Il 12 dicembre del 2015 la Corte di Cassazione conferma la condanna a 16 anni per Alberto Stasi, per l’omicidio di Chiara Poggi. Alberto Stasi è stato assolto in primo e in secondo grado, e poi condannato con rito abbreviato a 16 anni di carcere nell'appello 'bis' per l'omicidio della sua fidanzata, uccisa il 13 agosto 2007 nel piccolo centro della Lomellina. A quasi un anno di distanza del verdetto con cui, dopo l'annullamento con rinvio da parte della Suprema Corte dell' assoluzione di secondo grado, si è stabilito che Stasi avrebbe "brutalmente ucciso la fidanzata", la Cassazione ora dovrebbe mettere la parola fine ad un giallo che va avanti da oltre otto anni. "La sentenza di rinvio dà atto che il movente non è stato individuato ma poi si industria a costruirne uno legato alla vicenda delle immagini pornografiche", con il timore che Chiara potesse distruggere "l'immagine di ragazzo perbene e studente modello di Alberto" ma "la logica ci viene in soccorso e impone di escludere l'insostenibile ipotesi secondo la quale per evitare che la sua fidanzata rendesse nota la passione per la pornografia decidesse di ucciderla costituendosi come alibi proprio quel pc pieno di immagini pornografiche consegnato la mattina dopo ai carabinieri". Lo ha detto il sostituto procuratore generale della Cassazione, Oscar Cedrangolo, nella sua disamina nella sentenza di appello bis che ha condannato Alberto Stasi a 16 anni di carcere per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi a Garlasco nel 2007. Il pg ha sottolineato come emerge dagli atti una "debolezza dell'impianto accusatorio perché se gli indizi sono forti è inutile cercare a tutti i costi un movente che non si riesce a trovare". La sentenza d'appello condanna Stasi senza riconoscergli l'aggravante della crudeltà e ad avviso del pg, "alla fine di una sentenza del genere non si spiega l'indulgenza della Corte nell'escludere l'aggravante se si dice che Chiara è stata "brutalmente uccisa: è il solito inaccettabile sistema di un colpo al cerchio e uno alla botte. Ma così non si fa giustizia, ma si aggiunge dolore a dolore".
 
L’omicidio Il 13 agosto del 2007 Alberto Stasi, studente di Economia e Commercio alla Bocconi, prova a contattare telefonicamente la fidanzata Chiara Poggi, con la quale aveva trascorso la sera precedente mangiando due pizze prima di tornare a casa, perché in quel periodo Alberto stava preparando la tesi di laurea. Verso le 13.30 si reca a casa della fidanzata, non ricevendo risposta al citofono decide di scavalcare il cancello. Arrivato sulla porta di casa, decide di entrare e trova molto sangue a terra, seguendo le tracce verso la tavernetta trova il corpo di Chiara. Chiama subito i soccorsi e si reca nella vicina caserma dei Carabinieri che distano pochi metri dalla villetta dei Poggi. Chiara è morta per una decina di colpi violenti inferti con un’arma appuntita che non sarà mai ritrovata, tra le 9 e le 12 di mattina (l’orario preciso non sarà mai stabilito). Nella villetta le uniche tracce presenti sono quelle di Chiara, dei suoi familiari, di Alberto e di un falegname che aveva fatto dei lavori pochi giorni prima della morte (oltre alle tracce dei soccorritori chiamati da Stasi). Le indagini si concentrarono sull’ex fidanzato. Ha destato sospetto l’atteggiamento dopo il ritrovamento del cadavere (sembra che il tono di voce di Stasi quando chiama il 118 fosse troppo “rilassato”), le tracce del DNA di Chiara sulla bici di Alberto, la mancanza di sangue sotto le sue scarpe, nonostante il pavimento della casa ne fosse pieno. Alberto Stasi venne arrestato il 24 settembre, ma la scarsità d’indizi certi convinse il GIP a scarcerarlo dopo quattro giorni. Nelle indagini successive (dicembre 2007) viene trovato nel computer di Stasi materiale pedopornografico, elemento che ha contribuito a minare l’immagine del fidanzato. Il 3 novembre 2008 Alberto Stati viene rinviato a giudizio per l’omicidio di Chiara Poggi.
 
Da Garlasco ci spostiamo a Firenze, dove il 10 gennaio la Corte d’Appello dovrà decidere la richiesta di revisione del processo avanzata da Rudy Guede, condannato per il delitto di Meredith Kercher. I Giudici hanno chiesto l’acquisizione degli atti relativi alla sentenza di Cassazione che ha portato all’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Anche questa vicenda, come il delitto di Chiara Poggi, sembrava definitivamente chiusa con un colpevole in carcere ma anche in questo precipuo contesto c’è stata una specifica situazione che ha portato all’attuale richiesta avanzata da Guede. Il mese di gennaio del 2016 è iniziato con il programma di Franca Leosini “Storie Maledette” e nella prima serata di questo programma cult della televisione italiana è stato intervistato Rudy Guede, attualmente detenuto presso il carcere di Viterbo dove sta scontando una condanna a 16 anni per concorso in omicidio di Meredith Kercher. Nel corso della lunga intervista fatta da Franca Leosini, Guede ha raccontato la sua versione dei fatti e ha detto: “Nella sentenza della Cassazione – con cui Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati definitivamente assolti dall'accusa di omicidio – si legge che i giudici riconoscono che loro erano presenti in quella casa”. Inoltre precisa la sua posizione sottolineando che è arrivato al terzo grado di giudizio con l’accusa di concorso in omicidio e violenza sessuale “ma è scritto nero su bianco che non sono l'autore materiale del delitto”. Rudy Guede poi ricostruisce la sera del delitto e racconta che la sera di Halloween si era baciato con Meredith e si erano accordati per vedersi il giorno dopo a casa sua, per tale motivo lui è andato in quella casa. Ha dichiarato inoltre che ad aprire quella porta è stata la stessa Meredith e non Amanda Knox e ha precisato che la sua incursione non è stata neanche un’incursione forzata, come si è detto svariate volte. Ha precisato inoltre che tra lui e Meredith non c’è stato nessun rapporto sessuale, ma soltanto petting (palpeggiamenti nelle zone intime), tale circostanza è stata riscontrata negli atti del processo, poiché sono stati trovati nelle parti intime di Meredith segni del palpeggiamento riconducibili a Guede ed è stato riscontrato che tale atto non fu fatto con violenza poiché non vi erano tracce di DNA sugli indumenti della giovane studentessa. Guede ha raccontato che non hanno avuto un rapporto sessuale perché entrambi non avevano il preservativo: “Ci siamo rivestiti e dopo un po' di tempo avevo bisogno di andare in bagno. Sono andato in quello grande, era il più vicino al salotto e lontano dalla camera di Meredith". In quel preciso momento il giovane avrebbe sentito il campanello suonare e la voce di Amanda Knox, avrebbe sentito inoltre che Amanda e Meredith litigavano. “Sono sicuro al 101% che era lei” ha detto, aggiungendo di essere rimasto in bagno per 10-11 minuti e di essere sicuro del tempo perché ascoltava musica: “Sono rimasto in bagno per 10-11 minuti  e lo so perché perché ascoltavo la musica: due brani interi e il terzo fino a metà. Poi ho sentito un urlo più forte del volume della cuffia che avevo nell'orecchio. Era straziante”. Aggiunge poi di essere uscito in tutta fretta dal bagno, per vedere cosa fosse successo: “Tutte le luci della casa erano spente, tranne quella della camera da letto di Meredith. Davanti alla sua porta ho visto una sagoma maschile di schiena. Lui si è voltato e mi è venuto addosso cercando di farsi strada per la fuga. Ho cercato di difendermi perché muoveva le mani, mi sembrava che avesse un bisturi”. Guede ha riferito alla Leosini di aver sentito in quella casa una voce che diceva “Andiamo! Andiamo!” e ha aggiunto che “in casa c'era anche Amanda Knox”, ricorda inoltre di aver udito una frase che lo ha terrorizzato “nero trovato, colpevole trovato”, e a tale frase associa il coinvolgimento di Lumumba in questa vicenda.  Le dichiarazioni di Guede hanno sollevato certamente un polverone mediatico e di polemiche non indifferenti, soprattutto alla luce di un processo che ha portato all’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Ricordiamo che la  Corte di Cassazione ha assolto Raffaele Sollecito e Amanda Knox per l'omicidio di Meredith. Assoluzione per non aver commesso il fatto dopo 8 anni di processo. L'omicidio. Meredith è stata uccisa a Perugia la sera del 1 novembre del 2007. Era una studentessa inglese di 22 anni che faceva l’Erasmus in Italia ed è stata uccisa con una coltellata alla gola all’interno del proprio appartamento. Il corpo della studentessa è stato trovato un giorno dopo nella camera da letto ed era coperto da un piumone.
 
Gli arresti. La Polizia si occupa subito delle indagini. Il 6 novembre finiscono in manette Raffaele Sollecito, Patrick Lumumba e Amanda Knox. Quest’ultima, di Seattle, era la coinquilina di Meredith e studiava presso l’università di Perugia. Sollecito invece, laureato, aveva una relazione con la studentessa americana. Lumumba gestiva in pub in cui lavorava anche Amanda Knox. I soggetti si dichiarano estranei all’omicidio. Il 9 novembre viene convalidato il fermo dal gip. Il 15 novembre la svolta, vengono trovate delle tracce di dna di Meredith e di Amanda su di un coltello presente in casa Sollecito. Il 20 novembre viene scarcerato Lumumba e viene riconosciuta la sua estraneità all’omicidio, viene però arrestato Ruby Guade perché una sua impronta insanguinata viene trovata nel cuscino della stanza dove giaceva morta Meredith. Il 28 ottobre Ruby Guede viene condannato dal gup a 30 anni di reclusioni e viene disposto il processo per Amanda Knox e per Raffaele Sollecito. In data 18 gennaio 2009 ha inizio il dibattito nei confronti di Raffaele Sollecito e Amanda Knox. In data 5 dicembre la Corte d’Assise di Perugia condanna Amanda Knox a 26 anni di carcere e Raffaele Sollecito a 25 anni di carcere. La pena per Guede viene ridotta da 30 a 16 anni il 22 dicembre. Data importante quella del 4 marzo 2010, in cui vengono depositate le motivazioni della sentenza di primo grado per Amanda e Raffaele che sono “erotico, sessuale, violento”, per Guede invece le motivazioni sono “Concorse pienamente” e vengono depositate il 22 marzo.
 
Il processo d’Appello per Raffaele e Amanda. Il processo d’Appello per Knox e Sollecito i apre il 24 novembre. Il 18 dicembre la Corte d’Assise d’Appello di Perugia accoglie la richiesta di una nuova perizia sui coltelli, il 4 ottobre 2011 la Corte d’Assise assolve i due imputati per non aver commesso il fatto. Il 25 marzo 2013 il pg chiede l’annullamento dell’assoluzione. Il 26 marzo 2013 La Suprema corte annulla la sentenza e rinvia alla corte d’appello di Firenze ad un nuovo processo che si aprirà il 30 settembre 2013. Il 26 novembre vengono chiesti 30 anni per Amanda e 26 per Raffaele. Il 30 gennaio 2014; 28 anni e sei mesi ad Amanda e 25 a Raffaele. Per la Knox c’è il divieto di espatrio. Il 29 aprile vengono depositale le motivazioni della sentenza di condanna, le rispettive difese hanno fatto ricorso. Il processo in Cassazione ha inizio il 25 marzo 2015.

Cronaca

Pullman precipita dal cavalcavia a Mestre, 21 morti e 18 feriti

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Una scena apocalittica: la barriera del cavalcavia divelta, un pullman finito giù sulla strada a fianco della ferrovia e che prende fuoco, le urla di chi assiste alla tragedia e di chi a bordo resta intrappolato tra le lamiere accartocciate e in fiamme.È di 21 morti – tra cui due bambini – e 15 feriti il bilancio ufficiale della tragedia avvenuta a Mestre. Le vittime sono di diverse nazionalità.

A bordo c’erano anche cittadini ucraini, tedeschi, francesi e croati. L’autista era italiano e risulta tra le vittime. Tra le prime ipotesi sulle cause forse un malore di chi era al volante .La Procura della Repubblica di Venezia ha aperto un fascicolo. Nelle prossime ore saranno analizzate le immagini delle telecamere di sicurezza puntate sul cavalcavia, per capire meglio la dinamica dello schianto. 

“Dai primi rilievi non ci sono segni di frenata – dice il comandante della Polizia municipale di Venezia, Marco Agostini accorso sul luogo dell’incidente – il malore del conducente è un’ipotesi”. Per chi era a bordo difficile avere scampo, il bus si è infatti incendiato: le fiamme si sono propagate dopo il terribile impatto, forse generate dall’esplosione del serbatoio del pullman che conteneva metano e poi alimentate dallo stesso gas. I vigili urbani parlano di ‘bus elettrico’, dunque il mezzo probabilmente era ibrido. Un bus Ncc nuovo di zecca, noleggiato per un servizio di navetta dal campeggio Hu di Marghera per i suoi ospiti, trasportava una quarantina di turisti. I vigili del fuoco hanno lavorato contro il tempo per spegnere le fiamme che non hanno reso agevoli i soccorsi. Sul posto sono subito state fatte convogliare le ambulanze di tutto il territorio, decine le auto delle forze dell’ordine. L’Usl 3 di Venezia ha attivato il protocollo delle “grandi emergenze” che prevede la messa a disposizione di tutti i pronto soccorso degli ospedali ed il richiamo al lavoro di personale di rinforzo.

La dinamica è ancora da accertare ma dai primi rilievi emerge che il bus è precipitato da oltre dieci metri, un volo dopo avere urtato violentemente la doppia barriera di protezione del cavalcavia della bretella che da Mestre porta verso Marghera e l’autostrada A4. Il pullman ha sfondato la prima protezione fatta da un guard rail e la seconda barriera in metallo che delimita il passaggio pedonale. Poi si è schiantato giù, capovolgendosi, e finendo tra un magazzino e i binari della stazione di Mestre incendiandosi. 

Il sindaco Brugnaro proclama il lutto cittadino per “l’immane tragedia che ha colpito questa sera la nostra comunità e in memoria delle numerose vittime che erano nell’autobus caduto. Una scena apocalittica, non ci sono parole”. Ora è il tempo del dolore. Ma gli inquirenti sono già al lavoro per capire le cause. La polizia stradale sta effettuando i rilievi: c’è da verificare la traiettoria della caduta, le condizioni del manto stradale. Segni di frenata sull’asfalto pare non ce ne siano. E per ora il malore sembra l’unica spiegazione ad una tragedia inspiegabile.
   

Il cordoglio del presidente Mattarella e della premier Meloni

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato al sindaco di Venezia Brugnaro per esprimergli il suo cordoglio per la gravissima tragedia di Mestre, che ha causato numerose vittime.

“Esprimo il più profondo cordoglio, mio personale e del governo tutto, per il grave incidente avvenuto a Mestre. Il pensiero va alle vittime e ai loro famigliari e amici. Sono in stretto contatto con il sindaco Luigi Brugnaro e con il ministro Matteo Piantedosi per seguire le notizie su questa tragedia”. Lo dichiara la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

La testimonianza di un vigile del fuoco: ‘Ci sono troppi morti’

“Ci sono tanti morti, troppi”. Sono le prime parole di un vigile del fuoco che si è allontanato per qualche minuto della zone di operazioni di recupero del pullman precipitato a Marghera. La zona è presidiata dalle forze dell’ordine che non fanno entrare nessuno. Ci sono almeno 50 ambulanze.

“Ci uniamo al dolore delle famiglie; tragedie come questa non dovrebbero mai verificarsi – affermano all’unisono Alberto Pallotti, presidente dell’Associazione Unitaria Familiari e Vittime della Strada Odv e dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Odv, ed Elena Ronzullo, presidente dell’Associazione Mamme Coraggio e Vittime della Strada Odv -. C’è sempre qualcosa che non va nella sicurezza stradale. È questo il motivo per il quale chiediamo da anni controlli serrati. Dopo quanto accaduto ad Avellino, a Genova ed a Verona, anche oggi abbiamo dovuto leggere un’altra catastrofe inaspettata. Lanciamo un monito affinché questa mattanza finisca e tutti gli utenti della strada abbiano più consapevolezza delle responsabilità che ricoprono alla guida. Non condanniamo nessuno, ma ci appelliamo al governo affinché ponga la giusta attenzione sull’omicidio stradale, le pene da applicare ed i controlli da eseguire”.

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Migranti, 5mila euro per la libertà: è scontro tra Governo e Magistratura

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Tre migranti tunisini escono fuori dal centro per il rimpatrio di Pozzallo su decisione del tribunale di Catania

Ad essere messo in discussione è il trattenimento dei richiedenti asilo provenienti dai cosiddetti Paesi sicuri, che sono in attesa dell’esito della procedura di frontiera accelerata, e la relativa cauzione di cinquemila euro per rimanere in libertà: secondo il giudice è illegittima e confligge con la normativa dell’Unione europea oltre a non essere in linea con i principi costituzionali.

È quanto basta per innescare uno scontro e rinnovare polemiche tra esponenti della maggioranza di governo e la magistratura.

E il Viminale ha già annunciato un ricorso. Il ministro Matteo Salvini, riportando su X le motivazioni addotte dal giudice, conclude che “serve una profonda riforma della giustizia” mentre la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del dipartimento immigrazione del partito, bolla come “decisioni politiche e ideologiche” le mancate convalide di trattenimento. “Spiace dover constatare come ancora una volta si pieghi il diritto all’ideologia”, aggiunge.

Ma il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, al contrario sottolinea: “Noi non partecipano all’indirizzo politico e governativo, facciamo giurisdizione. È fisiologico che ci possano essere provvedimenti dei giudici che vanno contro alcuni progetti e programmi di governo. E questo non deve essere vissuto come una interferenza, questa è la democrazia”. A difendere il provvedimento del giudice etneo l’opposizione con i Radicali (“ha fermato l’escalation razzista”), il leader di Si Fratoianni (il governo è contro la legge), il deputato del Pd Mauri (“una decisione solida”), il parlamentare di M5S Colucci e il deputato di Avs Bonelli. La decisione del magistrato, Iolanda Apostolico, è arrivata appena cinque giorni dopo l’inaugurazione della stessa struttura a Pozzallo, una parte della quale – circa ottanta posti – è destinata proprio ad ospitare le persone sottoposte alla procedura di frontiera accelerata: Sarebbe il primo centro destinato a questo tipo di misure che in genere, nei casi di migranti provenienti da Paesi ritenuti sicuri con i quali non vi siano specifici accordi, preludono ad un rimpatrio.

A disporre il trattenimento del gruppo di tunisini arrivato lo scorso 20 settembre a Lampedusa era stato, come da prassi, il questore di Ragusa, in attesa della decisione del giudice, il quale però poi non ha convalidato il provvedimento. La vicenda rischia di mettere in discussione, stando ai rilievi del giudice, i recenti provvedimenti del governo e lo stesso decreto Cutro. Il ministero dell’Interno, annunciando che ricorrerà contro la decisione del tribunale di Catania, sottoporrà quindi al vaglio di un altro giudice la fondatezza dei richiami giuridici contenuti nei provvedimenti. Fonti vicine al dossier migranti sottolineano che “la procedura accelerata di frontiera è uno degli aspetti che, già contenuto nella direttiva europea 2013, trova oggi l’unanime consenso dei Paesi europei nell’ambito del costruendo nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo e che il governo italiano ha disciplinato nel decreto Cutro”. Resta da capire ora, dopo il provvedimento del Tribunale di Catania, nel caso di nuove ondate di migranti provenienti dai Paesi cosiddetti sicuri come la Tunisia (con la quale l’Italia ha specifici accordi per il rimpatrio) quali saranno le decisioni dei giudici, anche di altri Tribunali, alle prossime richieste di convalida di trattenimento. Nuovi centri come quello inaugurato a Pozzallo sono comunque già in allestimento, destinati a questo tipo di misura.

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Castelli Romani

Castel Gandolfo, nuova vita per la vecchia stazione di alimentazione tramviaria

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Da stazione di alimentazione tramviaria a nuovo polo polifunzionale per la Città di Castel Gandolfo. È il progetto che al centro dell’incontro che si è tenuto il 27 settembre a Roma nella sede di Cotral Spa e a cui hanno preso parte per il Comune di Castel Gandolfo il Sindaco Alberto De Angelis e l’Assessore ai Trasporti e alla Tutela del Paesaggio Tiziano Mariani, il Preside della Facoltà di Architettura dell’Università di Roma La Sapienza Professor Orazio Carpenzano, e i referenti di Cotral Spa la Dott.ssa Loredana Di Guida e l’Ingegnere Andrea di Gianni.

Il progetto prevedrà il recupero e il rifunzionamento della Stazione di Alimentazione Tramvia dei Castelli Romani che mira a definire un nuovo spazio flessibile destinato a mostre, piccole esposizioni, conferenze e corsi di formazione, oltre a una foresteria e a dei spazi di servizio.

“Ringrazio la Presidente di Cotral spa Amalia Colaceci per aver ideato, insieme al Preside di Architettura dell’Università La Sapienza, quest’intervento di riqualificazione che, da qui ai prossimi anni, darà alla nostra Città una nuova struttura polifunzionale destinata ad ospitare eventi e iniziative culturali e di formazione, dotando Castel Gandolfo di un centro di aggregazione, crescita e valorizzazione a beneficio di tutta la nostra comunità”, ha dichiarato il Sindaco Alberto De Angelis.

Mediante questo incontro congiunto che si è tenuto oggi – ha aggiunto l’Assessore Tiziano Mariani – ci impegniamo come Comune a fornire tutto il supporto necessario per avviare l’iter procedurale per la ristrutturazione integrale e la riqualificazione dell’immobile oggi esistente. Sarà un progetto in tandem, con Cotral Spa che finanzierà tutti i costi di realizzazione e con l’Università che parteciperà attraverso lo studio di ristrutturazione.

“Riprendendo le parole del Preside Carpenzano durante l’illustrazione del progetto, un’opera normalmente viene progettata per essere vista, in questo caso sarà anche un bellissimo punto di osservazione verso l’esterno, sullo spazio esterno, su Castel Gandolfo e sul paesaggio a valle”, ha concluso il Sindaco.

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