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Deposito Nazionale di scorie radioattive, Italia Nostra: 11 anni per una proposta e… pochi giorni per replicare

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22 i siti identificati nel Lazio tutti concentrati sulla provincia di Viterbo

Sogin, come previsto dal D.lgs. n. 31/2010, nell’ambito della, supposta, consultazione pubblica, ha avviato un Seminario Nazionale per l’approfondimento degli aspetti tecnici relativi al Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, con l’intento di verificare la rispondenza delle aree individuate ai requisiti dell’IAEA-International Atomic Energy Agency e dell’ISIN-Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Guida Tecnica n. 29) e agli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell’ambiente, e dulcis in fundo, l’illustrazione dei possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione di tali opere ed alle misure compensative (di cui all’art. 30 del Decreto Legislativo 31/2010.

Il Seminario Nazionale è iniziato il 7 settembre 2021 e finirà il 24 novembre, tutte le 7 Regioni coinvolte saranno ascoltate in diverse sessioni. La conclusione è prevista per il 15 dicembre 2021, data di pubblicazione del resoconto complessivo dei lavori. La tempistica prevede poi un tempo di circa 240 giorni tra ulteriori osservazioni e con il gran finale della manifestazione di interesse per il sito idoneo, che a detta del dott. Fabio Chiaravalli, Direttore Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, Sogin, saranno più di uno. Secondo Sogin i 900 milioni di investimento saranno la chiave per la candidatura dei comuni che avranno la fortuna di ritrovarsi un sito idoneo.

Le audizioni rimarranno sul canale YouTube di Sogin, comprese le due giornate dedicate alla Regione Lazio, registrate il 10 e l’11 Novembre, i partecipanti erano i portatori di interessi che entro i termini di 180 giorni a partire dal 5 Gennaio 2021 avevano inviato le osservazioni al progetto, nel Lazio circa 40 tra associazioni, Enti locali, Comitati, Privati Cittadini e Società.

Sul Lazio, purtroppo, con 22 siti concentrati sulla provincia di Viterbo, di questi quelli che destano più preoccupazione sono i 4 siti classificate “MOLTO BUONE”, VT27 a Montalto di Castro e Canino, VT8 a Montalto di Castro, VT36 nel comune di Montalto di Castro, VT12 nei comuni di Corchiano e Vignanello, VT16 nel comune di Corchiano, 2 classificate “BUONE”, VT24 nel comune di Canino e Montalto di Castro, infine VT25 nel Comune di Tarquinia e Tuscania.

Sono stati due giorni importanti per spiegare in dettaglio la contrarietà al deposito Nazionale, da parte dei relatori che avevano 10 minuti e una presentazione di 5 slide a disposizione, una partecipazione blindata e per niente interlocutoria, si interveniva e dallo studio commentavano senza diritto di replica.

Sono intervenuti per il Lazio, quasi tutti i tecnici incaricati dai Sindaci per la redazione delle osservazioni, l’unico Sindaco che ha letto la sintesi delle osservazioni è stato il Sindaco di Tarquinia.

Al seminario ho rappresentato come presidente di Italia Nostra Sezione Etruria di Tarquinia, Montalto e Canino, anche le altre associazioni che avevano sottoscritto le osservazioni, la Lipu – lega italiana protezione uccelli – Forum ambientalista – il Comitato per il diritto alla mobilità di Tarquinia – il Comitato 100% farnesiana e il Comitato per la difesa della valle del Mignone.

Il mio intervento è stato anticipato da una breve premessa, esprimendo il personale disaccordo con il metodo Sogin che seppur stigmatizzando il grande lavoro di partecipazione dei cittadini, hanno continuato a confondere la pubblicità dell’iter autorizzativo con la vera e propria partecipazione. Le osservazioni sono state pubblicate sul sito ma non vi è stato di certo il tanto declamato DIBATTITO PUBBLICO, in questo percorso il cittadino è stato escluso. La scelta la faranno, soltanto i Sindaci anche senza la dovuta partecipazione dei cittadini.

Anche le risposte in diretta alle numerose domande inviate, sarebbero state partecipazione, vera, il risultato è invece edulcorato dalle buone maniere della conduzione.

L’area individuata come VT-25 è posizionata a cavallo della SP dogana che taglia quasi perfettamente a metà la superficie totale dell’area di (ha) 361, ricadenti tra il Comune di Tarquinia e quello di Tuscania.

La parte appartenente al Comune di Tarquinia, circa 150 ettari ed interamente corrispondente al territorio della «Roccaccia», in parte è di proprietà dell’Università Agraria di Tarquinia, terreni soggetti agli usi civici.

Ho sottolineato con forza che l’area interessata ad uso civico, ha un valore sottostimato dalle indagini tecniche di Sogin, poiché rappresenta l‘eventuale e inopportuna modifica territoriale che renderebbe non fruibili i relativi diritti di uso civico, che ha consentito alle tante generazioni di godere dei beni e del paesaggio intatto che aveva nei secoli precedenti.

L’area è in parte coltivata a grano, in parte è lasciata incolta, per questo motivo agli occhi di chi ha scritto la relazione sul sito di VT25, la ritiene di non altissimo valore naturale.

Su questo concetto si basa l’errore, ritenere non importante la naturalità dei luoghi e del suo paesaggio.

Sapete chi ha già fatto questo errore? L’ha fatto l’ANAS con il tracciato verde nella Valle del Mignone, sapete che fina ha fatto il progetto? E’stato bocciato dal tribunale del TAR, l’opera proposta è dichiarata e documentata in ben due pareri negativi del Minambiente, definita“immiticabile” e non può essere semplicemente oggetto di compensazioni ambientali, in questo caso economiche ritornando al progetto della CNAPI.

Sogin ritiene che l’area sia poco abitata, l’area è distante 9 km dal nucleo abitativo di Tarquinia, 13 Km da quello di Monte Romano e 10 km dalla Località marittima Spinicci (Tarquinia) che insieme a Tarquinia lido d’estate possono ospitare più di 50.000 persone in un giorno, non ci sembra un posto poco abitato.

Ho lasciato agli atti una serie di domande: Alla fragilità naturalistica si aggiunge quella sismica, sottostimata nel comune di Tarquinia, ma segnalata nell’area adiacente del comune di Tuscania, come è stato possibile far rientrare questa area tra le idonee?

Le linee guida di Ispra potrebbero non tenere conto dell’importanza delle aree naturali?

I corsi d’acqua e l’estrema vulnerabilità idraulica dell’area sono stati presi in considerazione?

Sui 40 ettari del parco tecnologico saranno autorizzate anche esperimentazione? Perché non è possibile sapere fin da ora a che cosa è esattamente destinato?

L’iter della CNAPI finirà con una manifestazione di interesse, se nessun comune parteciperà come avverrà la scelta?

A tutte queste domande ci saranno risposte scritte e pubblicate nelle pagine web del Seminario Nazionale che si chiuderà il 15 Dicembre, dopo di che ci saranno soltanto 30 giorni per le ulteriori osservazioni.

Sogin si è presa 11 anni per tirare fuori la proposta, i territori interessati avranno pochi giorni per replicare, questa secondo noi, non è partecipazione!

Per ITALIA NOSTRA Sezione Etruria Marzoli Marzia

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Contrasto ai cambiamenti climatici, dai Consorzi di Bonifica opere per 2 miliardi di euro

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Vincenzi (Presidente ANBI): “Si stima che per mettere in sicurezza il territorio nazionale siano necessari oltre 33 miliardi di euro: tanti, ma ben 7 volte in meno di quanto, stanti le attuali condizioni, saranno spesi per riparare danni senza dare prospettive di sicurezza, indispensabili per qualsiasi disegno di sviluppo.”
 
“Parlare di contrasto ai cambiamenti climatici è un’indispensabile prospettiva planetaria, ma con insufficienti risultati pratici ed immediati, dimostrandosi l’attuale impossibilità di efficaci accordi internazionali, stanti le forti disparità economiche e sociali fra Paesi. E’ fondamentale, quindi, concentrarsi sulle politiche di adattamento, consci che in discussione non è il futuro del Pianeta, ma quello delle prossime generazioni”: ad affermarlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), intervenuto al Festival del Pensiero Consapevole, svoltosi a Piacenza.
 
“Quest’anno – conferma il meteorologo, Alessandro Bruscagin, presente al recente salone Remtech di Ferrara – nel NordOvest italiano  si sono registrate temperature superiori di quasi 2 gradi alla media recente, mentre in Emilia Romagna le massime annue segnano +2,3 gradi; il trend dell’aumento termico sull’Italia è di 0,4 gradi ogni 10 anni. Ciò comporta un drastico cambiamento nella distribuzione delle precipitazioni, oggi più irregolari sia nello spazio che nel tempo.”
 
“Se a questo quadro aggiungiamo le incognite legate alle eccezionali temperature, che ancora si registrano nelle acque del mar Mediterraneo, abbiamo la percezione di un’Italia diventata hub climatico, di cui l’uragano Daniel, che ha sconvolto la Libia, rischia di essere solo il prologo” aggiunge Vincenzi.
 
L’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche ricorda infatti che,  nei primi 7 mesi del 2023 (terzo anno più caldo dal 1800 e con il mese di luglio più caldo di sempre, grazie a punte di 48 gradi), si sono già verificati 4 uragani mediterranei  ed in Italia si registra una media 11 eventi estremi al giorno.
 
“I Consorzi di bonifica stanno realizzando, nel rispetto dei cronoprogrammi, opere per circa 2 miliardi, ma è evidente che sono insufficienti e che bisogna accelerare ad iniziare dall’ormai prossimo avvio del Piano Idrico Nazionale – prosegue il Presidente di ANBI – Sono necessari urgenti investimenti per evitare pesanti conseguenze per l’economia del Paese: dal 2013 al 2021 si sono spesi 20 miliardi di euro per riparare i danni post-emergenze, che sono solo una parte minoritaria delle conseguenze negative per un territorio; nello stesso periodo sono stati spesi però solo 2 miliardi circa, cioè un decimo, per interventi di prevenzione idrogeologica! E’ necessario invece aumentare la capacità di resilienza delle comunità attraverso infrastrutture ecocompatibili e multifunzionali, consapevoli dei molteplici interessi che, salvaguardando le priorità di legge, gravano sulla risorsa idrica.”
 
Conclude Vincenzi: “Si stima che per mettere in sicurezza il territorio nazionale siano necessari oltre 33 miliardi di euro: tanti, ma ben 7 volte in meno di quanto, stanti le attuali condizioni, saranno spesi per riparare danni senza dare prospettive di sicurezza, indispensabili per qualsiasi disegno di sviluppo.”
 
Privo di virus.www.avast.com



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Castel Gandolfo, primi dati trasmessi dall’idrometro nel lago: situazione allarmante

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In solo 10 giorni, da l’Autorità di Bacino ha installato il teleidrometro nel lago di Albano di Castel Gandolfo, periodo durante il quale non ci sono stati apporti pluviometrici ed il livello di falda circostante al lago è rimasto depresso, si è verificata un’ulteriore perdita di 120.000 metri cubi di acqua dal lago.

L’ANBI e l’ABDAC sono in stretto contatto per capire meglio come affrontare l’imminente criticità. Tra le azioni prioritarie c’è la necessità di un aggiornamento dello stato di fatto ed una verifica e calibrazione dei modelli esistenti sulla base di un monitoraggio rigoroso dei livelli lacustri e piezometrici, delle precipitazioni e delle portate emergenti.

I Sindaci dei Comuni sul lago sono stati avvertiti per le vie brevi ma sarà necessaria quanto prima una riunione per dettare una serie di azioni condivise tra cui forse la più urgente è stabilire insieme a tutti gli organi competenti una soglia di livello idrometrico al di sotto del quale non è possibile andare e quindi qualsiasi emungimento al di sotto della cifra stabilità risulterà non autorizzato e perseguibile per legge

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ANBI, ambiente: un gambero per monitorare inquinamento da nano e microplastiche

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Quello, che sta per concludersi sarà ricordato come l’Agosto dei crostacei “alieni”: ma se il futuro del voracissimo granchio blu sembra destinato ai biodigestori e marginalmente al consumo alimentare, una più utile prospettiva si apre per i gamberi rossi della Louisiana (Procambarus clarkii), grazie alla collaborazione di studio tra i partner del progetto europeo Life Claw (tra cui il Consorzio di bonifica di Piacenza) ed i ricercatori dell’Università di Parma (sezione di farmacologia e tossicologia del dipartimento di scienze medico veterinarie e dipartimento di scienze chimiche, della vita e della sostenibilità ambientale).
“A cura dell’Ateneo parmigiano – rende noto Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) – l’interessante progetto di ricerca mira ad elaborare protocolli per il monitoraggio dei livelli d’inquinamento da nano e micro plastiche, nonchè dei residui ambientali dell’antiparassitario ivermectina, rilevati nei gamberi rossi, considerati una specie sentinella; lo studio porterà alla stesura di lavori scientifici da pubblicare su riviste internazionali.”
A livello più complessivo, “Life Claw” (Crayfish lineages conservation in north-western Apennine), giunto al quarto dei previsti cinque anni di attività, punta a conservare e migliorare la popolazione di gamberi autoctoni (Austropotamobius pallipes) attraverso un programma di conservazione a lungo termine nell’area dell’Appennino NordOccidentale di Emilia-Romagna e Liguria.
“Significativo è che questa importante azione sia svolta, grazie anche alla partecipazione di volontari appartenenti a cinque associazioni piscatorie, che hanno accolto la proposta di collaborazione dopo essere stati formati dai partner di progetto con sessioni teoriche e pratiche” evidenzia Luigi Bisi, Presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza.
“In provincia di Parma, all’interno di tre laghetti gestiti dall’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità dell’Emilia Occidentale, si sta procedendo ad un’azione di monitoraggio e contenimento dei gamberi di origine americana, considerati tra le principali cause di estinzione per i crostacei nativi – precisa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Gli stessi gamberi alloctoni sono inoltre responsabili di minare la stabilità degli argini con i loro tunnel, ostruire le griglie poste agli ingressi di canali intubati ed impianti idraulici, occludere le infrastrutture necessarie alla gestione delle derivazioni irrigue come, ad esempio, le paratoie.”
Il progetto è co-finanziato dall’Unione Europea e si propone tra gli obbiettivi specifici: creare strutture di allevamento per il ripristino della presenza locale del gambero di fiume, aumentandone gli stock delle più significative popolazioni, al fine di conservare la variabilità genetica della specie nell’Appennino NordOccidentale; contrastare la dispersione di gamberi alloctoni, ritenuta una delle principali cause di estinzione delle specie originarie negli ecosistemi d’acqua dolce.
“E’ con orgoglio, che presentiamo questa, ulteriore testimonianza dell’interesse, con cui i Consorzi di bonifica ed irrigazione partecipano a progetti di ricerca ed innovazione a servizio della tutela del territorio” conclude Vincenzi.
Con il Consorzio di bonifica di Piacenza sono partner del progetto Life Claw accanto al Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano (coordinatore): l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Emilia Occidentale, il Parco Naturale Regionale dell’Antola, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Università degli Studi di Pavia, l’Acquario di Genova-Costa Edutainment, il Comune di Fontanigorda.



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