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Cronaca

Disastro ferroviario in puglia, i parenti delle vittime dopo due mesi: "Sono spariti tutti"

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Tempo di lettura 6 minuti L'appello: non dobbiamo dimenticare queste 23 vittime. Vorremmo una targa con i nomi, in loro ricordo

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di Angelo Barraco
 
Bari – Sono passati circa due mesi da quel terribile incidente ferroviario che ha fatto tremare la Puglia in data 12 luglio, sulla tratta Corato-Andria tra due mezzi che viaggiavano su un binario unico alla velocità di 100-110 chilometro orari. Uno scontro violentissimo, che ha frantumato vetri, piegato lamiere e distrutto 23 vite, 50 persone sono rimaste ferite. L’incidente si è verificato al chilometro 51, una linea gestita dalla società Ferrotramviaria e sin da subito la macchina investigativa si è mossa: è stato istituito un pool di magistrati per coordinare le indagini e sin da subito sono state riscontrate le prime anomalie: quel treno dalla stazione di Andria non doveva partire. Viene aperto un fascicolo per disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo e viene puntato il dito sui capistazione della società che erano in servizio ad Andria e Corato. Non si esclude nessuna pista, anche se quella dell’errore umano sembra la più attendibile. Dalle indagini sono emerse delle alterazioni ai registri di almeno una stazione in merito agli orari dei transito, in particolare un’annotazione a penna in modo evidente dell’orario di partenza del treno ET1021 che si è scontrato con il treno ET1016 proveniente da Corato. Un mese dopo il disastro ferroviario si è tenuta una conferenza stampa in merito allo stato delle indagini e tra i vari filoni seguiti dagli inquirenti vi è quello della sicurezza “Stiamo approfondendo il tema, poiché i cittadini non erano adeguatamente informati dell’esistenza di due legislazioni differenti relative alla sicurezza” ossia tra pubblico e privato. Ciò costituirebbe rilevanza penale e vi sono indagini in corso. Per la tratta Andria Corato veniva utilizzato il blocco telefonico, per le altre tratte invece il sistema Scmt. Non è stata ancora approvata l’unificazione delle norme sulle norme di sicurezza imposte dall’Unione Europea e ciò potrebbe costituire una concausa al disastro. Sono stati svolti inoltre due sopralluoghi da parte del Noif e dagli accertamenti sarebbe emerso che i macchinisti non si sarebbero accorti di ciò che stava per accadere loro e ciò è comprovato dalla mancanza di bruschi tentativi di rallentamento della corsa. E’ stata recuperata inoltre la telecamera a bordo del treno ET1021 proveniente da Andria, ma a causa di problemi tecnici i dati non sembrano allineati. Si sta indagando anche sulla tanto discussa questione dell’ampliamento della tratta e si sta cercando di capire dove siano finiti i soldi destinati ai lavori pubblici ed eventuali responsabilità penali. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo seguito questa vicenda sin dall’inizio e pochi giorni dopo la strage abbiamo intervistato la Dottoressa Rossana Putignano che ha assistito le famiglie delle vittime, poi la Signora Daniela Castellano che ha perso il padre e successivamente la Signora Marita Schinzari, che in questo terribile incidente ferroviario ha perso il fratello Fulvio Schinzari, Vice Questore aggiunto 1 Dirigente a Bari. Oggi, a distanza di quasi due mesi da quel terribile incidente, abbiamo parlato nuovamente con Daniela Castellano e ci ha spiegato cosa è cambiato in questi lunghi e terribili giorni di dolore e sofferenza. 

– Sono passati quasi due mesi dall’incidente ferroviario avvenuto nel tratto Corato-Andria. Lei ci ha rilasciato un’intervista pochi giorni dopo quel terribile incidente che ha cagionato la vita a suo padre, raccontandoci quel momenti così dolorosi e intensi. Oggi, a distanza di quasi due mesi, com’è la vostra vita e come affrontate il dolore a seguito di una così grave perdita?
Quando perdi una persona cara in un incidente di questa gravità e la perdi in una maniera così violenta, viene strappata via dal tuo quotidiano, il dolore non riesci a gestirlo, non riesci a dargli un significato. Passi dei momenti di rabbia a dei momenti di forte dolore e ancora credo sia presto per poter iniziare a guardare al domani. 
 
– Sono stati compiuti lavori di miglioria sulla tratta ferroviaria Corato-Andria in questi mesi?
Non di sicurezza assolutamente. Ieri ho letto un articolo in cui la Ferrotramviaria ha rimesso a posto il binario che ha avuto credo dei danni dovuti allo scontro dei treni. So che la tratta è ancora sotto sequestro da parte della Procura di Trani ma riguardo a migliorie sulla sicurezza dell’intera tratta Bari-Barletta a me non risulta che sia stato fatto niente. Ferrotramviaria è uscita con un comunicato stampa in cui garantisce entro certe date la messa in sicurezza, però adesso di sicurezza non si può di certo parlare. 
 
– A che punto sono le indagini?
Non ti so dire assolutamente nulla perché non abbiamo avuto modo di sapere nulla al di là dell’incontro che c’è stato quasi un mese fa con la Procura di Trani e lo stesso Procuratore ha rilasciato una conferenza stampa che poi tutti hanno riportato sui quotidiani. Siamo fermi a quel giorno. 
 
– Come reputa il lavoro fatto dagli inquirenti in tutti questi mesi?
Io non so niente quindi non posso dare un giudizio ne reputare nulla perché al momento io non ho niente in mano, sono fermi ancora allo stesso numero di indagati quindi non saprei ora come si stiano muovendo. Io so solo che sono indagati due capistazione, il capotreno, la diligenza di Ferrotramviaria non so e non mi sembra che ci siano altri indagati. 
 
– Qual è stato il supporto oggettivo che avete ricevuto dalle istituzioni?
Nessuno, sono spariti tutti! Nessuno! Non ho notizie da nessuno. Io vado avanti con la mia piccola Associazione in ricordo delle ventitre vittime ma che io possa dire che abbia avuto un supporto dalle istituzioni no, ti dico per certo no perché io non ho sentito più nessuno. E’ vero che c’è stato purtroppo un terremoto che ha portato via da questa terra circa 300 persone. Questa cosa è sempre inerente a questa mancanza di sicurezza che c’è in questa maledettissima nazione gestita da una politica sbagliata secondo me.  

– Cosa invece non avete ricevuto e vi aspettavate dallo Stato?
Una presenza, anche riguardo alle dinamiche della ricerca della verità in supporto magari anche al pool di magistrati, di essere con noi nel dolore, di essere con noi quando gridiamo che vogliamo giustizia ma tutto questo non c’è stato, non c’è stato nulla. Per non parlare del nostro caro Renzi che non è venuto neanche ai funerali, niente, se non una corona di fiori. Che poi alla fine io stessa ho voluto dei funerali privati perché a me ha dato anche fastidio l’intervento di Renzi il giorno stesso della sciagura, arrivando col suo elicottero ma poi a conti fatti che cosa ha fatto per mettere in sicurezza quel binario? Niente. E non venissero a dire che Roma non era tenuta a fare tutto questo perché c’è un patto di stabilità che dice il contrario mi daranno poi, in futuro, una spiegazione della loro mancanza. 
 
– State ricevendo un supporto psicologico in questo delicatissimo periodo?
Si, dalla Protezione Civile. In questo sono stati molto attenti ad ognuno di noi e abbiamo avuto modo di essere seguiti da un’equipe di psicologi.
 
– Che messaggio vuole lanciare alle istituzioni in merito a quanto accaduto?
Vorrei che stessero attenti quando dicono “vi staremo vicini”. Vorrei far capire che per le persone che subiscono un trauma de genere un messaggio di questo tipo è importante, magari per loro sono solo parole ma per noi è importante, è una sicurezza di non essere abbandonati nella ricerca della verità, nel caso dei terremotati nella ricostruzione di intere città. Quindi di fare molta attenzione e di calibrare le parole perché per noi sono importanti, magari per loro sono solo dei copia-incolla. Io mi sono permessa ieri di scrivere al Sindaco di Bari, perché so che stanno cercando un nome per il nuovo ponte dell’asse Nord-Sud. E’ richiesto di prendere in considerazione magari, di dedicare alle 23 vittime il nome di questo ponte. Che possa essere il 12 di luglio o qualsiasi altra data, l’importante è che ci sia un modo per onorare queste vittime, un modo affinchè Bari e la Puglia non dimentichino mai quello che è successo. Su quella ferrovia non esistevano messi di sicurezza e sono morti per l’incuria della politica, che non si dimentichi questa cosa perché ci sono tante altre ferrovie in Puglia che peccano di questo, magari se non è la sicurezza sono i vagoni vecchi. Non dimentichiamo che noi abbiamo il diritto di tornare dai nostri familiari, questo c’è stato negato quel 12 di luglio. Facciamo in modo che non succeda più, ne qui ne altrove. Io combatterò con questa associazione per questo, per la sicurezza, che ci venga garantita la vita. Basta morti per l’incuria, basta. Io piangerò mio padre come la mia famiglia per sempre perché c’è stato portato via in maniera violenta. La morte deve avvenire in modo naturale e non per mano di uomini che non hanno saputo tutelarci. Vogliamo giustizia e la messa in sicurezza della tratta Bari-Barletta che è obbligatoria e io spero che la Regione di questo ne sia consapevole e che blocchi quella ferrovia e aiuti quei pendolari ad arrivare sui luoghi di lavoro sani. Quindi che non vengano strappate di nuovo vite. Un appello: non dobbiamo dimenticare queste 23 vittime. Noi vorremmo una targa con i nomi, in loro ricordo, al chilometro 51 della Bari-Barletta perché chiunque prenda quel treno non debba mai dimenticare quello che è successo. Il loro ricordo non deve essere dimenticato. Vorremmo che qualcuno ci dia delle indicazioni su come fare ad apporre una targa con l’elenco delle 23 vittime, anche io come associazione vorrei fare una raccolta fondi per la targa. E soprattutto vorrei che il Sindaco prenda in considerazione il mio appello e che possa dare un nome a quel ponte in onore delle vittime. La cosa sconcertante anche, quando c’è stata la partita Italia-Francia, gli Ultras di Bari avevano creato un cartellone con due date importanti: 12 luglio 2016 e 24 agosto 2016. Il 12 di luglio era in onore delle 23 vittime e nessuno della Rai ne ha parlato, eppure erano ospiti in Puglia ma nessuno ha dato voce a questi 23 angeli. 

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Emanuela Bruni nuovo presidente della Fondazione MAXXI – Museo delle Arti del XXI secolo

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È Maria, detta Emanuela, Bruni frascatana classe 1960 la nuova presidente della Fondazione MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.
La scelta è stata ufficializzata dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione riunitosi oggi dopo la nomina di Alessandro Giuli come Ministro della Cultura.
La Bruni, giornalista professionista nonché scrittrice, è stata la prima Donna a presiedere l’Ufficio del Cerimoniale di Palazzo Chigi.
Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana su nomina del presidente Carlo Azeglio Ciampi, di cui fu stretta collaboratrice in quanto responsabile della Comunicazione radiotelevisiva per l’ingresso nell’Euro, vanta un curriculum di alto spessore e profilo istituzionale: dall’ufficio stampa di Palazzo Chigi per circa un decennio al coordinamento dell’attività dei Servizi del Cerimoniale Nazionale ed Internazionale.
Già assessore alla Cultura della città di Frascati, di cui oggi è consigliere comunale e presidente della Commissione Affari Istituzionali della città Tuscolana, la neopresidente Emanuela Bruni, laureata in lettere e con un Master in Comunicazione Istituzionale e Relazione con i Media per la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, è “giornalista di razza” passata attraverso le redazioni di testate importanti come “L’eco di Bergamo” ed il “Sole24Ore”.
Appassionata ed esperta di arte ed architettura è oggi nell’Ufficio Stampa dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia.

Tra le sue pubblicazioni spiccano il “Piccolo dizionario delle italiane”, “La frascatana e le altre” e l’ultima sua opera, “Verde e antico” dedicata ai giardini ed ai paesaggi dei Castelli Romani.
La Bruni, negli ultimi anni, ha dato vita ad uno dei salotti letterari più importanti di Frascati e della provincia romana “Libri in Osteria” che ha ospitato autori del calibro di Angelo Polimeno Bottai, Luigi Contu, Riccardo Cucchi, Antonella Prenner, Michele Bovi e tanti tanti altri.

Giunga alla neopresidente Emanuela Bruni da parte della redazione de L’osservatore d’Italia l’augurio per un buon lavoro

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Cronaca

Scontro tra Bianca Berlinguer e Maria Rosaria Boccia: accuse e polemiche dopo la mancata intervista

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La conduttrice accusa Boccia di voler conoscere in anticipo le domande, mentre l’ex ospite lamenta una discussione trasformata in gossip e politica. La verità resta al centro di un acceso botta e risposta

Bianca Berlinguer, nota conduttrice, ha espresso il suo disappunto dopo la mancata intervista a Maria Rosaria Boccia, accusandola di aver chiesto anticipatamente le domande in forma scritta, cosa che non è mai stata concessa a nessun ospite. Secondo Berlinguer, questo sarebbe stato il vero motivo del contrasto tra le due, sfociato nella decisione di Boccia di non partecipare alla trasmissione È sempre Cartabianca.

Boccia, dal canto suo, ha risposto via Instagram, sostenendo che la trasmissione fosse orientata più a creare un dibattito politico e gossip piuttosto che ad ascoltare la sua verità. Inoltre, ha lamentato di essere stata trattenuta in camerino contro la sua volontà per due ore, un’accusa che Berlinguer ha definito “ridicola” e fuori luogo, dichiarando di non aver mai vissuto una situazione simile nei suoi 35 anni di carriera.

Le tensioni tra le due figure pubbliche si sono ulteriormente infiammate quando Berlinguer ha chiesto a Boccia prove concrete per sostenere affermazioni delicate riguardanti un colloquio tra Gennaro Sangiuliano e Arianna Meloni, suscitando reazioni di fastidio da parte dell’ex ospite, che ha accusato la conduttrice di non essere sufficientemente preparata sulla sua storia.

In un contesto di forti polemiche, la questione rimane aperta, lasciando spazio a diverse interpretazioni sui motivi del fallimento dell’intervista e su quanto avvenuto dietro le quinte.

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Ambiente

Tragedia sul Monte Bianco: Ritrovati i corpi di quattro alpinisti

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Due italiani e due coreani vittime della montagna. L’ultimo sogno realizzato sul Cervino prima del fatale destino

Un silenzio carico di dolore avvolge le pendici del Monte Bianco, dove ieri sono stati ritrovati i corpi senza vita di quattro alpinisti: due italiani e due coreani. Sara Stefanelli e Andrea Galimberti, i due connazionali di cui si erano perse le tracce dal 7 settembre, hanno trovato il loro ultimo riposo tra i ghiacci eterni della montagna che amavano.

Il tragico epilogo è giunto dopo giorni di angosciosa attesa e speranza. Le condizioni meteorologiche avverse avevano impedito per tre interminabili giorni il decollo degli elicotteri di soccorso. Solo ieri, con una schiarita, un elicottero del soccorso alpino francese è riuscito a levarsi in volo, portando alla luce la drammatica verità.

Etienne Rolland, comandante del Pghm di Chamonix, ha confermato che le due cordate sono state “rapidamente localizzate”, grazie alle informazioni sul loro probabile percorso e altitudine. Una conferma che rende ancora più straziante l’idea che i soccorritori sapessero dove cercare, ma fossero stati ostacolati dalle forze della natura.

La notizia ha scosso profondamente la comunità alpinistica e non solo. Sulla pagina Facebook di Andrea Galimberti, una cascata di messaggi di cordoglio ha sostituito le precedenti speranze di un lieto fine. Amici e conoscenti piangono ora la perdita di un appassionato alpinista e della sua compagna d’avventure, Sara.

Le ultime immagini condivise sui social dai due mostrano momenti di pura gioia sul Cervino, appena pochi giorni prima della tragedia. Scatti che ora assumono un significato quasi profetico, immortalando l’ultimo grande sogno realizzato insieme. Andrea descriveva con entusiasmo l’ascesa al Cervino compiuta il 3 settembre: “Dopo il classico corso di alpinismo tre mesi fa Sara inizia ad arrampicare con me. Davvero tanta roba da subito, in alta quota sul facile non ha problemi anzi va da Dio”.

Queste parole, cariche di orgoglio e affetto, risuonano ora come un addio involontario, un testamento della passione che li univa e che li ha portati a sfidare le vette più impervie.

La tragedia sul Monte Bianco non ha risparmiato nemmeno i due alpinisti coreani, il cui destino si è intrecciato fatalmente con quello degli italiani. Quattro vite spezzate, quattro storie di passione per la montagna interrotte bruscamente.

Mentre la comunità alpinistica si stringe nel dolore, questa tragedia riaccende il dibattito sulla sicurezza in montagna e sui rischi che anche i più esperti corrono nell’affrontare le sfide delle alte quote. Il Monte Bianco, maestoso e implacabile, si conferma ancora una volta una bellezza tanto affascinante quanto pericolosa, capace di regalare emozioni uniche ma anche di reclamare un tributo altissimo.

Le indagini sulle cause precise dell’incidente sono ancora in corso, ma già si leva un coro unanime: quello della prevenzione e della prudenza, anche per i più esperti. Perché la montagna, nella sua immensa bellezza, resta sempre un ambiente che richiede il massimo rispetto e un’infinita cautela.

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