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Ambiente

Dissesto idrogeologico in Italia, rapporto Ispra: 91% dei Comuni a rischio

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La fotografia scattata dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) nella seconda edizione del rapporto ‘Dissesto idrogeologico in Italia’, mette ampiamente in evidenza la situazione allarmante del nostro territorio: il 91% dei Comuni e oltre 3 milioni di famiglie in zone “ad alta vulnerabilità”.

Complessivamente sono oltre 7 milioni le persone che risiedono nei territori vulnerabili e in nove Regioni ci sono il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico

La pericolosità a frane e alluvioni riguarda quasi 80mila beni culturali e monumenti. Con il termine rischio idrogeologico si indica la pericolosità dell’instabilità dei pendii o di corsi fluviali in conseguenza a particolari condizioni ambientali, meteorologiche e climatiche, tre fattori fortemente influenzati dalle attività umane. L’impatto umano influenza fortemente la conformazione geologica e geomorfologica del suolo, così a un certo numero di attività umane è seguito un aumento del rischio idrogeologico soprattutto in alcuni comuni d’Italia.

Il nuovo rapporto dell’Ispra, presentato ieri alla Camera dei Deputati, racconta che “oltre un milione di persone vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più di 6 milioni in zone a pericolosità idraulica nello scenario medio (ovvero alluvionabili per eventi che si verificano in media ogni 100-200 anni, ndr).

I valori più elevati di popolazione a rischio si trovano in

Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria”. In nove Regioni ci sono il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico (Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria); l’Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia e la Provincia di Trento hanno percentuali di comuni a rischio tra il 90% e il 100%. Inoltre, “aumenta la superficie potenzialmente soggetta a frane (più 2,9% rispetto al 2015) e quella potenzialmente allagabile nello scenario medio (più 4%).

Il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila chilometri quadrati). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili nello scenario medio”. Mentre “industrie e i servizi posizionati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono quasi 83 mila, con oltre 217 mila addetti esposti a rischio (in Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio, il numero maggiore di edifici esposti). Sotto minaccia anche il patrimonio culturale italiano: nelle aree franabili ci sono quasi 38 mila beni culturali, mentre sfiorano i 40 mila i monumenti a rischio inondazione” da eventi estremi.

Marco Staffiero

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Maltempo, prevenzione idrogeologica: Vicenza salvata dai bacini di laminazione

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Francesco Vincenzi (Presidente ANBI): “Il Veneto ha imparato la lezione ed ha in programma la realizzazione di 23 bacini, di cui 13 già in opera”

“Sono i bacini di laminazione – opere idrauliche che vengono realizzate per ridurre la portata durante le piene di un corso d’acqua tramite lo stoccaggio temporaneo di parte del volume dell’onda di piena Ndr. – a Caldogno e Montebello, dove sono stati stoccati 3 milioni di metri cubi d’acqua, ad avere salvato Vicenza da una nuova, disastrosa alluvione con picchi di pioggia paragonabili a quelli della tempesta Vaia. Non possiamo quindi che sottoscrivere l’invito al Governo esternato dal Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, di stanziare almeno 2 miliardi all’anno per la prevenzione idrogeologica sul territorio italiano; quanto accaduto nel vicentino deve essere monito per privilegiare politiche di prevenzione alla mera conta di danni e vittime. Il Veneto ha imparato la lezione ed ha in programma la realizzazione di 23 bacini, di cui 13 già in opera”: di fronte all’evolversi del quadro meteo a dichiararlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

“Ancora una volta le casse di espansione, realizzate dopo l’inondazione del 2010, si dimostrano fondamentali per garantire sicurezza alle comunità. È opportuno comunque ricordare che la loro è una funzione di sicurezza idraulica e quindi, superata l’emergenza saranno progressivamente svuotate, contribuendo comunque a rimpinguare le falde. Per questo sarebbe importante affiancarle con una rete di bacini destinati a trattenere l’acqua in eccesso per utilizzarla nei momenti di necessità” chiosa Francesco Cazzaro, Presidente di ANBI Veneto.

“Che sia Piano Invasi o Piano Laghetti è comunque indispensabile dotare il territorio di infrastrutture multifunzionali, destinate a calmierare regimi idrici, ormai condizionati dall’estremizzazione degli eventi meteo, conseguenza della crisi climatica. Il paradosso è che tra qualche mese, di fronte alle esigenze della stagione irrigua, potremmo rimpiangere l’acqua, che sta cadendo ora sul territorio e che facciamo defluire inutilizzata a mare; emergenza idrogeologica e siccità sono facce di una stessa medaglia” conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

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Manutenzione fiumi in ambito urbano, sindaci di Firenze e Pisa sostengono la proposta di Anbi: affidare la manutenzione a Consorzi di Bonifica

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Massimo Gargano (DG ANBI): “Non vogliamo togliere competenze ad alcuno, ma solo affiancarlo con la stipula di apposite convenzioni per la sicurezza dei territori”
 
Arrivano dalla Toscana due qualificati “endorsement” a sostegno della proposta avanzata da  ANBI di affidare ai Consorzi di bonifica la manutenzione dei fiumi in ambito urbano, stante l’insufficienza delle risorse pubbliche e l’indispensabilità di queste attività  per la sicurezza idrogeologica delle comunità: a portare la loro, positiva testimonianza sono i Sindaci di Firenze e Pisa.
 
“In questi anni è stato fatto un grande lavoro per la sicurezza dell’Arno e del reticolo minore; se oggi il fiume non fa più paura, lo si deve alle tante opere di mitigazione realizzate – dichiara il Primo Cittadino di Firenze, Dario Nardella – Il Consorzio di bonifica è da sempre in prima fila per la tutela dei nostri corsi d’acqua e per la sicurezza dell’Arno; ci auguriamo che il buon esempio possa estendersi ad altre zone d’Italia.”
 
«L’importanza del lavoro dei Consorzi di bonifica diventa evidente nei momenti di crisi ed emergenza – aggiunge Michele Conti, Sindaco di Pisa – Qui, per esempio, in occasione del passaggio delle piene del fiume Arno, fa la differenza farsi trovare pronti con la pulizia delle sponde, grazie ad una manutenzione costante e ad un sistema, che funziona. Una politica lungimirante sulla regimazione delle acque, unita ad una pianificazione territoriale, che riduca il consumo di suolo, sono alla base di ogni azione di sviluppo per la nostra comunità.”
 
“La Legge di Bilancio, approvata dal Parlamento ed il contestuale obbligo di assicurazione a carico delle imprese contro gli eventi naturali certificano una verità già nota: le risorse pubbliche sono insufficienti e da anni i ristori statali non superano il 10% dei danni subiti dai territori colpiti da eventi naturali. Non vogliamo togliere competenze ad alcuno, ma solo affiancarlo con la stipula di apposite convenzioni per la sicurezza dei territori” sottolinea Massimo Gargano, Direttore dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
 
“È il valore dell’autogoverno e le positive esperienze di manutenzione di fiumi in ambito urbano a convincerci di candidarsi ad ulteriori responsabilità nell’interesse della comunità, consci dell’impegno, che ci assumiamo – chiosa il Presidente di ANBI, Francesco Vincenzi.
 
“Siamo orgogliosi di essere presi ad esempio per la manutenzione del reticolo idrografico di acque pubbliche anche negli ambiti urbani – commenta Marco Bottino, Presidente di ANBI Toscana – In tutte le città, capoluogo di provincia nella nostra regione, i Consorzi di bonifica concorrono alla manutenzione di fiumi e torrenti dentro e fuori dai centri abitati, rendendo disponibili risorse economiche ingenti e sicure, derivanti dai contributi di bonifica e pari a poco meno di 100 milioni di euro all’anno.”
 
“Essere indicati come modello per la manutenzione urbana dei fiumi rappresenta un riconoscimento al grande lavoro svolto per tenere in sicurezza sia l’Arno, che scorre nel cuore della città di Pisa, ma anche tutto il reticolo idraulico – conclude Maurizio Ventavoli, Presidente del Consorzio di bonifica 4 Basso Valdarno – Cura e vigilanza costante sono le parole chiave, che guidano il nostro lavoro sia nella manutenzione del grande fiume toscano che di tutti i corsi d’acqua, su cui abbiamo competenza.”
 
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Clima, ANBI: “Dalla Sicilia al Piemonte incombe il filo rosso della siccità”

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Massimo Gargano: “L’ormai acclarata imprevedibilità dei fenomeni meteo può trasformare in breve tempo un alveo asciutto in un’irrefrenabile forza distruttrice”
 
 
C’è il filo rosso della siccità a collegare l’assetata Sicilia con il Piemonte, le cui zone meridionali sembrano destinate al ripetersi di analogo destino nei prossimi mesi, permanendo la carenza di neve, che a Gennaio ha segnato -86%.
 
Sono soprattutto le alte temperature (da Siracusa a Torino e nel Cuneese hanno sfiorato e talvolta superato i 20 gradi con lo zero termico, che ha raggiunto i 3000 metri sulle Alpi) a confermare come l’area mediterranea sia investita dalla crisi idrica, che ha il suo epicentro nel Maghreb (in Marocco le temperature sono mediamente 5 gradi superiori alla norma, trasformando Febbraio in Aprile) e si diffonde lungo i Paesi dell’Europa Meridionale: l’intera Italia (ad eccezione del NordEst), il Sud di Spagna e Francia, parte della Croazia, la Bosnia, il Montenegro, la Grecia fino a Creta; a soffrire di più sono i territori siciliani e quelli spagnoli di Andalusia, Murcia e Catalogna (fonte: EDO-European Drought Observatory).
 
Questo quadro di anomalie termiche (Gennaio 2024 è stato il mese più caldo di sempre a livello globale) condiziona fortemente l’andamento dei corsi d’acqua, caratterizzati ormai da un andamento torrentizio, se non addirittura da fiumara o da “uadi” africano (alveo di un corso d’acqua a carattere non perenne, tipico delle zone desertiche): dopo i confortanti segnali idrici post piogge, i fiumi della Penisola sono tornati in larga parte sotto i livelli tipici di questa stagione.
 
“E’ questo un dato, su cui prestare molta attenzione, perché la costante escursione idrica indebolisce la tenuta degli argini, aumentando la necessità di costante monitoraggio. In questo senso va la nostra disponibilità ad affiancare gli organi competenti nella manutenzione dei fiumi, soprattutto negli ambiti urbani, così come è importante che sia stata riconosciuta per legge la fondamentale funzione dell’agricoltore nel mantenere il territorio” evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
 
“Non solo – aggiunge il Direttore Generale di ANBI, Massimo Gargano – È indispensabile non abbassare la guardia sul rischio idrogeologico, distratti dai ricorrenti allarmi siccità. L’ormai acclarata imprevedibilità dei fenomeni meteo può trasformare in breve tempo un alveo asciutto in un’irrefrenabile forza distruttrice. È necessario non dimenticarlo negli strumenti urbanistici, ma soprattutto è quanto mai urgente il varo della legge contro l’inarrestabile consumo di suolo, che aumenta i rischi per il territorio.”
 
Tra i grandi laghi del Nord, il livello del Verbano cresce di 10 centimetri, arrivando al 90,5% di riempimento, mentre il Benaco è quasi al massimo della capacità (99,3%); il Lario scende leggermente al 52,9% ed il Sebino (unico sotto media) rimane attorno al 30%.
 
In Valle d’Aosta, dopo le nevicate della scorsa settimana, la coltre bianca va assottigliandosi: ad alta quota, il calo è superiore ai 10 centimetri, mentre a quote basse il manto è decisamente scarso. Si riduce la portata della Dora Baltea, anche perchè le precipitazioni sulla regione sono state finora esigue.
 
Detto dell’anomalia climatica sul Piemonte, conseguentemente si riducono le portate di tutti i fiumi nella regione, dove il Tanaro ha appena il 15% dell’acqua di 7 giorni fa e la portata è dimezzata rispetto alla media del periodo; anche i flussi di Stura di Lanzo e Toce si distinguono in negativo: rispettivamente -58% e -38% in una settimana.
 
In Lombardia prosegue invece il periodo favorevole del fiume Adda, che mantiene una portata al di sopra dei 150 metri cubi al secondo e largamente superiore a quanto registrato in anni recenti. Migliora anche la condizione delle riserve idriche regionali, grazie soprattutto all’aumento di neve al suolo (+ 46%), riducendo all’8,1% il deficit sulla media storica e registrando addirittura + 94% sul 2023.
 
Andamento altalenante per le portate fluviali in alcuni bacini del Veneto:  il Brenta scende da mc/s 154  a mc/s 48, mentre il Bacchiglione perde in una settimana l’80% d’acqua in alveo e torna sotto media (-33%). Sui monti la neve è localmente abbondante solo sopra i 2200 metri.
 
In Emilia-Romagna si allarga il fronte dei territori, dove la pioggia scarseggia: i bacini montani romagnoli, le pianure a Nord e a Sud del fiume Reno ed ora anche la pianura tra Panaro ed Enza registrano cumulate al di sotto della media; alvei, che solo pochi giorni fa erano ricchi d’acqua, ora si presentano quasi asciutti: se la Secchia registra l’83% in meno ed il Reno ha circa la metà delle portate minime mensili,  sono però tutti i fiumi appenninici a soffrire: Savio (6,7% di portata rispetto alla media mensile), Enza, Taro e Trebbia. 
 
Il fiume Po, dopo l’exploit della scorsa settimana, torna alle ormai consuete misure di flusso, ovunque sotto media: dopo i picchi di piena di 7 giorni fa, le portate si sono praticamente più che dimezzate (a San Sebastiano da mc/s 193  a mc/s 75; a Piacenza da mc/s 1663 a mc/s 612; a Boretto da mc/s 1918 a mc/s  912).
 
Una netta contrazione dei livelli idrometrici si registra anche in Liguria, dove Entella, Vara e Magra calano di circa mezzo metro.
 
Più evidente è la contrazione delle portate fluviali in un’Italia centrale con le cime dei monti ancora totalmente brulle.
 
In Toscana, l’Arno segna un preoccupante -64% sulla media; flusso più che dimezzato anche in Serchio e Sieve, mentre l’Ombrone torna sotto i 10 metri cubi al secondo (la media è intorno a mc/s 36).
 
Nelle Marche, i livelli dei fiumi restano molto bassi ed inferiori allo scorso quinquennio; continuano invece a crescere i volumi invasati nelle dighe (+2 milioni di metri cubi), rappresentando una certezza per la prossima stagione primaverile.
 
In Abruzzo cala il livello del fiume Sangro , che ora si attesta sui valori dell’anno scorso, a differenza dell’Orta che, rispetto al 2023, è circa 40 centimetri più basso. Sull’Appennino sono presenti 10 centimetri di neve solo a Campo Imperatore.
 
Nel Lazio cresce la portata del fiume Tevere, mentre si riducono quelle di Aniene, Fiora e Liri. Su Roma, il 2024 è stato finora avaro di piogge: solo 30 millimetri dall’inizio dell’anno.
 
Brusca è la riduzione dei livelli nei fiumi della Campania: Volturno, -cm. 120; Garigliano, -cm. 160 .
 
In Basilicata si registra un cospicuo incremento d’acqua invasata nei bacini artificiali: ben 15 milioni e mezzo di metri cubi in più; il deficit sullo scorso anno resta però di oltre 150 milioni.
 
In Puglia, infine, il volume d‘acqua, trattenuto negli invasi di Capitanata, è cresciuto di 1 milione e 330.000 metri cubi, raggiungendo il 47% della capacità di riempimento, ma rimanendo inferiore all’anno scorso per oltre 124 milioni di metri cubi. La regione sta soffrendo molto per la scarsità di precipitazioni invernali soprattutto sui territori meridionali della Penisola Salentina: infatti, dai 60 millimetri di pioggia caduti a Gennaio sulla provincia di Foggia si scende a mm. 50 sul Barese, circa 40 millimetri  sulla Valle d’Itria, mm. 23 sul basso Salento fino a 12 millimetri su Leuca, il comune più a Sud nel “Tacco d’Italia”.
 
Privo di virus.www.avast.com



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