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Scienza e Tecnologia

DOOM: The Dark Ages, il terzo capitolo della serie Reboot

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DOOM è un nome che ha un peso enorme nella storia del gaming. E’ sinonimo da sempre di shooter in prima persona, di azione frenetica e di epicità. E ovviamente nel nuovissimo terzo capitolo della serie reboot, The Dark Ages, tutti gli elementi chiave che hanno reso la saga famosa sono presenti e vengono esaltati all’ennesima potenza. DOOM: The Dark Ages (disponibile su Pc, Xbox e PlayStation) però si è distinto per ambientazioni e meccaniche piuttosto diverse rispetto ai due titoli che hanno rilanciato la saga reboot. La trama del gioco è ambientata sul pianeta Argent D’Nur, un luogo che diventa teatro di una lotta epica per il controllo di un potente artefatto, il Cuore di Argent. Questa reliquia, capace di conferire il potere di un dio a chiunque la possegga, diventa l’oggetto del desiderio delle forze infernali che scagliano un attacco in massa contro il pianeta. Gli abitanti, incapaci di fronteggiare in maniera efficace l’inarrestabile orda di demoni, si vedono costretti a invocare l’aiuto dello Slayer, l’eroe leggendario della saga di DOOM, per respingere l’assalto. È così che il giocatore viene catapultato sul campo di battaglia, pronto a immergersi in un universo dove il ritmo frenetico si miscela in maniera sapiente con la musica heavy metal che fa da sempre da sottofondo al massacro che avviene sullo schermo. Uno degli elementi che rende DOOM: The Dark Ages leggermente diverso dal passato è l’ambientazione di stampo medievale, da, come recita il titolo stesso, Epoca Oscura. Non solo l’atmosfera che si respira, ma anche le armi e i nemici riflettono questo cambiamento tematico. Il gioco introduce una serie di nuovi strumenti di morte, oltre a varianti delle armi presenti da sempre nella saga. Tra queste è impossibile non menzionare il Trituratore, una versione alternativa del fucile a rotaia, adatta agli assalti rapidi e intensi. L’Impalatore, invece, è una variante a colpo singolo che offre maggiore precisione. Il fucile al plasma lascia spazio alla Pistola Ciclica e all’Acceleratore, armi energetiche perfette per il combattimento ravvicinato e per abbattere gli scudi energetici dei nemici. Tra le novità più interessanti c’è il Polverizzatore, un’arma davvero estremamente potente che consuma teschi di demoni, la quale permette di sparare ampie rose di proiettili capaci di dilaniare gruppi di nemici. La sua variante, il Razziatore, offre una rosa di colpi più concentrata, ideale per situazioni che richiedono maggiore controllo. Non mancano le armi corpo a corpo, come il Guanto, la Mazza Chiodata e la Mazza del Terrore, ciascuna con un sistema di sviluppo che consente di sbloccare il pieno potenziale e adattarsi alle preferenze del giocatore. Un’altra innovazione significativa introdotta in questo capitolo, che a noi è piaciuta in particolar modo, è lo scudo-sega circolare. Contrariamente a strumenti opzionali come il lanciafiamme da spalla visto in Doom Eternal, lo scudo diventa una componente essenziale del gameplay. Non solo permette di parare i colpi in mischia dei demoni più potenti, ma consente anche di respingere e riflettere alcuni attacchi a distanza. Può inoltre essere lanciato contro i demoni più forti per abbatterne gli scudi o per stordirli temporaneamente. Davvero molto utile quanto scenografico.

Due magnifiche introduzioni che rendono l’esperienza di gioco ancora più emozionante e appagante sono il Drago e l’Atlan. Il primo è una creatura volante che è possibile cavalcare in lunghe sezioni aeree. Esso ricopre un ruolo a nostro avviso molto importante in quanto serve a staccare un po’ dal classico mood spara e squarta tipico della saga. L’Atlan invece è un enorme armatura corazzata, anch’esso è utilizzabile esclusivamente in un paio di sezioni a lui dedicate, che trasforma il gioco in una sorta di picchiaduro in cui si devono prendere a pugni demoni altrettanto giganteschi. Entrambe le novità sono state un’ottima intuizione in quanto servono a stemperare la linearità del gameplay. Dal punto di vista grafico, DOOM: The Dark Ages rappresenta un traguardo importante per il motore grafico id Tech, che debutta nella sua ottava versione proprio con questo titolo. I miglioramenti visivi sono ben evidenti: dettagli straordinari, fluidità impeccabile e una capacità di gestire l’azione frenetica senza compromettere le performance. Il gioco gira stabilmente a 60 FPS ( almeno nella versione Xbox Series X da noi provata), garantendo un’esperienza visiva fluida anche nei momenti di maggiore intensità. Questo livello di ottimizzazione permette al titolo di competere con motori grafici di punta come l’Unreal Engine 5, mantenendo comunque un’identità propria e un’efficienza straordinaria. Il comparto audio, come sottolineavamo qualche riga più in alto è come sempre scandito da motivi heavy metal davvero incredibili e che si sposano perfettamente con tutto ciò che accade sullo schermo. DOOM: The Dark Ages però non si limita a essere un gioco squisito dal punto di vista strettamente tecnico, ma riesce anche a catturare l’essenza stessa della saga. È una celebrazione dell’azione pura, dove splatter, uccisioni spettacolari e orde infinite di demoni assetati di sangue si combinano per offrire un’esperienza adrenalinica e senza compromessi. Nonostante i cambiamenti rispetto ai precedenti capitoli, il titolo riesce a mantenere intatta l’essenza e lo spirito tipici di DOOM, rendendo omaggio alle origini della serie e agli elementi che l’hanno resa un’icona del genere. A livello di longevità il titolo si assesta sulle 20/25 ore circa ed è suddivisa in 22 livelli di durata abbastanza variabile, offrendo comunque un’esperienza consistente e ricca di contenuti. Al termine della campagna, è possibile rigiocare i livelli con tutte le armi e i potenziamenti raccolti nel corso dell’avventura appena conclusa, ideale per chi vuole completare il gioco al 100% e raccogliere eventuali collezionabili persi nel corso della prima run. Parlando di difetti quello che ci sentiamo di dire è che il titolo ha una curva di apprendimento molto ripida e proprio per tale ragione padroneggiare l’uso dello scudo e delle varie abilità può rappresentare uno scoglio per i giocatori meno abituati al giocare a titoli del genere. Altro neo è sicuramente rappresentato dalla trama che è quasi del tutto inesistente e che funge solo da pretesto per massacrare il nemico. Di sicuro una storia migliore avrebbe giovato, magari inserendo qualcosa che lo agganciasse ai vecchi capitoli. In ogni caso parliamo di problematiche marginali che non vanno a colpire l’aspetto ludico della produzione. Il vero grande problema del titolo a nostro avviso è che una volta portata a termine la campagna di DOOM: The Dark Ages resta un’unica domanda nella testa di chi gioca: e ora che faccio? Già, perché, se non si è interessati a collezionare tutti i collezionabili sparsi per ogni livello, il gioco finisce e basta, non è presente una modalità multiplayer o una qualsiasi altra tipologia di gioco che possa riaccendere la scintilla e permettere al giocatore di proseguire ancora per qualche ora. E’ stato già annunciato un DLC, ma uscirà più avanti, quindi per adesso l’unica cosa da fare è giocare e rigiocare i 22 capitoli di cui si compone gioco. Tirando le somme, possiamo dire che questo DOOM The Dark Ages è senza ombra di dubbio un ottimo gioco, con tante luci dovute alla frenesia del gameplay, all’ottimo livello grafico e all’introduzione di novità che svecchiano la serie pur senza snaturarla troppo. Dall’altra parte, però, c’è una storia che non riesce a coinvolgere più di tanto e un’azione che alla lunga è estremamente ripetitiva e rischia di annoiare il pubblico più generalista e non particolarmente amante della serie. L’esperienza è comunque più che positiva e sicuramente trascorrere diverse ore in compagnia del Doom Slayer falciando orde di demoni ha sempre il suo perché.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Gameplay: 9

Longevità: 7,5

Sonoro: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise