Dove va il Pd? L’intervista al segretario della sezione di Frascati

Per cercare di capire le problematiche a livello locale, ma anche per proporre una riflessione su quale sia ormai il ruolo del Partito Democratico in Italia, abbiamo intervistato il Segretario del Pd di Frascati, Luca Iaia.

Ieri il sito del Pd di Frascati ha dichiarato che la Festa dell’Unità non si farà perchè l’amministrazione comunale non ha risposto alle vostre richieste. C’è chi pensa che si poteva fare altrimenti, senza passare per la concessione del Comune. Avete, in ogni modo, intenzione di organizzare un evento sostitutivo. Come pensate possa essere l’animo dei vostri militanti?

Si, dici bene, non si farà la tradizionale Festa de L’Unità a Frascati perché non siamo più nei tempi. Nonostante richieste e solleciti ufficiali, più contatti vari con uffici e sindaco, non abbiamo ottenuto alcuna risposta se non le tarde rassicurazioni che la festa sarebbe stata autorizzata. Senza la concessione dello spazio però, che bastavano 5 min per concederlo, non si possono fare le dovute richieste di allacciamento della corrente elettrica, le richieste per gli allestimenti, i noleggi delle cucine e dei bagni. È una festa organizzata da volontari e non c’è profitto dietro, non ci può esser dunque rischio, bisogna sapere se si fa (con tanto di concessione degli spazi) o meno. Bisogna vincere un certo pressappochismo. Ci sono delle regole? Che si rispettino. Abbiamo fatto una richiesta che si risponda nei tempi indicati, non è così difficile, perché creare complicazioni? I nostri militanti ci sono giustamente rimasti mali, perché la Festa è un momento di comunità. Tutto quel che c’è dietro è qualcosa di stupendo, persone che collaborano e che mettono a disposizione il loro tempo per far discutere e confrontare altre persone. Faremo qualcos’altro, concentreremo i tempi ma ci ritroveremo.

Il 14 settembre dello scorso anno, lei è riuscito a portare a Frascati Matteo Renzi, in un momento in cui il Pd ancora rappresentava una forza politica solida. Ora cosa è successo?
Non ero ancora segretario al tempo ma lavorai per organizzare la festa. Renzi fu un bel successo di pubblico e di contenuti. Riprendendo le registrazioni, a mio parere, fu uno dei suoi migliori discorsi e magari ce ne ricorderemo tra qualche anno. È successo che ha prevalso un’altra parte, una destra ringalluzzita dalle urla contro gli immigrati e che ha saputo tristemente sviscerare i nostri animi più bui. E un movimento di protesta che spero si renderà presto conto di esser al governo. Perché non si può governare dall’opposizione a lungo. Il nostro popolo ha preferito conservare che riformare. Chi ha vinto si è appropriato del termine cambiamento ma pensateci, hanno fatto solo proposte di conservazione. Il Pd è sempre una forza, meno solida certamente, ma rimane un importante riferimento per tante, molte persone.

 

Anche lei pensa che ci sia bisogno di un momento di veemente autocritica e di un conseguente cambio ai vertici che per molti elettori non rappresentano più le loro idee di sinistra?
L’autocritica serve sempre ed è stata abbondantemente fatta, perché diciamocelo il Partito Democratico è il più grande esperimento di condivisione, una scatola trasparente della quale tutti sanno tutto. È in mostra da anni, con bilanci e quant’altro, cosa che non è comune ad altre parti politiche, comprese quelle che parlano di onestà e trasparenza e hanno un giro di risorse che oserei definire strano. Vorrei fare quello controcorrente: e se non avessimo sbagliato? Ok l’arroganza, l’aver male interpretato le necessità dei cittadini, ma il 4 marzo son finiti nel tritacarne politiche e misure molto importanti per le persone e questo non è giusto, non è sano per il Paese. Chi ha vinto ha promesso l’impossibile ma la colpa rimane del PD? Si poteva perdere meglio se si fossero rincorse le balle con balle ancora più grandi ma non è stato fatto e questa scelta non ha pagato. Poi quando si perde è facile assegnare le colpe.

 

Ritornando alla Festa dell’Unità. A Bologna i militanti si sono trasformati in dissidenti ed hanno creato un ritrovo alternativo per sfuggire alla presenza della Boschi. Renzi non è stato invitato nemmeno nella sua Rignano. Pensa che questo evento possa ancora rappresentare un momento di incontro tra base e classe dirigente?
La festa è e rimane un grande momento di confronto tra chi ha in comune certi valori. Rimarcherei sui valori perché sono importanti in un periodo in cui sembrano persi, in cui l’incattivimento e il non rispetto prevalgono sull’umanità, sulla vicinanza, sulla comunità. Ripartirei proprio da quei valori. Poi siamo un popolo, quello Democratico, ricco di differenze e di portati personali che, quando in difficoltà, tendono ad emergere e portano a divisioni. Credo che le Feste, anziché far esplodere tali rotture, potevano (e in altre situazioni meno pubblicizzate è stato così) supportare la nuova messa in comune di tali valori.

Come vede il futuro del Pd? Non le sembra che i vostri leader non facciano un’opposizione seria e che soprattutto non ascoltino più i militanti storici e ancor di più quelli giovani?
Credo che stiano nuovamente cambiando i paradigmi della politica, sta vincendo la rete con tutti i pregi e difetti che la stessa rappresenta, sta vincendo la disintermediazione e questo porta a far prevalere certe pulsioni rispetto al buon senso. Seguire il problema maggiormente mainstream che costa poco con facili risultati, diventa più importante del problema sottaciuto sui diritti di qualcuno o di una qualche comunità di persone. Il Pd vive una fase di strano adeguamento, tra rete e sua comunità. Non c’è assolutamente il volere di non coinvolgere o non far discutere, è proprio il contrario. Il problema è che ancora non si è capito come discutere, delle nuove forme. Certo è che dobbiamo ritrovare il nostro popolo e dobbiamo farlo in fretta sì da arginare l’onta populista e pericolosa che si è abbattuta sul Paese. Adesso sono impegnati sugli immigrati ma quando arriverà l’inverno, chi sarà il prossimo nemico?

Gianpaolo Plini