Scienza e Tecnologia
eFootball PES 2020, il calcio di Konami torna alla grande
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4 anni fail

Per l’edizione del 2020, Pro Evolution Soccer ha cambiato nome fregiandosi del prefisso “eFootball” che sancisce apertamente la sua attenzione al crescente mondo degli esports. Ma perché un titolo riesca a riunire una vasta community sotto una sola bandiera, c’è ovviamente bisogno di un gameplay che possa incontrare i gusti di gran parte dei giocatori: eFootball PES 2020, in tal senso, rappresenta il capitolo della maturità per Konami, un gioco che migliora praticamente qualsiasi aspetto del predecessore, puntando dritto al trono del miglior titolo calcistico. Prima di addentrarci nell’analisi del gameplay di eFootball PES 2020, è necessario parlare di tutte le novità presenti nelle tante modalità di gioco che Konami ha inserito nel suo nuovo titolo. Partiamo dall’unica, nuova modalità del titolo, ossia: Matchday. Questa tipologia di gioco consiste essenzialmente in un torneo online strettamente collegato alle partite più importanti che settimanalmente si susseguono nei vari campionati europei e non. Matchday prevede dunque l’utilizzo e la scelta di una squadra da supportare durante tutto l’arco del già citato torneo grazie alle vittorie che raccoglieremo durante lo stesso; tali vittorie porteranno dei punti alla squadra ed al giocatore, utili eventualmente a portare il giocatore a cimentarsi in una finale trasmessa in streaming all’interno del titolo in esclusiva per tutti i giocatori di eFootball PES 2020. Ogni partita inoltre porterà al giocatore delle ricompense da utilizzare in MyClub, l’Ultimate Team del gioco di Konami, che si va perfezionando di anno in anno. Tale modalità rappresenta sicuramente un’aggiunta apprezzabile, ma assolutamente non rivoluzionaria; le partite di Matchday infatti potranno essere giocate solo in orari piuttosto precisi e decisi da Konami stessa.
Per quanto riguarda MyClub, possiamo affermare che poche sono le aggiunte apportate da Konami a quella che punta ad essere la vera e propria rivale di Ultimate Team, che dunque risulta essenzialmente identica a quella di PES 2019. Dopo aver creato un allenatore liberamente personalizzabile nell’aspetto, ci si troverà a comandare una squadra composta da perfetti sconosciuti, che bisognerà di volta in volta integrare con giocatori di alto grado da acquisire tramite la valuta ingame, i GP. Ogni giocatore sarà acquistabile tramite dei “palloni”, ordinati per grado di rarità, che garantiranno sempre un calciatore della rarità desiderata; ovviamente il ruolo dell’acquisto sarà praticamente sconosciuto sino all’apertura dei tanto discussi “pacchetti”. Unica vera novità da segnalare nella modalità MyClub è quella relativa alla presenza di una schermata riepilogativa dei vari calciatori disponibili per l’acquisto ad ogni accesso alla stessa. All’interno di eFootball PES 2020 ci sono poi le classiche amichevoli, da giocare contro la CPU, online o contro un amico, i vari campionati e coppe europee, le divisioni online già viste lo scorso anno e la storica e sempre gradita Master League, che è forse la modalità che ha ricevuto le aggiunte più sostanziose. Konami ha infatti provato ad innovare il suo storico e memorabile Campionato Master grazie all’inserimento all’interno dello stesso di una componente narrativa.
All’inizio della Master League bisognerà infatti scegliere le fattezze del proprio allenatore che non sarà più liberamente personalizzabile, ma da selezionare tra alcune vecchie leggende del calcio giocato, tra cui spiccano i nomi di Maradona, Gullit, Roberto Carlos (chiamato Larcos per via delle licenze), e così via. Una volta selezionato l’allenatore si verrà trascinati in delle sessioni puramente narrative che, grazie alle scelte fatte, potrebbero cambiare le sorti della squadra. Tali sequenze consistono essenzialmente nella scelta degli obiettivi stagionali, in delle interviste pre e post gara e così via. Tuttavia, se all’inizio il giocatore viene trascinato con forza all’interno di questa struttura, col passare del tempo le sessioni di intermezzo cominciano a lasciare un po’ l’amaro in bocca, in quanto troppo ripetitive e spezzettate. Tanti sono stati inoltre gli aggiustamenti apportati da Konami a questa modalità, che l’anno scorso soffriva di qualche problemino relativo soprattutto alle trattative utili a portare nuovi rinforzi alla propria squadra, che ricordiamo, potrà essere o composta da giocatori reali o da talenti di fantasia. Il Campionato Master offerto da eFootball PES 2020 dunque è sicuramente una delle modalità più riuscite di questo titolo, che speriamo venga migliorato ancor di più l’anno prossimo. Infine, è bene ricordare la presenza della modalità Diventa un Mito, che permetterà di creare un proprio alter ego virtuale il quale, a suon di gol e buone giocate, dovrà scalare le gerarchie di club e nazionali. Tale modalità è essenzialmente identica a quella dello scorso anno; divertente, curata e molto riuscita. In sostanza dunque l’offerta ludica di eFootball PES 2020, nonostante non abbia alcune aggiunte di rilievo assoluto rispetto allo scorso anno, è sicuramente da promuovere. Le modalità disponibili sono tante e ben strutturate, quindi c’è tanto materiale con cui divertirsi su Pc, Xbox One o PS4.
Dopo aver descritto le varie modalità di gioco, passiamo
finalmente al vero pezzo forte di eFootball PES 2020: il gameplay. Il titolo
targato Konami è il miglior simulatore calcistico attualmente sul mercato. Il
ritmo di ogni singola partita è parecchio ragionato e praticamente identico a
quanto si vede ogni fine settimana in tv o dal vivo negli stadi. Konami infatti
ha fatto tesoro delle critiche che i fan avevano rivolto a PES 2019, prendendo
di buono quanto fatto durante lo scorso anno e migliorando tutte le criticità
che affliggevano il titolo. Sono stati infatti totalmente eliminati i difetti
riguardanti l’arbitraggio, criticatissimo in quanto eccessivamente severo, e i
portieri, che adesso compiono balzi felini dando sfoggio a parate di altissima
qualità, animate in maniera molto realistica. Una volta avviata la prima
partita, ci si accorge subito di essere dinanzi a un titolo incredibilmente
profondo, realistico, il cui impatto sorprende fin da subito in maniera più che
positiva. Le animazioni di ogni singolo calciatore sono state riscritte e
migliorate, con risultati davvero eccellenti; la fluidità che queste donano ai
movimenti dei 22 giocatori in campo e al gioco stesso è praticamente tangibile,
non solo esteticamente ma anche in termini di puro gameplay. Addio quindi ai
giocatori legnosi e spaesati visti nelle scorse edizioni della saga, e benvenuta
riproduzione praticamente perfetta di quello che è il calcio giocato, fatto di
contrasti, inserimenti, tocchi sbagliati, dribbling e così via. Ogni singolo
passaggio, o meglio, ogni singola azione di gioco, tiene conto della posizione
del giocatore rispetto al pallone, in modo da riprodurre nella maniera più
fedele possibile il calcio giocato. Rari infatti sono i casi in cui un calciatore
mal posizionato o marcato stretto dal difensore avversario riuscirà ad eseguire
un tiro perfetto, uno stop a seguire o un passaggio pulito; per giocare a
questo titolo dunque, è necessario ragionare e tener conto di tanti fattori che
fino a qualche anno fa erano totalmente ignorabili.
A contribuire a questo enorme senso di realismo ci pensa anche la dinamica della palla, perfezionata in maniera semplicemente fantastica; deviazioni, rimbalzi, rimpalli e quant’altro hanno un impatto abbastanza marcato sulla fisica del pallone, che prenderà traiettorie “anomale” ma tuttavia parecchio fedeli alla realtà. Una delle nuove feature presenti in PES 2020 è quella relativa al cosiddetto Finesse Dribbling, supervisionata da Don Andrès Iniesta, ex stella del Barça. Utilizzando entrambe le levette analogiche del controller sarà infatti possibile eseguire trick di vario tipo che il più delle volte, se correttamente utilizzati, lasceranno gli avversari di turno inermi e apriranno la strada verso la porta avversaria. Per quanto apprezzabile e ben costruita, abbiamo trovato questo nuovo sistema di controllo particolarmente ostico, soprattutto nelle prime partite, poichè l’utilizzo di entrambi gli analogici con un timing perfetto risulta piuttosto complicato e artificioso. In sostanza dunque il gameplay di questo nuovo PES rappresenta il massimo apice raggiunto da una simulazione calcistica negli ultimi anni: ragionato, appagante, divertente, realistico. Un vero e proprio spettacolo per chi cerca una simulazione calcistica realistica ed estremamente divertente. L’intelligenza artificiale del titolo merita un’altra menzione anche per aver ben implementato il modo in cui l’andamento della partita può influenzare la performance dei giocatori. Arrivati per esempio a un vantaggio di 3 gol è palese come i giocatori della squadra vincente giochino con molta più tranquillità, addirittura diventando leziosi e rischiando talvolta errori banali, mentre chi è in svantaggio può farsi prendere dalla disperazione con difensori che vagano senza meta, rassegnati all’impossibilità di fermare le avanzate avversarie. Insomma, le sensazioni sul campo quest’anno sono davvero positive. E’ forse dai tempi della PlayStation 2 che un capitolo di Pro Evolution Soccer non aveva un feeling così fresco e soddisfacente, dimostrando che Konami sembra sapere il fatto suo su come far evolvere la formula in maniera sensata. Da segnalare che anche quest’anno la console di Microsoft rimane purtroppo l’unica (a causa delle policy restrittive del produttore) dove è impossibile importare pacchetti non ufficiali di licenze aggiornate; pertanto chi vuole sistemare i nomi “farlocchi” presenti in molte delle squadre dovrà farlo manualmente. L’editor per farlo è comodo, ma è comunque un lavoro immenso se lo si vuole fare bene. Per quanto riguarda la realizzazione tecnica, anche questa è vistosamente migliorata, con una grafica più convincente di prima e con 60 frame al secondo piuttosto stabili. Riguardo alle performance, rimane qualche caricamento un po’ lungo e le solite attese durante le rimesse o i calci piazzati, ma complessivamente anche il comparto tecnico ha fatto un vistoso salto in avanti. Il gioco è ovviamente tradotto per intero in italiano, con la telecronaca nostrana che anche quest’anno è opera del duo Fabio Caressa e Luca Marchegiani. Che dire di più, se si vuole giocare a una simulazione calcistica bella da vedere, divertente e con una giocabilità impressionante, eFootball PES 2020 è la scelta migliore che si possa fare.
GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 9
Gameplay: 9,5
Longevità: 9
VOTO FINALE: 9
Francesco Pellegrino Lise
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Innovazione e tradizione, come le due possono coesistere
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26 Maggio 2023
Produttività e competitività sono due elementi essenziali per le industrie moderne. Sono le parole d’ordine che ogni impresario ed azienda, italiana e non, deve considerare per sopravvivere nel mondo dell’economia globale. Per questo, settori produttivi che sono considerati tradizionali hanno dovuto cambiare, trasformarsi per far fronte a consumatori che fanno shopping online e ad imprese che riducono sempre di più i costi.
Per raggiungere questi obiettivi ed essere competitive, le industrie hanno introdotto la digitalizzazione nella loro vita quotidiana. Dal lavoro pesante in magazzino fino al lavoro ripetitivo in ufficio, software, app e dispositivi tecnologici hanno permesso a tradizione ed innovazione di non solo coesistere, ma di prosperare.
Un’industria considerata tradizionale è quella tessile che ha iniziato la sua storia con telai difficili da maneggiare e lane filate a mano. Ora, le imprese tessili non usano solo le macchine per velocizzare e facilitare il lavoro. Infatti, la digitalizzazione ha portato molti vantaggi a questa industria come la riduzione delle scorte in magazzino e la personalizzazione dei prodotti, che sono sempre più fatti su misura. I QR code permettono di tracciare i capi d’abbigliamento, mentre le applicazioni per smartphone permettono ai consumatori di provare i vestiti e di accedere ad offerte online.
Quindi, il tessile è un esempio di come la digitalizzazione benefici sia le imprese che il cliente finale. Lo sa bene l’industria vinicola, un settore italiano tradizionale. L’uso di nuove tecnologie come i sensori consente alle aziende di monitorare dati importanti come quelli del suolo o di aumentare la qualità della produzione. Tra i tanti sensori disponibili per questa industria ci sono i trasmettitori di pressione per i liquidi e le sonde di temperatura con comodi display.
In questo modo, il processo produttivo diventa più snello ed efficace e le imprese vinicole italiane possono concentrarsi sull’e-commerce, un’altra forma di digitalizzazione. Ci sono anche industrie che fanno scoperto il mondo digitale durante la pandemia. Una di queste è quella del gioco d’azzardo e, più precisamente, dei casinò online. Con gli stabilimenti terrestri chiusi, molti giocatori hanno cercato il divertimento su siti Web ed app per smartphone. Così, si sono potuti godere un gioco di roulette online, slot machine o tornei di poker dal vivo da casa.
Se quella dei casinò online è un’industria interna, fatta per gli italiani, un esempio del miglior made in Italy è sicuramente il settore dell’arredamento e dei mobili. Maxalto, Cassina e Natuzzi sono solo alcuni dei nomi conosciuti in tutto il mondo e, secondo una recente indagine, il design italiano è più vivo che mai. Con un fatturato di 28,1 miliardi nel 2022 (+11% rispetto al 2021), l’Italia è quarta in Europa e con un aumento stimato del 42% entro il 2025, l’industria del mobile nazionale è viva e vegeta e parte del suo successo si deve alla digitalizzazione.
Non è solo la produzione ad essere digitale, ma anche i mobili stessi sono tech. Come i telecomandi per avviare il riscaldamento da remoto, i divani con impianto audio integrato e le sedie che fanno anche massaggi. Sicuramente, uno dei vantaggi della digitalizzazione è la personalizzazione, che ha permesso all’industria dell’arredamento italiana di guadagnare clienti da tutto il mondo.
Insomma, tradizione ed innovazione possono vivere ed andare mano nella mano. Le imprese moderne non devono rinunciare a nulla mentre i consumatori possono aspettarsi un’esperienza sempre più su misura. In Italia e non solo.
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A Roma va in onda “Digital ergo sum”: festival della società e della cultura digitale
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Redfall, un titolo incompreso dalle enormi potenzialità
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18 Maggio 2023
Redfall è un titolo che in moltissimi si aspettavano su Pc ed Xbox. Sia perché sarebbe stato gratuito al lancio per tutti i possessori del Gamepass di Microsoft, sia perché aveva creato un’aspettativa enorme fra i fan. Purtroppo però qualcosa non ha funzionato e il gioco non è arrivato al lancio come in molti si aspettavano, così i media e il pubblico nella quasi totalità dei casi a caldo ha letteralmente distrutto il gioco. Noi prima di pronunciarci abbiamo voluto aspettare di finirlo e lo abbiamo spolpato a fondo con grande cura e adesso ci sentiamo pronti a esprimere il nostro verdetto. Redfall non è un brutto gioco, anzi è un prodotto che ha delle basi solidissime, purtroppo però soffre di alcuni problemi che, soprattutto per i giocatori più esigenti, rappresentano dei macigni. A nostro avviso i più gravi sono senza dubbio l’intelligenza artificiale dei nemici umani che è davvero imbarazzante, il framerate a 30 fps che subisce dei repentini cali (ovviabili eliminando il motion blur, il movimento della testa del personaggio mentre cammina e altre impostazioni grafiche), e alcune texture che impiegano molto tempo a caricarsi. Insomma, il titolo di Arkane Studios si è presentato al lancio in forma non perfettamente smagliante, ma a nostro avviso non è un titolo da buttare(cosa che in molti invece hanno asserito). Fatta questa premessa, andiamo a recensire il gioco nel modo più onesto possibile. Redfall era una ridente cittadina costiera del Massachussets, situata nella parte orientale di un’isola rinomata per i frutti di mare e le coste ventose. A partire dal riuscito incipit della vicenda raccontata nel gioco, invece, si può vedere cos’è diventata Redfall oggi, dopo essere caduta totalmente in mano ad un branco di vampiri assetati di sangue la cui origine sembra sia legata ai sinistri esperimenti della Aevum, una casa farmaceutica alla ricerca della cura per tutte le malattie che affliggono l’uomo. Come se non bastasse, gli umani, invece di fare fronte comune di fronte alla minaccia sovrannaturale, si sono perlopiù schierati con i vampiri, creando un farneticante culto in cui, come enormi contenitori di cibo, fanno la fila in attesa di essere divorati (a sentire loro, “elevati”) da uno dei molteplici “succhiasangue” che si aggirano per la cittadina. Nonostante un intreccio in tono minore rispetto ad altre produzioni del medesimo team di sviluppo, l’ambientazione di Redfall è, come da tradizione, estremamente ben ricreata e curata in ogni minimo dettaglio, con una grande quantità di interni da esplorare, una direzione artistica da b-movie degli anni ’80 molto coerente con i temi trattati e un’atmosfera generale che ci ha rapito sin da subito e che, a conti fatti, risulta uno dei principali punti di forza della produzione. Il giocatore sarà chiamato ad indossare i panni di uno di quattro sopravvissuti, tutti sufficientemente differenziati in termini estetici e di abilità, per far fronte a questa invasione e riportare le cose alla normalità, a partire dal sole oscurato e dalla barriera di onde che, sin dai primi secondi di gioco, impedisce a ogni umano vivo la fuga dall’isola. I 4 protagonisti dell’avventura sono: Devinder un inventore inglese, nonché autore letterario, che si ritrova bloccato sull’isola dov’era intervenuto ad un evento di presentazione del suo ultimo libro. Poi c’è Jacob che offre uno spaccato della vicenda dal punto di vista dei cattivi (o presunti tali), visto che è un ex cecchino militare assoldato da una milizia privata per trarre in salvo gli ultimi civili della Aevum rimasti a Redfall. Assalito con tutta la sua squadra da un vampiro maggiore, viene privato di un occhio ma guadagna al suo posto la capacità di evocare un corvo spiritico che gli consente un’ampia visuale a volo d’uccello di tutti i campi di battaglia. Poi c’è Layla, una brava studentessa universitaria squattrinata che ha scelto, per soldi, di sottoporsi ad esperimenti con la Aevum, ricavandone poteri telecinetici e la possibilità di evocare il suo ex ragazzo, nel frattempo trasformatosi in un vampiro, per ripulire la scena da ospiti indesiderati. Conclude il quartetto Remi De La Rosa, sboccata volontaria portoricana amante della tecnologia che va sempre in giro con il suo robot Bribon, che le offre un diversivo formidabile per i nemici, che lei stessa può bersagliare impunemente mentre il droide ne attira l’attenzione nei modi più chiassosi possibili. Insomma, il quartetto di protagonisti che ha il difficile compito di ripulire Redfall dai vampiri è senza dubbio molto variegato e offre tantissime possibilità di approccio.
Redfall è uno shooter in prima persona con elementi gdr, infatti man mano che si prosegue nell’avventura i personaggi potranno potenziare i propri poteri e abilità attraverso uno skill-tree molto ricco, ma soprattutto potranno raccogliere equipaggiamento ed armi di diversa rarità che offrirà loro bonus più o meno validi. Uno dei pregi di Redfall risiede nel fatto che, essendo affrontabile sia in solitaria che fino a un massimo di 4 giocatori insieme, offre una certa pluralità di soluzioni per superare le missioni secondarie, con qualche limitazione in più legata invece a quelle principali. Tra uccisioni ambientali legate ai generatori o alle numerose taniche di liquido infiammabile sparse per le ambientazioni, possibilità di aggirare i nemici, cecchinaggio da lontano e persino la possibilità di condurre una delle tre fazioni nemiche presenti sulle mappe per fare il proprio lavoro sporco e assottigliare i ranghi nemici, è possibile affrontare molte missioni come meglio si crede. Se questa libertà è rinfrescante per uno sparatutto in prima persona, lo è meno se confrontata con i precedenti lavori di Arkane perché, in assenza persino di un tasto dedicato alle eliminazioni silenziose alle spalle, in Redfall è inevitabile finire a premere il grilletto: tanto lungo la campagna principale quanto durante le caotiche e spassose sessioni multigiocatore, mettere mano al proprio arsenale e fare fuoco è sempre l’unica soluzione possibile, mortificando approcci stealth e possibili percorsi alternativi alla carneficina. Il sistema di shooting è nel complesso buono, ma non eccezionale se paragonato ai mostri sacri del genere, ma fortunatamente il tocco Arkane arriva in soccorso del gameplay in più istanze, dalla possibilità di organizzare delle trappole alla buona varietà del loot. Redfall però dà il meglio di se soprattutto se viene giocato con due o più amici, grazie anche ad un level design raramente banale, il divertimento decolla perché, pur abbandonando le atmosfere tese e tendenti all’horror della modalità in giocatore singolo, Redfall offre il meglio di sé nell’interazione tra personaggi, nel gioco di squadra, nella diversificazione delle bocche da fuoco e delle rispettive abilità uniche. La scelta del protagonista, poi, influenza fortemente lo stile di gioco e favorisce la rigiocabilità della campagna, che in sè non si rivela troppo lunga, e la sperimentazione in sede di multiplayer, con i poteri degli eroi che si intersecano e che possono rendere il team virtualmente imbattibile, quantomeno se i suoi membri sanno cosa stanno facendo. La progressione ruolistica, dal canto suo, si rivela secondaria, e solamente le abilità di livello più alto, raggiungibili dopo diverse ore di cooperativa riescono a spostare realmente gli equilibri negli scontri più duri con i vampiri di alto livello o nei nidi più ardui da conquistare. A proposito di nidi: questi sono eventi generati proceduralmente dal gioco, la cui influenza continua ad espandersi di giorno in giorno durante la campagna, grazie al ciclo giorno/notte completo di cui Redfall è dotato, e rappresentano uno dei pochi momenti di vera sfida offerti dal prodotto.
Ma veniamo ora alle dolenti note, uno dei maggiori problemi della produzione risiede nel bilanciamento della difficoltà, tanto in single player, quanto, soprattutto, durante le sessioni in cooperativa: Redfall è, semplicemente, troppo facile, soprattutto se giocato con gli amici. Se già dopo pochi minuti della campagna principale in single player è stato necessario innalzare al massimo livello di difficoltà, quando ci siamo dedicati al multiplayer il fattore sfida è calato notevolmente, perché il gioco non scala adeguatamente la forza dei nemici per rapportarla a quella del party, limitandosi ad aumentare il numero di personaggi di supporto ai mostri principali e ad allungarne la barra della vita, rendendoli delle vere e proprie spugne per i colpi del gruppo di survivors. Il risultato è che, passata l’inevitabile esaltazione iniziale, che viene dal buon feeling delle armi e dalla cura riposta nell’ambientazione il party diventa troppo forte troppo presto. In single player, poi, la sovrabbondanza di kit medici, munizioni e gadget consumabili finisce con il banalizzare la stragrande maggioranza degli scontri con i nemici comuni. Anche perché, e qui giungiamo al problema di Redfall di cui parlavamo in apertura, l’intelligenza artificiale dei nemici umani si è rivelata assolutamente deficitaria: attaccati dalla distanza, si limitano a correre in linea retta verso il giocatore incuranti della propria incolumità, o, in alternativa, scaricano inutilmente il caricatore di un’arma a corto raggio mentre chi gioca li bersagliano dalla distanza finendoli in un paio di colpi. Negli interni, la loro capacità di avvistamento è ancora più limitata, se possibile, e basta nascondersi dietro ad una porta o in un sottoscala per ucciderli tutti uno ad uno man mano che si avvicinano, senza alcun tentativo da parte loro di stanare i giocatori con una granata, di circondarli o di intrappolarli, nonostante la schiacciante superiorità numerica. Va un po’ meglio con i vampiri, capaci di teletrasportarsi e decisamente più resistenti ai colpi, ma anche loro si limitano a caricare a testa bassa. Altro neo di Redfall riguarda l’aspetto tecnico, che fortunatamente sarà comunque soggetto, come già anticipato dal team di sviluppo, a numerose patch, tra le quali quella del day-one e, più in là, quella che aggiungerà i famigerati 60 fps, assenti nell’unico preset disponibile al lancio, che prevede una definizione in 4K con un blocco a 30 fps. La totalità della nostra prova è avvenuta su Xbox Series X, e abbiamo risolto il problema dei cali sotto i 30 fps maneggiando un po’ le opzioni grafiche e di gioco, cosa che consigliamo a chiunque voglia giocarlo. Esteticamente parlando il taglio generale che fa il verso alle produzioni horror a basso budget di fine anni ’80, l’estetica dei vampiri, la caratterizzazione delle diverse zone di Redfall: dall’immancabile area portuale dove si può quasi sentire il tanfo di pesce marcito al sole alle zone vip, dense di villette e di verde: Redfall è un prodotto che riesce a fare centro senza alcuna difficoltà nell’immaginario del giocatore, con uno stile immediatamente riconoscibile ed impossibile da non amare. Ottimo il lavoro anche dal punto di vista sonoro: le musiche rappresentano uno dei punti più alti della produzione, sempre sul pezzo e sempre incalzanti al punto giusto quando le cose a schermo si fanno incandescenti. A tal proposito, il doppiaggio italiano fa segnare un altro punto a favore della produzione Arkane: per scelta delle voci, prove recitative e missaggio dei volumi, la traccia nostrana non ha nulla da invidiare a quella originale. Tirando le somme quindi a nostro avviso Redfall non è assolutamente il mostro di bruttezza colmo di difetti che in molti hanno voluto dipingere. Certo è un titolo che ha alcuni problemi, ma vi assicuriamo che se settato a dovere e giocato con attenzione e non con superficialità, è un gioco che sa sorprendere, con una buona trama e che vi farà passare di sicuro diverse ore di divertimento.
GIUDIZIO GLOBALE
Grafica: 8
Sonoro: 8
Gameplay: 8
Longevità: 8
VOTO FINALE: 8
Francesco Pellegrino Lise