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Editoriali

ELENA CESTE: SI DIPANANO LE OMBRE A POCHI GIORNI DALLA SENTENZA

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Tempo di lettura 4 minuti Uno strazio mediatico senza precedenti nei confronti di un uomo non ancora giudicato

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di Domenico Leccese

Sul caso di Elena Ceste abbiamo chiesto alla criminologa dott.ssa Ursula Franco, consulente di Michele Buoninconti, a pochi giorni dalla sentenza di chiarirci alcuni punti dell’inchiesta che lo vede accusato dell’omicidio della moglie Elena Ceste.

E’ vero che Michele, ha chiesto ai nonni di andare a vivere nella sua casa, per risparmiare?

Buoninconti ha pensato che sarebbe stato, meno traumatico per i bambini, continuare a vivere nella loro casa, ed inoltre egli ha il timore che il nonno, essendo anziano, possa fare e/o subire, un incidente stradale, accompagnando i bambini a scuola, percorrendo una lunga distanza, mentre da casa sua sono solo pochi chilometri.

E’ vero che Michele Buoninconti era geloso e "controllava" sua moglie?
Buoninconti non era geloso, lo era piuttosto sua moglie Elena, che anzi si lamentava del fatto che lui non lo fosse. Per quanto riguarda il controllo su di lei, Elena era libera di relazionarsi con chi voleva, Michele si disinteressava completamente alle sue attività al computer ed al telefonino, tanto che non lesse i messaggi sul telefonino della Ceste, nonostante l’avesse avuto in uso in precedenza, se non quando lei glieli mostrò. E’ con il meccanismo della proiezione, caro agli psicologi, che si spiegano certi malintesi, malintesi che hanno contribuito all’errore giudiziario.

Lei chiama, questa carcerazione preventiva, errore giudiziario, perché?

Una carcerazione preventiva di 9 mesi, l’aver reso pubblici gli atti giudiziari, permettendo uno strazio mediatico senza precedenti nei confronti di un uomo non ancora giudicato ed infine la decadenza della patria potestà sono nell’insieme un osceno errore giudiziario che ha provocato danni irreversibili, non solo a Buoninconti ma a tutta la sua famiglia, compresi i nonni materni.

Come spiega certi atteggiamenti di Buoninconti e certe intercettazioni che vengono di continuo fatte ascoltare agli italiani come prova dell’omicidio?
Buoninconti è stato accusato di essere una specie di padre padrone, insensibile e scorbutico. Di sicuro, la sofferenza per la scomparsa della moglie, il non aver compreso i suoi disturbi psichici, una pressione mediatica senza precedenti, i ‘tradimenti’ di familiari, amici e giornalisti, la percezione dei sospetti su di sé, l’essere il capro espiatorio di un paese intero, il rischio che i servizi sociali gli togliessero i bambini, lo hanno esasperato e condotto a provare, a volte, sentimenti di rabbia ed a perdere la pazienza con i giornalisti ed i figli.
In questo clima, in alcune rare intercettazioni, rispetto a quelle dove Michele usa solo belle parole quando parla di Elena, Buoninconti usa parole forti riferite alla sua ormai ex compagna di vita e perde la pazienza con i propri figli.
Tali intercettazioni vanno contestualizzate temporalmente, risalgono tutte a prima del ritrovamento della Ceste, all’epoca Michele poteva avere tutte le ragioni di sentirsi e comportarsi come un uomo tradito ed abbandonato ed è allo stesso modo comprensibile, che egli, in questo clima, a volte perdesse la pazienza con i quattro figli, di cui doveva occuparsi da solo. C’è da notare che in due intercettazioni, che vengono usate contro di lui, egli si fa domande sulle sorti della moglie, mostrando evidentemente di non sapere dove sia, si chiede: ‘vai a capire cosa ha visto!?’ e ‘chissà dove…’ quesiti che non appaiono rivolti ai figli, ma piuttosto sue intime riflessioni e non certo quelle di un assassino che conosce perfettamente il destino cui è andata incontro la sua vittima. In una intercettazione, risalente al 28 febbraio 2014 (circa un mese dopo la scomparsa), che viene spesso tagliata ad hoc, durante una struggente conversazione con i figli Michele dice ai bambini: "Alla sera quando vi raccontavo la storia di me e mamma, non l’abbiamo mica finita quella storia, vero!?", mostrando di avere la speranza che Elena torni per continuare a condividere la vita con lui.

Come giudica il comportamento di Michele Buoninconti nei confronti dei giornalisti e dei figli?
Buoninconti è stato sottoposto, ad una pressione mediatica intollerabile, da parte di giornalisti o cosiddetti tali che non hanno avuto alcun rispetto né per lui, che era un semplice indagato, né per i suoi quattro figli, tutti minorenni, che egli ha semplicemente cercato di proteggere da gente senza scrupoli, che dell’odio, nei suoi confronti, ha fatto una ragione di vita. La lettura, delle reazioni di Michele nei confronti dei giornalisti, fatta dai media e dalla procura, è faziosa e viziata dal convincimento che Elena sia morta per mano sua.

Dott.ssa Ursula Franco che cosa pensa della ricostruzione del presunto omicidio di Elena Ceste da parte dell’accusa?
La ricostruzione dell’accusa è quantomeno fantasiosa ed illogica, avevo previsto, in interviste precedenti, che sarebbe stato impossibile per l’accusa ricostruire un omicidio che non c’è stato. La PM ha sostenuto in udienza durante la sua requisitoria che Michele ha ucciso Elena con le mani, soffocandola, tale tecnica omicidiaria è estremamente difficile da mettere in pratica nei confronti di un giovane adulto sano quale era la Ceste. Un recente fatto di cronaca ci conferma quanto sia difficile uccidere in questo modo, un uomo di ottant’anni, cardiopatico e con pacemaker pochi giorni fa ha reagito ad un uomo molto più giovane di lui che intendeva soffocarlo ed è sopravvissuto, eppure l’anziano non era al meglio della propria forma fisica. Ancora riguardo alla ricostruzione della PM, la stessa ha sostenuto che, dopo aver trovato Elena nuda in casa e dopo averla uccisa soffocandola con le mani, Michele l’ha avvolta in uno dei lenzuoli del letto matrimoniale, l’ha condotta in auto al Rio Mersa ed ivi abbandonata e tornato a casa ha rifatto il letto con lo stesso lenzuolo. Sarà stato, alquanto difficile, da parte dell’accusa spiegare al Giudice Amerio come i vestiti rimasti a casa si siano sporcati di terra e non il lenzuolo. Tra l’altro nessun lenzuolo avrebbe mai impedito alle tracce del cadavere di Elena di depositarsi nel bagagliaio dell’auto, dove le ricordo non sono mai state riscontrate.

Dott.ssa Franco, lei è stata l’unica a spiegarsi le circostanze della morte della Ceste e non ha avuto alcun timore a mettersi contro tutti, non credo sia stato facile, si può parlare di coraggio?

Addivenire alla verità, grazie alle proprie competenze ed allo studio approfondito del caso, non è difficile, è il sistema che non è facilmente permeabile e non mi riferisco alla Procura. Non credo che sia stato il coraggio a sostenermi in questa lotta quanto piuttosto una forza inarrestabile quale è la certezza della verità.
Mi dispiace soltanto che i molti ed inaspettati ostacoli che ho trovato di fronte a me abbiano allungato i tempi della giustizia.

Mi sembra ottimista per quanto riguarda la sentenza dei primi di novembre
Non ho certezze a parte il fatto che, dopo che la verità è stata rivelata ed è stata ribadita con forza in udienza, durante la sua requisitoria dall’avvocato Giuseppe Marazzita, questa VERITÀ prima o poi trionferà.

Il caso è risolto, la difesa ha chiarito come andarono i fatti?

La mia ricostruzione, (N.d.r. contenuta nella Super Perizia) si accorda perfettamente con tutte le risultanze investigative e nulla potrà mai cambiare i fatti accaduti il 24 gennaio 2014. La mia speranza è che il Giudice Amerio sia il primo Giudice ad interrompere il corso di questa grave ingiustizia.

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“Fuori dal Coro”, Mario Giordano: accuse e disinformazione, tra “ladri di salute” e realtà distorta

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La trasmissione di Rete4 punta il dito sulle liste d’attesa con tagli e montaggi che distorcono la realtà dando poco spazio alle spiegazioni sulle cause strutturali e storiche di questo problema

Le liste d’attesa sanitarie nella regione Lazio rappresentano da anni una delle maggiori sfide per i cittadini e le istituzioni. Problemi come i lunghi tempi di attesa per visite specialistiche e interventi chirurgici affliggono il sistema sanitario da decenni, ereditati da diverse amministrazioni regionali. Negli ultimi mesi, tuttavia, la trasmissione Fuori dal Coro, condotta da Mario Giordano su Rete4, ha acceso i riflettori sul tema, con servizi che spesso sembrano puntare il dito contro l’attuale governatore Francesco Rocca e i dirigenti delle ASL.

La narrazione mediatica proposta dal programma sembra suggerire che la responsabilità delle inefficienze sia interamente da attribuire alla giunta Rocca, ignorando la complessità storica e sistemica del problema.

La campagna mediatica di Fuori dal Coro

La trasmissione di Giordano, Fuori dal Coro, è nota per il suo stile provocatorio e per servizi che mirano a denunciare inefficienze e disservizi in vari settori della vita pubblica italiana. Negli ultimi tempi, il programma ha rivolto un’attenzione particolare alla sanità del Lazio, accusando il sistema di essere gestito da “ladri di salute”. Giordano, con i suoi servizi taglienti, ha puntato il dito contro la gestione delle liste d’attesa e il ruolo delle ASL, alimentando polemiche sulla responsabilità del governatore Rocca e delle amministrazioni locali nel garantire un servizio sanitario efficiente utilizzando filmati montati ad arte per evidenziare episodi di presunta incompetenza o scarsa trasparenza da parte dei dirigenti delle ASL. Questi servizi, sebbene utili per accendere il dibattito pubblico, rischiano di presentare un quadro distorto della realtà, facendo sembrare che il problema delle liste d’attesa sia frutto esclusivo dell’attuale amministrazione. Gli spezzoni video presentati, tagliati e cuciti ad arte, non offrono sempre un quadro completo delle azioni e delle iniziative messe in campo per risolvere un problema così complesso. Rocca e le ASL regionali vengono spesso messi in ridicolo, attraverso un montaggio selettivo che dà poco spazio alle spiegazioni sulle cause strutturali e storiche di questo problema.

Un problema di lungo corso: le cause storiche delle liste d’attesa

La questione delle liste d’attesa nel Lazio ha radici profonde, e risale a molto prima della gestione di Rocca. Secondo i dati forniti dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), la Regione Lazio si è trovata negli ultimi 10 anni a fronteggiare un aumento costante delle richieste di prestazioni sanitarie. Questo è avvenuto in un contesto di scarsità di risorse, con un personale sanitario insufficiente rispetto al fabbisogno, strutture ospedaliere spesso sovraccariche e difficoltà nel gestire in modo efficiente il sistema delle prenotazioni.

Le precedenti amministrazioni regionali hanno tentato varie riforme per affrontare il problema, ma con risultati alterni. Nel 2019, sotto la giunta Zingaretti, il Lazio era già tra le regioni con le più lunghe liste d’attesa in Italia, con pazienti costretti ad attendere mesi, se non anni, per accedere a esami diagnostici e visite specialistiche .

Gli sforzi della giunta Rocca per ridurre i tempi

Dal suo insediamento, Francesco Rocca ha reso le liste d’attesa una priorità per la sua amministrazione. Il governatore, insieme agli assessori competenti, ha avviato un piano di riorganizzazione del sistema sanitario regionale che mira a ridurre significativamente i tempi di attesa. Uno dei punti chiave è l’incremento delle risorse destinate all’assunzione di nuovo personale sanitario e all’implementazione di sistemi digitali più efficaci per la gestione delle prenotazioni.

Un passo importante è stato l’avvio della piattaforma Recup, il sistema unico regionale per le prenotazioni di visite ed esami, che dovrebbe rendere più trasparente e immediata la gestione delle richieste. Inoltre, la giunta Rocca ha stanziato fondi per migliorare l’infrastruttura tecnologica degli ospedali, con l’obiettivo di abbattere le inefficienze burocratiche che spesso causano ritardi nelle prestazioni sanitarie.

Nonostante questi sforzi, il sistema sanitario del Lazio si trova ancora in una fase di transizione, e ci vorrà del tempo prima che le riforme possano produrre risultati tangibili. Le criticità attuali, infatti, sono l’eredità di anni di mancati investimenti e tagli alla sanità, e non possono essere risolte nell’arco di pochi mesi.

Il ruolo delle ASL e il problema della comunicazione

Un altro punto sollevato da Fuori dal Coro riguarda i dirigenti delle ASL, spesso accusati di essere poco trasparenti o addirittura di boicottare le riforme. Tuttavia, è importante ricordare che le ASL sono strutture complesse, e molte delle inefficienze segnalate dipendono da vincoli amministrativi e da una scarsità di risorse che si protrae da anni.

La campagna di discredito portata avanti da alcuni programmi televisivi rischia di delegittimare il lavoro di migliaia di professionisti della sanità, che ogni giorno si impegnano per garantire il miglior servizio possibile ai cittadini, nonostante le difficoltà.

La necessità di una corretta informazione

In un contesto così delicato, è fondamentale che il dibattito pubblico venga alimentato da informazioni accurate e contestualizzate. La disinformazione, come quella veicolata da montaggi video parziali, non fa altro che creare sfiducia nei confronti delle istituzioni e alimentare tensioni sociali. Al contrario, è necessario riconoscere gli sforzi che la Regione Lazio sta compiendo per risolvere un problema che affligge non solo questa regione, ma molte altre parti d’Italia.

Le riforme sanitarie richiedono tempo, risorse e la collaborazione di tutti gli attori coinvolti, dai politici ai dirigenti sanitari, fino ai cittadini stessi. Solo attraverso un approccio condiviso e una comunicazione trasparente si potranno raggiungere risultati concreti e duraturi nella riduzione delle liste d’attesa e nel miglioramento della sanità pubblica.

E così, mentre la trasmissione Fuori dal Coro punta il dito contro Rocca e le ASL del Lazio, sarebbe invece importante non perdere di vista la complessità della questione e il lavoro che si sta facendo per migliorare una situazione ereditata da anni di difficoltà strutturali.

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Un anno di articoli con L’Osservatore d’Italia

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Un anno di esperienza con questa testata giornalistica! Beh che dire, lo staff è davvero impegnato su diversi fronti e la collaborazione con loro aiuta sicuramente uno scrittore esordiente ad imparare a scrivere in termini giornalistici.

La testata giornalistica di www.osservatoreitalia.it è sempre molto accattivante e ricca di notizie, dalla cronaca nera a quella rosa. Fare esperienza con un’equipe ben organizzata è il giusto trampolino di lancio per modellare e migliorare l’arte dello scrivere.

La possibilità di vedere i propri articoli pubblicati e seguiti da molti followers investe positivamente sia sul pubblicista che sul giornale. La direttrice, Chiara Rai e il marito Ivan Galea sono impegnati su tanti fronti (dalla politica, alla finanza, alla salute, alla cronaca etc ..) e si occupano in modo chiaro di dare qualità al loro lavoro.

Un “mestiere” quello del giornalista molto scrupoloso e curioso che deve accendere nei lettori la necessità di leggere una determinata notizia. Il giornale si occupa di organizzare momenti di rassegna stampa su diverse tematiche interessanti.

Scrivere articoli per www.osservatoreitalia.it è stata e sarà un’esperienza che ha colmato lacune e incoraggiato l’uso della lingua italiana. Ha arricchito l’esperienza culturale di ciascun collaboratore che ne fa parte.

www.osservatoreitalia.it è una realtà in espansione e mi auguro di vederla sempre di più crescere nell’ambito giornalistico e di espressione. È un’opportunità che va calibrata e pensata, nessuna notizia può essere un caso, ma deve rispecchiare gli avvenimenti reali della nostra quotidianità. Deve incuriosire per espandersi sempre oltre.

La collaborazione con Chiara Rai è efficace sotto ogni punto di vista, poiché il suo modo diretto di spiegare e render noto gli avvenimenti è molto oggettivo e schietto. Non esistono ma e se …, ma la consapevolezza di chi si è e di chi si vuol essere.
Il giornalismo è un’attitudine alla scoperta e alla capacità, non solo di vincere l’attenzione del lettore, ma di formulare articoli chiari e concisi.
La grande “famiglia” di www.osservatoreitalia.it sta lavorando sempre più per ampliare le sue conoscenze e competenze pertanto far parte di questo team è davvero eccezionale.
Nel dedicare questo articolo al mio primo anno di collaborazione, ringrazio Chiara e Ivan in modo speciale. Continuate e continuiamo così, l’informazione c’è e noi ci saremo sempre cari lettori!

Cara Maria Rossella Randi,
grazie di cuore per il tuo bellissimo editoriale e per le parole di stima e apprezzamento verso L’Osservatore d’Italia.

È un piacere sapere che la tua esperienza con noi sia stata così positiva e formativa. Il tuo impegno e la tua dedizione nel contribuire alla nostra testata ci rendono orgogliosi. Il giornalismo è un lavoro di passione e attenzione, e siamo felici che tu abbia trovato in noi una squadra con cui crescere e sviluppare le tue abilità. Siamo certi che il tuo contributo continuerà a essere prezioso, e ti ringraziamo per la fiducia e la collaborazione! Un caro saluto e un grande augurio per il futuro!

La redazione de L’Osservatore d’Italia!

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Il Consiglio di Stato: “Non ci sono fondi per la disabilità” dobbiamo limitare l’inclusione scolastica

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Il titolo preannuncia una possibile “tragedia” che sta colpendo la dignità umana, questa è pura follia! L’inclusione della disabilità ha seguito un iter legislativo molto complesso che va consolidato ogni giorno con dei progetti validi a livello nazionale/europeo. Sentir parlare di limitare i fondi di bilancio che promuovono l’inclusione della disabilità è disfunzionale alla nostra etica morale.

La scuola italiana negli ultimi decenni si è impegnata sempre più in termini di inclusione, pertanto i “cantieri che si sono aperti” devono essere lavorati e non serrati. Sull’inclusione scolastica sono stati fatti numerosi studi, convegni e seminari; ad esempio l’Università Alma Mater di Bologna riconosce un grande merito al professore Andrea Canevaro, nonché il pioniere della prima cattedra di pedagogia speciale in Italia. Purtroppo, venuto a mancare da qualche anno, il professore Canevaro ha scritto i cardini su cui poggia la pedagogia speciale, ha studiato e fatto ricerca su molti punti chiave della disabilità: in particolare proprio sul concetto di inclusione.

È intervenuto con tecniche e strategie innovative tali da diffondere tre concetti chiave: il disabile non è diverso, ma tutti siamo uomini diversi, la consapevolezza dell’assenza di giudizio, il sostegno alla disabilità e le famiglie come fulcro del suo pensiero pedagogico.
Ostacolare oggi questi studi è come buttare una “mina” su tutto quello che è stato fatto da numerosi professionisti, insegnanti di sostegno e docenti. Inoltre, tutto quello che il Consiglio di Stato Italiano ha detto non ha fatto altro che creare malcontenti, delusioni e rabbia, nonché profonde ferite che colpiscono gli animi dei ragazzi/e, gli studiosi, le istituzioni e le famiglie stesse.
Il taglio dei fondi riguarderebbe non solo la disabilità certificata, ma anche le fragilità di alcuni ragazzi/e (i DSA e i BES). In tal caso, crollerebbe l’istituzione scuola, il ruolo degli insegnanti di sostegno e le progettazioni che si organizzano (es. i Piani Educativi Individualizzati).

Le famiglie sono molto preoccupate dopo la sentenza n° 1798/2024, poiché quest’ultima non riguarderebbe solo la violazione del diritto all’istruzione degli studenti disabili, ma anche di tanti altri servizi importanti come il trasposto, la riabilitazione e le cure. Le amministrazioni certificano, così, che il diritto allo studio per i disabili vale meno degli altri, riportando-ci ad un concetto terrificate: la discriminazione. Concetto, quest’ultimo, che non deve “esistere” in una repubblica democratica come l’Italia.


Se i fondi per l’assistenza scolastica stanno finendo, non bisogna certo infierire contro le situazioni più deboli. In tal caso si vanno ad infrangere i principi della nostra Costituzione Italiana quali, la dignità, l’uguaglianza, l’inclusione e le pari opportunità.

Pertanto, diciamo NO a questi possibili “tagli” ne va della nostra reputazione personale e collettiva.

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