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Cronaca

EMANUELA ORLANDI: LA CASSAZIONE CONFERMA L'ARCHIVIAZIONE

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Tempo di lettura 4 minuti La Procura Generale della cassazione aveva sollecitato l’inammissibilità totale del ricorso con requisitoria scritta

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di Angelo Barraco
 
Roma – Sulla scomparsa di Emanuela Orlandi è stata messa la parola fine. La Cassazione ha confermato l’archiviazione in merito alla scomparsa della 15enne cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983. Il ricorso presentato dalla famiglia è stato dichiarato inammissibile. La Procura Generale della cassazione aveva sollecitato l’inammissibilità totale del ricorso con requisitoria scritta. In data 5 maggio 2015 la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione sull’inchiesta che riguarda la scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno del 1983 e di Mirella Gregori, avvenuta il 7 maggio del 1983. La procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati Marco Accetti, per i reati di calunnia e autocalunnia. Nelle 84 pagine di richiesta di archiviazione, i pm Ilaria Calò e Simona Maisto scrivono: “Gli elementi indiziari emersi dalle indagini hanno trovato alcuni riscontri in ordine al coinvolgimento della Banda della Magliana,  tuttavia, non hanno permesso – tendono a sottolineare i magistrati – di pervenire ad un risultato certo in merito al coinvolgimento di Enrico De Pedis e ai soggetti a lui vicini e gravitanti nell'ambiente della criminalita' romana legata alla Banda della Magliana”. Per la scomparsa di Emanuela Orlandi erano stati indagati con l’accusa di sequestro di persona e omicidio ben cinque persone. Queste persone erano legate alla Banda della Magliana e sono: Sergio Virtu', autista di De Pedis, Angelo Cassani, detto 'Ciletto', Gianfranco Cerboni, detto 'Gigetto', stretti collaboratori del boss della Magliana, oltre a monsignor Vergari e alla supertestimone Sabrina Minardi, amante di 'Renatino che aveva fatto scottanti rivelazioni. Gli inquirenti reputano le dichiarazioni di Sabrina Minardi, sentita più volte nel corso degli anni: “testimone sicuramente difficile a causa della sua tossicodipendenza e delle pessime condizioni di salute, fisiche e mentali, hanno, sotto alcuni profili, trovato parziali riscontri: tuttavia, occorre rilevare come tali elementi di natura indiziaria, in ragione dei limiti di carattere oggettivo e soggettivo che li inficiano, non consentono certamente di ritenere provata la responsabilita' per il rapimento con conseguente morte di Emanuela Orlandi ne' di Enrico De Pedis e di Marco Sarnataro”. Marco Sarnataro, morto nel 2007, avrebbe raccontato al padre –che è stato interrogato più volte tra il 2008 e il 2009- di aver partecipato al sequestro di Emanuela Orlandi insieme a “Ciletto” e  “Gigetto”. Il sequestro sarebbe avvenuto dopo un pedinamento fatto alla ragazza nei giorni antecedenti al rapimento, e l’ordine sarebbe partito da Renatino De Pedis. Successivamente Marco Sarnataro e altre due persone avrebbero caricato Emanuela Orlandi a bordo di una Bmw presso Piazza Risorgimento e successivamente l’avrebbero portata all’Eur. Sarnataro avrebbe poi confidato al padre che De Pedis, per questo lavoro, gli aveva regalato una moto. 

MARCO ACCETTI: I Pm Ilaria Calò e Simona Maisto, nella richiesta di archiviazione, a proposito di Marco Accetti lo descrivono come un “soggetto ansioso di protagonismo e ossessionato fin da giovane dalla vicenda Orlandi. Quello che colpisce e' la conoscenza dei fatti che va oltre quella che puo' avere un semplice appassionato al caso.  Accetti e' stato molto vicino alle carte del caso Orlandi dimostrando una conoscenza puntuale di quanto pubblicato negli anni, soprattutto degli atti processuali della vecchia indagine mentre ha dimostrato di conoscere poco su elementi che non sono oggetto di pubblicazione”. Ricordiamo che Marco Accetti si è attribuito un ruolo nei sequestri e ha sostenuto di essere uno dei telefonisti. Ciò che dice Accetti: “non e' credibile ed e' frutto di un lavoro di sceneggiatura scaturito dallo studio attento di atti e informazioni acquisiti negli anni”. 

OSSA A SANT’APOLLINARE: Ecco quanto scrivono i Pm sulle ossa trovate a Sant’Apollinare: “L'esito negativo degli accertamenti effettuati sull'ossario presente nella cripta della basilica di Sant'Apollinare costituisce ulteriore elemento di indebolimento del quadro probatorio”.

Emanuela Orlandi era una cittadina Vaticana e scompare nel giugno del 1983. Frequentava il liceo scientifico al Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II, era una brava musicista e frequentava una scuola di musica a Piazza Sant’Apollinare, nei pressi di Palazzo Madama. Quel giorno Emanuela andò a lezione di musica alle ore 16.00 e finì alle 19.00. Fece una telefonata a casa e parlò con la sorella in merito ad una proposta di lavoro con relativa retribuzione di 350.000 lire come promotrice per una ditta di cosmetici. Questo è l’ultimo contatto con la famiglia che ebbe la giovane, poi il vuoto. La ditta di cui si fa cenno venne contattata in seguito ed è emerso che non aveva nulla a che fare con quell’offerta di lavoro, da ulteriori accertamenti venne fuori che altre ragazze vennero avvicinate da un uomo che proponeva lavoro, sfilate ecc.  Ma chi era Emanuela Orlandi? figlia di un commesso della prefettura del Vaticano, le ricerche partono immediatamente e si affacciano i primi testimoni; l’ultimo ad averla vista è un vigile urbano, ha notato Emanuela salire su una BMW scura, ma la ragazza non è sola, è in compagnia di un uomo. La scomparsa di Emanuela Orlandi è un mistero fitto ma nel 2005 avviene una svolta, il programma televisivo “Chi l’ha visto?” parla della scomparsa di Emanuela Orlandi, quando arriva in trasmissione una telefonata che dice: “Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all’epoca”. Nella Basilica di Sant’Apollinare vi è una cripta e dentro la cripta è sepolto Enrico De Pedis, e si è scatenata la caccia al motivo che ha spinto e concesso la sepoltura di un criminale all’interno di una delle chiese più importanti di Roma. Si riapre la vicenda Orlandi, dopo tale scoperta, e si aggiunge ad essa anche l’ex compagna di De Pedis, Sabrina Minardi, che fa delle clamorose dichiarazioni. Sabrina Minardi dichiara a “Chi l’ha visto?” che Emanuela Orlandi fu portata a Monteverde all’interno di sotterranei, complice di tale sequestro sarebbe anche il cardinale Marcincus. La Minardi dice di aver partecipato al sequestro insieme a De Pedis, se tale dichiarazione avesse una valenza, rimane aperta l’ipotesi dei moventi.

Castelli Romani

Frascati: “Crolla” la pavimentazione in piazza San Rocco

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Spaventano le immagini che ci sono arrivate oggi in redazione di piazza San Rocco a Frascati.
“Frascati crolla” è il grido che ci giunge.

la foto mostra nel dettaglio la “voragine” creatasi su piazza San Rocco

I lavori che imperversano in città mostrano la fragilità del territorio dove si sviluppa Frascati.
Anni di mancate manutenzioni e di lavori, a quanto ci dicono numerosi altri cittadini, eseguiti con poca accuratezza hanno minato la stabilità del terreno e le piogge torrenziali di questi giorni sono il “colpo di grazia”.

immagini giunte in redazione

Quello che traspare è la necessità di porre in essere un accurata ricognizione della città stessa, specie nella zona più storica ed antica.
La necessità di riqualificare, in special modo, tutto il centro storico diventa sempre di più necessaria ed urgente proprio per evitare ulteriori danni a quello che resta il fragile territorio della città tuscolana.

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Cronaca

Tragedia familiare a Perugia: tre corpi trovati senza vita in un casolare isolato

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Un agghiacciante ritrovamento ha sconvolto la comunità di Perugia: tre persone sono state scoperte morte all’interno di un casolare abbandonato, situato nelle campagne remote di Fratticiola Selvatica. Gli inquirenti parlano di una scena drammatica, che sembra indicare un brutale omicidio-suicidio.

Secondo le prime informazioni fornite dagli investigatori, si tratterebbe di un gesto estremo avvenuto in ambito familiare, un atto di violenza che ha spezzato tragicamente tre vite. Le vittime sono un uomo, sua moglie e la loro figlia, tutti uccisi da colpi di fucile sparati a bruciapelo. Il silenzio che circonda questo macabro episodio lascia spazio a molte domande, ma una delle poche certezze è che si tratta di un dramma che ha avuto come sfondo una tranquilla e isolata zona rurale.

Non è ancora chiaro chi abbia lanciato l’allarme, ma l’intervento dei soccorritori del 118, giunti sul posto con un’ambulanza e un’auto medica, è stato purtroppo inutile: i tre erano già deceduti all’arrivo.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Perugia, sono ancora in corso per fare chiarezza su chi abbia premuto il grilletto e ricostruire con precisione la dinamica degli eventi. Sul luogo della tragedia sono intervenute la squadra mobile e la scientifica, impegnate a raccogliere ogni elemento utile per risolvere questo inquietante caso. Il casolare, ubicato in una zona di campagna difficile da raggiungere, è accessibile solo attraverso una stretta strada sterrata, aumentando la sensazione di isolamento e mistero che circonda l’intera vicenda.

Le indagini proseguono senza sosta, ma il paese è già sconvolto da un dramma che lascia una scia di dolore e interrogativi.

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Cronaca

Terrore in corsia: Medici e infermieri sotto assedio nel Policlinico di Foggia

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Due aggressioni in pochi giorni. Il personale sanitario grida aiuto: “Siamo stanchi e spaventati”

Nel cuore della notte, le corsie del Policlinico di Foggia si sono trasformate ancora una volta in un campo di battaglia. Un giovane di appena 18 anni, arrivato in pronto soccorso per uno stato d’ansia, ha scatenato la sua furia contro tre infermieri, sferrando calci e pugni. Questo episodio, l’ultimo di una serie allarmante, ha gettato nuovamente nel panico il personale sanitario, già provato da un’aggressione avvenuta solo pochi giorni prima.

“Non siamo più al sicuro nemmeno sul posto di lavoro,” confida Maria, un’infermiera con 20 anni di esperienza, la voce tremante. “Veniamo qui per salvare vite, ma rischiamo la nostra ogni giorno.”

L’escalation di violenza ha raggiunto un punto critico. Solo quattro giorni prima, nel reparto di chirurgia toracica, i familiari di una giovane paziente deceduta hanno aggredito il personale, costringendolo a barricarsi nelle stanze dell’ospedale per sfuggire alla loro ira.

Il dottor Antonio, chirurgo di lungo corso, racconta con gli occhi lucidi: “Ho visto colleghi piangere dopo il turno, altri che non vogliono più venire a lavorare. Siamo esausti e spaventati.”

La situazione è talmente grave che Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei medici, ha lanciato un appello disperato alla Premier Meloni: “Abbiamo bisogno di un piano di sicurezza immediato. Altrimenti ce ne andiamo tutti.”

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, fa eco a questa richiesta, invocando un aumento del presidio delle forze di polizia negli ospedali. “I nostri angeli in camice bianco non possono trasformarsi in bersagli,” afferma con fermezza.

Mentre le istituzioni dibattono, il personale sanitario ha proclamato lo stato di agitazione. Una manifestazione unitaria è prevista per il 16 settembre a Foggia, un grido collettivo per chiedere protezione e rispetto.

“Ogni volta che sento una voce alterata, il cuore mi batte all’impazzata,” confessa Lucia, giovane specializzanda. “Non è questo che sognavo quando ho deciso di diventare medico.”

La proposta del senatore Ignazio Zullo di introdurre un “daspo sanitario” per chi aggredisce il personale medico ha acceso un dibattito infuocato. “Tre anni senza cure gratuite potrebbero far riflettere chi pensa di poter usare la violenza,” sostiene il senatore, pur garantendo che le cure salvavita e urgenti sarebbero sempre assicurate.

Mentre il dibattito infuria, nei corridoi del Policlinico di Foggia regna un silenzio teso. Medici e infermieri continuano il loro lavoro, con la paura negli occhi ma la determinazione nel cuore. “Abbiamo giurato di curare, e lo faremo sempre,” afferma il dottor Giovanni, primario di pronto soccorso. “Ma abbiamo bisogno di sentirci protetti per poter proteggere gli altri.”

La città di Foggia, e con essa l’Italia intera, trattiene il respiro, sperando che questa spirale di violenza possa finalmente interrompersi. Nel frattempo, gli “angeli in camice bianco” continuano la loro missione, eroi silenziosi di una battaglia che non avrebbero mai voluto combattere.

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