EMARGINAZIONE SOCIALE: GIOVANE 30 ENNE SI LANCIA NEL VUOTO

di Cinzia Marchegiani

Sottomarina (VE) – Alle porte della festa del 2 giugno, Federico Pagan, un giovane uomo di 30 anni ha deciso di togliersi la vita gettandosi nel vuoto da un’impalcatura sistemata addosso ad un edificio, sotto le accorate suppliche delle persone che avevano notato il ragazzo stazionare all’altezza del sesto piano le quali immediatamente avevano attivato le richieste d’aiuto ai vigili e il commissariato locale. Per Federico il lancio è stato fatale, morto nella sua città dove viveva in una tenda, un dramma di un’emarginazione sociale e della disperazione. Un appello la sua situazione finito anche sulle pagine del giornale Nuova, dove chiedeva aiuto: “Mio padre ha perso il lavoro, perché è fallita l’azienda in cui lavorava, non siamo più stati in grado di pagare l’affitto e ci hanno sfrattati. Ora i miei vengono ospitati da parenti e io ho solo questa tenda dove stare”

Una situazione al limite del grottesco verrebbe da dire, una nazione il nostro Bel Paese, attento a non discriminare migranti e profughi ma cieco verso situazioni insostenibili e di grande dignità umana a chi all’improvviso la vita prende un taglio inaspettato, gettando per strada matericamente persone.

Federico aveva fatto una scelta sofferta, rimanere a dormire in quella tenda, suo padre aveva trovato un altro lavoro e una sistemazione. Ma Federico stava combattendo evidentemente per qualcosa di importante, una battaglia forse più profonda, invisibile alla superficialità, fatta di solitudine, di certezze che all’improvviso vengono a mancare, per la sfiducia verso un sistema che divora speranze e sogni. La sua tenda era diventata un simbolo di una protesta forse più grande di lui, perché evidentemente non ce l’ha fatta a superare i suoi stessi fantasmi, e ha programmato il suo giorno della morte. L’isolamento, una società che cambia repentinamente, quei valori che diventano labili e disumani sono stati la spinta forse a decidere che questo mondo non meritava le sue sofferenze.

Solo era nella società e solo ha voluto morire Federico. In tasca una lettera, un testamento lungo parecchie pagine sicuramente faranno luce su quel gesto a molti incomprensibile, ma carico di tanta amarezza e incapacità di questo paese di saper accogliere e dare aiuto, non solo materiale, per chi non è in grado di giustificare un accanimento della vita. Quando un giovane di 30 anni decide di farla finita perché il suo paese non ha ascoltato il suo grido di dolore e i suoi grandi problemi, c’è da chiedersi dove questa nazione voglia andare e cosa abbia da festeggiare. Federico Pagan era un italiano, e la sua battaglia l’ha combattuta nella sua patria; era un giovane uomo che all’improvviso ha dovuto combattere contro un sistema che toglie lavoro, casa e dignità. Un tiro alla fune scattato anche contro quelle stesse istituzioni che l’hanno lasciato vivere dentro una tenda, senza far nulla affinché si potesse reintegrare e avere un’altra possibilità per riscattare un vita che lo aveva messo a dura prova.

Ecco come muore un italiano, mentre oggi fiumi di vuote parole riempiranno i tg nazionali e la felicità di qualche bambino di sventolare la bandiera italiana, Federico non c’è più. Federico forse anche lui da piccino riempiva le file delle parate. A noi rimane l’amarezza di testimoniare come la vita umana spesso abbia poco valore; viviamo inermi i drammi delle altre persone e per paura non riusciamo a guardare in faccia questi orrori.