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Emergenza siccità: in attesa delle decisioni del governo le ruspe dei Consorzi di Bonifica in azione per portare acqua all’agricoltura

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Francesco Vincenzi, Presidente ANBI: “Servono decisioni sollecite di fronte al dramma idrico”

“Giorno dopo giorno si allarga il dramma per campagne arse dalla siccità in un momento fondamentale del processo colturale. Per questo, chiediamo al Governo di accelerare la decisione su una scelta che, permanendo le attuali condizioni climatiche, appare ineludibile: la creazione di una cabina di regia per la gestione delle risorse idriche sotto il coordinamento della Protezione Civile.”

A ribadirlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), mentre le ruspe continuano ad essere le protagoniste della lotta contro il tempo (anche meteorologico), ingaggiata dai Consorzi di bonifica ed irrigazione per salvare i raccolti.

È così a Boretto, nel reggiano, dove ogni giorno mezzi meccanici del Consorzio di bonifica dell’Emilia Centrale sono all’opera per evitare l’insabbiamento delle pompe idrovore, nonostante il fiume Po sia ai minimi storici; è un’opera continua, che aggrava i bilanci dell’ente, che già registrano spese non preventivate per 150.000 euro, che rischiano di ricadere su consorziati già penalizzati nel reddito agricolo.

Ruspe in azione anche nella toscana Valdichiana, dove la diga di Montedoglio rimane un prezioso serbatoio d’acqua di qualità e l’impegno principale è aumentare le reti irrigue per ottimizzarne l’uso a servizio dell’economia rurale, evitando qualsiasi spreco e riducendo gli attingimenti da corsi d’acqua superficiali o dal sottosuolo.

“In questa fase storica, dove l’emergenza idrica ha allarmanti conseguenze sull’agricoltura e non solo, noi siamo in cantiere per la posa delle tubazioni di un nuovo distretto irriguo, in comune di Castiglion Fiorentino. Qualche tempo fa avevamo annunciato il completamento del progetto; a pochi mesi di distanza, siamo riusciti ad avviare il cantiere per la realizzazione dell’infrastruttura. Si tratta di un’opera particolarmente attesa in una zona, dove prevalgono produzioni vivaistiche, colture floricole ed orticole di pregio” evidenzia Serena Stefani, Presidente del Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno.

“E’ la prova del lungimirante lavoro anche di prospettiva, che gli enti consorziali stanno portando avanti in tutta Italia e che vorremmo esteso all’amministrazione pubblica ad ogni livello – commenta il Presidente ANBI – Il nostro impegno spazia dallo sviluppo delle progettazioni alla ricerca dei finanziamenti necessari per dare forma alle reti idriche. In questo caso si è riusciti ad intercettare le risorse messe a disposizione dal Piano di Sviluppo Rurale della Regione Toscana.”

“L’intervento – spiega Lorella Marzilli, ingegnere del Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno – prevede la creazione di una rete di distribuzione irrigua, che interessa una superficie di 200 ettari. Lungo la rete saranno posizionate camere di manovra per alloggiare le apparecchiature necessarie alle operazioni di gestione e monitoraggio dei parametri idraulici principali; sarà inoltre dotata di un sistema di telecontrollo, che ne consentirà la gestione in tempo reale e lungo il suo sviluppo verranno posizionati 17 punti di consegna.”

I lavori dovrebbero essere completati entro l’autunno-inverno per consentire alle imprese del territorio di aprire le condotte già dalla prossima stagione irrigua.

In Calabria, invece, nel territorio di San Giovanni in Fiore, il lavoro delle ruspe ha finalmente comportato l’inaugurazione della diga Re di Sole, il cui invaso fornirà acqua a circa 1000 ettari e potrebbe produrre energia idroelettrica. La messa in esercizio arriva a distanza di ben 32 anni dalla conclusione dei lavori. Progettata alla fine degli anni ’50 per consentire l’approvvigionamento idrico di gran parte dei terreni agricoli della Sila (in località Serrisi, Germano ed Olivaro), ma anche delle popolazioni dell’Alto Crotonese, la diga venne completata alla fine degli anni ’80, ma non entrò mai in funzione.

“E’ l’autogoverno dei Consorzi di bonifica calabresi a permettere che un invaso destinato a rimanere un’incompiuta cattedrale nel deserto possa oggi essere un fiore all’occhiello dell’intera provincia cosentina. Dal Sud al Nord Italia siamo impegnati a dare risposte concrete al territorio; come confermeremo anche in occasione della nostra Assemblea Nazionale (5 e 6 Luglio, a Roma), abbiamo centinaia di progetti cantierabili, che migliorerebbero la resilienza delle comunità ai cambiamenti climatici. Noi possiamo solo metterli a disposizione del Paese e della sua classe politica” conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

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Castel Gandolfo, primi dati trasmessi dall’idrometro nel lago: situazione allarmante

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In solo 10 giorni, da l’Autorità di Bacino ha installato il teleidrometro nel lago di Albano di Castel Gandolfo, periodo durante il quale non ci sono stati apporti pluviometrici ed il livello di falda circostante al lago è rimasto depresso, si è verificata un’ulteriore perdita di 120.000 metri cubi di acqua dal lago.

L’ANBI e l’ABDAC sono in stretto contatto per capire meglio come affrontare l’imminente criticità. Tra le azioni prioritarie c’è la necessità di un aggiornamento dello stato di fatto ed una verifica e calibrazione dei modelli esistenti sulla base di un monitoraggio rigoroso dei livelli lacustri e piezometrici, delle precipitazioni e delle portate emergenti.

I Sindaci dei Comuni sul lago sono stati avvertiti per le vie brevi ma sarà necessaria quanto prima una riunione per dettare una serie di azioni condivise tra cui forse la più urgente è stabilire insieme a tutti gli organi competenti una soglia di livello idrometrico al di sotto del quale non è possibile andare e quindi qualsiasi emungimento al di sotto della cifra stabilità risulterà non autorizzato e perseguibile per legge

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ANBI, ambiente: un gambero per monitorare inquinamento da nano e microplastiche

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Quello, che sta per concludersi sarà ricordato come l’Agosto dei crostacei “alieni”: ma se il futuro del voracissimo granchio blu sembra destinato ai biodigestori e marginalmente al consumo alimentare, una più utile prospettiva si apre per i gamberi rossi della Louisiana (Procambarus clarkii), grazie alla collaborazione di studio tra i partner del progetto europeo Life Claw (tra cui il Consorzio di bonifica di Piacenza) ed i ricercatori dell’Università di Parma (sezione di farmacologia e tossicologia del dipartimento di scienze medico veterinarie e dipartimento di scienze chimiche, della vita e della sostenibilità ambientale).
“A cura dell’Ateneo parmigiano – rende noto Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) – l’interessante progetto di ricerca mira ad elaborare protocolli per il monitoraggio dei livelli d’inquinamento da nano e micro plastiche, nonchè dei residui ambientali dell’antiparassitario ivermectina, rilevati nei gamberi rossi, considerati una specie sentinella; lo studio porterà alla stesura di lavori scientifici da pubblicare su riviste internazionali.”
A livello più complessivo, “Life Claw” (Crayfish lineages conservation in north-western Apennine), giunto al quarto dei previsti cinque anni di attività, punta a conservare e migliorare la popolazione di gamberi autoctoni (Austropotamobius pallipes) attraverso un programma di conservazione a lungo termine nell’area dell’Appennino NordOccidentale di Emilia-Romagna e Liguria.
“Significativo è che questa importante azione sia svolta, grazie anche alla partecipazione di volontari appartenenti a cinque associazioni piscatorie, che hanno accolto la proposta di collaborazione dopo essere stati formati dai partner di progetto con sessioni teoriche e pratiche” evidenzia Luigi Bisi, Presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza.
“In provincia di Parma, all’interno di tre laghetti gestiti dall’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità dell’Emilia Occidentale, si sta procedendo ad un’azione di monitoraggio e contenimento dei gamberi di origine americana, considerati tra le principali cause di estinzione per i crostacei nativi – precisa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Gli stessi gamberi alloctoni sono inoltre responsabili di minare la stabilità degli argini con i loro tunnel, ostruire le griglie poste agli ingressi di canali intubati ed impianti idraulici, occludere le infrastrutture necessarie alla gestione delle derivazioni irrigue come, ad esempio, le paratoie.”
Il progetto è co-finanziato dall’Unione Europea e si propone tra gli obbiettivi specifici: creare strutture di allevamento per il ripristino della presenza locale del gambero di fiume, aumentandone gli stock delle più significative popolazioni, al fine di conservare la variabilità genetica della specie nell’Appennino NordOccidentale; contrastare la dispersione di gamberi alloctoni, ritenuta una delle principali cause di estinzione delle specie originarie negli ecosistemi d’acqua dolce.
“E’ con orgoglio, che presentiamo questa, ulteriore testimonianza dell’interesse, con cui i Consorzi di bonifica ed irrigazione partecipano a progetti di ricerca ed innovazione a servizio della tutela del territorio” conclude Vincenzi.
Con il Consorzio di bonifica di Piacenza sono partner del progetto Life Claw accanto al Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano (coordinatore): l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Emilia Occidentale, il Parco Naturale Regionale dell’Antola, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Università degli Studi di Pavia, l’Acquario di Genova-Costa Edutainment, il Comune di Fontanigorda.



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Neutralità carbonica al 2050? L’agricoltura italiana può raggiungerla destinando il 5% delle aree coltivate a fini energetici

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«Ma servono norme chiare e stabili e meno burocrazia»
 
 
Per gli esperti intervenuti al terzo incontro di Economia Sotto l’Ombrellone a Lignano Pineta (UD), agroenergie, fotovoltaico e agrivoltaico costituiscono un’enorme opportunità per il Paese e per l’agricoltura nazionale, senza comportare significativi impatti sulla produzione alimentare
 
Dalle agroenergie, dal fotovoltaico e dall’agrivoltaico arriverà un aiuto decisivo al futuro energetico e dell’agricoltura nazionale. In Italia, infatti, ci sono tutti i presupposti per raggiungere la neutralità carbonica prevista dalle norme europee entro il 2050, aumentando la produzione di energia da fotovoltaico (e dal nascente agrivoltaico) e da biomasse. A tal fine basterebbe destinare a fini energetici circa il 5% dei terreni attualmente coltivati e ciò non avrebbe alcun significativo impatto sulla produzione alimentare nazionale. L’utilizzo delle agroenergie e del fotovoltaico potrebbero anche rendere conveniente agli agricoltori recuperare una parte degli oltre 3,5 milioni di ettari (su circa 16milioni totali) teoricamente coltivabili, ma che oggi sono incolti e abbandonati.
 
«Le tecnologie e le capacità finanziarie ci sono, ma serve una maggiore chiarezza e stabilità normativa e meno burocrazia. Oggi, infatti, gli incrementi produttivi delle energie verdi (compreso anche l’eolico) sono rallentati da norme poco chiare, incentivi altalenanti e scadenze dei bandi impossibili da rispettare a causa di una burocrazia e un percorso autorizzativo elefantiaci»: lo hanno sostenuto Philip Turn Valsassina, presidente Fvg di Confagricoltura, Marco Tam, presidente del Gruppo Greenway, ed Eros Miani, fondatore e presidente di Fototherm, relatori del terzo incontro “Economia sotto l’ombrellone” 2023, svoltosi a Lignano Pineta e moderato dal giornalista e direttore editoriale Nord Est di Eo Ipso Carlo Tomaso Parmegiani, sul tema “Le agroenergie: occasioni, difficoltà e prospettive per le aziende agricole”.
 
«La tecnologia più promettente, ma ancora in fase di sviluppo – ha affermato Eros Miani, presidente di Fototherm, azienda di Gonars (Ud) fra i maggiori produttori e installatori italiani di moduli fotovoltaici – è l’agrivoltaico, che consente di installare sui campi agricoli pannelli fotovoltaici verticali. Si tratta di una tecnologia innovativa che permette di rendere compatibili su uno stesso terreno le coltivazioni agricole e la produzione di energia, avendo, comunque, una resa paragonabile a quella dei panelli messi a terra o installati sui tetti. Anche i pannelli fotovoltaici tradizionali, così come gli impianti a biomasse per la produzione di biogas e biometano e l’eolico possono, comunque, costituire un’ottima opportunità per uno sfruttamento a fini energetici dei terrenti agricoli. In Friuli Venezia Giulia in particolare – ha aggiunto – basterebbe destinare circa 5mila ettari a fini energetici (circa il 2/3 % del totale dei terreni coltivabili) per raggiungere l’obiettivo della totale decarbonizzazione al 2050 come previsto dagli obiettivi europei. Il problema oggi – ha concluso – non sono le tecnologie che sono ampiamente disponibili, con rese in continuo miglioramento e a prezzi calanti, ma l’incertezza normativa, le scadenze dei bandi troppo ravvicinate rispetto ai tempi di realizzazione medi degli impianti e una burocrazia ancora molto lenta e pesante, soprattutto nel nostro Paese».
 
 
Opinione simile quella di Marco Tam, presidente di Greenway, azienda che possiede tre impianti a biomasse e diverse attività agricole e che punta molto sull’energia verde, secondo il quale: «Il problema principale per tutte le produzioni energetiche rinnovabili non sono le tecnologie, ma le pastoie burocratiche e l’incertezza normativa. Un esempio viene dalle previsioni del 40% di finanziamenti a fondo perduto per gli impianti di biometano (che vuol dire associare a un impianto a biomasse una “mini raffineria” che consenta di estrarre il biometano) per i quali è stato previsto che gli impianti debbano essere completati entro il 2026, il che, considerato che un impianto richiede un investimento di almeno 3 milioni di euro (al netto del finanziamento) e tempi di partecipazione ai bandi, autorizzativi e costruttivi decisamente lunghi, è un’impresa quasi impossibile da portare a termine. Tutto ciò è un gran peccato, considerato che l’Italia sarebbe tranquillamente in grado di raggiungere con il biometano una produzione pari al 30% di tutto il gas utilizzato in Italia. Ciò sarebbe anche un passaggio fondamentale per la produzione di idrogeno verde che sarà, in realtà, la vera energia del futuro sia per la propulsione dei motori termici, sia per caricare le batterie fuellcell per la mobilità elettrica. Serve, quindi, urgentemente una revisioni delle tempistiche previste e una semplificazione delle procedure autorizzative».
 
 
Positiva la visione futura del mix fra energie rinnovabili e attività agricole da parte di Philip Thurn Valsassina, presidente di Confagricoltura Fvg e grande imprenditore agricolo in prima persona: «Le tecnologie a disposizione per la produzione di energia “verde” – ha spiegato – sono in continua evoluzione e il mix energetico fra fotovoltaico, biomasse, eolico e idroelettrico, potrà sicuramente permettere di raggiungere gli obiettivi al 2050. La vera sfida, oggi, per poterci liberare completamente dalla produzione di energia da combustibili fossili – ha continuato – sta nel rendere stabili, o accumulabili, le produzioni delle energie rinnovabili che, a differenza di una centrale elettrica a gas, petrolio, carbone o nucleare, sono soggette ad andamenti della produzione altalenanti essendo legati a fonti instabili come il sole, il vento, la produzione agricola, l’acqua. Per gli agricoltori, comunque – ha concluso –, le energie rinnovabili rappresentano grandi alleati, soprattutto se concepite in un mix vario. Un esempio nella nostra regione è venuto quest’anno dagli impianti a biomasse che hanno potuto utilizzare (e pagare agli agricoltori) la grande massa di coltivazioni danneggiate irreparabilmente dalle violente grandinate di qualche settimana fa e che erano diventate invendibili sui normali mercati agricoli. Un altro esempio, soprattutto per certi tipi di produzioni, può arrivare dal promettente sviluppo, anche se ancora in fase iniziale, dell’agrivoltaico, che potrebbe permettere di coniugare produzione agricola e produzione energetica».
 
In conclusione, i tre relatori hanno guardato al futuro dell’agricoltura italiana nei prossimi venti-trent’annisostenendo che oltre ai cambiamenti indotti dall’utilizzo dei campi a fini energetici, ci saranno grandi trasformazioni conseguenti all’avanzamento tecnologico e informatico con l’utilizzo di satelliti e droni per il controllo e la gestione dei campi, di robot per svolgere attività che oggi sono ancora prevalentemente manuali, di sistemi di micro-irrigazione e di mezzi meccanici sempre più efficienti, che porteranno a una diminuzione nelle aziende agricole del personale despecializzato e a una contestuale assunzione di un numero crescente di tecnici specializzati e laureati. Al contempo, secondo i tre relatori, si assisterà a un crescere della dimensione media delle aziende agricole, soprattutto se dedicate alla produzione di seminativi e a una specializzazione delle piccole aziende su prodotti ad alta resa e che non necessitano di grandi estensioni (ad esempio i piccoli frutti e le produzioni orticole) o su colture di nicchia, ma redditizie come le coltivazioni biologiche.
 
 
Economia sotto l’Ombrellone 2023 è organizzata da EoIpso con il patrocinio del Comune di Lignano Sabbiadoro, Io sono Friuli Venezia Giulia e Consumatori Attivi; co-main supporter Greenway, Filare Italia, e Legacoop. Sponsor: Arriva Udine, FotoTherm, Confagricoltura Friuli Venezia Giulia, Karmasec, Lignano Banda Larga, Allianz, IsCopy, Soluzioni Credito, GLP e Confindustria Udine; partner tecnici: Pineta Beach, Lignano Pineta Spa, Hotel Ristorante President, Porto Turistico Marina Uno e Comunità Energetiche. 
 
 
 
GLI ALTRI INCONTRI IN PROGRAMMA
 
30 agosto – Le comunità energetiche. L’esempio di Lignano e le opportunità per i privati
 
Giorgio Ardito – Lignano Pineta Spa
 
Mauro Guarini – Comunità Energetiche
 
Michela Vogrig – Legacoop
 
Privo di virus.www.avast.com



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