Connect with us

In evidenza

Festività, incognita trasporti. E il PD si massacra su Atac

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

ROMA – Dopo la sortita di Roma Servizi per la Mobilità e quella dell’Assessora Linda Meleo, che ha scatenato le ire dei lavoratori, anche Atac è uscita all’avanscoperta, con la Disposizione Operativa 214 a firma dei rispettivi Direttori dell’esercizio. Nel documento  i ribadisce che in occasione del Capodanno i servizi metroferroviari saranno attivi fino alle 3.30 del 1 gennaio dell’anno. Con buona pace delle Organizzazioni Sindacali e degli eventuali accordi.

La querelle è tutt’altro che chiusa, anche se il Comune, l’Agenzia e l’Azienda si ostinano a dire il contrario,con fare arrogante e infischiandosene delle rimostranze dei dipendenti. “Ci domandiamo come sia stato possibile dare un’informazione del genere, illudendo cittadini e turisti” ha tuonato la SegreteriaSLM-Fast Confsal di Roma, “sono ancora in corso le trattative tra le parti sociali e Atac, non c’è nulla di concreto”. “Questi si sono venduti la nostra pelle per farsi belli davanti all’opinione pubblica” gli fa eco un macchinista,mentre un altro aggiunge lapidario: “Pur di raggiunge il loro obiettivo,calpestano i nostri diritti e ci mettono contro i romani”.

La partita si gioca nei prossimi giorni, in un clima assai teso. “Sulla Roma-Lido”, confida un lavoratore, “ci sono a tutt’oggi zero disponibilità. Vi è una grossa preoccupazione da parte aziendale”. Un altro ancora fa notare che “non sono stati accordati neanche i turni relativi a Natale pomeriggio”. Ma allora, che hanno scritto? “Questo lo dovreste chiedere agli illustri signori”,risponde, “ai tavoli propedeutici la fumata è stata nera. C’è da discutere sulla sicurezza, sul piano ferie e sui trattamenti economici, che non posso essere quelli dell’anno passato. Sia chiaro”. Ne fate una questione di soldi? “No, di equità retributiva. Le responsabilità e i rischi annessi sono molteplici, la notte di Capodanno può succedere di tutto”.

Nell’attesa di conoscere nuove e croccanti puntate di questa telenovela, l’agenda politica registra il primo e duro round dello scontro tra il consigliere regionale Eugenio Patanè e l’ex assessore ai Trasporti Stefano Esposito sulla gestione dell’Azienda capitolina, andato inscena su Facebook.

“Alcuni hanno osannato per anni il duo Stefano Esposito (ex senatore ed assessore alla mobilità di Roma per pochi mesi) e Rettighieri (ex ad di Atac)”, ha esordito Patanè nel suo profilo, “quest’ultimo di gran lunga sopravvalutato, mentre il primo uno dei peggiori assessori alla mobilità che Roma abbia visto.Peggiore persino della Meleo: almeno lei fa male l’assessore, lui non lo faceva proprio. Si era dedicato a fare un po’ il senatore e un po’ il passacarte delle Procure, perché Roma e Atac erano per lui il luogo della corruzione e della perdizione, in un delirio maccartista e persecutorio che lo portò a far licenziare dirigenti, a portare a Piazzale Clodio quintalate di carta di esposti su cose inesistenti, archiviate successivamente dalla Procura; a far chiudere il dopolavoro Atac e licenziare tutti i suoi 56 dipendenti sulla base di presunte irregolarità poi rivelatesi inesistenti. 56 famiglie senza lavoro a casa senza alcun motivo: non me lo dimenticherò mai”.

E ancora, “come non mi dimenticherò quando Rettighieri, su suo ordine, licenziò senza motivo 2 dirigenti capaci, competenti e per bene: Franco Middei e Emilio Cera. Quest’ultimo dapprima aveva fatto causa al senatore Esposito che si è avvalso dell’immunità parlamentare poi votatagli dal Parlamento per sottrarsi al risarcimento del danno. E già questo dice moltissimo. A tutti noi capita nella vita di sbagliare oppure che i fatti ci diano ragione prima. Ma se fai il politico o peggio ancora l’amministratore devi saper riconoscere chi è capace e chi no. E il prossimo che mi dice che Rettighieri ed Esposito sono stati capaci, il mio sarà un giudizio su di lui non su di loro”.

Immediata la replica dell’ex-senatore Esposito: “Patanè”, attacca, “hai scritto un sacco di fregnacce sul merito, il tuo giudizio su di me è davvero una medaglia. D’altra parte tu rappresenti l’idea clientelare e consociativa che ha distrutto Atac, io quella opposta, insieme a Rettighieri e a molti altri. Quindi non perderò tempo a smentirti, evidentemente questo post ti serve per raccattare un po’ di consenso in vista dei prossimi appuntamenti, lo capisco quando non si ha un’idea su nulla non resta che mantenere il consenso basato su piccoli favori e piccole clientele. Legittimo ma io preferisco essere definito passacarte della procura che amico di quei dirigenti per i quali tanto ti spertichi in complimenti. Comunque i miliardi di debito e le irregolarità sugli appalti sono certificati da una relazione ANAC. Ma a te immagino che anche Cantone stia un po’ sulle palle. La legalità non è roba per tutti. Buona fortuna vecchio mio e buona fortuna al PD romano se tu ne fossi l’espressione maggioritaria. PS. Fossi inRettighieri ti farei una querela di quelle che non si dimenticano, ma credo che non perderà tempo. Non l’ha perso quando lo chiamavi non credo che lo farà ora che lo insolentisci scrivendo bugie degne di un grillino qualunque”.

David Nicodemi

Cronaca

Bufera al Ministero della Cultura: Giuli chiamato a rispondere sulle “nomine dell’ultimo minuto” di Sangiuliano

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

L’opposizione chiede chiarimenti su decreti e incarichi conferiti da Sangiuliano prima dell’addio

Il neo Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, si trova catapultato in una tempesta politica ancor prima di potersi ambientare nel suo nuovo ruolo. L’opposizione, con in prima linea esponenti del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle, ha richiesto un suo intervento urgente in Parlamento per far luce su una serie di atti controversi compiuti dal suo predecessore, Gennaro Sangiuliano, negli ultimi scampoli del suo mandato.

Al centro della polemica c’è quella che viene definita una vera e propria “pioggia di nomine” effettuata da Sangiuliano in extremis. In particolare, si contesta la nomina di 18 consulenti, definiti dall’opposizione come “amici, parenti e conoscenti” del ministro dimissionario. Questa mossa ha sollevato dubbi sulla trasparenza e l’imparzialità del processo di selezione.

Ma non è tutto. Un’altra questione scottante riguarda l’istituzione di una commissione da 50 milioni di euro destinata al finanziamento di progetti cinematografici. La composizione di questa commissione è finita sotto i riflettori, con l’opposizione che accusa Sangiuliano di aver selezionato membri a lui vicini per “competenza, amicizia e affiliazioni politiche”. Tra i nomi circolati sulla stampa figurano critici cinematografici di spicco come Paolo Mereghetti e Valerio Caprara, il giornalista Francesco Specchia, lo scrittore Luigi Mascheroni e l’intellettuale Stefano Zecchi.

Un caso particolarmente delicato è quello di Beatrice Venezi, nominata consulente del Ministero per la musica con un compenso annuo di 30.000 euro. Questa nomina è stata citata dall’imprenditrice Boccia durante una trasmissione televisiva come esempio di incarico conferito per “amicizia”, sollevando interrogativi su possibili conflitti di interesse. In risposta, Venezi ha annunciato di aver dato mandato ai suoi legali per tutelare la propria reputazione professionale.

Il Ministro Giuli si trova ora nella scomoda posizione di dover fornire spiegazioni su decisioni prese dal suo predecessore. L’opposizione chiede chiarimenti sulla correttezza dell’iter di nomina e sulla effettiva firma dei decreti in questione. La situazione mette in luce la delicatezza del passaggio di consegne in un dicastero chiave come quello della Cultura, e solleva interrogativi sulla continuità e la trasparenza nell’amministrazione pubblica.

Mentre il dibattito politico si infiamma, cresce l’attesa per l’intervento di Giuli in Parlamento. Il nuovo Ministro dovrà dimostrare abilità diplomatica e fermezza nel gestire questa eredità complessa, cercando di rassicurare l’opposizione e l’opinione pubblica sulla correttezza delle procedure e sulla sua volontà di garantire trasparenza nel suo mandato.

La vicenda solleva questioni più ampie sulla gestione del potere e sulla pratica delle nomine di fine mandato, un tema ricorrente nella politica italiana che continua a suscitare polemiche e richieste di riforma. Il modo in cui Giuli affronterà questa prima sfida potrebbe definire il tono del suo ministero e influenzare la percezione pubblica della sua leadership in un settore cruciale come quello della cultura.

Continua a leggere

Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

Continua a leggere

Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti