Filmati hot: non ha retto al peso dell'umiliazione, Tiziana Cantone di Napoli si suicida

di Angelo Barraco
 
Napoli – Non ha retto al peso della vergogna, dell’umiliazione pubblica e della gogna mediatica a cui è stata sottoposta contro il suo volere e si è impiccata con un foulard. Tiziana Cantone, una donna di 31 anni, alta, capelli scuri e un fisico da modella, che da circa un anno e mezzo si era vista crollare quelle che erano le sicurezze della sua vita e le stabilità che si era costruita e che rappresentano l’ossatura di un quieto vivere per una giovane come era lei. Tutto viene interrotto bruscamente e irrimediabilmente quando la giovane si fa riprendere mentre fa sesso con una persona, tradendo il fidanzato. Quei video li aveva inviati a cinque persone tramite smartphone, delle amiche che conosceva e di cui si fidava ma non immaginava di certo che di li a poco la sua vita sarebbe cambiata drasticamente.
 
 
Filmati virali sul web Nell’arco di 24 ore quei filmati sono diventati virali sul web, condivisi  e diffusi da tutti, con commenti espliciti in merito alle sue prestazioni e la giovane si è trovata di fronte ad un baratro, rendendosi conto dopo di quanto era pericoloso il gioco della condivisione. La frase che ragazza pronuncia nel video hot “Stai facendo un video? Bravo” rimbalza sui social e nascono centinaia di parodie e commenti di pessimo gusto. Una popolarità non gratificante per una donna che vede trasformarsi tutto ciò che ha intorno in un incubo: Tiziana alla fine non ha retto ed è caduta in depressione poiché quella popolarità non gradita e umiliante ha portato alla brusca interruzione dei rapporti sociali. La giovane aveva tentato una prima volta il suicidio, ma è stata fermata in tempo. Aveva cambiato cognome per cercare di sfuggire alle innumerevoli umiliazioni a cui era costantemente sottoposta e ricominciare una nuova vita, aveva lasciato la sua attività lavorativa per trasferirsi fuori dalla Campania e solo di recente era tornata in provincia di Napoli, a casa di un parente. Un’amica di Tiziana commenta così quanto accaduto in un’intervista al Corriere “Non posso credere che sia successo veramente. Non ci conoscevamo da molto però nei mesi scorsi mi aveva confidato di essere davvero distrutta”. Teresa continua dicendo “È finita in questo schifo senza poter fare nulla. Quei video hanno cambiato per sempre la sua vita. L’ultima volta che l’ho incontrata mi era sembrato però che stesse un po’ meglio. Mi aveva parlato della sua voglia di gettarsi tutto alle spalle, di chiudere con il passato”. Parla della voglia di poter vedere in faccia chi ha fatto del male a Tiziana “Mi chiedo come si possa essere così feroci, come sia possibile accanirsi contro una ragazza che non ha fatto nulla di male. Quei video sono stati un errore? Ma per favore. Se andassimo a cercare nei cellulari degli stessi che le hanno gettato la croce addosso sono certa che troveremmo molto di peggio. Credo che a vergognarsi dovrebbero essere tutti quelli che hanno riempito il web di insulti e che di nascosto intanto guardavano le immagini”. Intanto la Procura di Napoli Nord, guidata da Francesco Greco, avrebbe aperto un fascicolo per “Istigazione al suicidio”.
 
 
Nuovi elementi Al momento vi sarebbero soltanto gli atti processuali che riguardano Tiziana Cantone ma presto ci potrebbero aggiungere altri importanti tasselli che serviranno per chiarire questa torbida vicenda. L’avvocato di Tiziana ha citato in giudizio, insieme a coloro che hanno diffuso il video hard, anche Facebook Ireland, Yahoo Italia, Google e Youtube oltre a coloro che hanno provveduto a diffondere il materiale in rete. Intanto i difensori dei social rispondono alle accuse dicendo che non sono stati pubblicati video. La pagina incriminata presentava allusioni in merito alla vicenda che riguardava la ragazza, con fotomontaggi che la umiliavano e denigravano. Tale profilo è stato rimosso per ordine del giudice. L’avvocato di Tiziana commentava così la notizia nei primi giorni di settembre, quando ancora la giovane era in vita “La mia cliente, che vive in una cittadina di provincia e non ha più potuto lavorare nel locale di cui i genitori sono titolari, ha avuto un danno non indifferente da questa vicenda che non era assolutamente nelle sue intenzioni causare. Ci siamo perciò appellati al diritto all’oblio, perché la diffusione del fatto lesivo dei diritti della privacy non rispondeva a un reale interesse pubblico”.