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Economia e Finanza

GAETA, OLIVE: VERSO LA DENOMINAZIONE DI ORIGINE PROTETTA

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Tempo di lettura < 1 minuti Aperte le iscrizioni al Consorzio di Tutela e all’Organismo di Controllo 3A-PTA per gli agricoltori e le imprese di lavorazione

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Red. Economia

Gaeta (LT) – Partita ufficialmente, la protezione transitoria a livello nazionale dell’Oliva di Gaeta con la conseguenza che, l’utilizzo di tale denominazione viene riservato al prodotto ottenuto in conformità al disciplinare di produzione trasmesso alla Commissione Europea per la registrazione come denominazione di origine protetta.

Si aprono quindi le iscrizioni al Consorzio di Tutela e all’Organismo di Controllo 3A-PTA per gli agricoltori e le imprese di lavorazione (come le imprese di trasformazione e di confezionamento), costituenti le categorie di soggetti economici interessati dalla filiera dell’Oliva di Gaeta.

L’adesione all’Organismo di Controllo e la certificazione da parte di questo delle produzioni di olive da mensa derivanti dalla cultivar Itrana, sono essenziali ai fini della commercializzazione, delle olive stesse, con la denominazione Olive di Gaeta in Protezione Transitoria. La Protezione Transitoria terminerà e sarà sostituita dalla Denominazione di Origine Protetta con l’approvazione definitiva, da parte dell’Unione Europea, del Disciplinare di Produzione già trasmesso a dicembre del 2015.


A renderlo noto è il Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione dell’Oliva di Gaeta D.O.P. – in qualità di soggetto legittimato dal MIPAAF a presentare domanda di riconoscimento per la DOP ai sensi del regolamento (CE) n. 1151/2012 – costituito da produttori e trasformatori interessati alla migliore valorizzazione di questo importante prodotto dell’economia agricola Laziale; l’areale di produzione riguarda quarantaquattro comuni, quarantadue dei quali sono compresi nelle province di Latina, Frosinone e Roma, mentre due nella provincia di Caserta.

Il presidente del Consorzio proponente la D.O.P., dottor Maurizio Simeone e il Vice Presidente dottor Giuseppe Suprano (UNAGRI), esprimono soddisfazione e ringraziano tutti i soggetti che hanno fornito il loro contributo per questo importante traguardo, in particolar modo l’ARSIAL (l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura del Lazio) il cui contributo tecnico è stato determinante.

 

Costume e Società

Auto elettriche,acquisti in aumento +20%

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l mese di agosto si è chiuso in modo positivo per il mercato europeo dell’auto, grazie al forte balzo delle elettriche.

In Ue, Paesi Efta e Regno Unito – secondo i dati diffusi oggi dall’Acea – sono state immatricolate 904.509 auto, il 20,7%in più dello stesso mese del 2022.

Nei primi 8 mesi sono state vendute 8.516.943 auto, in crescita del 17,9% sull’analogo periodo del 2022. Le immatricolazioni di auto elettriche nell’area sono state in agosto 165.165, in aumento del 118,1% con una quota del 21%. Tutti i mercati tranne Malta (-22.6%) hanno registrato una crescita a doppia o tripla cifra, in particolare la Germania (+170.7%). Il gruppo Stellantis ha venduto 145.392 auto nel mese di agosto in Ue, Paesi Efta e Regno Unito, il 6,3% in più dello stesso mese del 2022. La quota di mercato scende dal 18,2% al 16,1%. Nei primi 8 mesi le immatricolazioni del gruppo sono state 1.450.361, in crescita del 4,3% sull’analogo periodo dell’anno scorso, con la quota di mercato al 17% a fronte del 19,2%.  

Promotor, volano elettriche in Europa ma frena domanda privati

“Il mercato dell’Europa Occidentale appare sostenuto dalla domanda delle flotte e dalla domanda di auto elettriche: in agosto hanno toccato quota 196.647 con una crescita di ben il 101,6% rispetto alle 97.556 immatricolazioni dell’agosto 2022”. Lo sottolinea il Centro Studi Promotor. Considerando il periodo gennaio-agosto il tasso di incremento delle auto elettriche – spiega – si ridimensiona, ma rimane comunque molto significativo in quanto è del 53,6% con 1.284.920 auto elettriche immatricolate contro le 836.802 dello stesso periodo del 2022. Ovviamente la domanda di elettriche è fortemente sostenuta da incentivi generosi che in qualche caso scadevano in agosto, il che spiega la forte crescita in questo mese in Germania in particolare. Nel periodo gennaio-agosto la quota delle auto elettriche sulle immatricolazioni è salita al 15,1% contro l’11,6% dello stesso periodo 2022. L’incremento interessa tutti i 31 mercati dell’Europa Occidentale con la sola modesta eccezione di Malta in cui la quota scende dal 14,9% al 14,2%.La quota più elevata è quella della Norvegia (83%), seguita da Islanda (39,9%) e Svezia (37,8%), mentre la Germania registra una quota del 18,6%, il Regno Unito del 16,4% e la Francia del 15,4%. Una delle quote più modeste è quella dell’Italia che, pur crescendo dello 0,3% rispetto al 2022, non va oltre il 3,9%. Peggio fanno solo Polonia (3,5%), Croazia (2,8%), Repubblica Ceca (2,7%) e Slovacchia (2,4%). “La domanda dei privati è fortemente ostacolata da due fattori. Il primo è costituito da incertezze sul tipo di alimentazione per la nuova auto da acquistare legate alla transizione energetica, il secondo è la forte crescita dei prezzi delle auto e l’aumento del costo del denaro che ha determinato significativi incrementi anche del costo del finanziamento per l’acquisto di auto”, commenta Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor.

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Economia e Finanza

Mobilità, studio McKinsey: entro il 2035 l’uso di auto private diminuirà notevolmente

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Si prevede un calo notevole delle vendite di automobili, che nell’UE diminuiranno di circa il 20% e negli USA del 30% rispetto al 2015

Aumenterà l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblico, assieme a nuove opzioni di mobilità condivisa come i servizi di bike o car sharing o i robo-shuttle

Attualmente l’auto privata rappresenta la modalità di trasporto più utilizzata, costituendo il 45% della quota totale di mobilità: secondo il recente report di McKinsey, in tutto il mondo sono in uso 1,3 miliardi di veicoli, di cui molti di proprietà privata. Tuttavia nei prossimi 12 anni si prevede una flessione importante in quanto, pur restando l’auto il mezzo di trasporto preferito, entro il 2035 la quota di mobilità totale a livello globale diminuirà del 15%. Si prevede infatti che le vendite di automobili subiranno, rispetto al 2015, una flessione del 20% nell’UE e del 30% negli USA, comportando quindi un calo delle vendite di circa 1 milione di unità (84 milioni) rispetto agli 85 del 2015. Le auto saranno sostituite da nuove forme di mobilità, più convenienti e sostenibili: si prevede un incremento della micromobilità (e-bike, e-scooter, auto molto piccole), tanto che il valore di questo mercato potrebbe più che raddoppiare nel 2030 raggiungendo i circa 440 miliardi di dollari. Ugualmente, forme di mobilità condivisa come il car sharing o le navette automatiche, già in aumento, potrebbero generare fino a 1 trilione di entrate entro il 2030. Ci sono poi nuove modalità di trasporto come i robo-shuttle che oggi rappresentano l’1% della quota totale di mobilità a livello globale e che entro il 2035 vedranno una crescita del +7%. In Cina, in particolare, è prevista una crescita di questi servizi innovativi del +22%, raggiungendo il 24% della quota totale di mobilità. Nelle grandi città europee invece la tendenza maggiore sarà l’utilizzo del trasporto pubblico tradizionale, potendo raggiungere questo il 35% della quota totale di mobilità nel 2035 rispetto all’attuale 23%.

“In quest’ottica diventa fondamentale integrare le diverse modalità di trasporto, in modo da offrire alle persone scelte diversificate e flessibili per le singole esigenze, incentivando così soluzioni di viaggio più rispettose dell’ambiente e più intelligenti”, sottolinea Edoardo Bevilacqua, Area manager di Mia-Platform, tech company italiana che accelera la creazione di piattaforme e applicazioni digitali anche in ambito mobility. Questi cambiamenti favoriranno l’evoluzione verso una mobilità più intelligente, connessa e soprattutto sostenibile, permettendo per esempio di diminuire le emissioni di carbonio, oltre che il traffico urbano, o di aumentare le aree verdi, ridimensionando invece la percentuale di suolo destinata ai parcheggi. Un’evoluzione, questa, che rispecchia il desiderio dei cittadini di optare per scelte di mobilità più ecologiche e rispettose dell’ambiente: per esempio, se prendiamo in esame l’Italia, secondo quanto riporta il sondaggio realizzato da ANGI Ricerche e Lab21.01, il 51,4% degli italiani è propenso ad utilizzare i mezzi elettrici e quasi il 60% è favorevole alla regolamentazione UE per l’azzeramento della CO2 entro il 2035. Nel 2020, infatti, circa il 20% delle emissioni totali di gas serra a livello globale derivava proprio dai trasporti, con le auto private che contribuivano per oltre il 40% del totale. In quest’ottica i governi stanno cercando di promuovere opzioni più ecologiche: la Commissione Europea ha approvato la Sustainable and Smart Mobility Strategy, un piano di azione compreso all’interno del Green Deal, che mira a ridurre del 90% le emissioni di gas serra nell’UE entro il 2050, prevedendo per esempio il raddoppio del traffico ferroviario ad alta velocità, l’ampliamento di infrastrutture ciclabili e l’aumento di mezzi di trasporto a zero emissioni. Inoltre, tra gli obiettivi della stessa strategia compare anche la realizzazione di una mobilità multimodale connessa, cooperativa e automatizzata, che integra le diverse modalità di trasporto e sfruttando le soluzioni digitali intelligenti.

“I sistemi di trasporto integrati più efficienti combinano architetture IT e piattaforme digitali componibili che riescono ad offrire una mobility experience efficiente e omogenea. I passeggeri possono infatti accedere in tempo reale a percorsi, orari e modalità di trasporto disponibili attraverso applicazioni mobili o display interattivi nelle stazioni. In questo modo ogni cittadino in viaggio può prendere decisioni più consapevoli e scegliere il percorso migliore in base alle proprie preferenze e alle condizioni attuali del traffico”, prosegue Bevilacqua. Dunque da un lato la sfida è costruire piattaforme moderne che facilitino e accelerino l’integrazione all’interno dell’ecosistema di mobilità, dall’altro, includere nel trasporto multimodale offerte complementari provenienti da player esterni al settore della mobilità, sempre al fine di creare un customer journey quanto più completo e fruibile. In questo modo l’azienda di trasporti potrà integrare alla propria offerta di servizi anche prodotti di aziende terze utili ad ottimizzare l’esperienza di viaggio, come l’accesso ai musei, i servizi di noleggio auto, le soluzioni per l’alloggio o la ristorazione. D’altro canto, di fronte a un aumento della collaborazione e integrazione dell’offerta di tutti i player dell’ecosistema della mobilità, si pone la sfida tecnologica di standardizzare i dati per aumentare l’interoperabilità e migliorare la comunicazione fra aziende che talvolta operano in settori diversi. A questo proposito l’Unione Europea ha proposto l’introduzione di diversi standard tecnici per lo scambio di dati al fine di uniformare la comunicazione fra i diversi attori, come ad esempio NeTEx (Network Timetables Exchange) e SIRI (Service Interface for Real-Time Information). A questi, si aggiungono anche standard de facto, adottati attraverso l’uso comune, che sono riconosciuti a livello globale e ampliamente utilizzati nel settore della mobilità, come GFTS (General Transit Feed Specification), GFTS-RT (General Transit Feed Specification Real-Time), TOMP (Transport Operators and MaaS Providers).

“Sarà quindi fondamentale per le transportation company affrontare due particolari sfide tecnologiche. Da un lato, abilitare un’esposizione dei dati corretta ed efficiente in conformità agli standard vigenti verso tutti i player dell’ecosistema, per massimizzare le opportunità di integrazione con i partner anche in modalità self-service. Dall’altro lato, costruire una piattaforma digitale di mobilità integrata evolvibile e componibile, che permetta l’adozione di un approccio omnicanale e faciliti l’integrazione di nuovi canali e servizi digitali, anche da parte di provider esterni al settore della mobilità, per garantire un’esperienza di viaggio sempre più completa e flessibile”, conclude Bevilacqua.

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Economia e Finanza

Lavoro: cresce la richiesta delle imprese. Il 48% non trova risposte

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Sono 531mila i lavoratori ricercati dalle imprese a settembre, settemila in più rispetto a un anno fa, secondo il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere con Anpal.

Tra settembre e novembre, le assunzioni previste superano di poco 1,4 milioni, in aumento dell’1,9% rispetto all’analogo periodo del 2022. Continua a crescere al tempo stesso, la difficoltà di reperimento che coinvolge il 48% delle assunzioni programmate delle imprese, in aumento di 5 punti percentuali rispetto a dodici mesi fa. Per molte figure tecnico-ingegneristiche e di operai specializzati tocca quote comprese tra il 60% e il 70%. 

Il quadro delle difficoltà

Le imprese dichiarano difficoltà di reperimento per oltre 252mila assunzioni a settembre, confermando come causa prevalente la “mancanza di candidati” con una quota del 31,7%, mentre la “preparazione inadeguata” si attesta al 12%. Mancano operai specializzati (il 64,2% delle entrate è difficile da reperire), i conduttori di impianti fissi e mobili (53,2%) e le professioni tecniche (49,5%).

Le figure più difficili da trovare sono, secondo il rapporto di Unioncamere, gli attrezzisti, operai e artigiani del trattamento del legno (74,1% e un picco dell’87,7% nel Nord Ovest), gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (73,6%), i meccanici artigianali, montatori, riparatori, manutentori macchine fisse e mobili (73,1%) e i fabbri ferrai costruttori di utensili (72%). E’ arduo reperire anche i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi, i tecnici in campo ingegneristico, i tecnici della salute e i tecnici della distribuzione commerciale.

A livello territoriale evidenziano maggiori difficoltà di reperimento le imprese delle regioni del Nord Est, dove il 53,4% del personale ricercato è difficile da trovare, una quota notevolmente superiore a quella registrata nel Sud e Isole (43,5%) e nel Centro (45,9%), mentre il valore nel Nord Ovest (47,4%) si mantiene vicino alla media.

Le assunzioni programmate e la manodopera

Tornando alle assunzioni programmate, il tempo determinato si conferma la forma contrattuale maggiormente proposta con 284mila unità, pari al 53,4% del totale. Seguono i contratti a tempo indeterminato (108mila), i contratti di somministrazione (57mila), gli altri contratti non alle dipendenze (32mila), i contratti di apprendistato (26mila), gli altri contratti alle dipendenze (14mila) e i contratti di collaborazione (11mila).

Tra i settori è in crescita la domanda per servizi alle persone e logistica, mentre aumenta l’incertezza per commercio e turismo. Sale infine il ricorso alla manodopera straniera che passa da 95mila ingressi dello scorso anno, pari al 18,2% del totale entrate, agli attuali 108mila ingressi, pari al 20,4% del totale entrate (+13mila contratti; +13,6%). A ricorrere maggiormente alla manodopera straniera sono i servizi operativi di supporto a imprese e persone (il 35,2% delle entrate programmate è riservato a manodopera straniera), i servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (32,7%), le industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo (25,8%), i servizi di alloggio ristorazione e turistici (25,7%) ed infine le industrie alimentari (25,1%).

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