Connect with us

Editoriali

george orwell 1984

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 7 minuti
image_pdfimage_print

GEORGE ORWELL, 1984

ITALIA NAZIONE BONSAI, SOTTO LA CUPOLA DEL GRANDE FRATELLO

DI ROBERTO RAGONE

 

"Avete tra le mani le chiavi di una stanza che racchiude, al suo interno, qualcosa di essenziale, ma ancora ignoto. Possiamo decidere di usare la chiave per aprire ed entrare; oppure di non superare la soglia, di non vedere, di non sporcarci. Chi sceglie di entrare non potrà più tornare indietro, non potrà più fingere di non sapere, né dirsi innocente. Si farà carico di qualcosa di più di una colpa; si farà carico della verità, e della verità più terribile di tutte: quella sul Potere." George Orwell.

Questa l'introduzione al grande romanzo  di Orwell, che possiamo oggi definire profetico. Scritto nel 1949, quindi anche prima della data ufficiale della nascita della Bilderberg, il romanzo di Orwell descrive un mondo diviso in tre grandi potenze totalitarie, Oceania, Eurasia ed Estasia, perennemente in guerra fra loro, il cui scopo principale è mantenere il controllo totale sulla società. In Oceania la sede dei vari Ministeri è Londra. La società è amministrata e governata da un potente partito unico, detto semplicemente 'Il Partito', a capo del quale è il Grande Fratello, che nessuno ha mai visto di persona, ma il cui ritratto campeggia in manifesti affissi dappertutto, e che tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i cittadini. Da qui a fare un paragone con l'odierna Europa ci corre poco. In realtà con l'euro non solo siamo diventati tutti più poveri, ma anche più controllabili e vulnerabili. Perché abbiamo nominato la Bilderberg? Perché questa ‘confraternita’ paramassonica dei potenti del mondo esiste, si riunisce a porte sigillate e decide i nostri destini. In particolare, decide anche delle risoluzioni da proporre al Parlamento europeo. Il potere e il denaro sono due fratelli gemelli, e dove c’è l’uno c’è l’altro, politica e multinazionali vanno a braccetto, a Bruxelles. Anche il nostro governo partecipa, per la sua parte, a questa forma di indirizzo forzato. Oggi la crescita si vuole per decreto, il Fertility day si vuole per decreto, i posti di lavoro devono nascere come funghi per decreto, la disoccupazione deve diminuire per decreto, nonostante i dati dicano che i licenziamenti, grazie al Jobs Act, siano aumentati di oltre il 27%. Sotto la cupola dell’euro. Ma che cos'è l'euro? Una cosa è sicura, cioè ciò che non è. Non è la moneta di uno stato sovrano, dato che non ha una paternità precisa, ma molto confusa. Non è una valuta che ogni Stato aderente all'Unione Europea possa stampare come, quando e quanto ne desideri. In più dalle banconote sono sparite le scritte 'La legge punisce i fabbricanti e gli spacciatori di biglietti falsi', e l'altra, 'Pagabile a vista al portatore'. Se la legge punisce comunque i falsari, la stessa cosa non si può dire per ciò che riguarda la seconda scritta. Pagabile a vista al portatore, infatti, una volta voleva dire che al valore stampato sulla cartamoneta corrispondeva una adeguata riserva aurifera nelle casse dello Stato; e quindi in teoria se un cittadino fosse andato in Banca d'Italia, avrebbe potuto riscuoterne il corrispettivo in oro. Almeno, questo è il motivo per cui è stata creata la banconota, pronipote delle lettere di credito dei banchieri fiorentini, ideate per evitare di trasportare grandi quantità del prezioso metallo. In realtà oggi non si sa neanche molto bene se l'Italia disponga di riserve auree, nè in quale misura e dove siano eventualmente conservate. Nè, alla fine, se siano state impegnate per fronteggiare un debito pubblico esorbitante, e a favore di chi, o se siano state cedute, almeno in parte e a chi, visto che la Cina ne sta facendo incetta. Fermo restando che, essendo la Banca d'Italia non un ente pubblico, ma privato, a cui fanno capo tutte le banche italiane, non si sa bene a chi dovrebbero appartenere i gialli lingotti. Quindi l'euro non è una moneta facente capo ad una economia nazionale, ma soltanto un accordo fra banche, un po' come i soldi del Monopoly, o come le perline colorate che ti danno al villaggio vacanze e che porti al collo, da spendere al bar o allo spaccio. Dell'euro c'è già chi ha previsto il collasso, per cui, se non vogliamo trovarci con un pugno di mosche, dobbiamo affrettarci ad uscirne. Possiamo sentire cos'è realmente l'euro – e l'Unione Europea – dalla bocca dei diretti protagonisti. Jean Claude Juncker, Der Spiegel, 21 dicembre 1999: "Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po' per vedere cosa succede. Se non provoca proteste nè rivolte, PERCHE' LA MAGGIOR PARTE DELLA GENTE NON CAPISCE NIENTE DI COSA E' STATO DECISO, andiamo avanti passo dopo passo, fino al PUNTO DI NON RITORNO." Tommaso Padoa Schioppa, Commentaire n. 87: "La costruzione europea è una rivoluzione, anche se i rivoluzionari non sono dei cospiratori pallidi e magri, ma degli impiegati, dei funzionari, dei banchieri e dei professori. […] L'EUROPA NON NASCE DA UN MOVIMENTO DEMOCRATICO. […] Tra il polo del consenso popolare e quello della leadership di alcuni governanti, l'Europa è nata seguendo un metodo che potremmo definire di DISPOTISMO ILLUMINATO." Romano Prodi, Financial Times 4 dicembre 2001, sui futuri problemi dell'euro: "Sono sicuro che l'euro ci costringerà a introdurre un nuovo insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile. MA UN BEL GIORNO CI SARA' UNA CRISI e si creeranno nuovi strumenti." Giuliano Amato, EuObserver 12 luglio 2007 sul trattato di Lisbona: "Essi – i leader europei – hanno deciso che il documento avrebbe dovuto essere illeggibile. Essendo illeggibile non sarebbe stato costituzionale. […] Se fosse stato comprensibile, ci sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum, perchè avrebbe significato che c'era qualcosa di nuovo. [il riferimento qui è alla Costituzione Europea, nda]. I primi ministri non produrranno niente direttamente perchè si sentono più al sicuro con la cosa illeggibile. Essi possono presentarla meglio, in modo da evitare PERICOLOSI REFERENDUM." Quest'ultima parte non vi sembra rispecchiare esattamente la situazione del referendum a favore o contro la nuova riforma costituzionale? Ciò che i politici ci dicono è soltanto un 'pacco' che Renzi non vuole spacchettare, con il pretesto che la materia è incomprensibile. Mario Monti si spinge più in là, dichiarando che alcune cose sono talmente importanti per i governi, da non dover essere sottoposte a giudizio popolare: bella democrazia! E poi, in caso di vittoria del SI', ci diranno che ha vinto la volontà popolare. Continuiamo con Mario Monti, 22 febbraio 2011, convegno finanza all'Università Luiss Guido Carli, sul BISOGNO DI CRISI COME STRUMENTO DI GOVERNO: "Non dobbiamo sorprenderci che L'EUROPA ABBIA BISOGNO DI CRISI E DI GRAVI CRISI PER FARE PASSI IN AVANTI. I passi in avanti dell'Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. E' chiaro che il potere politico ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo di farle perchè c'è una crisi in atto, visibile conclamata." Helmut Kohl, Telegraph 9 aprile 2013, sull'ingresso della Germania nell'euro: "Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania. Avremmo perso il referendum sull'introduzione dell'euro. Questo è abbastanza chiaro, avremmo perso sette a tre. NEL CASO DELL'EURO SONO STATO COME UN DITTATORE." Mario Draghi, Sole 24 ore, 23 febbraio 2012: "Il pregiato modello sociale ed economico dell'Europa", che garantisce la sicurezza del lavoro e gli ammortizzatori generosi, "è obsoleto." Mario Monti, Financial Times 28 settembre 2011: "Ciò che la Grecia ha adottato e implementato è il miglior segnale che l'euro, come mezzo di trasformazione strutturale sta funzionando." Suicidi a parte, aggiungiamo noi. Quei suicidi causati da una cieca a criminale austerity che ha portato ad arte la nostra nazione, e anche quella greca, alla miseria e al fallimento, con il pretesto di volerci salvare dal baratro. Quei suicidi che continuano nell’assordante silenzio dei giornali.  Nella riforma costituzionale è inserito un articolo che ci ridurrebbe sul lastrico definitivamente, e senza limiti di tempo: il pareggio di bilancio. Illustri economisti hanno sempre tuonato contro una soluzione di questo genere. Il pareggio di bilancio, per una nazione, a sentir loro, è una grossa idiozia, dato che invece il deficit è visto come una ricchezza per l’economia. Una volta, a fine esercizio finanziario, si svalutava la lira, si dava una botta d’inflazione e si pagavano i debiti, almeno in parte, stante anche il fatto che il debito pubblico italiano era in pratica virtuale. Con l’adozione dell’euro quel debito è divenuto reale, verso le banche, e non può più essere ignorato. Questo significa che per pareggiare il bilancio dovremo versare ogni anno, oltre quello che già versiamo, nelle casse dell’Unione Europea, altre decine di miliardi, fino alla completa copertura del debito, cioè vita natural durante. Intanto sembra che prossimamente il Regno Unito, non dovendo più versare nulla nelle casse europee, possa ridurre l’imposizione fiscale del 15%. L’euro è stato il primo anello della catena che ci hanno messo alla caviglia: la riforma costituzionale ne consoliderebbe la presenza, dando poteri assoluti al governo in carica. L’Italicum era stato studiato in modo da incastrarsi nella nuova riforma. “L’Italicum non si tocca” ebbe a dire con tono perentorio la Boschi in Parlamento, nonostante fosse una legge approvata con la fiducia sul governo. Ora Renzi per primo è disposto a cambiarlo, per paura dei Cinquestelle. Per questo la partita che si gioca a Roma è vitale per Renzi & Co., per il governo, per il Giglio Magico e per l’Europa nella sua accezione più deteriore. Oggi l’Italia è ridotta ad un bonsai. Per fare in modo che l’albero non si sviluppi più del dovuto, i giapponesi hanno inventato un sistema che funziona da secoli: ogni anno trapiantano l’alberello in poco terreno, tagliando e riducendo la lunghezza delle radici che si sono nel frattempo sviluppate. Così l’albero riceverà poco nutrimento, e potrà essere tenuto in salotto, sulla credenza, anche se la sua età e la sua natura lo porterebbero a svilupparsi molto di più in piena terra. L’Italia è oggi una nazione in cui gli stipendi sono molto diminuiti, tranne quelli di alcuni; i poveri sono aumentati di numero e di povertà, vedi file alla Caritas; i ricchi sono diminuiti nel numero ma hanno aumentato la loro ricchezza. Le nostre aziende più prestigiose e redditizie sono andate in proprietà di stranieri, che vengono in Italia a farne incetta: e così i marchi più antichi e famosi non sono più italiani. Siamo una nazione impoverita, finchè non ci decideremo anche noi ad uscire dalla trappola di una Unione e di una moneta che ci ha portato a questi livelli. Uscire non è impossibile, né pericoloso, né fallimentare, anzi è l’unica soluzione di salvezza: i più grandi economisti sono unanimi nell’affermarlo. Cerchiamo che la nostra nazione non diventi un Bonsai da mettere sulla credenza di qualche potente della terra, affiliato Bilderberg.

 

 

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

Continua a leggere

Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

Continua a leggere

Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti