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Editoriali

george orwell 1984

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GEORGE ORWELL, 1984

ITALIA NAZIONE BONSAI, SOTTO LA CUPOLA DEL GRANDE FRATELLO

DI ROBERTO RAGONE

 

"Avete tra le mani le chiavi di una stanza che racchiude, al suo interno, qualcosa di essenziale, ma ancora ignoto. Possiamo decidere di usare la chiave per aprire ed entrare; oppure di non superare la soglia, di non vedere, di non sporcarci. Chi sceglie di entrare non potrà più tornare indietro, non potrà più fingere di non sapere, né dirsi innocente. Si farà carico di qualcosa di più di una colpa; si farà carico della verità, e della verità più terribile di tutte: quella sul Potere." George Orwell.

Questa l'introduzione al grande romanzo  di Orwell, che possiamo oggi definire profetico. Scritto nel 1949, quindi anche prima della data ufficiale della nascita della Bilderberg, il romanzo di Orwell descrive un mondo diviso in tre grandi potenze totalitarie, Oceania, Eurasia ed Estasia, perennemente in guerra fra loro, il cui scopo principale è mantenere il controllo totale sulla società. In Oceania la sede dei vari Ministeri è Londra. La società è amministrata e governata da un potente partito unico, detto semplicemente 'Il Partito', a capo del quale è il Grande Fratello, che nessuno ha mai visto di persona, ma il cui ritratto campeggia in manifesti affissi dappertutto, e che tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i cittadini. Da qui a fare un paragone con l'odierna Europa ci corre poco. In realtà con l'euro non solo siamo diventati tutti più poveri, ma anche più controllabili e vulnerabili. Perché abbiamo nominato la Bilderberg? Perché questa ‘confraternita’ paramassonica dei potenti del mondo esiste, si riunisce a porte sigillate e decide i nostri destini. In particolare, decide anche delle risoluzioni da proporre al Parlamento europeo. Il potere e il denaro sono due fratelli gemelli, e dove c’è l’uno c’è l’altro, politica e multinazionali vanno a braccetto, a Bruxelles. Anche il nostro governo partecipa, per la sua parte, a questa forma di indirizzo forzato. Oggi la crescita si vuole per decreto, il Fertility day si vuole per decreto, i posti di lavoro devono nascere come funghi per decreto, la disoccupazione deve diminuire per decreto, nonostante i dati dicano che i licenziamenti, grazie al Jobs Act, siano aumentati di oltre il 27%. Sotto la cupola dell’euro. Ma che cos'è l'euro? Una cosa è sicura, cioè ciò che non è. Non è la moneta di uno stato sovrano, dato che non ha una paternità precisa, ma molto confusa. Non è una valuta che ogni Stato aderente all'Unione Europea possa stampare come, quando e quanto ne desideri. In più dalle banconote sono sparite le scritte 'La legge punisce i fabbricanti e gli spacciatori di biglietti falsi', e l'altra, 'Pagabile a vista al portatore'. Se la legge punisce comunque i falsari, la stessa cosa non si può dire per ciò che riguarda la seconda scritta. Pagabile a vista al portatore, infatti, una volta voleva dire che al valore stampato sulla cartamoneta corrispondeva una adeguata riserva aurifera nelle casse dello Stato; e quindi in teoria se un cittadino fosse andato in Banca d'Italia, avrebbe potuto riscuoterne il corrispettivo in oro. Almeno, questo è il motivo per cui è stata creata la banconota, pronipote delle lettere di credito dei banchieri fiorentini, ideate per evitare di trasportare grandi quantità del prezioso metallo. In realtà oggi non si sa neanche molto bene se l'Italia disponga di riserve auree, nè in quale misura e dove siano eventualmente conservate. Nè, alla fine, se siano state impegnate per fronteggiare un debito pubblico esorbitante, e a favore di chi, o se siano state cedute, almeno in parte e a chi, visto che la Cina ne sta facendo incetta. Fermo restando che, essendo la Banca d'Italia non un ente pubblico, ma privato, a cui fanno capo tutte le banche italiane, non si sa bene a chi dovrebbero appartenere i gialli lingotti. Quindi l'euro non è una moneta facente capo ad una economia nazionale, ma soltanto un accordo fra banche, un po' come i soldi del Monopoly, o come le perline colorate che ti danno al villaggio vacanze e che porti al collo, da spendere al bar o allo spaccio. Dell'euro c'è già chi ha previsto il collasso, per cui, se non vogliamo trovarci con un pugno di mosche, dobbiamo affrettarci ad uscirne. Possiamo sentire cos'è realmente l'euro – e l'Unione Europea – dalla bocca dei diretti protagonisti. Jean Claude Juncker, Der Spiegel, 21 dicembre 1999: "Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po' per vedere cosa succede. Se non provoca proteste nè rivolte, PERCHE' LA MAGGIOR PARTE DELLA GENTE NON CAPISCE NIENTE DI COSA E' STATO DECISO, andiamo avanti passo dopo passo, fino al PUNTO DI NON RITORNO." Tommaso Padoa Schioppa, Commentaire n. 87: "La costruzione europea è una rivoluzione, anche se i rivoluzionari non sono dei cospiratori pallidi e magri, ma degli impiegati, dei funzionari, dei banchieri e dei professori. […] L'EUROPA NON NASCE DA UN MOVIMENTO DEMOCRATICO. […] Tra il polo del consenso popolare e quello della leadership di alcuni governanti, l'Europa è nata seguendo un metodo che potremmo definire di DISPOTISMO ILLUMINATO." Romano Prodi, Financial Times 4 dicembre 2001, sui futuri problemi dell'euro: "Sono sicuro che l'euro ci costringerà a introdurre un nuovo insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile. MA UN BEL GIORNO CI SARA' UNA CRISI e si creeranno nuovi strumenti." Giuliano Amato, EuObserver 12 luglio 2007 sul trattato di Lisbona: "Essi – i leader europei – hanno deciso che il documento avrebbe dovuto essere illeggibile. Essendo illeggibile non sarebbe stato costituzionale. […] Se fosse stato comprensibile, ci sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum, perchè avrebbe significato che c'era qualcosa di nuovo. [il riferimento qui è alla Costituzione Europea, nda]. I primi ministri non produrranno niente direttamente perchè si sentono più al sicuro con la cosa illeggibile. Essi possono presentarla meglio, in modo da evitare PERICOLOSI REFERENDUM." Quest'ultima parte non vi sembra rispecchiare esattamente la situazione del referendum a favore o contro la nuova riforma costituzionale? Ciò che i politici ci dicono è soltanto un 'pacco' che Renzi non vuole spacchettare, con il pretesto che la materia è incomprensibile. Mario Monti si spinge più in là, dichiarando che alcune cose sono talmente importanti per i governi, da non dover essere sottoposte a giudizio popolare: bella democrazia! E poi, in caso di vittoria del SI', ci diranno che ha vinto la volontà popolare. Continuiamo con Mario Monti, 22 febbraio 2011, convegno finanza all'Università Luiss Guido Carli, sul BISOGNO DI CRISI COME STRUMENTO DI GOVERNO: "Non dobbiamo sorprenderci che L'EUROPA ABBIA BISOGNO DI CRISI E DI GRAVI CRISI PER FARE PASSI IN AVANTI. I passi in avanti dell'Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. E' chiaro che il potere politico ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo di farle perchè c'è una crisi in atto, visibile conclamata." Helmut Kohl, Telegraph 9 aprile 2013, sull'ingresso della Germania nell'euro: "Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania. Avremmo perso il referendum sull'introduzione dell'euro. Questo è abbastanza chiaro, avremmo perso sette a tre. NEL CASO DELL'EURO SONO STATO COME UN DITTATORE." Mario Draghi, Sole 24 ore, 23 febbraio 2012: "Il pregiato modello sociale ed economico dell'Europa", che garantisce la sicurezza del lavoro e gli ammortizzatori generosi, "è obsoleto." Mario Monti, Financial Times 28 settembre 2011: "Ciò che la Grecia ha adottato e implementato è il miglior segnale che l'euro, come mezzo di trasformazione strutturale sta funzionando." Suicidi a parte, aggiungiamo noi. Quei suicidi causati da una cieca a criminale austerity che ha portato ad arte la nostra nazione, e anche quella greca, alla miseria e al fallimento, con il pretesto di volerci salvare dal baratro. Quei suicidi che continuano nell’assordante silenzio dei giornali.  Nella riforma costituzionale è inserito un articolo che ci ridurrebbe sul lastrico definitivamente, e senza limiti di tempo: il pareggio di bilancio. Illustri economisti hanno sempre tuonato contro una soluzione di questo genere. Il pareggio di bilancio, per una nazione, a sentir loro, è una grossa idiozia, dato che invece il deficit è visto come una ricchezza per l’economia. Una volta, a fine esercizio finanziario, si svalutava la lira, si dava una botta d’inflazione e si pagavano i debiti, almeno in parte, stante anche il fatto che il debito pubblico italiano era in pratica virtuale. Con l’adozione dell’euro quel debito è divenuto reale, verso le banche, e non può più essere ignorato. Questo significa che per pareggiare il bilancio dovremo versare ogni anno, oltre quello che già versiamo, nelle casse dell’Unione Europea, altre decine di miliardi, fino alla completa copertura del debito, cioè vita natural durante. Intanto sembra che prossimamente il Regno Unito, non dovendo più versare nulla nelle casse europee, possa ridurre l’imposizione fiscale del 15%. L’euro è stato il primo anello della catena che ci hanno messo alla caviglia: la riforma costituzionale ne consoliderebbe la presenza, dando poteri assoluti al governo in carica. L’Italicum era stato studiato in modo da incastrarsi nella nuova riforma. “L’Italicum non si tocca” ebbe a dire con tono perentorio la Boschi in Parlamento, nonostante fosse una legge approvata con la fiducia sul governo. Ora Renzi per primo è disposto a cambiarlo, per paura dei Cinquestelle. Per questo la partita che si gioca a Roma è vitale per Renzi & Co., per il governo, per il Giglio Magico e per l’Europa nella sua accezione più deteriore. Oggi l’Italia è ridotta ad un bonsai. Per fare in modo che l’albero non si sviluppi più del dovuto, i giapponesi hanno inventato un sistema che funziona da secoli: ogni anno trapiantano l’alberello in poco terreno, tagliando e riducendo la lunghezza delle radici che si sono nel frattempo sviluppate. Così l’albero riceverà poco nutrimento, e potrà essere tenuto in salotto, sulla credenza, anche se la sua età e la sua natura lo porterebbero a svilupparsi molto di più in piena terra. L’Italia è oggi una nazione in cui gli stipendi sono molto diminuiti, tranne quelli di alcuni; i poveri sono aumentati di numero e di povertà, vedi file alla Caritas; i ricchi sono diminuiti nel numero ma hanno aumentato la loro ricchezza. Le nostre aziende più prestigiose e redditizie sono andate in proprietà di stranieri, che vengono in Italia a farne incetta: e così i marchi più antichi e famosi non sono più italiani. Siamo una nazione impoverita, finchè non ci decideremo anche noi ad uscire dalla trappola di una Unione e di una moneta che ci ha portato a questi livelli. Uscire non è impossibile, né pericoloso, né fallimentare, anzi è l’unica soluzione di salvezza: i più grandi economisti sono unanimi nell’affermarlo. Cerchiamo che la nostra nazione non diventi un Bonsai da mettere sulla credenza di qualche potente della terra, affiliato Bilderberg.

 

 

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Editoriali

Giornalismo, giornalettismo e giornalaismo: urge un fronte comune per arginare l’informazione pilotata

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Occorre tornare a suscitare opinione seriamente, a rimettere al centro le competenze e a spegnere e ignorare qualsiasi sensazionalismo

C’è l’urgenza e la necessità di fare fronte comune tra giornalisti seri e professionisti che credono nella deontologia professionale e dedicano il loro tempo agli approfondimenti e indagini per garantire il diritto all’informazione contro una malainformazione sempre più faziosa e sciatta.

Le trasmissioni tv “strillate” e costruite artatamente per portare avanti una propaganda o gogna mediatica contro il nemico di turno, i siti (soprattutto i locali territoriali) che si dedicano esclusivamente al copia e incolla al servizio del “padrone” di turno, i giornali pilotati dalla politica, la continua corsa spasmodica a caccia dello scoop stanno minando irreversibilmente una professione che va rimessa al centro con serietà e rigore prima che i lettori si ritrovino in una rete di pubblicità malsane e informazioni costruite che non rappresentano la realtà e non ricercano la verità sostanziale dei fatti.

Occorre tornare a suscitare opinione seriamente, a rimettere al centro le competenze e a spegnere e ignorare qualsiasi sensazionalismo. Ma vediamo di cosa stiamo parlando.

Nel panorama mediatico contemporaneo, la distinzione tra giornalismo, giornalettismo e giornalaismo diviene sempre più rilevante e complessa. Questi tre termini, pur avendo radici comuni, delineano sfaccettature diverse dell’informazione e della comunicazione, ognuna con le proprie caratteristiche e implicazioni.

Il giornalismo

Il giornalismo, nella sua forma più tradizionale, rappresenta l’attività professionale volta alla raccolta, alla verifica e alla diffusione di notizie attraverso mezzi di comunicazione di massa. Il giornalista, in questo contesto, opera secondo principi etici e professionali consolidati, come l’obiettività, l’imparzialità e l’accuratezza nella ricerca e nella presentazione delle informazioni. Il giornalismo tradizionale si basa su fonti verificate, ricerca approfondita e rispetto dei codici deontologici.

Il giornalismo è un pilastro fondamentale della democrazia e svolge un ruolo essenziale nel fornire informazioni accurate, analisi approfondite e dibattito pubblico. Questa professione si basa su principi etici e standard professionali volti a garantire l’obiettività, l’equilibrio e l’accuratezza nell’informare il pubblico.

Uno degli elementi chiave del giornalismo è la ricerca delle notizie. I giornalisti conducono indagini, intervistano fonti e raccolgono dati per fornire un quadro completo degli eventi e dei problemi che interessano la società. Questo processo richiede abilità come la capacità di ricerca, la curiosità intellettuale e la capacità di analizzare criticamente le informazioni.

Una volta raccolte le informazioni, i giornalisti devono verificarle accuratamente per assicurarsi che siano affidabili e veritiere. Questo processo di verifica coinvolge la conferma delle fonti, il controllo incrociato dei fatti e la ricerca di testimonianze multiple per confermare o confutare una storia. L’obiettivo è garantire che le informazioni fornite al pubblico siano il più possibile accurate e verificabili.

Oltre alla raccolta e alla verifica delle notizie, il giornalismo comprende anche la capacità di analizzare e interpretare gli eventi. I giornalisti forniscono contesto, prospettive e approfondimenti su questioni complesse, aiutando il pubblico a comprendere meglio il mondo che li circonda. Questo può includere reportage investigativi, reportage specializzati su argomenti come politica, economia, scienza e cultura, nonché l’analisi critica di eventi e tendenze.

Un altro aspetto cruciale del giornalismo è l’etica. I giornalisti devono operare secondo standard etici elevati, come l’onestà, l’integrità e il rispetto per la dignità umana. Questi principi guidano le decisioni editoriali, la gestione delle fonti e la presentazione delle notizie, contribuendo a mantenere la fiducia del pubblico nella professione giornalistica.

In un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti tecnologici e culturali, il giornalismo si sta evolvendo per adattarsi a nuove sfide e opportunità. Le piattaforme digitali e i social media hanno rivoluzionato il modo in cui le notizie vengono create, diffuse e consumate, portando a nuove forme di giornalismo online, giornalismo partecipativo e giornalismo cittadino. Tuttavia, questi sviluppi presentano anche sfide come la diffusione di notizie false e la diminuzione delle entrate pubblicitarie per le organizzazioni giornalistiche tradizionali.

Il giornalismo copia e incolla

Esiste poi una forma di “giornalismo copia e incolla” consistente nella pratica giornalistica in cui i giornalisti o gli operatori dei media riproducono testi, informazioni o articoli da altre fonti senza apportare modifiche significative o senza verificarne l’attendibilità. Questa pratica può essere considerata una forma di plagio o una violazione dell’etica giornalistica, poiché non fornisce un valore aggiunto al pubblico e può diffondere informazioni errate o non verificate.

Il copia e incolla può avvenire per una serie di motivi, tra cui la mancanza di tempo o di risorse per condurre ricerche originali, la pressione per pubblicare rapidamente nuove notizie o la mancanza di rigore editoriale nel verificare le fonti e le informazioni. Tuttavia, questa pratica compromette l’integrità e la credibilità del giornalismo, minando la fiducia del pubblico nelle organizzazioni giornalistiche e nell’informazione in generale.

Per contrastare il giornalismo copia e incolla, è essenziale promuovere la responsabilità editoriale e l’etica giornalistica. I giornalisti devono essere incoraggiati a condurre ricerche originali, a verificare accuratamente le fonti e a fornire contesto e analisi alle notizie, anziché limitarsi a riprodurre informazioni senza critica. Le redazioni giornalistiche devono anche impegnarsi a stabilire procedure e standard rigorosi per garantire che le notizie pubblicate siano accurate, verificate e originali.

Nonostante le sfide, il giornalismo rimane un elemento essenziale della società democratica, svolgendo un ruolo critico nel garantire la trasparenza, la responsabilità e il dibattito pubblico. In un’epoca di crescente polarizzazione e disinformazione, il giornalismo di qualità è più importante che mai per garantire la salute e la vitalità della democrazia.

Il giornalettismo

Il giornalettismo è un termine utilizzato per descrivere una pratica giornalistica che si distingue per la sua superficialità, sensazionalismo e mancanza di rigore etico e professionale. Questo fenomeno si manifesta spesso attraverso la semplificazione e la drammatizzazione delle notizie, con un’enfasi sullo scandalo, sull’intrattenimento e sulla creazione di sensazioni forti piuttosto che sull’accuratezza e sulla completezza dell’informazione. Questa forma di comunicazione mediatica può essere spinta da interessi commerciali, politici o ideologici, sacrificando la completezza e l’accuratezza delle informazioni a favore dell’attrazione di pubblico e della generazione di click e visualizzazioni.

Una delle caratteristiche distintive del giornalettismo è il suo focus sulle notizie più spettacolari o sensazionali, a volte a discapito di questioni più rilevanti o complesse. Questo approccio può portare a una distorta percezione della realtà, in cui eventi minori o isolati vengono sovradimensionati mentre questioni cruciali vengono trascurate.

Il giornalettismo è spesso associato a una certa forma di giornalismo popolare, che cerca di attirare l’attenzione del pubblico attraverso titoli accattivanti, foto suggestive e articoli sensazionalistici. Questo tipo di giornalismo tende a privilegiare il lato emotivo delle storie piuttosto che la loro sostanza, incoraggiando una cultura di consumo veloce delle notizie piuttosto che una riflessione critica e approfondita.

Una conseguenza del giornalettismo è la perdita di fiducia nel giornalismo come istituzione e nel ruolo dei media come custodi dell’informazione pubblica. Quando le persone sono bombardate da notizie sensazionalistiche e spettacolari, possono diventare scettiche riguardo alla veridicità e all’attendibilità delle informazioni, alimentando la diffidenza nei confronti dei media e delle istituzioni democratiche in generale.

Il giornalettismo può anche avere implicazioni negative per il dibattito pubblico e il funzionamento della democrazia. Quando le notizie sono presentate in modo distorto o sensazionalistico, possono influenzare le opinioni e i comportamenti delle persone, portando a decisioni politiche o sociali basate su informazioni errate o parziali.

Per contrastare il giornalettismo e promuovere un giornalismo di qualità, è fondamentale sostenere e difendere il rispetto per i principi etici e professionali del giornalismo, come l’obiettività, l’imparzialità e l’accuratezza. Inoltre, i consumatori di notizie possono contribuire a contrastare il giornalettismo cercando fonti informative affidabili, valutando criticamente le notizie e cercando una varietà di punti di vista su un dato argomento.

Il giornalaismo

Infine, il giornalaismo rappresenta una nuova forma di produzione e diffusione di notizie che emerge dall’era digitale e dei social media. Caratterizzato dalla decentralizzazione della produzione e della distribuzione dell’informazione, il giornalaismo si basa spesso su fonti non tradizionali, come i social network, i blog e i forum online. Se da un lato questa democratizzazione dell’informazione ha contribuito a una maggiore diversità di voci e punti di vista, dall’altro ha anche sollevato preoccupazioni riguardo alla veridicità e all’affidabilità delle fonti, dato che spesso mancano i controlli e le verifiche tipiche del giornalismo tradizionale.

Il termine “giornalaismo” potrebbe essere una creazione linguistica che si riferisce a un’evoluzione o a una variante specifica del giornalismo, magari connotata da caratteristiche distintive rispetto alla pratica tradizionale del giornalismo.

Tuttavia, se intendiamo trattare questo termine come una fusione tra “giornalismo” e “alaismo”, potrebbe essere interessante esplorare come l’alaismo, in politica, si riferisce a un’ideologia o un movimento che cerca di seguire la dottrina o le politiche di un leader carismatico, adattandole o interpretandole a seconda delle circostanze o delle necessità del momento.

Quindi, se applichiamo questa concezione al giornalismo, potremmo ipotizzare che il “giornalaismo” sia una pratica giornalistica che segue o promuove le idee, le politiche o l’agenda di un individuo, di un gruppo o di un’ideologia specifica, piuttosto che aderire ai principi tradizionali di obiettività, imparzialità e verifica delle fonti.

In un contesto simile, il giornalaismo potrebbe essere caratterizzato da una marcata parzialità, sensazionalismo e mancanza di rigore nel fornire informazioni. Questo tipo di giornalismo potrebbe essere utilizzato per promuovere un’agenda politica o ideologica specifica, manipolando o distorcendo le informazioni per adattarle a una narrativa predefinita.

È importante sottolineare che, sebbene questa interpretazione del termine “giornalaismo” possa avere delle implicazioni negative, non rappresenta l’intera gamma di pratiche giornalistiche. Il giornalismo etico e professionale rimane fondamentale per garantire l’informazione accurata e la salvaguardia della democrazia.

La diffusione dei social media e delle piattaforme online ha inoltre alimentato la proliferazione di fenomeni quali le fake news, l’echo chamber e la polarizzazione dell’opinione pubblica. Questi sviluppi pongono nuove sfide per il giornalismo, che deve adattarsi a un ambiente mediatico sempre più frammentato e competitivo, senza compromettere l’integrità e l’attendibilità dell’informazione.

In conclusione, il giornalismo, il giornalettismo e il giornalaismo rappresentano tre approcci diversi alla comunicazione mediatica, ciascuno con le proprie caratteristiche e implicazioni. Mentre il giornalismo tradizionale cerca di garantire l’accuratezza e l’obiettività delle informazioni, il giornalettismo e il giornalaismo possono privilegiare sensazionalismo e semplificazione a scapito della qualità dell’informazione.

In un’era in cui la tecnologia e i social media hanno rivoluzionato il modo in cui consumiamo e produciamo notizie, è essenziale riflettere sulle implicazioni di questi cambiamenti per il futuro del giornalismo e della democrazia.

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Editoriali

Da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni: 80 anni di percorso tra continuità e cambiamenti della destra italiana

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La politica italiana ha sempre ospitato una serie di correnti e movimenti, con la destra che ha attraversato varie fasi e trasformazioni nel corso del tempo. Da Giorgio Almirante, fondatore del Movimento Sociale Italiano (MSI), a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia (FdI), la destra italiana ha attraversato un percorso complesso, caratterizzato da cambiamenti ideologici, sociali e politici.

L’eredità di Giorgio Almirante e il Movimento Sociale Italiano (MSI)

Giorgio Almirante è stato una figura di spicco della destra italiana nel secondo dopoguerra. Come fondatore e leader del MSI, Almirante incarnava un nazionalismo conservatore e anti-comunista. Il MSI, nato nel 1946, era erede del Partito Fascista di Benito Mussolini e rappresentava un’ala estrema della politica italiana. Tuttavia, negli anni ’70 e ’80, sotto la guida di Almirante, il MSI cercò di rinnovare la sua immagine, cercando di allontanarsi dall’etichetta di “fascista” e di inserirsi nel panorama politico mainstream.

Il passaggio dall’MSI a Alleanza Nazionale

Negli anni ’90, con la fine della guerra fredda e il crollo del comunismo, la destra italiana subì un cambiamento significativo. Nel 1995, il MSI si trasformò in Alleanza Nazionale (AN), sotto la leadership di Gianfranco Fini. Fini cercò di allontanare il partito dagli elementi più estremisti e fascisti, adottando una retorica più moderata e democratica. AN divenne parte integrante del sistema politico italiano, entrando a far parte di coalizioni di governo e accettando i principi della democrazia pluralista.

La rinascita della destra con Fratelli d’Italia

Tuttavia, il vento della destra italiana ha continuato a soffiare, e nel 2012 è stato fondato Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale (Fdl-AN), guidato da Giorgia Meloni, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa. Il partito si è posizionato come l’erede ideologico dell’AN e ha abbracciato un nazionalismo conservatore e identitario. Meloni, in particolare, ha portato una ventata di freschezza alla destra italiana, attrattiva soprattutto per i giovani e per coloro che si sentono trascurati dalle élite politiche tradizionali.

L’ascesa di Giorgia Meloni e la nuova destra italiana

Giorgia Meloni, nata nel 1977, rappresenta una nuova generazione di leader della destra italiana. Con una retorica forte e decisa, Meloni ha saputo capitalizzare sul malcontento verso l’establishment politico e sulle preoccupazioni riguardanti l’immigrazione, la sicurezza e l’identità nazionale. Fratelli d’Italia ha ottenuto risultati significativi nelle elezioni politiche, consolidando la sua posizione come uno dei principali partiti di destra in Italia.

La destra italiana nel contesto europeo

Il percorso della destra italiana, da Almirante a Meloni, riflette anche le tendenze più ampie all’interno della destra europea. La crescente preoccupazione per l’immigrazione, l’identità nazionale e la sovranità statale ha alimentato la salita di partiti di destra in molti paesi europei. Tuttavia, ciascun paese ha le sue specificità e la sua storia politica unica, che influenzano il modo in cui la destra si presenta e agisce.

La Frammentazione della Destra Italiana: Un’Analisi Politica

La politica italiana è stata da sempre caratterizzata da una molteplicità di partiti e movimenti, ognuno con la propria ideologia e visione politica. Tra questi, la destra italiana non è stata immune dalla frammentazione, che ha avuto un impatto significativo sul paesaggio politico del Paese.

Origini della Frammentazione

Per comprendere appieno la frammentazione della destra italiana, è necessario analizzare le sue origini. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha visto la nascita di una serie di partiti politici di destra, che spaziavano dall’estrema destra nazionalista a movimenti conservatori più moderati.

Tuttavia, nel corso degli anni, la destra italiana ha subito numerose scissioni e divisioni interne, spesso dovute a conflitti personali, divergenze ideologiche e lotte di potere. Questi fattori hanno contribuito alla creazione di una serie di partiti e movimenti di destra, ognuno con il proprio leader carismatico e seguaci devoti.

Le Principali Fazioni

La frammentazione della destra italiana ha portato alla creazione di diverse fazioni e gruppi politici, ciascuno con le proprie caratteristiche e obiettivi. Tra i principali vi sono:

  1. Forza Italia: Fondato da Silvio Berlusconi nel 1994, Forza Italia è stato uno dei principali partiti di centro-destra in Italia per diversi decenni. Tuttavia, nel corso degli anni, il partito ha subito diverse scissioni e ha visto la nascita di nuove formazioni politiche.
  2. Lega Nord: Originariamente un movimento separatista del Nord Italia, la Lega Nord si è trasformata in un partito nazionale di destra sotto la leadership di Matteo Salvini. La Lega Nord è nota per le sue posizioni anti-immigrazione e euroscettiche.
  3. Fratelli d’Italia: Un partito di destra nazionalista fondato da Giorgia Meloni nel 2012, Fratelli d’Italia è diventato uno dei principali attori della destra italiana. Il partito si basa su un nazionalismo conservatore.
  4. Movimento Sociale Italiano (MSI): Originariamente un partito neofascista fondato nel dopoguerra, il MSI è stato successivamente trasformato in Alleanza Nazionale e infine assorbito da Forza Italia. Tuttavia, una parte dei suoi ex membri ha continuato a operare all’interno di movimenti di estrema destra.

Impatto sulla Politica Italiana

La frammentazione della destra italiana ha avuto un impatto significativo sulla politica del Paese. Innanzitutto, ha reso difficile per la destra italiana presentare un fronte unito e coeso, spesso conducendo a coalizioni fragili e instabili.

Inoltre, la frammentazione ha alimentato la polarizzazione politica in Italia, con i vari partiti di destra che competono per attirare l’elettorato con discorsi populisti e promesse di cambiamento. Questo ha contribuito a una maggiore instabilità politica e ha reso difficile per il Paese affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali.

Prospettive Future

Il futuro della destra italiana rimane incerto, con molte domande sulla sua capacità di unirsi e presentare un fronte coeso. Tuttavia, con l’aumento del nazionalismo e del populismo in Europa, è probabile che la destra italiana continui a giocare un ruolo significativo nella politica del Paese. In conclusione, la frammentazione della destra italiana è stata una caratteristica persistente della politica italiana, con profonde implicazioni per il Paese nel suo complesso. Mentre la politica italiana continua a evolversi, sarà interessante osservare come la destra italiana si adatterà e influenzerà il futuro del Paese.

Conclusioni

Il percorso della destra italiana da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni è stato caratterizzato da continuità e cambiamento. Mentre alcuni principi fondamentali, come il nazionalismo e il conservatorismo, sono rimasti costanti, il modo in cui questi principi sono stati interpretati e presentati è cambiato nel corso degli anni. Con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, la destra italiana si trova oggi in una fase di rinnovato vigore e ambizione, giocando un ruolo sempre più centrale nel panorama politico nazionale.

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Costume e Società

Famiglie allargate si o no?

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Le ricerche sociologiche, oggi, vedono un forte cambiamento nell’assetto familiare. Tale condizione ha origine sia da un mutamento nel concetto di genitorialità che nel ruolo della famiglia all’interno della società: cambiano le persone, si modificano le strutture familiari, mutano le coppie, si spostano gli interessi di ogni singolo individuo, passando dalla condivisione all’individualizzazione.

Molti aspetti legati alla natura psicologica del singolo soggetto subiscono un cambio repentino: si pensa più a sé stessi che agli altri. In questo scenario, siamo di fronte a molte trasformazioni che vanno ad incidere, inevitabilmente, sulla composizione della famiglia stessa.

Quello che cambia oggi rispetto a circa 50 anni fa è legato alle cause della nascita delle nuove famiglie “allargate”, “ricomposte” o “ricostituite. Mentre un tempo le famiglie ricostituite si formavano dopo la morte di un coniuge, dagli anni ‘70, invece, con la possibilità anche in Italia di ricorrere a separazione e divorzio, si sono verificati cambiamenti sociali e culturali che hanno portato ad una nuova struttura di queste famiglie.

Le famiglie “allargate”, ovvero le famiglie composte da due partners che hanno vissuto l’esperienza della fine di un precedente matrimonio, da cui almeno uno ha avuto figli che attualmente vivono con loro, hanno la caratteristica di avere confini più labili e incerti rispetto alla famiglia “tradizionale”, sia in termini biologici che legali. I processi relazionali sono sicuramente più complessi, sia nella comprensione che nella gestione, sono flessibili e hanno un inizio e un’evoluzione molto rapida.

Le famiglie ricostituite sono state definite “cespugli genealogici”, per la loro ampia estensione orizzontale anziché verticale. Mentre alcuni studiosi non appoggiano totalmente questi cambiamenti, altri fanno fronte alle nuove forme familiari che non possono essere ignorate, ma devono essere comprese e sostenute.

Le famiglie ricostituite vivono la crisi di chi, con storie diverse e diversi modi di affrontare i problemi, deve trovare dei compromessi per affrontare insieme nuove situazioni.
Gli studi affermano che i precedenti rapporti coniugali e la loro chiusura siano stati rielaborati, con una buona definizione delle attuali relazioni e con confini chiari, in modo che i partner possano iniziare un nuovo rapporto senza rancori passati. È importante che i figli non abbiano un atteggiamento oppositivo verso il nuovo partner, sperando in una riappacificazione tra i suoi genitori. Questo sarà direttamente proporzionale ai livelli di chiarezza e definizione raggiunti.

L’età dei figli è importante: i bambini in età prescolare potrebbero manifestare regressioni, nascondendo il desiderio di farsi accudire. Per i ragazzi la necessità di conferme da parte del genitore biologico potrebbe invece lasciare il posto alla rabbia verso il genitore acquisito, soprattutto nella fase adolescenziale, all’interno della quale avviene il processo di costruzione della loro identità e questo totale mutamento potrebbe essere percepito come un ostacolo.
In questa fase, per i figli, il formarsi di una famiglia allargata, sancisce definitivamente la fine della relazione tra i genitori biologici, e spesso questo può portare alla paura inconscia che affezionandosi al genitore acquisito, in qualche modo si “tradisca” quello biologico. La causa che ne consegue è che ciò potrebbe portare i figli ad allearsi con quest’ultimo e sviluppare un senso di protezione morboso.

In ogni caso la genitorialità è ancora più difficile poiché i genitori dovranno imparare a gestire eventuali conflitti e gelosie tra i fratelli acquisiti. Nelle famiglie allargate è opportuno costruire nuove identità familiari, nuove stabilità ed equilibri.
A tale proposito, non si può dare una risposta definitiva alla domanda “Le famiglie allargate sì o no?”, poiché essendo in continua espansione necessitano di sostegno e di supporto. Sicuramente nelle famiglie ricostituite possono innescarsi situazioni particolari, ma dare una “valutazione” negativa o positiva non è certo il modo migliore per andare verso un processo di accettazione.

Di concerto, le famiglie ricostituite possono racchiudere al loro interno grandi risorse ed elementi di ricchezza per tutti i componenti, i quali si troveranno a contatto con abitudini, tradizioni, modelli e storie diverse dalle proprie.

Tutto questo, se integrato con nuovi “ingredienti” e abitudini comuni diviene un elemento fondamentale per la crescita e il benessere di tutti, portando alla costruzione di nuovi equilibri.

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