"GIULIO REGENI? CHE VADA AL DIAVOLO"

di Angelo Barraco
 
Cairo – La morte di Giulio Regeni è una storia che è entrata dentro il cuore degli italiani che vogliono verità e giustizia per le sorti del giovane e brillante ricercatore. Una vita spezzata in modo barbaro, in balia di atroci torture che hanno preceduto una morte che ancora nasconde chissà quali motivi. Tutto è nebuloso in questa vicenda, dai silenzi alle mezze verità. Ma qualcuno parla di Giulio e lo fa dal fronte egiziano in modo aspro e critico nei confronti di una giovane vita spezzata barbaramente sotto le mani di torturatori senza pietà.
 
La presentatrice televisiva nonché ex attrice egiziana, Rania Yassen stava annuncianto l’apertura di un’inchiesta nei confronti dell’agenzia Reuters, in merito alla vicenda Regeni, davanti agli schermi della tv egiziana “Al Hahath al Youm” e su Giulio Regeni ha detto “Che andasse al diavolo!” e ha definito le pressioni internazionali per la mancanza di chiarezza “un complotto”. Ma le sue esternazioni non si sono di certo fermate qui poiché ha detto che Giulio “non è certo l’unico al mondo” (riferendosi alla morte). Parole forti che pesano come macigni, soprattutto alla luce dei rapporti tra Egitto e Italia. La presentatrice ha voluto precisare anche che secondo lei “tutto questo interesse per il caso Regeni a livello internazionale, come nel Regno Unito e negli Stati Uniti, rappresenta una sola cosa: siamo davanti ad un complotto. Come se Regeni fosse il primo caso di omicidio in tutto il mondo” aggiunge che vi sono tanti egiziani spariti al mondo, anche in Italia, USA. “Anche noi abbiamo un giovane egiziano sparito in Italia”. Inoltre ha definito le teorie in merito al delitto come “una provocazione”, aggiungendo anche che il giovane “potrebbe anche appartenere ai servizi segreti”. Il canale “Al Hadath al Youm” è stato lanciato due giorni dopo il ritrovamento del corpo di Regeni, il proprietario del canale è Mohamed Ismail, parlamentare. In merito alle sopracitate indagini su Reuters, gli inquirenti stanno tenendo sotto torchio Michael Georgy, capo d’ufficio di corrispondenza dell’agenzia. A rivelarlo è il Guardian. L’agenzia è accusata di aver pubblicato “notizie false che puntano a disturbare l'ordine pubblico» e di «diffondere indiscrezioni che danneggiano la reputazione dell'Egitto” poi, secondo fonti investigative, aveva rivelato che Regeni era stato arrestato la notte della scomparsa e poi trasferito in un compound. Nella giornata di ieri sono stati arrestati sette giornalisti nel corso di proteste in piazza Tahir contro il passaggio di sovranità delle isole del Mar Rosso di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita. Una di esse si chiama Basma Mostafa ed è colei che intervistò la famiglia presso cui furono trovati i documenti di Regeni.