GOOGLE TAX: LA SPAGNA CI RIPENSA

di Simonetta D'Onofrio

La chiamano in tutto il mondo col nome di “Google tax”. L’imposta sulle transazioni effettuate in rete è stata applicata da alcune nazioni per tutelare i produttori locali a confronto con le attività delle multinazionali che vendono, in regime di fiscalità diversa da quella della nazione in cui viene effettuato l’acquisto.
L’applicazione della tassa ha diviso i commenti degli economisti: c’è chi in nome di una maggiore equità di trattamento fiscale ha invocato la “Google tax”, chi invece ne ha messo in luce gli aspetti negativi, in primis la minore possibilità dei consumatori di riuscire a ottenere prezzi vantaggiosi, e l’eventuale ricorso a canali di distribuzione clandestini.
La Spagna è stata una delle prime nazioni ad applicare l’imposizione (1 gennaio) , applaudita da alcuni settori della nostra economia italiana, in primis gli editori, che avevano provato a far introdurre anche da noi il balzello. Ci erano quasi riusciti col governo Letta, ad opera del presidente della Commissione Bilancio alla Camera, Francesco Boccia, ma l’arrivo del governo Renzi, che ha deciso di non applicare l’imposta, ha cancellato il provvedimento.
Forti sono state le critiche a questa scelta, sia da Sinistra che da Destra, polemiche che hanno accomunato Pippo Civati a Maurizio Gasparri, tutti ad accusare il Premier di “fare un favore alle multinazionali della rete”. Ma il dietro front del Governo di Madrid, in altri termini il ripensamento e quindi una revisione, fa riflettere sul risultato ottenuto con le misure più restrittive adottate nella legge sul copyright. Il testo legislativo portato avanti dal Governo Rajoy aveva trovato una forte contestazione dalla minoranza, che fin dall'inizio l'avevano critcata.  La legge definisce i punti fondamentali da seguire per gli operatori commerciale del web, un compenso fisso pagato per lo sfruttamento della proprietà intellettuale spagnola,  un'imposta da “versare” per poter usufruire deicontenuti editoriali, ad esempio delle news riprese sui motori di ricerca e dagli aggregatori di notizie. Ora, dopo che gli editori iberici, raggruppati sotto la sigla dell’Aede, avevano richiesto a gran voce di normare la “giungla” nel digitale (una richiesta d’aiuto alla politica iberica), bussano alle porte del governo spagnolo affinché siano più clementi con i big del Web. Ma chi sono? Uno fra tutti, Google, che dopo la decisione imposta dal Governo spagnolo, ha immediatamente (metà dicembre) discriminato dalle “news” le informazioni a cura degli editori spagnoli. Ciò sta a dignificare che le connessioni Web si siano drasticamente ridimensionate, procurando una grande perdita di denaro per gli introiti commerciali.
In conclusione non ci resta che attendere una decisione condivisa da tutti i membri dell’Unione Europea, per mettere fine a un gap normativo di portata internazionale, che sia soft per tutti, grandi e piccini del meraviglioso mondo di Internet.