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Esteri

Gran Bretagna, "Napoletani? Siciliani? O altro?": arrivano le scuse sui moduli scolastici discriminatori

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di Paolino Canzoneri
 
U.K. – La nostra rappresentanza diplomatica e nello specifico l'ambasciatore Pasquale Terracciano ha inviato una nota al Foreign Office in cui solleva perplessità evidenti circa la discutibile nota scritta nei moduli d'iscrizione online approvati dal Dipartimento dell'educazione del governo del Galles e di Bradford inviata ad un certo numero di scuole scozzesi dove risulta espressamente richiesto ai genitori di evidenziare etnia e prima lingua del figlio. Una sorta di marcatura, una clamorosa precisazione che mette in evidenza quanto certe scelte apparentemente burocatiche covino al suo interno precisi punti di vista razzisti. Informazioni richieste per cosa? Magari per creare una precisa selezione a cui riservare un trattamento differrente rispetto gli autoctoni del luogo? Le sigle adottate sono quattro: ITA cioè italiano; ITAA "Italian any other" cioè il resto degli italiani, per arrivare poi a ITAN "Italian Napoletan" italiano di origine napoletana e per concludere ITAS "Italian Sicilian" cioè italiano di origini siciliane. "Pensavo fosse uno scherzo  di quelle bufale che si trovano su Internet, ma poi per capire meglio ho chiamato la persona, una mia cara amica, e lei mi ha confermato tutto. La signora mi ha detto che doveva iscrivere la sua bambina al primo anno di quella che in Italia è la prima media. Qui ormai si fa tutto online. Al momento di descrivere la nazionalità, sul modulo ha però trovato alcune opzioni che fino a poco tempo fa non c’erano” dice Michele La Motta, un ragazzo venticinquenne italiano residente a Cambridge. Che gli inglesi fautori di questa iniziativa avessero dato ulteriore prova di "sana e robusta imbecillità" sembra palese ma quanto accaduto dovrebbe fare riflettere su come sia evidente oggi una certa ignoranza e mancanza di cultura e come sia facile commettere strafalcioni simili nonostante sia risaputo di quanto gli italiani nel Regno Unito siano da sempre trattati bene. Si dovrebbe suggerire nelle orecchie di chi ha coniato questa "genialata" che l'Italia è un paese unito dal 17 marzo 1861 e che certi intenti sembrino proprio fuori contesto storico e fermi all'ottocento. Ovviamente l'indignazione dei nostri connazionali del distretto ha preteso la rimozione immediata di questo "marchio" anche se l'ambasciatore Terraciano escludendo che si tratti di esclusione dolosa e precisa, ritiene comunque che alla luce delle recenti scelte sembri più saggio evitare di introdurre una distinzione sociale che non andrebbe che ad aggravare certe uscite già poco felici del Regno Unito. Da Londra pronte le scuse ufficiali e questo incidente dipomatico sembra volgere al termine in fretta con la cancellazione dai moduli della marcatura specifica legata alle etnie e che apparentemente non intendevano passare per discriminatorie ma quale elemento ulteriore di accertamento di qualche ulteriore difficoltà linguistica per i bambini da inserire nel sistema inglese e gallese ma resta il fatto che messa cosi è una discriminazione offensiva per i meridionali. 

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Ambiente

Uragano Milton: la Florida di fronte alla peggior tempesta in 100 anni

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DeSantis: “Decidete ora per salvare voi stessi e le vostre famiglie”

L’uragano Milton potrebbe essere il più devastante a colpire la Florida nell’ultimo secolo. Il presidente Joe Biden ha avvertito che l’uragano potrebbe avere effetti “catastrofici”, chiedendo ai cittadini di rispettare gli ordini di evacuazione. Più di un milione di persone sono già state invitate a lasciare le loro case.

Il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha esortato i residenti a prendere decisioni immediate per garantire la propria sicurezza. Milton, inizialmente di categoria 5, è stato declassato a categoria 4, ma resta estremamente pericoloso.

Il Centro nazionale uragani (NHC) prevede che l’uragano toccherà terra mercoledì sera, lasciando poche ore per l’evacuazione. Le strade sono congestionate, con traffico intenso e code ai distributori di benzina. L’urgenza è alta.

Il presidente Biden, per gestire meglio la crisi, ha posticipato il suo viaggio in Germania e Angola. Ha anche dichiarato lo stato d’emergenza per facilitare l’invio di aiuti federali alla Florida.

Incalza il bilancio dell’uragano Helene

Nel frattempo, il sud-est degli Stati Uniti è già devastato dall’uragano Helene, che ha causato almeno 232 vittime, un bilancio che potrebbe ulteriormente crescere. Milton, che segue Helene a breve distanza, aggrava la situazione rendendo le operazioni di soccorso ancora più critiche.

Gli sforzi di preparazione e soccorso sono in pieno svolgimento, con l’obiettivo di limitare il più possibile le perdite e i danni.

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Esteri

Israele e Iran: rischio di escalation verso una guerra nucleare e nuove tensioni globali

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Israele valuta l’opzione militare contro l’Iran: rischio di coinvolgimento globale nel conflitto

L’attacco missilistico subito da Israele nei giorni scorsi ha suscitato una forte reazione da parte del governo israeliano, che ha già fatto sapere che prenderà le misure necessarie per proteggere la propria sicurezza nazionale. Storicamente, Israele ha dimostrato di non tollerare minacce dirette da parte dell’Iran, suo acerrimo rivale nella regione, e potrebbe optare per una risposta militare calibrata, come raid aerei contro infrastrutture strategiche iraniane, impianti nucleari o basi militari.

Possibili scenari di escalation

Un attacco di Israele all’Iran potrebbe scatenare diverse reazioni a catena:

  1. Risposta diretta dell’Iran: Se Israele colpisse l’Iran, Teheran potrebbe rispondere con attacchi missilistici o cyberattacchi contro infrastrutture civili o militari israeliane. L’Iran potrebbe anche attivare le sue milizie alleate, come Hezbollah in Libano o gruppi in Siria e Iraq, per intensificare la pressione su Israele attraverso attacchi via terra o missilistici.
  2. Conflitto regionale: Una rappresaglia iraniana potrebbe far precipitare l’intera regione mediorientale in una guerra su più fronti. Paesi come la Siria e l’Iraq, dove l’Iran ha una forte influenza, potrebbero diventare teatri di guerra. Hezbollah, che ha una forte presenza nel Libano meridionale, potrebbe lanciare migliaia di razzi contro Israele, come accaduto nel conflitto del 2006.
  3. Intervento internazionale: Un conflitto aperto tra Israele e Iran coinvolgerebbe inevitabilmente le grandi potenze mondiali. Gli Stati Uniti, storicamente alleati di Israele, potrebbero decidere di intervenire militarmente in sostegno di Tel Aviv, mentre Russia e Cina, con rapporti stretti con l’Iran, potrebbero schierarsi diplomaticamente e, in casi estremi, militarmente con Teheran. In questo contesto, la già fragile situazione geopolitica derivante dal conflitto tra Russia e Ucraina verrebbe ulteriormente aggravata, aumentando il rischio di un conflitto mondiale.

L’intervento delle grandi potenze potrebbe innescare un’escalation pericolosa. Il conflitto tra Russia e Ucraina, con il coinvolgimento indiretto della NATO, ha già portato il mondo in una fase di alta tensione. L’apertura di un nuovo fronte di guerra in Medio Oriente potrebbe creare le condizioni per una crisi internazionale su vasta scala, specialmente se coinvolgesse simultaneamente più potenze nucleari.

Un’escalation regionale tra Israele e Iran potrebbe trasformarsi in una crisi globale se altri attori statali, come la Turchia, la Russia o anche paesi europei, dovessero intervenire. Il rischio più grande è che una guerra convenzionale possa degenerare in un conflitto nucleare, data la potenza di fuoco disponibile sia a Israele sia agli Stati Uniti, e l’incertezza sul programma nucleare iraniano.

“Non tollereremo atti di aggressione contro il nostro territorio. – Ha affermato Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele – L’Iran è il maggiore sponsor del terrorismo mondiale, e agiremo per garantire la sicurezza dei nostri cittadini.”

Hossein Salami, comandante delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane, ha dichiarato: “Israele pagherà un prezzo pesante per ogni aggressione. Le nostre capacità difensive e di risposta sono pronte a neutralizzare ogni minaccia.”

Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha ribadito: “Sosteniamo il diritto di Israele a difendersi, ma invitiamo alla moderazione e al dialogo per evitare un’escalation irreversibile.”

Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha avvertito: “Un attacco contro l’Iran destabilizzerebbe ulteriormente la regione e avrebbe conseguenze imprevedibili per l’intero ordine mondiale.”

L’incertezza e il rischio di un conflitto aperto sono palpabili, e la situazione tra Israele e Iran rimane uno dei nodi più delicati della geopolitica internazionale. La diplomazia sarà cruciale per evitare che le tensioni sfocino in una guerra regionale con ripercussioni globali. Tuttavia, la storia recente ha mostrato che, senza una forte volontà politica per il dialogo, il rischio di un’escalation è sempre presente.

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Esteri

Crisi in Medio Oriente: 180 missili dall’Iran colpiscono Israele, Netanyahu risponde con minacce

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Israele risponde con raid in Libano, Hezbollah contrattacca. Due esplosioni vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca

In un drammatico escalation di violenza, 180 missili sono stati lanciati dall’Iran verso Gerusalemme e Tel Aviv. L’attacco, che ha colpito aree civili e provocato danni significativi, ha spinto Israele a reagire con forza. Un palestinese è rimasto ucciso durante gli scontri, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato un duro monito all’Iran, dichiarando che “questo è stato un grave errore, la pagherete”.

Le tensioni si sono intensificate anche al confine libanese, con l’esercito israeliano che ha lanciato raid nel sud di Beirut, contro obiettivi di Hezbollah. L’organizzazione libanese ha prontamente risposto, affermando di aver respinto l’attacco israeliano. “Le nostre forze hanno reagito con fermezza, non ci faremo intimidire”, ha dichiarato un portavoce di Hezbollah.

Nel frattempo, la situazione è diventata ancora più instabile a livello internazionale. Due esplosioni si sono verificate vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca, facendo temere un ampliamento del conflitto oltre i confini del Medio Oriente. Le autorità danesi stanno indagando sugli eventi, che non hanno ancora causato vittime, ma l’allerta è alta in tutta Europa.

Una crisi che potrebbe degenerare

La comunità internazionale osserva con apprensione. Gli attacchi coordinati e la risposta immediata di Israele rischiano di trascinare la regione in un conflitto ancora più ampio. Le Nazioni Unite hanno lanciato appelli per la moderazione, ma finora gli inviti alla calma sembrano essere caduti nel vuoto.

Netanyahu ha chiarito che Israele non tollererà ulteriori provocazioni e ha indicato che l’opzione militare rimane sul tavolo. “L’Iran e i suoi alleati non devono sottovalutare la nostra determinazione a difendere il nostro popolo”, ha aggiunto il premier, in una dichiarazione che lascia presagire ulteriori atti di guerra se la situazione non dovesse stabilizzarsi.

L’escalation al confine libanese

Il fronte libanese rappresenta uno dei punti più caldi. L’attacco israeliano a sud di Beirut segna una nuova fase del conflitto, con Hezbollah che si sta dimostrando un avversario risoluto. Le incursioni aeree e i combattimenti a terra mettono a rischio la già fragile stabilità del Libano, un Paese che ancora fatica a riprendersi dalle recenti crisi economiche e politiche.

Le esplosioni in Europa: un nuovo fronte di tensione?

L’inquietante notizia delle esplosioni vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca aggiunge un ulteriore strato di incertezza. Mentre non è ancora chiaro chi sia responsabile degli attacchi, il timore di atti di terrorismo collegati alle tensioni in Medio Oriente sta crescendo in tutta Europa. I governi europei sono ora in stato di allerta, temendo che la violenza possa estendersi oltre i confini della regione.

Il mondo sull’orlo di una nuova crisi?

Mentre la situazione evolve rapidamente, gli occhi del mondo sono puntati su Israele, Iran e i loro alleati. L’equilibrio geopolitico è fragile, e una mossa sbagliata potrebbe scatenare una guerra più ampia, coinvolgendo altre potenze regionali e internazionali. La speranza di una mediazione diplomatica sembra lontana, e il rischio di un conflitto che si estenda oltre il Medio Oriente è più reale che mai.

La domanda che molti si pongono ora è: chi riuscirà a fermare questa spirale di violenza prima che sia troppo tardi?

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