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Editoriali

Il Festival di Sanremo: tra amore e odio, l’unica certezza che resta

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Canzoni, emozioni e dibattiti: la kermesse racconta la nostra storia e il nostro presente

Mancano poche ore al Festival della Canzone Italiana e, per uno come me che è nato ascoltando canzoni, vive ascoltando canzoni e probabilmente morirà canticchiandone una, Sanremo è linfa vitale.

Da sempre specchio del nostro paese, il Festival ci ha regalato tutto: dalle “Papaveri e Papere” di Nilla Pizzi al “Volare” di Domenico Modugno, passando per “Si può dare di più” di Tozzi, Morandi e Ruggeri fino ai più recenti Mahmood e Måneskin.

Canzonette, certo, ma anche testi capaci di far riflettere e ridare speranza ai nostri cuori, perché in fondo, cos’è la vita se non quell’eterno oscillare tra leggerezza e impegno?

Sanremo è soprattutto polemiche, inevitabili come il maltempo a novembre.

Polemiche spesso sterili, gonfiate ad arte per creare chiacchiericcio, ma che alla fine si dissolvono davanti all’unica certezza: il Festival è una liturgia che riempie le nostre vite e ne determina i tempi.

In un’Italia divisa su tutto, Sanremo resta forse l’ultimo luogo in cui “odi et amo” tornano a coincidere, perché anche chi giura di non guardarlo poi finisce sempre per sbirciare almeno un ritornello, un outfit improbabile o un monologo destinato a dividere.

E così, ancora una volta, ci ritroviamo davanti al nostro rito collettivo, pronti a indignarci per la classifica, a tifare per la canzone che non vincerà e a lamentarci del troppo parlato ma, alla fine, Sanremo resta Sanremo, e meno male.

Viva Sanremo, viva la musica italiana.