IL SACRIFICIO DEL POPOLO CURDO

di Maurizio Costa

Arin Mirkan, madre di due figli, da giorni combatte a Kobane, in Siria, per cercare di respingere i miliziani dell’Isis. Domenica, quando finisce le munizioni in suo possesso, di fronte all’avanzata jihadista sul monte Mishtenur, ricorre all’ultima alternativa: con le ultime granate si lascia esplodere, uccidendo un numero ancora sconosciuto di soldati dell’autoproclamato califfato. Un gesto eroico. Il pensiero della combattente sarà andato sicuramente ai suoi due figli, in pericolo all’interno della città. Un gesto di una madre che si sacrifica per difendere i due bambini ma anche l’intero popolo curdo, che da mesi soffre le pene che l’Isis gli impone. Una donna simbolo del coraggio del popolo curdo, che rappresenta l’artiglieria terrestre statunitense, visto che Obama non ha il coraggio di scendere a terra. Un popolo buttato in prima linea che cerca di far valere i propri diritti, sfruttato dalle potenze occidentali che non riescono neanche a impartire ordini ai soldati peshmerga. Arin, una donna che dona la sua vita per sconfiggere la nera armata dell’Isis. Non una kamikaze, come l’hanno definita tutti i giornali, ma un simbolo del suo popolo, che riflette quello che stanno vivendo i curdi: l’oppressione.