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Editoriali

Il sacrificio della generazione giovanile degli anni di piombo e il tremendo conto da pagare per una Italia prepotentemente borghese

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di Paolino Canzoneri

"Quando bruciai la mia carta d'identità mi sentii un uomo libero. Potevo diventare quello che volevo: ingegnere, avvocato, operaio. Un senso di libertà concreto, la perdita di ogni legame con il passato, l'assenza di una condizione sociale predeterminata, l'illusione di essere veramente padrone del proprio destino, un prendere in mano la propria vita dalle radici, a cominciare da ciò che ci è stato imposto per primo, il nome e il cognome." – Queste lapidarie parole di Alberto Franceschini ex dirigente locale della Federazione giovanile comunista, fondatore delle Brigate Rosse e arrestato nel 1974 successivamente dissociatosi nel  1983, mostrano in modo esemplare e chiarissimo quanto fosse forte e pulsante quella volontà di dissociazione da qualsiasi appartenenza civile e sociale di cittadino della Repubblica Italiana per diventare un latitante rivoluzionario all'interno di un movimento extraparlamentare con precisi presupposti ideologici di lotta sovversiva contro uno stato visto come imperialista, capitalista e usurpatore. La scelta della lotta armata nonostante appaia incosciente ed estrema prese vita e concretezza in un periodo storico convulso di una Italia irrigidita da una politica democristiana pressante e borghese e da un forte disagio giovanile subordinato da una gestione universitaria piuttosto padronale e classista che lasciava presagire forti incomprensioni e complesse difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro e che aveva già causato in Europa e oltre oceano la nascita di movimenti studenteschi, occupazioni di università e manifestazioni con scontri di piazza piuttosto violenti. La strada che le istituzioni e la politica scelse sembrò incline a sottovalutare e non considerare le motivazioni giovanili aprendo la strada a numerose assemblee, riunioni e creazione di comitati di base dove il tema del dibattito si spinse oltre la riorganizzazione di nuove e precise metodologie di studio ma si espanse fino a tematiche di politica internazionale contestando l'intervento armato americano nel Vietnam e molto altro. Questo mostrò la matura capacità giovanile di saper individuare e inquadrare precisi interessi economici e politici che rivelavano quanto la presunzione di onnipotenza americana cercava di fare breccia in modo violento e sconsiderato facendo pure uso maldestro di bombe al napalm con la conseguente morìa di un gran numero di vittime civili in tutto il Vietnam. Una tensione e una sensazione destabilizzante che portò a numerosissime manifestazioni pacifiche e violente in tutta Italia. Gli Stati Uniti con l'appoggio degli altri stati membri della Nato progettarono di rinnovare in Italia le basi strategiche a settentrione e sud Italia. Molte manifestazioni di dissenso per questo riassestamento delle basi Nato causarono una sorta di imbarazzo nel Partito Comunista che si trovò incapace di gestire e considerare il fervore rivoluzionario giovanile, e peggio ancora prese la decisione più errata di espellere il dirigente Alberto Franceschini e altri iscritti. Questa radiazione pose Franceschini e altri in una condizione di totale dissociazione e isolamento da qualsiasi associazione politica legale riconosciuta e fece crescere una rabbia interiore e una sensazione di emarginazione forzata convincendoli che il Partito Comunista fosse in un certo senso colluso e falsamente collocato in una reale opposizione politica alla Democrazia Cristiana filoamericana e consenziente al rinnovo strutturale delle basi Nato. Del resto, col senno di poi, si intuisce che il PCI di quegli anni non ha saputo capire, gestire e interpretare quel fervore rivoluzionario giovanile su cui invece avrebbe dovuto dare una chiave di lettura, una migliore contestualizzazione del periodo turbolento e coadiuvare per creare nei giovani stessi una fiducia possibile per un futuro di integrazione con la società. Purtroppo invece l'isolamento e dissociazione politica fomentarono sempre di più una morale rivoluzionaria basata appunto sulla lotta di classe. Inizialmente e ingenuamente Franceschini, Renato Curcio e Mara Cagol, primo nucleo costituente delle Brigate Rosse, credettero davvero che il ricorso alla violenza politica fosse un elemento che sarebbe durato solamente per il periodo di lotta per la conquista del potere contro lo Stato mentre invece col passare del tempo e con l'aumento delle azioni eversive la violenza non potè che inasprirsi sempre di più. E' difficile comprendere quegli anni, forse impossibile giudicare a distanza di molto tempo stati d'animo, follia e incoscenza ma è palese che scegliere la lotta armata, e porsi nella condizione di maneggiare armi colloca l'individuo in una condizione reale di imprevedibilità, alle prese con l'istinto, forme caratteriali equilibrate o malsane che siano, posto nella possibilità di commettere atti criminosi a cui, una volta compiuti, non vi è rimedio, tracciano una strada sicuramente impervia in cui l'Italia ha dovuto pagare un conto salatissimo in termine di vite e di forte instabilità sociale. L'Italia era riuscita da meno di un ventennio a ricucire le tremende ferite di una guerra inutile e sanguinaria causata da una ottusa e scellerata presunzione di potenza, una vanità fuori da ogni raziocinio che convinse Mussolini di avere forza e capacità bellica per unirsi al peggiore dittatore tedesco in una guerra altrettanto folle come solo l'uomo sa essere. La lotta partigiana che vide le conclusive fasi del conflitto ci mostrano quanto importante sia nella coscenza italiana il senso di patriottismo e in effetti ad oggi risulta incompresibile come gli scritti del partigiano Beppe Fenoglio non facciano parte dei programmi scolastici di base. Ci si può chiedere se il senso di unione e di appartenenza non debba essere insegnato quale valore aggiunto in una nazione che ha subito nella storia dei tempi batoste pesantissime. Molti anziani ex combattenti partigiani hanno avuto l'opportunità di tramandare l'importanza e il senso dei loro gesti, della loro lotta e cosi è stato anche per Franceschini il cui nonno regalò la sua arma da battaglia; fucili o pistole tramandati come preziosi oggetti pregni di significato storico da custodire quali cimeli pregni di significato storico. Non è facile comprendere quanto il racconto della lotta partigiana sia stato compreso fino in fondo, è sorta senza dubbio una passione, si è acceso un fuoco nel loro animo, si è concretizzata l'esigenza di lottare anch'essi questa volta non per scacciare il tedesco invasore ma per lottare contro lo stato imperialista e capitalista. Una scelta, perdente sin dalla nascita, di sacrificare la loro gioventù, la loro vita intera nella lotta armata ispirandosi, in questo preciso caso, ai Tupamaros uruguaiani, una organizzazione guerrigliera urbana di ispirazione marxista-leninista attiva tra gli anni sessanta e settanta, in una folle presunzione di riuscita nell'intento.  Potrebbe sembrare paradossale e poco credibile giudicare questo passaggio come una sorta di fraintedimento della storia della lotta partigiana e lo stesso Renato Curcio ebbe a dire: – Quanti morti hanno fatto gli errori, ben più gravi, delle generazioni dei nostri padri e dei nostri nonni?. Il pregio delle rivoluzioni mancate è quello di non avere il difetto delle rivoluzioni riuscite: in qualche modo tutte le rivoluzioni riuscite hanno tradito le loro promesse, mentre quelle mancate possono tradire solo le analisi che le hanno mosse. Una colpa che, tutto sommato, mi sembra meno grave. D'altra parte, la generosità con cui una fetta della mia generazione si è gettata nella rischiosa avventura politico-idelogica rappresenta un valore positivo che, ad un certo punto, dovrà esserci riconosciuto. Oggi ho una grande pietas nei confronti di me stesso e della mia generazione sconfitta." Un enorme sacrificio generazionale e un enorme conto da pagare per l'Italia di cui sono responsabili le fazioni ideologiche sinistra e destra, un governo democristiano borghese e ottuso e una politica cieca e sorda incapace di comprendere le ragioni dei giovani in quegli anni turbolenti. 

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Editoriali

Da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni: 80 anni di percorso tra continuità e cambiamenti della destra italiana

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La politica italiana ha sempre ospitato una serie di correnti e movimenti, con la destra che ha attraversato varie fasi e trasformazioni nel corso del tempo. Da Giorgio Almirante, fondatore del Movimento Sociale Italiano (MSI), a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia (FdI), la destra italiana ha attraversato un percorso complesso, caratterizzato da cambiamenti ideologici, sociali e politici.

L’eredità di Giorgio Almirante e il Movimento Sociale Italiano (MSI)

Giorgio Almirante è stato una figura di spicco della destra italiana nel secondo dopoguerra. Come fondatore e leader del MSI, Almirante incarnava un nazionalismo conservatore e anti-comunista. Il MSI, nato nel 1946, era erede del Partito Fascista di Benito Mussolini e rappresentava un’ala estrema della politica italiana. Tuttavia, negli anni ’70 e ’80, sotto la guida di Almirante, il MSI cercò di rinnovare la sua immagine, cercando di allontanarsi dall’etichetta di “fascista” e di inserirsi nel panorama politico mainstream.

Il passaggio dall’MSI a Alleanza Nazionale

Negli anni ’90, con la fine della guerra fredda e il crollo del comunismo, la destra italiana subì un cambiamento significativo. Nel 1995, il MSI si trasformò in Alleanza Nazionale (AN), sotto la leadership di Gianfranco Fini. Fini cercò di allontanare il partito dagli elementi più estremisti e fascisti, adottando una retorica più moderata e democratica. AN divenne parte integrante del sistema politico italiano, entrando a far parte di coalizioni di governo e accettando i principi della democrazia pluralista.

La rinascita della destra con Fratelli d’Italia

Tuttavia, il vento della destra italiana ha continuato a soffiare, e nel 2012 è stato fondato Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale (Fdl-AN), guidato da Giorgia Meloni, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa. Il partito si è posizionato come l’erede ideologico dell’AN e ha abbracciato un nazionalismo conservatore e identitario. Meloni, in particolare, ha portato una ventata di freschezza alla destra italiana, attrattiva soprattutto per i giovani e per coloro che si sentono trascurati dalle élite politiche tradizionali.

L’ascesa di Giorgia Meloni e la nuova destra italiana

Giorgia Meloni, nata nel 1977, rappresenta una nuova generazione di leader della destra italiana. Con una retorica forte e decisa, Meloni ha saputo capitalizzare sul malcontento verso l’establishment politico e sulle preoccupazioni riguardanti l’immigrazione, la sicurezza e l’identità nazionale. Fratelli d’Italia ha ottenuto risultati significativi nelle elezioni politiche, consolidando la sua posizione come uno dei principali partiti di destra in Italia.

La destra italiana nel contesto europeo

Il percorso della destra italiana, da Almirante a Meloni, riflette anche le tendenze più ampie all’interno della destra europea. La crescente preoccupazione per l’immigrazione, l’identità nazionale e la sovranità statale ha alimentato la salita di partiti di destra in molti paesi europei. Tuttavia, ciascun paese ha le sue specificità e la sua storia politica unica, che influenzano il modo in cui la destra si presenta e agisce.

La Frammentazione della Destra Italiana: Un’Analisi Politica

La politica italiana è stata da sempre caratterizzata da una molteplicità di partiti e movimenti, ognuno con la propria ideologia e visione politica. Tra questi, la destra italiana non è stata immune dalla frammentazione, che ha avuto un impatto significativo sul paesaggio politico del Paese.

Origini della Frammentazione

Per comprendere appieno la frammentazione della destra italiana, è necessario analizzare le sue origini. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha visto la nascita di una serie di partiti politici di destra, che spaziavano dall’estrema destra nazionalista a movimenti conservatori più moderati.

Tuttavia, nel corso degli anni, la destra italiana ha subito numerose scissioni e divisioni interne, spesso dovute a conflitti personali, divergenze ideologiche e lotte di potere. Questi fattori hanno contribuito alla creazione di una serie di partiti e movimenti di destra, ognuno con il proprio leader carismatico e seguaci devoti.

Le Principali Fazioni

La frammentazione della destra italiana ha portato alla creazione di diverse fazioni e gruppi politici, ciascuno con le proprie caratteristiche e obiettivi. Tra i principali vi sono:

  1. Forza Italia: Fondato da Silvio Berlusconi nel 1994, Forza Italia è stato uno dei principali partiti di centro-destra in Italia per diversi decenni. Tuttavia, nel corso degli anni, il partito ha subito diverse scissioni e ha visto la nascita di nuove formazioni politiche.
  2. Lega Nord: Originariamente un movimento separatista del Nord Italia, la Lega Nord si è trasformata in un partito nazionale di destra sotto la leadership di Matteo Salvini. La Lega Nord è nota per le sue posizioni anti-immigrazione e euroscettiche.
  3. Fratelli d’Italia: Un partito di destra nazionalista fondato da Giorgia Meloni nel 2012, Fratelli d’Italia è diventato uno dei principali attori della destra italiana. Il partito si basa su un nazionalismo conservatore.
  4. Movimento Sociale Italiano (MSI): Originariamente un partito neofascista fondato nel dopoguerra, il MSI è stato successivamente trasformato in Alleanza Nazionale e infine assorbito da Forza Italia. Tuttavia, una parte dei suoi ex membri ha continuato a operare all’interno di movimenti di estrema destra.

Impatto sulla Politica Italiana

La frammentazione della destra italiana ha avuto un impatto significativo sulla politica del Paese. Innanzitutto, ha reso difficile per la destra italiana presentare un fronte unito e coeso, spesso conducendo a coalizioni fragili e instabili.

Inoltre, la frammentazione ha alimentato la polarizzazione politica in Italia, con i vari partiti di destra che competono per attirare l’elettorato con discorsi populisti e promesse di cambiamento. Questo ha contribuito a una maggiore instabilità politica e ha reso difficile per il Paese affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali.

Prospettive Future

Il futuro della destra italiana rimane incerto, con molte domande sulla sua capacità di unirsi e presentare un fronte coeso. Tuttavia, con l’aumento del nazionalismo e del populismo in Europa, è probabile che la destra italiana continui a giocare un ruolo significativo nella politica del Paese. In conclusione, la frammentazione della destra italiana è stata una caratteristica persistente della politica italiana, con profonde implicazioni per il Paese nel suo complesso. Mentre la politica italiana continua a evolversi, sarà interessante osservare come la destra italiana si adatterà e influenzerà il futuro del Paese.

Conclusioni

Il percorso della destra italiana da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni è stato caratterizzato da continuità e cambiamento. Mentre alcuni principi fondamentali, come il nazionalismo e il conservatorismo, sono rimasti costanti, il modo in cui questi principi sono stati interpretati e presentati è cambiato nel corso degli anni. Con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, la destra italiana si trova oggi in una fase di rinnovato vigore e ambizione, giocando un ruolo sempre più centrale nel panorama politico nazionale.

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Costume e Società

Famiglie allargate si o no?

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Le ricerche sociologiche, oggi, vedono un forte cambiamento nell’assetto familiare. Tale condizione ha origine sia da un mutamento nel concetto di genitorialità che nel ruolo della famiglia all’interno della società: cambiano le persone, si modificano le strutture familiari, mutano le coppie, si spostano gli interessi di ogni singolo individuo, passando dalla condivisione all’individualizzazione.

Molti aspetti legati alla natura psicologica del singolo soggetto subiscono un cambio repentino: si pensa più a sé stessi che agli altri. In questo scenario, siamo di fronte a molte trasformazioni che vanno ad incidere, inevitabilmente, sulla composizione della famiglia stessa.

Quello che cambia oggi rispetto a circa 50 anni fa è legato alle cause della nascita delle nuove famiglie “allargate”, “ricomposte” o “ricostituite. Mentre un tempo le famiglie ricostituite si formavano dopo la morte di un coniuge, dagli anni ‘70, invece, con la possibilità anche in Italia di ricorrere a separazione e divorzio, si sono verificati cambiamenti sociali e culturali che hanno portato ad una nuova struttura di queste famiglie.

Le famiglie “allargate”, ovvero le famiglie composte da due partners che hanno vissuto l’esperienza della fine di un precedente matrimonio, da cui almeno uno ha avuto figli che attualmente vivono con loro, hanno la caratteristica di avere confini più labili e incerti rispetto alla famiglia “tradizionale”, sia in termini biologici che legali. I processi relazionali sono sicuramente più complessi, sia nella comprensione che nella gestione, sono flessibili e hanno un inizio e un’evoluzione molto rapida.

Le famiglie ricostituite sono state definite “cespugli genealogici”, per la loro ampia estensione orizzontale anziché verticale. Mentre alcuni studiosi non appoggiano totalmente questi cambiamenti, altri fanno fronte alle nuove forme familiari che non possono essere ignorate, ma devono essere comprese e sostenute.

Le famiglie ricostituite vivono la crisi di chi, con storie diverse e diversi modi di affrontare i problemi, deve trovare dei compromessi per affrontare insieme nuove situazioni.
Gli studi affermano che i precedenti rapporti coniugali e la loro chiusura siano stati rielaborati, con una buona definizione delle attuali relazioni e con confini chiari, in modo che i partner possano iniziare un nuovo rapporto senza rancori passati. È importante che i figli non abbiano un atteggiamento oppositivo verso il nuovo partner, sperando in una riappacificazione tra i suoi genitori. Questo sarà direttamente proporzionale ai livelli di chiarezza e definizione raggiunti.

L’età dei figli è importante: i bambini in età prescolare potrebbero manifestare regressioni, nascondendo il desiderio di farsi accudire. Per i ragazzi la necessità di conferme da parte del genitore biologico potrebbe invece lasciare il posto alla rabbia verso il genitore acquisito, soprattutto nella fase adolescenziale, all’interno della quale avviene il processo di costruzione della loro identità e questo totale mutamento potrebbe essere percepito come un ostacolo.
In questa fase, per i figli, il formarsi di una famiglia allargata, sancisce definitivamente la fine della relazione tra i genitori biologici, e spesso questo può portare alla paura inconscia che affezionandosi al genitore acquisito, in qualche modo si “tradisca” quello biologico. La causa che ne consegue è che ciò potrebbe portare i figli ad allearsi con quest’ultimo e sviluppare un senso di protezione morboso.

In ogni caso la genitorialità è ancora più difficile poiché i genitori dovranno imparare a gestire eventuali conflitti e gelosie tra i fratelli acquisiti. Nelle famiglie allargate è opportuno costruire nuove identità familiari, nuove stabilità ed equilibri.
A tale proposito, non si può dare una risposta definitiva alla domanda “Le famiglie allargate sì o no?”, poiché essendo in continua espansione necessitano di sostegno e di supporto. Sicuramente nelle famiglie ricostituite possono innescarsi situazioni particolari, ma dare una “valutazione” negativa o positiva non è certo il modo migliore per andare verso un processo di accettazione.

Di concerto, le famiglie ricostituite possono racchiudere al loro interno grandi risorse ed elementi di ricchezza per tutti i componenti, i quali si troveranno a contatto con abitudini, tradizioni, modelli e storie diverse dalle proprie.

Tutto questo, se integrato con nuovi “ingredienti” e abitudini comuni diviene un elemento fondamentale per la crescita e il benessere di tutti, portando alla costruzione di nuovi equilibri.

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Editoriali

Riforma tributaria e abrogazione legge Pittella: l’Avvocato Lucarella presenta petizione alla Camera dei Deputati

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La legge Pittella da ormai due anni ha cambiato le carte in tavola per migliaia di contribuenti italiani: da un giorno all’altro anni di sacrifici economici e investimenti legali andati in fumo per effetto della legge 215/2021 (partorita dal Parlamento a seguito dell’emendamento che prese il nome dal suo proponente).
La questione, molto dibattuta in ambito giuridico, ha scatenato molti effetti sul piano umano e di vita reale per singoli cittadini ed imprese soprattutto medio-piccole: in pratica la legge, prevedendo la non impugnabilità dei famosi estratti di ruolo (rilasciati dalla ex Equitalia), comporta il non potersi più difendere da atti dell’amministrazione esattoriale ritenuti illegittimi se non quando una intimazione di pagamento, un pignoramento, una istanza di fallimento dovessero essere notificati.
L’Avv. Angelo Lucarella, già vice presidente coord. Commissione Giustizia del Ministero dello Sviluppo Economico, docente a.c. in Diritto processuale tributario – Università degli studi di Napoli Federico II e tra gli esperti giuristi italiani invitati dal World Justice Project 2023 (sostenuto dalla Commissione Europea), ha depositato il 30 dicembre 2023 una petizione per la riforma legislativa secondo quanto previsto dall’art. 50 della Costituzione italiana.
“Si tratta di un atto doveroso: bisogna rimettere i cittadini, che avevano promosso contenziosi per cartelle esattoriali ritenute illegittime, in condizione di difendersi.
Il fatto che una legge dello Stato, di punto in bianco, faccia blocco al diritto di difesa con un effetto retroattivo implicito è contro la Costituzione italiana perché crea disparità di trattamento e violazione del diritto di difesa. Principi e diritti, quest’ultimi, anche tutelati a livello europeo e internazionale.
Con la petizione, per quanto anzitutto fatto ed atto simbolico, si istruisce un procedimento legislativo che vedrà interessarsi della questione una Commissione parlamentare apposita.
La speranza è che si giunga alla abrogazione della legge Pittella o quantomeno ad una norma c.d. di interpretazione autentica affinché si dichiari, una volta per tutte, che non è possibile alcun effetto retroattivo implicito. Sulla scorta di questa ipotetica soluzione legiferare per la riapertura dei termini contenziosi per i contribuenti che vogliono continuare le cause all’epoca avviate o quantomeno consentire loro di conciliare con l’erario allo stato del giudizio prima della legge Pittella.
Inoltre è la stessa Corte Costituzionale con la recente decisone 190/2023 ad invitare il legislatore ad intervenire quanto prima sulla questione.
Quindi ne va dello stato di diritto e della credibilità del sistema delle leggi democratiche”.
È quanto commenta l’avv. Lucarella.

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