Castelli Romani
Il sistema Banca Popolare del Lazio e Blu Banca: arriva la bomba giudiziaria
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1 mese faon

Lo avevamo detto. Più volte. Ma come la Cassandra della mitologia, siamo stati ignorati. Non solo dai vertici della Banca d’Italia, oggi travolti da articoli e interrogativi su ogni testata nazionale, ma anche da procure pigre, incapaci di andare oltre inchieste inconsistenti. E soprattutto inascoltati dai soci, che nel corso degli ultimi anni, dopo la dipartita del Presidente, il Prof Mastrostefano, hanno perduto tutto il loro patrimonio in azioni che nessuno vuole più acquistare. Gli stessi soci che per anni hanno affidato il timone a una classe dirigente inadatta.
Ma i soci non sono solo vittime. Sono complici. Hanno votato, rivotato, permesso che un gruppo di amministratori si consolidasse e si blindasse, spesso con deleghe raccolte con metodi opachi, sostenuti da dipendenti e loro familiari che garantivano numeri bulgari alle assemblee. Il risultato? Una gestione che ricorda più il film “Quei bravi ragazzi” di Martin Scorsese che un manuale di finanza, come invece ci si aspetterebbe.
Sì, parliamo ancora della Banca Popolare del Lazio e della sua controllata Blu Banca, un nome che evoca più le avventure dei Puffi con il perfido Gargamella. Un sistema di intimidazioni, favori incrociati, assunzioni sospette, e denari pubblici gestiti senza alcun rispetto per le norme.
Oggi emergono dettagli agghiaccianti: operazioni finanziarie del gruppo Pellegrini attraverso Blu Banca – (Banca Popolare del Lazio) – per milioni di euro, senza che nessuno sollevasse il benché minimo cartellino rosso. E dov’era l’antiriciclaggio? Dov’erano i vertici della banca? Dove erano i controllori della Banca d’Italia? Silenzio. Complice o colpevole? In entrambi i casi, inaccettabile.
Il sistema non si limitava all’omertà. Era attivo, strutturato, aggressivo. Assunzioni strategiche — figli, nipoti, amici, parenti di magistrati, amministratori, presidenti di sezione, e persino di chi era incaricato di indagare sulla stessa banca. Una piovra di relazioni incrociate che puzzano di favoritismo e di evidente conflitto di interessi.
Uno dei casi più eclatanti è quello della Protercave srl. Oltre 1,6 milioni di euro elargiti con carte false a una società già in stato fallimentare. Il sospetto? Che fosse una moneta di scambio per un’assunzione “eccellente” alla Banca di Spoleto. A denunciarlo fu nel 2017 la consigliera Loretta Bruschini, che osò inviare una segnalazione alla Banca d’Italia relativamente alle somme “gentilmente offerte” alla riconoscente Protercave “…nella concessione del credito alla società rappresenta dal sig. Chiocci Gabriele, vi sia stato un mancato o carente controllo da parte dell’antiriciclaggio attesa la notizia, pubblicata su tuti i social, della presenza di pendenze di natura penale a carico del suddetto Chiocci Gabriele per finanziamento illecito del senatore Denis Verdini” .
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Il risultato? Fu fatta fuori. Costretta a dimettersi e trascinata in giudizio dal defunto presidente Capecelatro. Il sistema punisce chi parla. Premia chi tace. Quanto alla Protercave srl, dopo la perdita da parte della Banca Popolare del Lazio delle somme “mutuate/donate” venne ovviamente dichiarata fallita dal Tribunale di Perugia senza che, per quello che ci consta, venne indagato alcuno, né l’amministratore per Bancarotta né i consiglieri di Banca per concessione abusiva di credito ed allora ci siamo chiesti come mai la magistratura, dopo la Banca D’Italia era così sonnacchiosa???
E chi ha provato a raccontare questa storia — come la nostra redazione — è stato citato in giudizio per danni milionari. Una strategia di terrore giudiziario che ha colpito anche ex consiglieri integerrimi come Guidaldi e Pizzuti (quest’ultimo nella persona degli eredi). Gli stessi che denunciavano illegalità sono oggi inseguiti da richieste di risarcimento surreali. Un capovolgimento della realtà, in perfetto stile orwelliano.
E intanto la Blu Banca è finita in un’indagine da 96 milioni di euro. I nomi? Il capo area Baccari, il responsabile antiriciclaggio Avv. Ettore Bossoli, il direttore generale Giallatini. Eppure il vicepresidente Quattrociocchi, uomo d’apparato e fedelissimo, non risulta ancora indagato. Perché? Una domanda che grida vendetta, visto che fu lui stesso — contattato da noi — ad alludere alla figura del defunto presidente Capecelatro a quella del “maiale Napoleone” della Fattoria di Orwell. Una dichiarazione che rivela più di mille documenti sul clima tossico che aleggiava nel CDA di Banca Popolare del Lazio.
Il sistema distribuiva incarichi, assunzioni e “regali”. Il rag. Paolo Bologna — figura onnipresente — fu “accontentato” con l’acquisto da parte della banca di una compagnia assicurativa (Istituto di Brokeraggio assicurativo San Pietro Srl)) in cui lui e i suoi figli erano coinvolti. Operazione da 900.000 euro. Il tutto, nonostante una diagnosi clinica che gli aveva fatto ritirare persino il porto d’armi. La compagnia assicurativa è interamente di proprietà della Banca Popolare del Lazio e ad oggi è amministrata da un parente stretto dell’Amministratore Delegato BPL.
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Il cerchio si allarga. Legami ambigui tra membri del CDA, aziende partecipate, portafogli assicurativi, cooperative agricole e società riconducibili a familiari. Ogni tessera del mosaico sembra raccontare lo stesso quadro: una banca gestita per interessi privati, coperta da silenzi istituzionali, e blindata da rapporti personali imbarazzanti.
Il caso Capozzi è emblematico: mentre a centinaia di soci viene negata ogni possibilità di liquidare le proprie azioni, a lui — già consigliere — viene concesso di riscuotere 300.000 euro per azioni intestate al padre. Altro che equità, qui siamo alla rendita di posizione mascherata da normalità.
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I consiglieri Natalizia e, più recentemente, Romagnoli Raffaella sono subentrati nei rispettivi ruoli ricoperti in passato dai loro genitori, garantendo così una continuità all’interno dell’istituto. I predecessori risultano essere stati interessati da procedimenti penali legati alla mancata dichiarazione di conflitti di interesse, dai quali solo Carlo Romagnoli è poi uscito sia dall’indagine sia dagli organi della Banca. La famiglia Romagnoli è nota anche per il coinvolgimento del figlio Efrem in procedimenti giudiziari relativi alla gestione di beni sottoposti a sequestro.
Banca d’Italia, ci siete? O siete troppo occupati a non vedere l’ennesimo scandalo annunciato? Quello che è certo è che in questa storia nessuno potrà più dire: “non sapevo”.
Il caso Pellegrini e Blu Banca
Il 6 giugno, Bossoli, Baccari, Montellanico e Giallatini dovranno presentarsi in Procura per l’udienza preliminare: al centro dell’inchiesta i presunti illeciti nella gestione di Blu Banca.
Negli ultimi anni, la Banca Popolare del Lazio e la sua controllata Blu Banca sono state oggetto di attenzione mediatica e giudiziaria, in particolare per vicende legate a presunte irregolarità nella gestione e nel rispetto delle normative antiriciclaggio.
Una delle vicende più rilevanti riguarda l’imprenditore Mirko Pellegrini, al centro di un’inchiesta della Procura di Roma relativa a presunti illeciti nell’assegnazione di appalti pubblici per la manutenzione stradale, finanziati con fondi destinati al Giubileo. Secondo le indagini, Pellegrini avrebbe orchestrato un sistema di corruzione e spartizione degli appalti, utilizzando una rete di società intestate a prestanome per gestire in modo illecito i lavori di manutenzione stradale, manovrando l’aggiudicazione delle gare a suo favore. L’imprenditore si sarebbe assicurato il favore dei funzionari coinvolti con tangenti in denaro e altre forme di compenso, come l’assunzione dei figli dei dipendenti pubblici nelle sue aziende.
Nell’ambito di questa inchiesta, è emerso il coinvolgimento di un direttore di una filiale di Blu Banca, che avrebbe aperto numerosi conti correnti a favore dei prestanome dell’imprenditore, pur essendo consapevole del reale beneficiario, senza segnalare le operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) di Bankitalia. Tuttavia, la direttrice della filiale, ha smentito qualsiasi coinvolgimento, dichiarando di non conoscere Pellegrini e di non aver mai aperto conti correnti in suo favore.
Parallelamente, la Banca Popolare del Lazio è stata oggetto di critiche per la gestione delle azioni emesse, non quotate sui mercati regolamentati e caratterizzate da una scarsa liquidabilità. L’arbitro per le Controversie Finanziarie istituito presso la Consob ha condannato la banca a risarcire un risparmiatore per non aver fornito adeguate informazioni circa le caratteristiche e il livello di rischiosità delle azioni.
Inoltre, la Banca d’Italia ha evidenziato carenze nei controlli interni della banca, in particolare riguardo alla gestione di crediti e alla prevenzione del riciclaggio di denaro. Queste osservazioni hanno portato a una ristrutturazione dei vertici della banca e della sua controllata Blu Banca, con la nomina di nuovi dirigenti nel tentativo di migliorare la governance e la trasparenza.
La banca ha anche implementato un sistema interno di segnalazione di atti o fatti che possano costituire violazioni di norme disciplinanti l’attività bancaria o altre condotte illecite (Whistleblowing), in linea con le disposizioni previste dal D.Lgs. 24/2023, al fine di rafforzare i controlli interni e tutelare l’integrità dell’istituto.
Nonostante le misure adottate, le vicende giudiziarie e le critiche ricevute hanno sollevato preoccupazioni tra i soci e i clienti della banca, evidenziando la necessità di un rafforzamento della trasparenza e della responsabilità nella gestione dell’istituto.
Intanto domani 6 giugno, Bossoli, Baccari, Montellanico e Giallatini dovranno presentarsi in Procura per l’udienza preliminare: al centro dell’inchiesta i presunti illeciti nella gestione di Blu Banca.
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