Il titolo della vergogna

di Silvio Rossi

 

Sia chiaro. Inventare un titolo a effetto, che richiami l’attenzione del lettore, che colpisca a prima vista, è il desiderio di chiunque, nelle testate nazionali, locali, grandi, piccole, su carta o su web, si occupa dell’impaginazione e di inserire quelle poche parole, in evidenza, con caratteri in grassetto, sopra al pezzo vero e proprio.
Un buon titolo riesce spesso anche a far leggere un articolo “fiacco”, che senza la sua spinta propositiva del titolista, non avrebbe colpito il lettore. Per fare un buon titolo, bisogna andare un po’, senza esagerare, fuori dal seminato. Può essere un richiamo a qualcosa di conosciuto, un film, una canzone (senza esagerare, per non risultare banali), oppure deve riuscire a colpire qualche aspetto, anche controverso, del personaggio o della vicenda di cui si parla.
Una regola però non può mai essere trascurata, tassativamente. La “vittima” del nostro titolo, anche quando viene colpita duramente, deve sempre essere rispettata. Non sono ammissibili titoli, né tantomeno affermazioni all’interno dell’articolo, a carattere sessista, che dileggiano gli stili di vita, le convinzioni religiose, l’umanità della persona.
Noi dell’Osservatore, nel nostro piccolo, siamo spesso duri, attacchiamo, ironizziamo, cela prendiamo con politici locali o nazionali. Ci sforziamo però di rispettare, anche se a volte qualcuno potrebbe obiettare, chi abbiamo di fronte.
Non sempre però questo avviene. Nella giornata di ieri, un noto giornale nazionale, ha attirato a se le critiche di tutto il mondo politico, per un titolo contro la Raggi che sarebbe stato più indicato per uno di quei film della commedia sexy anni settanta. In questo caso, non ce la sentiamo di fare una difesa di categoria, non ci sembra giusto. Sebbene anche noi abbiamo criticato la sindaca di Roma, riteniamo giusto offrirle la nostra solidarietà.
Speriamo soltanto che questo episodio, che non è il primo e non sarà certamente l’ultimo, serva a far comprendere a molti, politici e giornalisti, come certi ruoli prevedano un’etica che deve per forza essere maggiore rispetto a quella dell’uomo medio (che peraltro è comunque disprezzabile nel momento che usa certi linguaggi).
Siamo stanchi dei continui attacchi con riferimenti sessuali effettuati da politici di più schieramenti. Siamo stanchi degli attacchi dei giornali, che prima della Raggi hanno colpito le ex ministre Carfagna e Boschi e la Presidente della Camera Laura Boldrini.
Politici e giornalisti devono comprendere come il loro ruolo debba essere quello di guida, devono elevare il livello sociale del Paese, e non suscitare i più bassi istinti. Possono e devono criticare. La critica è una gran cosa, è la base della democrazia. La volgarità però ne è la sua negazione.