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IMMIGRATI: SCACCIACRISI PER POCHI

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L'inchiesta di Angelo Barraco – Maurizio Costa – Matteo La Stella – Cinzia Marchegiani – Christian Montagna

Migliaia e migliaia di richiedenti asilo pronti ad essere ospitati in centri che negli ultimi mesi stanno proliferando senza soluzione di continuità. Il Lazio è in assoluto la Regione che ospita più migranti, appena dietro la Sicilia, in testa per ovvie ragioni di prossimità. Per la sola provincia di Roma sono stati stanziati altri 27milioni di euro per soli 7 mesi, tramite i quali si collocheranno ben 3185 immigrati nelle strutture temporanee. 

SICILIA E PUGLIA: IL BUSINESS DEI CENTRI DI ACCOGLIENZA – di Angelo Barraco
I viaggi della speranza che compiono gli immigrati dalla Libia per raggiungere l’Italia sono viaggi estenuanti che lasciano in mare sempre una lunga scia di morte e dolore. Le operazioni di salvataggio consentono agli immigrati un’alternativa di vita, pervasa da guerre e da una morte quasi certa. I migranti, arrivati nel nostro territorio, vengono distribuiti in strutture d’accoglienza temporanee, nei C.A.R.A. e nello SPRAR. Il C.A.R.A. è il Centro di accoglienza per richiedenti asilo in cui i migranti vengono accolti non appena giunti. Le percentuali sulla distribuzione dei migranti nelle strutture temporanee sono variate dall’anno 2013 al 2015. Nella regione Sicilia  vediamo che nell’anno 2013 nelle strutture temporanee vi era una presenza di immigrati pari al 55%, percentuale che si è notevolmente ridotta nel 2014 dove il numero dei migranti è arrivato al 22%. Nel 2015 invece, in Sicilia, vi è stato un ribasso dell’1% e la percentuale è del 21%. I dati ufficiali del governo mostrano che nella regione Sicilia vi sono 13.999 immigrati presenti nel territorio di cui 5036 si trovano nelle strutture temporanee e le strutture temporanee presenti in Sicilia sono 110, 4231 immigrati si trovano nei C.A.R.A./CDA e CPSA e sono 4732 i posti SPRAR occupati. Abbiamo provato a contattare alcuni centri d’accoglienza della Sicilia per chiedere in che condizioni vivono gli immigrati, come si trovano e se i centri in questione si trovano nelle condizioni tali per poter accogliere nuovi migranti, in vista dei numerosi flussi migratori. La risposta dei direttori dei centri d’accoglienza è stata negativa e si sono rifiutati di rispondere a semplici e formali domande riferendo che per rispondere a tali domande avremmo dovuto aspettare il Legale Rappresentante. Come mai? Perché vige questo silenzio e questa segretezza su informazioni che riguardano l’intera comunità? Abbiamo provato a contattare altri centri d’accoglienza ma in altri casi non hanno risposto. Analizziamo adesso la Puglia e vediamo come è cambiata la distribuzione dei migranti dal 2013 al 2015. Nel 2013 abbiamo avuto il 20% di migranti presenti nelle strutture temporanee, percentuale che è scesa nel 2014 ed è arrivata a toccare il 9% e tale percentuale è rimasta stabile anche per il 2015. Vediamo che i migranti presenti nel territorio regionale sono 5.826. I migranti presenti nelle strutture temporanee sono invece 1610 e di 2353 sono i migranti presenti nel CARA/CDA e CPSA, i posti SPRAR occupati invece sono 1854. Le strutture temporanee presenti nella regione Puglia sono invece 31. I dati sono forniti dal Ministero degli Interni. Spesso ci si chiede: ma quanto da lo stato ai centri d’accoglienza per ogni immigrato? In Sicilia la cifra si aggira attorno ai 45 euro al giorno che lo stato finanzia per ogni immigrato, se si tratta di un minorenne la cifra aumenta a 70 euro circa. Ovviamente ai migranti non viene data la cifra intera ma viene fornito il pasto, il letto, il vestiario e un minimo di pocket money di 2.50 ma non di più. In Puglia invece il contributo che viene dato per ogni immigrato si aggira intorno ai 30/35 euro al giorno.

13% DEGLI IMMIGRATI NAZIONALI OSPITATI NEL LAZIO – di Maurizio Costa

Il Lazio è la seconda regione per numero di immigrati ospitati nei centri di accoglienza. I numeri diramati del ministero dell'Interno fanno trasparire una situazione abbastanza sbilanciata. Cominciamo, però, con l'illustrare il funzionamento degli immigrati in Italia, che è gestito dalle prefetture territoriali.

I Cara e i Cda – I centri che accolgono gli immigrati sono differenti. I Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) rappresentano delle strutture che ospitano immigrati in attesa del permesso di asilo politico. Sono molto simili ai Cda (Centro di accoglienza) che garantiscono prima accoglienza allo straniero rintracciato sul territorio nazionale per il tempo necessario alla sua identificazione. Nel Lazio c'è solamente un centro di questo tipo e è il Cara di Castelnuovo di Porto. In questa struttura sarebbero ospitati ben 830 persone, un numero eccessivo che però riflette la grande emergenza del centro, che viene gestito da una multinazionale francese. Gli immigrati dovrebbero rimanere all'interno dei centri Cara solamente per un massimo di 35 giorni. Dopodiché, l'ospite dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno, rinnovabile ogni tre mesi, sempre in attesa dello status di rifugiato politico.I Cara sono stati oggetto molto spesso di interesse da parte di Mafia Capitale, che gestiva il Cara di Mineo, in Sicilia, e voleva mettere le mani su quello di Castelnuovo di Porto, ma con una sentenza del Tar, Buzzi e Carminati non hanno raggiunto il loro scopo.
Progetto Sprar – Il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) costituisce una rete di centri di seconda accoglienza destinata ai richiedenti e ai titolari di protezione internazionale. In poche parole, queste strutture dovrebbero ospitare gli immigrati già in possesso di una forma di riconoscimento di protezione internazionale (rifugiati, titolari di protezione sussidiaria o umanitaria). Visto che però le pratiche per assegnare questi visti sono molto lente in Italia, questi centri accolgono anche immigrati senza lo status di rifugiati, quindi in attesa del riconoscimento. Gli enti locali ricevono i soldi per lo Sprar direttamente dal ministero dell'Interno attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA). Il Lazio, con lo Sprar, accoglie più immigrati di tutte le altre regioni, ben 4.791 (più della Sicilia, che ne ha 4.782). La regione, quindi, accoglie il 21% degli immigrati delle strutture Sprar italiane. Un numero altissimo, che viene aumentato da tutti quegli immigrati che vivono in altri tipi di strutture, che sono, solamente nel Lazio, 2.891.
Dai dati ufficiali nazionali dello Sprar, leggiamo che “delle 7.823 persone accolte, il 30% (2.347) è richiedente protezione internazionale, mentre i restanti 5.476 sono titolari di una forma di protezione (per il 26% sussidiaria, per il 24% umanitaria; il restante 20% ha ottenuto lo status di rifugiato)”. Parlando di valori assoluti, cioè Sprar e Cara insieme, il Lazio è la seconda regione in Italia per numero di immigrati accolti. Sono 8.490 gli ospiti dei centri e questo numero rappresenta il 18% del totale in Italia. Se solo pensiamo che la Valle d'Aosta ospita solamente 61 immigrati, il dato fa ancor più rabbrividire. Anche perché la regione alpina, qualche giorno fa, ha rifiutato di ospitare altri 70 immigrati stranieri.
Hub nel Lazio – Intanto la Regione sta correndo ai ripari per quel che riguarda l'immigrazione. La prefettura ha indetto un bando regionale per trovare un hub, un centro di smistamento, per cercare di dare una prima cernita agli immigrati, per poi mandarli nei centri Sprar o Cara. Il vincitore del bando dovrà trovare una struttura adatta, ad esempio un'ex caserma, e fornire dei servizi essenziali, come screening sanitario, rilascio di certificazioni sanitarie, pulizia, erogazione dei pasti e rilascio di un “pocket money” pro capite di 2,50 euro. La prefettura farà una gara al ribasso, ma parte da un pagamento di 33,25 euro (oltre Iva) per persona al giorno, da versare direttamente nelle casse dell'eventuale cooperativa che gestirà il centro. Il prezzo andrà al ribasso ma sarà comunque vincolato al numero di immigrati presenti nell'hub. I numeri sono elevatissimi ma non si può neanche volgere il capo dall'altra parte quando ci troviamo di fronte a situazioni emergenziali del genere. I profughi più presenti in Italia provengono da Iraq e Afghanistan, dato che fa riflettere più di tutti gli altri.

CAMPANIA: TRA ASSOCIAZIONI, ONLUS E CENTRI ALBERGHIERI UN GIRO D’AFFARI MILIONARIO – di Christian Montagna

In vista delle nuove normative adottate dall'UE e dei nuovi obblighi imposti dalla Commissione Europea in materia di immigrazione, gli esosi flussi di migranti che da anni si susseguono lasciando ovunque sangue, disperazione e disordine, hanno letteralmente invaso le nostre coste, senza che concretamente nessuno avesse dato una mano nel fronteggiare l'emergenza. A breve però ci verrà detto che accogliere gli immigrati sarà un obbligo a cui nessun paese europeo potrà sottrarsi; che bisognerà aiutare i paesi da cui partono gli immigrati e che la nostra nazione come anche atri paesi del Mediterraneo sarà concretamente supportata. Era davvero necessario contare tutti questi morti prima di poter prendere una decisione così significativa? A quanto pare, L'Europa lo ha formalmente stabilito solo adesso.
CARA, SPRAR e strutture temporanee:
In Campania, la situazione immigrati pare essere di gran lunga sottaciuta o meglio sottovalutata; forse perché non sembra un problema che possa interessare a pieno la regione o forse ancora perché ci sono talmente tanti problemi interni che pensare alla questione immigrati vien davvero difficile. Dopo aver contattato personalmente i centri predisposti all'accoglienza di immigrati provenienti perlopiù dalla Libia, pare che in Campania questi siano spariti. Eppure, per le strade si vedono. Saranno tutti regolari con permesso di soggiorno? O forse saranno tutti evasi ai controlli di sicurezza diventando fantasmi nella società? I numeri provenienti dagli aggiornamenti statistici di Marzo 2015 del Governo, parlano chiaro: dal 2011 al 2014, il numero di immigrati si è letteralmente triplicato. Paragonando il 2014 ai primi mesi del 2015, è lampante un aumento di arrivi che sempre meno riescono ad essere gestiti come si dovrebbe. Soltanto a Febbraio 2015, in Campania, nelle strutture temporanee, nei CARA e nello SPRAR, sono stati ospitati il 7% degli immigrati su un totale di oltre 67 mila arrivi. Se la matematica non è un opinione, oltre 4 mila immigrati dovrebbero trovarsi in Campania. Ma dove sono finiti? Nelle strutture temporanee risultano, stando ai sondaggi dello scorso Febbraio, 3740 presenze; nei CARA non vengono per nulla menzionati e nei posti SPRAR occupati ne risultano 1080. In tutta la regione inoltre, al momento, risultano esistenti 99 strutture temporanee, ma di quelle intervistate, nessuna ha dichiarato di avere in affido immigrati. Ma perché? La risposta è semplice: si è scoperto che gli immigrati risiedano in strutture alberghiere che profumatamente si fanno pagare il noleggio
delle camere.
L'affare campano:
Soltanto a Maggio 2014 è giunta la direttiva ufficiale secondo la quale si stabilisce un rimborso di 40 euro al giorno per il vitto e l'alloggio e 6 euro da destinare all'assistenza. Nel frattempo però, prima che questa giungesse , c'è chi ne ha approfittato ottenendo cifre più ampie. La maggior parte degli albergatori napoletani ha ospitato in oltre 22 strutture più di mille persone ricavando 43 euro al giorno. Sebbene la Protezione Civile, che da Roma coordina il tutto, avesse garantito questa collocazione come temporanea, non è stato così. Soltanto all'Hotel Cavour, alla stazione centrale di piazza Garibaldi a Napoli, tutt'ora albergano 88 nordafricani. In Campania il business annuo è di circa 50 milioni di euro. Un giro di affari milionario su cui convergono interessi di associazioni, onlus, centri alberghieri e… forse anche politici. Oltre ai fondi giornalieri messi a disposizione degli immigrati, ci sarebbero inoltre anche i "pocket money", ovvero 2,50 euro extra al giorno pro-capite per eventuali spese extra compresi medi
cinali analgesici e antidolorifici.
La dislocazione sul territorio e i disagi:
La maggior parte degli immigrati in Campania si concentra nella Provincia di Napoli, in quelle zone comprese tra Giugliano, Licola, Varcaturo e Pozzuoli. Soggiornano in alberghi come fossero turisti nonostante la legge lo vieti dopo il 35 esimo giorno di permanenza. Non pochi sono stati i problemi di integrazione e di convivenza con gli abitanti dei luoghi: a Varcaturo, all'Hotel Carrafiello, lo scorso anno è stata addirittura messa in scena una protesta degli immigrati per non aver ricevuto i Pocket Money in tempo; a Licola, all'hotel Panorama, scena simile ma per diversi motivi; a Caserta, per questioni legate alla criminalità organizzata hanno più volte messo in atto vere e proprie guerriglie urbane. A gestire il tutto è la Prefettura di Napoli che tramite apposite gare d'appalto affida ad associazioni, onlus e cooperative l'incarico di provvedere ai migranti e gli enti aggiudicatori, a loro volta, si rivolgono alle strutture alberghiere, si occupano dei pasti, di lezioni di
italiano e di assistenza medica.

BASILICATA: 5 MILIONI MESSI SUL PIATTO PER I NUOVI CENTRI – di Matteo La Stella

La Basilicata, colpita di riflesso dagli innumerevoli sbarchi che interessano il mezzogiorno, detiene già l'1% dei cittadini extracomunitari presenti sul territorio nazionale, pari a 889 unità dislocate nei 9 centri di accoglienza attivi sul territorio. Per far fronte alle titaniche previsioni d'arrivo, le due province lucane, orchestrate dal Viminale, hanno messo sul piatto quasi 5 milioni di Euro divisi in 2 gare d'appalto destinate all'individuazione di nuovi centri di accoglienza. La prefettura di Potenza, punta a chiudere un accordo quadro (accordo inteso tra più operatori economici) da 3.213.210,00 Euro, così da poter ospitare altre 429 unità sul territorio di competenza, dal 6 giugno fino a fine anno. A Matera invece, la spesa stimata per altre 200 anime sarebbe di 1.680.000,00 euro. Cifre provvisorie dato che a seconda della quantità di migranti in arrivo, il numero di accolti nei centri potrebbe crescere a dismisura. Le cifre, seppur indicative, fanno riferimento ad una spesa giornaliera che si aggira intorno ai 35 euro oltre IVA ad assistito. Quest'ultimo, inoltre,  ha diritto ad una ricarica telefonica da 15 euro appena entrato nel centro di accoglienza e ad un budget quotidiano che oscilla tra i 2,50 euro dei singoli individui ai 7,50 euro dei nuclei familiari. Intanto dalla regione, l'organo deputato al coordinamento dei flussi migratori  punta a raddoppiare la "portata" dei centri sul territorio. L'obiettivo è quello di accogliere ben 2000 cittadini non comunitari. Fondamentale per l'attuazione del progetto, in ottemperanza dell'accordo Stato Regioni del 2014 e già trasmessa con il Ministero dell'Interno, UPI (Unione delle Provincie d'Italia) e Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), la costruzione tra le altre cose di un “hub” regionale. Quest'ultimo avrà la funzione di smistare i migranti negli centri di accoglienza della regione che verrano adeguatamente preparati all'evento. Lo rende noto l'organismo di Coordinamento della Regione Basilicata in materia di immigrati e rifugiati politici, annoverando tra gli altri cambiamenti la trasformazione del Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Palazzo San Gervasio in Centro di Accoglienza per richiedenti asilo (CARA).

SARDEGNA: MILIONI PER LE STRUTTURE  EROGATI CON PROCEDURE D’URGENZA – di Cinzia Marchegiani
La Regione Sardegna rappresenta un esempio tangibile di quanto l’immigrazione dei flussi provenienti dall’Africa abbia profondamente colpito quest’isola. Gli ultimi dati aggiornati a febbraio 2015 indicano 1.402 immigrati accolti nelle strutture aggiudicate con regolare gara di appalto delle prefetture. La Sardegna partecipa concretamente con il 2% nella distribuzione delle persone assistite in mare o fatti arrivare attraverso voli speciali, nel cuore di questa isola.
Resort snobbati dai migranti
I bandi delle Prefetture della Sardegna che servono ad aggiudicare alle strutture alberghiere e associazioni l’accoglienza degli immigrati, con tanto di erogazione “pocket money” del valore di 2,50 euro pro capite / pro die, fino ad un massimo di 7,50 euro per nucleo familiare (da fornire sotto forma di buoni spendibili in strutture ed esercizi commerciali convenzionati o di denaro contante) e di una tessera/ricarica telefonica di 15 euro all’ingresso nella struttura e l’erogazione per uso personale e per esigenze acclarate da prescrizione medica (di alcuni farmaci di fascia C, compresi quelli per uso pediatrico, quali antipiretici, antidolorifici, creme contro traumi, creme/pomate antiemorroidali, antiscabbia o per dermatiti in generale), nascondono in realtà un flusso di denaro incredibile, si parla di milioni e milioni di euro, che con procedure d’urgenza il Ministero dell’Interno eroga, 35 euro a persona per un totale di 275 giorni all’anno. Strutture che sono alberghi da favola che per un normale vacanziere costano 65/70 euro a persona. Ma non solo, quello che emerge dai fatti avvenuti su quest’isola ha dell’incredibile, oltre a questi appalti di natura milionaria, si celano altri costi legati ai voli di Stato per trasportare le persone che vengono accolte nelle strutture aggiudicatrici, resort da mille e una favola, poiché la Sardegna non ha tante disponibilità che possano soddisfare le condizioni richieste, del vitto, alloggio e assistenza. Ma i resort non sono spesso di gradimento e  vengono snobbati dai richiedenti d’asilo perché location troppo isolate e con un aggravio di spese gli stessi rifugiati chiedono e pretendono di essere spostati in altre città italiane…altri invece, approfittando della mancata sicurezza e vigilanza, sono fuggiti senza lasciare traccia.
210 immigrati presi dal canale di Sicilia
Solo pochi giorni fa, una nave mercantile Spagnola ha fatto sbarcare direttamente al Porto di Cagliari 210 immigrati che aveva soccorso nel canale di Sicilia, e poi opportunamente distribuiti dalla Prefettura di Cagliari nelle strutture ricettive dell’isola, un operazione che ha imposto il blocco del traffico nella statale e impegnato centinaia di mezzi e uomini delle forse dell’ordine e volontariato. “La Sardegna sta diventando come Lampedusa”, sono le preoccupazioni del deputato di Unidos Mauro Pili e Salavatore Deidda di FdI che commentando quest’ultima notizia hanno sollevato i timori che l’isola diventi la frontiera degli sbarchi provenienti da Libia e Nord Africa, vissuta di fatto come una forzatura dello Stato, facendo diventare questi porti come zona franca, alimentando anche le tensioni sociali. Deidda replica: ”Non solo a Cagliari, divenuta oramai una zona franca sulle leggi riguardanti i parcheggiatori e venditori abusivi, ma ricordiamo anche Valledoria, Castelsardo, Aritzo. Le Istituzioni, sia quella regionale che le amministrazioni locali – prosegue Deidda – devono chiedere al Governo di attuare un blocco navale ed impedire l'arrivo di altre navi e, come richiesto dalla Regione Valle d'Aosta, rifiutarsi di essere oggetto di trasferimenti di immigrati su decisione del Ministro dell'Interno.” Una lettura attenta dei bandi della prefettura si può intuire come questi “sbarchi forzati” erano contemplati: “tuttavia la Prefettura si riserva la facoltà di derogare a tale limite (100 posti per struttura) qualora la struttura abbia una capienza superiore, in relazione all’andamento del flusso migratorio ed in caso di indisponibilità di altre strutture idonee.
 

Primo piano

Elezioni Europee, per Mario Draghi serve un cambiamento radicale e accende il dibattito

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La figura di Mario Draghi, che ieri ha sferzato l’Europa chiedendo un cambiamento radicale e ha fatto irruzione nelle Europee spiazzando i partiti, accende il dibattito in vista del voto Ue di giugno.

Per il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, “Draghi ha centrato il punto nello stressare il fatto che alcune delle nostre politiche sono state disegnate 20, 30 anni fa e in questi anni il mondo è cambiato.

La competitività è stato un fatto soprattutto interno all’Ue ma non abbiamo affrontato l’argomento dal punto di vista della competitività nel contesto globale. Necessitiamo di una politica industriale assertiva, ed è per questo che il cambiamento radicale a cui fa riferimento Mario Draghi si sta gradualmente verificando ma è assolutamente necessario”.

“Mi spiace deludervi ma a livello di leader non stiamo ancora parlando delle cariche di vertice dell’Ue, perché non sappiamo quale sarà il risultato delle elezioni europee e perché in alcuni Paesi si devono tenere le elezioni nazionali, dunque ci sono troppe incognite: il vero dialogo inizierà a giugno”, ha detto la premier estone Kaja Kallas rispondendo alla domande se le quotazioni di Mario Draghi, dopo il discorso di ieri, siano salite. “Detto questo Draghi mi piace molto”, ha aggiunto.

“Ho molto rispetto per Mario Draghi ma non voglio interferire in vicende italiane o altro. Lo rispetto molto, questo è quanto ho da dire”, ha affermato il premier ungherese Viktor Orban, rispondendo alle telecamere di La7, a margine della conferenza delle destre in corso a Bruxelles. Parlando sul tentativo di ieri di far sospendere la conferenza da parte dell’amministrazione comunale di Saint-Josse, Orban ha poi commentato: “sono contento di essere qui, oggi siamo qui al confine tra libertà e tirannia”.

Stoccate all’ex premier arrivano dal ministro Matteo Salvini, nel suo libro “Controvento”. di cui vengono anticipati stralci in attesa della presentazione a Milano il 25 aprile. Il leader della Lega definisce “sconcertanti” alcuni ministri scelti da Draghi per il suo esecutivo. Draghi – dice ancora Salvini – “ci rassicurò ma non fece nulla per la pace fiscale”.

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Castelli Romani

Asl Roma 6, all’ospedale dei Castelli operativo il nuovo reparto di terapia subintensiva

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Un servizio fondamentale per chi è colpito da ictus

Presentata l’Unità Trattamento Neurovascolare (UTN) dell’ospedale dei Castelli (ODC). Un reparto di terapia subintensiva dotata di 5 posti letto, strumentazione tecnologica e diagnostica di alto profilo e ad alta intensità di cura destinata ad accogliere pazienti affetti da lesioni cerebrovascolari acute, di natura ischemica o emorragica.

Il nuovo servizio si inserisce nella rete dell’Emergenza tempo-dipendente della Regione Lazio come unità di I livello che ha come riferimento la UTN di II livello del Policlinico Tor Vergata.

A sua volta l’Ospedale dei Castelli rappresenta la struttura di riferimento per l’ictus acuto per l’ospedale di Velletri.

Presenti il Commissario Straordinario Asl Roma 6 dott. Francesco Marchitelli, il Direttore Sanitario Asl Roma 6 dott. Vincenzo Carlo La Regina, il Direttore Medico di Presidio (Odc) dott. Daniele Gentile, il Dr Fabrizio Sallustio Direttore UOSD Unità Trattamento Neurovascolare (UTN), Responsabile Unità Ictus-Ospedale dei Castelli, il Dr Carlo Capotondi direttore UOC Radiologia Diagnostica ed Interventistica, la Dr.ssa Carla Giancotti direttore UOC Anestesia e Rianimazione oltre ai
sindaci di diversi Comuni, istituzioni, autorità militari, civili e religiose. La presentazione ha visto anche la partecipazione di diversi sindaci del territorio e del sindaco di Lanuvio e deputato della Repubblica Andrea Volpi.

“Il nuovo reparto UTN – dichiarano il Commissario Straordinario Marchitelli insieme al Direttore Sanitario La Regina – rappresenta un servizio fondamentale dove ogni giorno si compiono gesti straordinari per salvare vite. La sua apertura è un tributo all’impegno verso il miglioramento della salute pubblica e alla dedizione del personale medico, che con professionalità, impegno e cuore si adopera per offrire cure di altissimo livello. Innovazione e dedizione alla cura delle persone sono tra i pilastri cardine che ci permettono di continuare a fare importanti passi insieme per la comunità”.

A inizio 2024, all’UTN e a tutto l’Ospedale dei Castelli è andato il premio di centro ictus “Diamond” conferito dal gruppo ISA (Italian Stroke Association)-Angels (società deputata all’implementazione dei percorsi diagnostico-terapeutici dell’ictus in Europa).

L’UTN rappresenta un reparto in cui operano, in un modello di multidisciplinarietà, diversi professionisti tra cui neurologi vascolari ossia con esperienza nella diagnosi e cura delle patologie cerebrovascolari, infermieri dedicati, fisioterapisti, logopedisti, dietisti.

“Uno degli obiettivi principali dell’UTN – dichiara il Dr Fabrizio Sallustio, Direttore UOSD Unità Trattamento Neurovascolare (UTN), Responsabile Unità Ictus-Ospedale dei Castelli – è ridurre i tempi di intervento in caso di emergenza neurovascolare. Grazie alla presenza di personale esperto e all’infrastruttura specializzata, i pazienti possono ricevere trattamenti cruciali in modo tempestivo senza doversi spostare a Roma con il rischio di gravi conseguenze e complicazioni a lungo termine. Inoltre, l’approccio multidisciplinare del reparto consente di valutare ogni caso in modo completo, individuando le migliori strategie terapeutiche per ciascun paziente”.

Tanto più lunga è l’occlusione arteriosa tanto più esteso è il danno cerebrale che ne deriva. Dal 2023 infatti, a seguito dell’evidenza di tempi di trasferimento ben oltre le 2 ore per i pazienti che, candidati alla trombectomia meccanica, venivano trasferiti a Tor Vergata per effettuare la procedura endovascolare, di comune accordo con la Radiologia Interventistica, coordinata dal Dr Carlo Capotondi e dal responsabile della team di radiologi interventisti dr Daniel Konda e il reparto di Terapia Intensiva, coordinata dalla dr.ssa Carla Giancotti e dal responsabile del reparto dr.ssa Simona Straffi, si è deciso di trattare questi pazienti direttamente presso l’Ospedale dei Castelli. Ad oggi tale scelta è stata premiata dai risultati in termini di esito clinico che attestano una percentuale di pazienti a medio-termine con indipendenza funzionale e autonomi (56%), nessuna disabilità (43.5%), disabilità moderata ma in grado di spostarsi autonomamente (18%), (disabilità grave 10%) (mortalità 12%).

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Salute

Aspettativa di vita e fattori che la influenzano: si vive più in Italia rispetto al resto del mondo?

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L’aspettativa di vita è un indicatore chiave della salute di una popolazione e può variare notevolmente tra i diversi paesi del mondo. Ecco un confronto tra l’aspettativa di vita in Italia e in altre regioni del mondo:

  1. Italia: Negli ultimi anni, l’aspettativa di vita in Italia è stata generalmente alta, sebbene ci siano variazioni tra regioni e gruppi demografici. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), nel 2020 l’aspettativa di vita alla nascita in Italia era di circa 83 anni per gli uomini e 86 anni per le donne.
  2. Resto dell’Europa: L’aspettativa di vita in molti paesi europei è simile o leggermente superiore a quella italiana. Ad esempio, in Francia e in Spagna, l’aspettativa di vita alla nascita è di circa 82 anni per gli uomini e 86-87 anni per le donne. Alcuni paesi nordici come Svezia e Norvegia hanno aspettative di vita ancora più alte.
  3. Stati Uniti: L’aspettativa di vita negli Stati Uniti è generalmente inferiore rispetto a molti paesi europei e all’Italia. Nel 2020, l’aspettativa di vita alla nascita negli Stati Uniti era di circa 76 anni per gli uomini e 81 anni per le donne, secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Tuttavia, è importante notare che l’aspettativa di vita negli Stati Uniti può variare notevolmente tra gruppi demografici e geografici.
  4. Asia: In molti paesi asiatici, l’aspettativa di vita è aumentata rapidamente negli ultimi decenni, ma può ancora essere inferiore rispetto a quella dei paesi occidentali. Ad esempio, in Giappone, noto per la sua longevità, l’aspettativa di vita alla nascita è di circa 84 anni per gli uomini e 88 anni per le donne.
  5. Africa: L’aspettativa di vita in Africa varia notevolmente da paese a paese e può essere influenzata da fattori come la povertà, l’accesso ai servizi sanitari e le condizioni socioeconomiche. In generale, l’aspettativa di vita in molti paesi africani è inferiore rispetto a quella dei paesi sviluppati, con alcune eccezioni come il Nord Africa e i paesi dell’Africa meridionale.

In sintesi, l’aspettativa di vita in Italia è generalmente alta e confrontabile con quella di molti altri paesi europei, mentre può essere più elevata rispetto a quella degli Stati Uniti e di alcuni paesi in via di sviluppo. E’ comunque importante considerare una serie di fattori che possono influenzare l’aspettativa di vita, tra cui l’accesso ai servizi sanitari, lo stile di vita, l’ambiente sociale ed economico e le politiche di salute pubblica. Vediamo come l’Italia si confronta con il resto del mondo su questi fattori:

  1. Accesso ai Servizi Sanitari: L’Italia ha un sistema sanitario pubblico universale, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che fornisce assistenza sanitaria a tutti i cittadini e ai residenti legali. Questo assicura un accesso relativamente ampio ai servizi sanitari, anche se possono verificarsi differenze regionali nella qualità e nell’accessibilità dei servizi. Nel confronto con il resto del mondo, molte nazioni europee hanno sistemi sanitari simili basati su assicurazione pubblica o nazionale, garantendo un accesso universale ai servizi sanitari. Tuttavia, in altri paesi, come gli Stati Uniti, l’accesso ai servizi sanitari può essere più limitato a causa dei costi elevati e della mancanza di copertura assicurativa per alcuni gruppi di persone.
  2. Stile di Vita: Lo stile di vita degli italiani è spesso associato a una dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura, pesce e olio d’oliva, che è considerata salutare e può contribuire a bassi tassi di malattie cardiovascolari e obesità. Tuttavia, come in molti altri paesi occidentali, ci sono preoccupazioni riguardo a crescenti tassi di obesità, sedentarietà e cattive abitudini alimentari, che possono influenzare negativamente la salute della popolazione.
  3. Ambiente Sociale ed Economico: L’Italia è un paese sviluppato con un alto tenore di vita, un sistema educativo avanzato e un forte senso di coesione sociale. Tuttavia, ci sono disparità socioeconomiche tra regioni e gruppi demografici, con alcune aree del sud Italia che affrontano sfide economiche e sociali più grandi rispetto ad altre. Il confronto con il resto del mondo mostra che l’Italia si colloca generalmente tra i paesi con uno standard di vita elevato e una buona qualità della vita.
  4. Politiche di Salute Pubblica: L’Italia ha adottato diverse politiche di salute pubblica per affrontare le sfide sanitarie, inclusa la promozione di stili di vita sani, la prevenzione delle malattie croniche e la gestione delle emergenze sanitarie. Ad esempio, l’Italia ha introdotto misure per ridurre il consumo di tabacco, promuovere l’attività fisica e migliorare la nutrizione della popolazione. Tuttavia, come in molti altri paesi, ci sono sfide nella realizzazione e nell’attuazione di politiche efficaci di salute pubblica, e vi è sempre spazio per miglioramenti e innovazioni.

In sintesi, l’Italia presenta aspetti positivi nei fattori di accesso ai servizi sanitari, stile di vita, ambiente sociale ed economico e politiche di salute pubblica, ma affronta anche sfide simili ad altri paesi sviluppati. L’attenzione continua su questi fattori può contribuire a migliorare ulteriormente la salute e il benessere della popolazione italiana.

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