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Economia e Finanza

INPS: FORTE CALO PER LA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI

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Tempo di lettura < 1 minuti Nissoli: "Bene ok a nostra mozione per italiani estero"

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di Giuseppa Guglielmino
INPS
– Netto calo a febbraio per la cassa integrazione guadagni, con una diminuzione del 36,4% rispetto a febbraio 2014. Lo comunica l'Inps che segnala come il mese scorso sono state autorizzate complessivamente 58,9 milioni di ore di Cig contro le 92,5 milioni dello stesso mese del 2014. Rispetto al mese di gennaio 2015, invece, i dati destagionalizzati evidenziano una variazione congiunturale pari a +7,1%, per il totale degli interventi di cassa integrazione: a gennaio 2015 la diminuzione del ricorso alla CIG, rispetto al mese di gennaio 2014, era stata del 46,2%, passando da 92,7 milioni di ore autorizzate nel gennaio dello scorso anno, a 49,8 milioni del gennaio di quest'anno.

Pensioni. Nissoli: "Bene ok a nostra mozione per italiani estero"
"Esprimo soddisfazione per l'accoglimento da parte del governo della nostra mozione con cui chiediamo al governo di adeguare le convenzioni internazionali bilaterali con i Paesi extra Ue sulla sicurezza sociale. Ribadiamo l'invito al governo di istituire un tavolo tecnico con i rappresentanti dei ministeri interessati, dell'Inps e dei patronati nazionali". Lo ha affermato la deputata Fucsia FitzGerald Nissoli (Pi), eletta nella circoscrizione estero, prima firmataria della mozione sui diritti previdenziali dei lavoratori italiani emigrati approvata quasi all'unanimità dalla Camera. "Occorre infatti monitorare- aggiunge- la compatibilità delle attuali convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con le modifiche intervenute nel sistema previdenziale italiano e l'eventuale necessità di rinegoziazione. Ma, vista l'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici sia in uscita che in ingresso in Italia, occorre anche verificare la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale completando il quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali e di aggiornare quelli in vigore per garantire una tutela previdenziale più ampia ed efficace"
 

Economia e Finanza

Risparmi, rendimenti e costi: meglio scegliere i Btp o le polizze vita?

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I Titoli di Stato (Btp) sono una tra le opzioni di investimento più utilizzate dalle famiglie italiane. Eppure, secondo i dati dell’OCSE relativi all’anno 2021, la ricchezza finanziaria degli italiani è investita per il 16,9% in polizze vita, percentuale che risulta essere la più alta dell’Unione Europea dopo Francia e Danimarca.

La spiegazione è presto data, poiché la tipologia di polizza vita più diffusa, la ramo I, ha in realtà molti elementi in comune con i Titoli di Stato in quanto le compagnie assicurative investono solitamente la gran parte del loro portafoglio in titoli governativi, in particolare italiani.

Ma come funzionano effettivamente le polizze vita? Quali sono i vantaggi?

Polizze vita o Btp, quali sono le differenze?

Quando si parla di polizze vita (e soprattutto quelle di ramo I) ciò a cui va prestato attenzione è il tipo di garanzia che l’investimento può produrre: ossia la restituzione del capitale investito e l’ammontare dell’eventuale tasso di rendimento definito in sede di contratto con la compagnia assicurativa. Questi elementi sono ciò che più accomuna le assicurazioni sulla vita con i Titoli di Stato. Tuttavia, ci sono alcune differenze fra i due prodotti. La prima differenza fondamentale fa riferimento alla durata del contratto. Se per ciò che riguarda i titoli di Stato la scadenza è predeterminata, la polizza vita fa scattare il trasferimento di capitale ai beneficiari in seguito al decesso dell’assicurato, anche nel caso in cui avvenga prima della scadenza del contratto stipulato con la compagnia assicurativa.

In ogni caso, le polizze vita, prevedono solitamente la possibilità di riscattare parte del capitale o il capitale intero – rendimento incluso.

Polizza vita e trattamento fiscale, perché conviene?

Se è vero che la polizza vita di ramo I risulta essere la soluzione più costosa tra le due (e con un deficit in tema di flessibilità), è vero anche che restituisce più garanzie rispetto ai titoli di Stato. Sia la polizza vita che i titoli di Stato sono esenti dall’imposta sulle successioni. Le polizze vita, tuttavia, sono esentate dal pagamento annuale dello 0,2% come imposta di bollo sul deposito titoli, mentre per la parte che le assicurazioni investono in titoli di Stato, è prevista la stessa tassazione sulle rendite destinata agli investitori finali, ossia il 12,5%. Nel momento della scadenza del contratto, sia l’investimento in titoli di Stato sia la polizza vita di ramo I prevedono la restituzione del capitale investito/assicurato.

Tuttavia, ci sono alcune differenze da tenere in considerazione. Nel caso dei titoli di Stato, l’investitore accetta di assumere il rischio diretto che la controparte (cioè lo Stato italiano) possa risultare insolvente e si trovi nelle condizioni di non riuscire a restituire il capitale.

Nel caso della polizza vita, invece, questo rischio, viene assunto dall’assicurazione che è vincolata alla restituzione del capitale assicurato, per le polizze ramo I. Investire in titoli di Stato, seppure in modo diversificato e al di là dell’ammontare del rendimento generato, presenta un rischio potenzialmente più alto rispetto a quello delle polizze vita: non protegge infatti dall’eventualità che uno o più emittenti vadano in default e non rimborsino quanto dovuto.

La polizza vita, in tal senso, risulta quindi generalmente essere un investimento più sicuro.

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Lavoro: l’occupazione cresce grazie alle donne. +390mila sull’anno

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Gli occupati ad aprile crescono di 48mila unità rispetto a marzo (+0,2%) e di 390mila unità rispetto ad aprile 2022 (+1,7%).

Lo rileva l’Istat spiegando che il tasso di occupazione sale al 61%.

L’occupazione cresce tra i dipendenti permanenti e gli autonomi e cala per i dipendenti a termine

La crescita porta gli occupati a 23milioni 446mila unità. Su base mensile, il tasso di occupazione sale al 61,0%, mentre quelli di disoccupazione e di inattività calano al 7,8% e 33,6% rispettivamente

L’occupazione cresce ad aprile grazie alle donne. A fronte di un aumento di 48mila unità nel complesso su marzo si registra un calo di 4mila unità tra gli uomini e un aumento di 52mila unità per le donne.

Anche su base annua le donne registrano il risultato migliore con 217mila occupate in più a fronte di un aumento di 173mila unità tra gli uomini. Il tasso di occupazione femminile arriva ad aprile al 52,3% con un aumento di 0,3 punti su marzo e una crescita di 1,4 punti su aprile 2022 (+0,6 punti sull’anno per gli uomini).

Il tasso di disoccupazione cala al 7,8% con una riduzione di 0,1 punti rispetto a marzo e di 0,4 punti su aprile 2022. Le persone in cerca di lavoro scendono sotto quota due milioni e sono 1 milione 986mila, in calo di 14mila unità su marzo e di 72mila unità su aprile 2022. Nel mese il tasso di occupazione sale al 61% mentre, quello di inattività cala al 33,6% (-0,1 punti sul mese, -0,9 sull’anno).

Il mercato del lavoro tira e per assicurarsi il personale necessario le aziende fanno più contratti stabili. I dipendenti permanenti nel mese sono cresciuti di 74mila unità sul mese e di 468mila unità sull’anno. I dipendenti a tempo determinato ad aprile sono diminuiti di 30mila unità su marzo e di 149mila unità su aprile 2022.

Nel complesso gli occupati sono cresciuti di 48mila unità su marzo e di 390mila su aprile 2022. I dipendenti complessivamente sono circa un milione in più dell’aprile 2021.

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Economia e Finanza

Arriva il “Manifesto dell’e-commerce”, dieci punti su cui costruire il futuro

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Oltre 30.000 presente al Netcomm Forum, un successo anche per il 2023, nel corso della diciottesima edizione dell’evento di riferimento per il digital retail in Italia.

Lo scorso 18 maggio la kermesse si è conclusa con tre conferenze plenarie, 175 workshop di approfondimento e oltre trecento aziende sponsor ed espositrici. Numeri importanti per un marchio che è il riferimento assoluto nel settore dell’e-commerce italiano, i cui numeri dal 2020 non smettono di salire: nel 2022 l’e-commerce ha migliorato del +8% i già buoni dati del 2021, toccando i 33,2 miliardi di euro.

Quel che è chiaro è che il retail si sta via via evolvendo e contestualmente spostando verso nuove frontiere: sono queste le opportunità del futuro. Così Netcomm ha lanciato il primissimo “Manifesto dell’e-commerce”, con dieci punti da attenzionare, che rappresentano per l’appunto la direzione presa dal settore, protagonista di trasformazioni definibili anche epocali per quel che riguarda l’intero Paese. Il primo punto del Manifesto riguarda il valore economico del settore: il digital retail ha totalizzato 71 miliardi di valore di crescita, il primo driver dell’economia italiana, con un fatturato nettamente raddoppiato e con la compresenza di 723.000 imprese. Il secondo punto invece prende in esame le competenze: qui entrano in gioco le skill digitali, per imprese, ma anche per imprenditori e giovani.

Il terzo punto tocca l’argomento proximity commerce, che secondo gli esperti va sostenuto perché spinge sempre più verso l’integrazione tra i grandi marchi del commercio elettronico e i piccoli negozianti. Un mix, insomma, tra grandi e piccole imprese per la sostenibilità del settore. Senza dimenticare il Made in Italy, quarto punto del Manifesto: tutto in digitale ma valorizzando il patrimonio artistico, culturale, artigianale e tutto quel che concerne le bellezze della Penisola, sotto tutti i punti di vista.

Tutto verte sul digitale: i punti cinque, sei e sette del Manifesto forniscono attenzione su Mll digitali locali, distretti digitali e marketplace, probabilmente la novità degli ultimi anni: sono oltre 400 i marketplace internazionali su cui investire in export digitale.

Il punto otto verte sulla logistica e l’intermodalità: occorrono nuovi modelli di logistica, anche in ottica sostenibilità ambientale, economica, sociale. Il punto nove invece riguarda i pagamenti digitali, assieme ai marketplace la nuova frontiera dell’e-commerce. Tutte le industrie del mondo stanno incentivando pagamenti digitali anche “non convenzionali”, slegati cioè ai metodi bancari tradizionali, puntando quindi su canali come Satis Pay, i pagamenti via smartphone, le criptovalute. Questa apertura può essere rivoluzionaria per il prossimo decennio.

Ultimo punto, che racchiude tutti gli altri: le tecnologie sempre più centrali e performative, dall’AI ai Big Data alla Blockchain, passando per Realtà Aumentata e Realtà Virtuale. Questo è l’ultimo punto ma non per importanza: perché è anche la base di partenza per questo decalogo e per il futuro del digitale.

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