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iOS 15.4: iPhone si sblocca anche con la mascherina indosso

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Apple ha rilasciato le versioni pubbliche di iOS 15.4 e iPadOS 15.4. Gli aggiornamenti dei sistemi operativi per iPhone e iPad portano una serie di novità attese dagli utenti, prima tra tutte la possibilità di sbloccare gli smartphone anche indossando una mascherina. In precedenza, i possessori di un iPhone, all’aperto, potevano accedere al telefono bloccato cliccando sull’Apple Watch abbinato mentre adesso, anche in assenza di uno smartwatch della Mela, il processo di autenticazione diventa più semplice e rapido, anche quando si ha il volto coperto. Come già spiegato dall’azienda, ciò è reso possibile da un aggiornamento della tecnologia di riconoscimento che riesce a leggere le peculiarità del contorni occhi di una persona, la parte del viso che di fatto resta scoperta quando si usa un dispositivo di protezione individuale. La novità principale per iPadOS 15.4 è invece il supporto all’utilizzo dello stesso mouse del Mac, grazie all’estensione del cosiddetto Universal Control, che permette di abbinare l’iPad ad un computer Apple e continuare a muovere il mouse verso un bordo per trasferire il cursore sul tablet e viceversa. Altri miglioramento comuni, dettati dal persistere dell’emergenza sanitaria, riguardano l’aggiunta del Green Pass per il Covid-19 nell’applicazione Wallet anche in Europa e l’arrivo, nell’app Salute, di una sezione dedicata alle somministrazioni dei vaccini e alle guarigioni dall’infezione da SarsCoV2. Per scaricare e installare gli aggiornamenti su iPhone e iPad, basta cliccare su impostazioni, generali, aggiornamento software. Insomma, sembra proprio che il colosso di Cupertino sappia perfettamente come ascoltare le necessità dei propri utenti e come render loro la vita più agevole, anche in tempi di pandemia.

F.P.L.

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Cronaca

Renato Vallanzasca: L’ex boss della Comasina lascia il carcere dopo 52 anni. Dal mito criminale all’oblio di una RSA

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Affetto da gravi problemi cognitivi, l’ex criminale viene trasferito in una struttura per malati di Alzheimer. Ma il suo passato di violenza e crimini non verrà dimenticato

Dopo oltre mezzo secolo dietro le sbarre, Renato Vallanzasca, un nome che ha segnato la storia della criminalità italiana, lascia il carcere. L’ex capo della famigerata “banda della Comasina” ha ricevuto il differimento della pena per motivi di salute: a 74 anni, Vallanzasca è affetto da una grave forma di decadimento cognitivo che lo rende incompatibile con il regime carcerario. Il tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto la richiesta dei suoi legali, supportata anche dalla Procura generale, di trasferirlo in una RSA per malati di Alzheimer e demenza.

Il mito oscuro di Vallanzasca

Renato Vallanzasca non è un nome qualunque. Negli anni ’70 e ’80, la sua “banda della Comasina” terrorizzava l’Italia con una serie di crimini violenti: rapine, sequestri di persona, omicidi ed evasioni. Nato a Milano nel 1950, Vallanzasca crebbe nel quartiere popolare della Comasina, dove ben presto intraprese una carriera criminale che lo avrebbe reso celebre. Insieme ai suoi complici, organizzò rapine spettacolari, mostrando una spregiudicatezza e una violenza che lo resero uno dei criminali più temuti del Paese.

Negli anni, Vallanzasca divenne una figura quasi leggendaria: un bandito che sfidava apertamente le forze dell’ordine, riuscendo a evadere più volte dal carcere. Il suo fascino, costruito su un mix di audacia e ribellione, lo rese celebre non solo tra i criminali, ma anche in certi settori della società civile, che lo vedevano come un simbolo di resistenza all’autorità.

L’arresto e i processi

Dopo anni di crimini e inseguimenti, Vallanzasca fu arrestato definitivamente nel 1977. Il processo che ne seguì fu lungo e complesso, con testimonianze che svelarono la rete di crimini e connivenze che avevano permesso alla sua banda di prosperare. Condannato a quattro ergastoli per omicidi, rapine e sequestri, Vallanzasca è rimasto in carcere per oltre 50 anni, senza mai beneficiare di una riduzione della pena.

Il declino e la decisione del tribunale

Nel corso degli anni, l’ex boss ha visto il suo stato di salute peggiorare drasticamente. Affetto da Alzheimer e ormai incapace di badare a sé stesso, Vallanzasca è stato descritto dai medici come “disorientato nel tempo e nello spazio” e “incapace di esprimere con il linguaggio ciò che pensa”. Questa grave forma di decadimento cognitivo ha spinto i suoi legali a chiedere il differimento della pena, ritenendo il carcere ormai incompatibile con le sue condizioni di salute. La richiesta è stata accolta dal tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha disposto il trasferimento di Vallanzasca in una RSA nella provincia di Padova, dove sarà sottoposto a un regime di detenzione domiciliare.

Un epilogo controverso

Il trasferimento di Vallanzasca in una struttura assistenziale segna l’epilogo di una storia criminale che ha lasciato cicatrici profonde nella società italiana. Nonostante il deterioramento delle sue condizioni di salute, il nome di Vallanzasca rimane legato a un passato di violenza e paura. La sua storia, che in passato aveva affascinato il pubblico per la sua audacia, oggi si conclude con l’immagine di un uomo fragile, incapace di riconoscere il mondo che lo circonda. Ma il ricordo dei suoi crimini, delle vittime e della sua sfida alle istituzioni resterà indelebile nella memoria collettiva.

Il trasferimento in RSA, previsto nei prossimi giorni, segna un momento storico: la fine della detenzione di uno dei più noti e controversi criminali italiani. Tuttavia, le cicatrici lasciate dai suoi crimini sono destinate a rimanere.

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Cronaca

Scandalo tangenti in Liguria: l’ex governatore Toti patteggia

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Accordo con la Procura: 2 anni e 1 mese convertiti in lavori socialmente utili

L’ex presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, arrestato quattro mesi fa nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte tangenti, ha raggiunto un accordo di patteggiamento con la Procura di Genova. La pena concordata è di due anni e un mese, che verrà convertita in 1500 ore di lavori di pubblica utilità, evitando così il carcere grazie alla legge Cartabia.

L’accordo, che dovrà essere ratificato dal Gup, prevede anche la confisca di 84.000 euro, l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con le pubbliche amministrazioni per la durata della pena. I reati contestati sono corruzione impropria e finanziamento illecito dei partiti.

Le accuse riguardavano presunti favori, in particolare la concessione di spazi del porto di Genova all’azienda di servizi portuali di Aldo Spinelli, in cambio di tangenti.

L’ex governatore, attraverso il suo legale Stefano Savi, ha dichiarato: “Si riconosce che gli atti prodotti dalla Pubblica amministrazione fossero totalmente legittimi, così come i versamenti sotto forma di contributi all’attività politica. Cadono quindi le accuse di corruzione e le altre ipotesi di reato con l’esclusione della cosiddetta ‘corruzione impropria’”.

La Procura, da parte sua, considera il patteggiamento come il risultato del buon lavoro svolto in fase di indagine.

Anche l’ex presidente dell’Autorità portuale di Genova, Paolo Emilio Signorini, ha concordato un patteggiamento con la Procura per una pena di tre anni e cinque mesi, oltre alla confisca di poco più di 100.000 euro e all’interdizione temporanea dai pubblici uffici.

Resta aperto un secondo filone d’inchiesta riguardante l’ipotesi di voto di scambio e altri reati contestati a vario titolo.

Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha commentato la vicenda in una nota stampa: “Il caso Toti dimostra l’efficacia delle recenti riforme nel sistema giudiziario. La conversione della pena in lavori di pubblica utilità rappresenta un passo avanti verso una giustizia più equa e riabilitativa”.

L’opposizione, per bocca del segretario del Partito Democratico Elly Schlein, ha invece dichiarato: “Il patteggiamento di Toti non cancella la gravità dei fatti contestati. È necessaria una seria riflessione sulla trasparenza e l’integrità nella gestione della cosa pubblica”.

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Economia e Finanza

Italia regina dei Superyacht: la leadership globale tra produzione e formazione

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l Belpaese domina il settore della cantieristica nautica e diventa punto di riferimento per la formazione di professionisti specializzati. Nicola Carbonara: “Innovazione, lusso e design sono il futuro.”
 
L’Italia si conferma leader mondiale nella produzione di superyacht, con una quota di mercato che sfiora il 54%. Durante il Cannes Yachting Festival, in corso dal 10 al 15 settembre, i riflettori sono puntati sui grandi cantieri italiani, che rappresentano il cuore dell’industria nautica di lusso. Con un fatturato di 4,4 miliardi di euro, la cantieristica italiana continua a crescere, dimostrando la sua eccellenza sia nel design che nella qualità.
 
Nicola Carbonara, imprenditore e fondatore dell’IET – Istituto Europeo del Turismo e di altri enti formativi, ha partecipato al festival, sottolineando l’importanza di una formazione di alto livello per mantenere questo primato. “La richiesta di personale qualificato come hostess, steward e marinai è altissima e ancora insoddisfatta”, ha affermato Carbonara. I suoi istituti sono ormai un punto di riferimento internazionale per chi desidera una carriera nel settore della nautica di lusso.
 
Secondo l’imprenditore, la ripresa post-Covid del settore è evidente: “Il mercato ha finalmente superato lo stallo e vediamo un ritorno alla produzione a pieno ritmo, sia per le nuove imbarcazioni che per l’usato”. Il focus oggi è su yacht sempre più grandi, dotati delle più avanzate tecnologie, in cui il design si spinge verso l’idea di vere e proprie ville galleggianti.
 
L’Italia non è solo una potenza produttiva, ma anche un faro per la formazione dei professionisti che lavorano a bordo di queste imbarcazioni. Con la crescita continua del settore, investire nella formazione e nello sviluppo delle competenze rimane fondamentale per consolidare la leadership mondiale.
Privo di virus.www.avast.com



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