IRAQ: ISIS INNALZA BANDIERE DEL CALIFFATO SULLE CHIESE

di Maurizio Costa

Ninive (Iraq) – Dopo aver distrutto il museo e alcuni templi di Mossul, i jihadisti dell'Isis hanno cominciato anche a depredare chiese e ad abbattersi su statue e icone cristiane. Seguendo la legge di non poter rappresentare le divinità in nessuna maniera, i miliziani hanno gettato statue della Madonna, bassorilievi e crocifissi per sfregiare i luoghi sacri cristiani. In una chiesa di Ninive, i jihadisti sono saliti sul campanile della struttura e hanno levato la croce che dominava sulla sommità, sostituendola con una bandiera dell'autoproclamato califfato islamico.

Il gesto ha seguito la distruzione del museo di Mossul e dei templi iracheni. L'Isis non accetta nessun'altra religione o idolatria, ma soprattutto non contempla la possibilità di rappresentare le divinità, anche se appartenenti al passato.

Le foto delle razzie sono state pubblicate dal Middle East Media Research Institute (Memri), che monitora l'attività dell'Isis soprattutto su Twitter. Steven Stalinsky, direttore del Memri, ha affermato che “l'Isis non si cura affatto di quello che sta compiendo, segue la sua ideologia e se la prende con chiese e minoranze. La sua campagna contro la cristianità – prosegue Stalinsky – prosegue ormai da tanto tempo”.

Uomini vestiti da donna – Dopo aver perso la città di Tikrit, lo Stato islamico sta mano mano ritirandosi da quella zone nell'Iraq del nord. Per sfuggire all'esercito iracheno, alcuni uomini del califfato si sono travestiti da donna, per scappare ai severi controlli delle guardie di stato. Le donne, seconda la Sharia, la legge islamica, non possono combattere e quindi non possono essere catturate e fatte prigioniere.

Isis in Libia – Secondo il presidente del parlamento libico di Tobruk, riconosciuto dalle autorità mondiali, “l'Isis e al-Qaida possono passare in Italia ed è un grande pericolo visto che molti terroristi sono in Libia”. Aqila Saleh, intervistato dall'Ansa, auspica un intervento dell'Italia per sconfiggere l'Isis nel nord Africa: “Siamo vicini, ci separano solamente 300 chilometri di mare. L'immigrazione clandestina in Italia è motivo di inquietudine anche per il popolo libico. L'Italia e la Libia sono unite da storici rapporti di amicizia”.

“L'Italia – secondo Saleh – deve levare l'embargo imposto all'esportazione di armi in Libia, perché deve sostenere l'esercito libico nell'addestramento del suo esercito per assicurare una lotta duratura contro l'Isis”.

Intanto, continua la fuga dei profughi dalla Siria, paese vessato dall'autoproclamato califfato. Sarebbero centinaia di migliaia le famiglie che sfuggono dal loro paese d'origine vista la guerra civile, che vede Assad combattere contro delle fazioni locali, e la minaccia dell'Isis.