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Ah, Roma! La città dove la storia incontra l’assurdo, e il trap incontra il buon senso… o almeno così speravamo.
Ma lasciate che vi racconti di un piccolo dramma che ha sconvolto il Circo Massimo, un palcoscenico che, a questo punto, meriterebbe un cartello con su scritto “Non disturbare: in corso una crisi di identità culturale”.
Roberto Riccardi, commissario dell’UDC di Roma Capitale e Città Metropolitana, ha sollevato il velo su una questione che ha acceso gli animi: l’esclusione del trapper Tony Effe dal concerto di Capodanno.
Ma non è una questione di star o di palcoscenici, no! È una questione di “responsabilità istituzionale”, come se il Campidoglio avesse il dovere di fare da baby-sitter ai testi delle canzoni. E chi può dargli torto? Non vogliamo mica che i nostri ragazzi ascoltino messaggi di violenza e degrado, giusto? No, no, noi preferiamo che si accalchino davanti a un palco dove i cantanti si esibiscono con testi che parlano d’amore e di pace… come se il mondo fosse un grande abbraccio collettivo.
Ma ecco il bello: mentre Riccardi fa il paladino della virtù, le stesse voci che si ergono contro la violenza di genere, come Gaia, Emma Marrone e Noemi, sembrano aver dimenticato il significato di coerenza. È incredibile come, in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, queste “eroine” della musica si schierino a favore di un artista che non esita a incitare alla violenza con versi che nemmeno un film di Tarantino oserebbe mostrare. Ma certo, non parliamo di ipocrisia, no! Parliamo di “libertà di espressione”. E chi non ama un bel paradosso?
La verità è che ci troviamo di fronte a un dualismo che fa girare le palle. Da un lato, si invoca il diritto di esprimere qualsiasi schifezza in nome dell’arte; dall’altro, si invoca la responsabilità di condannare la violenza. Ma poi, quando il gioco si fa duro, la coerenza vacilla e si fa silenzio. È come se si volesse proteggere un “clan musicale di appartenenza”, mentre il mondo reale continua a fare i conti con la violenza di genere. E mentre ci si affanna a difendere l’indifendibile, il messaggio che passa è chiaro: l’ipocrisia è la vera regina della festa.
Non fraintendetemi, non chiedo di censurare l’arte.
Chiedo solo un po’ di onestà intellettuale. È ora di fermare questa smania di esagerare senza limiti che trasforma la cultura musicale in un triste deposito di ipocrisia, dove il “buonismo a chiamata” regna sovrano.
E sì, Rita Godino ha ragione: “Non accarezzate se avete le mani sporche di ipocrisia”.
È giunto il momento che la musica torni a essere un veicolo di messaggi positivi e non un’arma di distruzione di massa, mascherata da libertà artistica.
Quindi, mentre il mondo si prepara a festeggiare un nuovo anno, forse dovremmo riflettere su che tipo di messaggi vogliamo trasmettere alle nuove generazioni.
Perché, alla fine, la vera libertà di espressione non si trova nel glorificare la violenza, ma nel costruire un futuro migliore per tutti. E questo, miei cari, è un concerto che vale davvero la pena di vedere.
ad maiora
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