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LA PIU’ AMATA DAI PENSIONATI

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Tempo di lettura 8 minuti Renzi potrebbe anche applicare il “piano Boeri”, ricalcolando col metodo contributivo tutte le pensioni sopra i 5mila euro, creando un gettito di 1,5 miliardi di euro.

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di Maurizio Costa / Cinzia Marchegiani / Angelo Barraco

 

Maurizio Costa

La decisione della Corte Costituzionale sulle pensioni rischia di stravolgere il piano economico che il governo si era apprestato a delineare con il Def. Lo stato dovrà rimborsare ai pensionati ben 14 miliardi di euro netti. Questo perché il governo Monti, con l'esecuzione dell'allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nel 2012 e nel 2013 non adeguò gli assegni pensionistici all'inflazione, provocando una diminuzione del valore delle pensioni italiane. Adesso la Corte ha deciso che è stata una manovra anticostituzionale e il governo deve correre ai ripari. Venerdì, il Consiglio dei ministri si riunirà e avrà all'ordine del giorno la ricerca di una soluzione per il problema delle pensioni. Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, ha affermato che “la commissione europea ci osserva attentamente”. Infatti, la l'Ue ha già stabilito di monitorare l'Italia per quel che riguarda questo buco monetario che ha dato il via alla decisione della Corte. Nelle raccomandazioni di mercoledì, dirette ad ogni stato membro, la Commissione inserirà anche questa grana per il governo Renzi. I problemi riguardanti il rimborso delle perequazioni bloccate da Monti sono vari e difficili da superare. La somma da restituire ai pensionati tocca quota 14 miliardi di euro netti, una cifra insostenibile in un momento come questo. Allora, Padoan ha in mente un piano per sanificare la situazione.
Rimborso parziale e selettivo – Il governo vorrebbe spalmare questi soldi da rimborsare in più anni e in base a delle fasce. Si pensa ad un rimborso totale per le pensioni fino ai 1.500/1.700 euro. Salendo poi con il valore dell'assegno mensile, la cifra da riconsegnare ai pensionati si abbassa fino al 45% per gli assegni su
periori ai 3.000 euro.
Da dove prendere i soldi? – Padoan dovrà fare i conti con il fondo cassa del governo. Il problema è che se Renzi dovesse pagare tutti questi rimborsi insieme sforerebbe il tetto della differenza deficit-Pil imposto dall'Europa (3%). L'Italia ha promesso che per quest'anno rimarremo al 2,5% e questa decisione ha fatto nascere il famoso tesoretto da 1,6 miliardi di euro (poiché il limite fissato deficit-Pil era al 2,6%). In questo caso, il governo potrebbe utilizzare questa somma per cominciare a rimborsare i pensionati. Il resto della cifra potrà provenire dai tagli strutturali o dall'aumento delle tasse, misure non gradite dalla popo
lazione italiana.
Pensioni ricche – Il governo sta pensando anche ad una tassa di solidarietà da applicare sulle pensioni più elevate. Un prelievo straordinario che penderebbe sui pensionati che percepiscono un assegno sopra i 5.000 euro al mese. Però, Renzi potrebbe anche applicare il “piano Boeri”, ricalcolando col metodo contributivo tutte le pensioni sopra i 5mila euro, creando un gettito di 1,5 miliardi di euro.
Qualsiasi sarà la decisione del governo, sicuramente qualcuno ci rimetterà. Adesso dovremo solo vedere chi e come.

LA RIFORMA FORNERO E QUELLE RESPONSABILITA’ NEGATE

Cinzia Marchegiani

Dopo la sentenza della Consulta che ha di fatto bocciato il blocco degli adeguamenti pensionistici, che con un colpo di spugna aveva disintegrato la perequazione delle pensioni degli anni 2012-2013, una manovra ricordata dal popolo italiano dalle lacrime di coccodrillo dell’ex ministro del lavoro Elsa Fornero, i pensionati hanno dovuto scoprire che era tutto illegale, un vero sopruso.
Lo stesso ex premier Monti in una confessione shock ha dichiarato sul blocco pensioni: "se non l'avessimo fatto sarebbe arrivata la Troika – difendendo di fatto il suo operato – il nostro primo dovere allora era evitare il default". Ora, il Ministro dell’economia Pier Carlo Padoan deve fare i conti con le casse pubbliche, ma ha assicurato, non tranquillizzando le vittime di questa legge, che rispetterà la sentenza, dovendo anche minimizzare il più possibile l’impatto sugli stessi conti pubblici.

MA I RIMBORSI NON SARANNO PER TUTTI

E ora per i pensionati si prospettano rimborsi una tantum. Il ministro Padoan in un’intervista ha spiegato le prossime mosse, che serviranno a rispettare sia la sentenza ma anche gli impegni verso i partner europei con una soluzione che dovrà essere ovviamente compatibile con l’obiettivo programmatico del 2,6% per non scardinare la manovra di bilancio già predisposta: ”Se si dovesse ripristinare totalmente l’indicizzazione, l’Italia si troverebbe a violare simultaneamente il vincolo del 3%, l’aggiustamento strutturale e la regola del debito. Quest’ultimo, che sta iniziando a scendere, ricomincerebbe a salire, e la Commissione ci metterebbe immediatamente in procedura d’infrazione, sia per il deficit che per il debito. Con conseguenze per noi gravissime”.

LA RESTITUZIONE SARÀ SELETTIVA E PARZIALE
Un buco da 5 miliardi che sembra non possano essere restituiti a tutti, così all’orizzonte si prospetta una restituzione modulata in base al valore dell’assegno. In poche parole si creerà una vera discriminazione: avrà di più chi è titolare di un reddito più basso e via via chi lo ha più alto. Sarà una tantum e sembra senza impostare una successiva rateizzazione per il residuo.

L’EX MINISTRO DEL LAVORO FORNERO GIRA LA COLPA A MONTI

L’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, sembra non voglia addossarsi alcuna responsabilità per questa legge a sua firma, imputandone la responsabilità all’ex premier Monti che avrebbe avuto l’idea di questa manovra fiscale relativa  il
congelamento delle pensioni.

L’UNIONE EUROPEA PUNTA I RIFLETTORI SULL’ITALIA

Da Bruxelles sono pronti i telescopi. La Commissione europea nella giornata di mercoledì 13 maggio, ha deciso di monitorare l’Italia, per capire il valore dell’'impatto quantitativo della decisione della Corte Costituzionale di bocciare la norma Fornero che di fatto ha bloccato la rivalutazione degli assegni previdenziali al costo della vita.

L’ALBA E IL TRAMONTO DELLA RIFORMA FORNERO

Angelo Barraco

La riforma Fornero-Monti dal 2012 imponeva un sistema fondato su due pilastri. Il primo pilastro era la “nuova” pensione di vecchiaia e pensione anticipata, mentre la pensione di anzianità e quote non esistono più. Dal 1 gennaio 2012 le anzianità contributive maturate si calcolavano con il sistema di calcolo contributivo che si basava sui contributi versati durante l’arco della vita lavorativa. Tale sistema di calcolo si distingue da quello retributivo che invece si basa sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di vita lavorativa. Tutti i lavoratori che usufruivano di una pensione calcolata mediante calcolo retributivo usufruivano di una pensione con entrambi i sistemi di calcolo. Il retributivo era fino al 31 dicembre 2011 e il contributivo dal 1 gennaio 2012. Chi invece aveva ottenuto la pensione entro il 31 dicembre 2011 invece ha mantenuto la pensione secondo le vecchie disposizioni di legge. Prima della Fornero vi è stata la Legge n. 148 del 14 settembre 2011 detta anche riforma Sacconi dove l’aspettativa di vita era di 65 anni e occorrevano 20 anni di contributi versati. Per le donne vi è stato un aumento nel settore privato a 65 anni. Nel 2011 i requisiti validi per la pensione per “vecchiaia” erano: 60 anni di età per le donne con innalzamento fino a 65 anni e per gli uomini invece 65 anni di età con almeno 5 anni di contributi dal 1 gennaio 1996. In alternativa a tutto ciò erano richiesti: 35 anni di anzianità contributiva e l’età anagrafica per la pensione o 40 anni di anzianità contributiva a prescindere all’età anagrafica. Il sistema riguardava chi aveva iniziato a lavorare dopo il 95 e chi aveva optato per il sistema contributivo. Il sistema di anzianità con il “sistema delle quote” era il seguente: “ dal 2011 al 2012; 60 anni di età + 36 di contributi per i dipendenti, 61 anni di età + 36 di contributi per gli autonomi, 40 anni di contributi. Cambiamenti invece dal 2013 al 2015 dove; 61 anni di età e 3 mesi + 36 di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 3 mesi + 36 di contributi per gli autonomi, 40 anni di contributi. Ulteriori ed eventuali cambiamenti dal 2016 al 2018; 61 anni di età e 7 mesi + 36 anni di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 7 mesi + 36 anni di contributi per gli autonomi, 40 di contributi e dal 2019 al 2021; 61 anni di età e 11 mesi + 36 anni di contributi per i dipendenti, 62 anni di età e 11 mesi + 36 anni di contributi per gli autonomi, 40 di contributi. Le donne poteva scegliere di ritirarsi da lavoro con i seguenti requisiti validi fino al 31 dicembre 2010: 57 anni di età e 35 di con tributi per le dipendenti, 58 anni di età e 35 di contributi per le autonome. La Corte Costituzionale ha bocciato la legge in merito alla perequazione delle pensioni, la cosiddetta norma Fornero che si trova nel “Salva Italia”. La norma che ha stabilito che le pensioni di importo superiore tre volte superiore al minimo inps scattava il blocco della perequazione, ossia l’adeguamento della stessa al costo della vista è stata ritenuta incostituzionale dalla Corte Costi tuzionale. “Proporzionalità e adeguatezza delle pensioni che non devono sussistere soltanto al sussistere soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente assicurate anche nel prosieguo, in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta», e stabiliscono che la pensione debba costantemente essere adeguata alle retribuzioni del servizio attivo”. Nella sentenza si legge: “Deve rammentarsi che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull'ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato. La censura relativa al comma 25 dell'art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico  induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla
cessazione della propria attività. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36 Costituzione) e l'adeguatezza (art. 38). Quest'ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà" (art. 2) e al contempo attuazione del principio di eguaglianza  (art. 3)”.

GOVERNO LAVORA PER SOLUZIONE EQUA E SOSTENIBILE

Redazione

Poletti, lavoriamo per soluzione equa e sostenibile – "Il ministro dell'Economia, Padoan, ha detto in maniera piuttosto chiara che noi vogliamo lavorare in direzione di una soluzione che sia equa, coerente con la sentenza e sostenibile per i conti pubblici". Lo afferma il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in una intervista a Radio Vaticana, a proposito delle pensioni. Alla domanda se i rimborsi saranno solo per quelle più basse, il ministro risponde che "oggi non abbiamo ancora una posizione puntualmente definita", che sono in corso "analisi" e "simulazioni" e la soluzione "sarà il frutto di una valutazione collegiale" del Cdm. "Noi sappiamo – torna a sottolineare il ministro – che insieme alla corrispondenza alla decisione della Corte" costituzionale che ha bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo per il 2012 e il 2103, "abbiamo degli obblighi sia rispetto al pareggio di bilancio scritto nella Costituzione italiana, sia rispetto ai patti che abbiamo sottoscritto con i nostri partner europei. Dobbiamo, quindi, rendere compatibili e coerenti le soluzioni a tutti questi input, cosa che credo saremo in grado di fare sicuramente". Rispetto alla soluzione che sarà adottata, Poletti spiega che "cosa faremo, lo comunicheremo nel momento in cui saranno state fatte tutte le analisi, con tutte le simulazioni del caso, perché la materia è complessa e peraltro non riguarda solo il passato" ma "anche i trascinamenti che questa situazione produrrà in prospettiva futura. Quindi dobbiamo fare le cose per bene. Io ora non sono in condizione e non credo sia giusto anticipare nulla rispetto alle soluzioni, anche perché questo sarà il frutto di una valutazione collegiale, che il Consiglio dei ministri farà". "Renzi sbaglia a non parlare e a far intervenire su questo tema solo Padoan". Così il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, a "24 Mattino" su Radio 24 sul caso pensioni, rilanciando lo stop ai rimborsi per gli assegni più elevati. Per il segretario di Scelta civica "Renzi dovrebbe dire che noi non restituiamo a tutti i soldi non perché ce lo chiede l'Ue o per non sforare il 3% ma perché se abbiamo chiesto sacrifici enormi ai non pensionati non possiamo non chiederne anche ai pensionati. Così scateni la guerra generazionale".
Il deficit 2015 resterà quest'anno al 2,6%, l'obiettivo programmatico indicato nel Def. Non un decimale di più. La soluzione che il governo sta identificando per adeguarsi alla sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni non avrà infatti impatto sugli impegni presi poco meno di un mese fa in materia di conti pubblici nel Documento di economia e finanza. La garanzia assoluta del rispetto dei parametri Ue arriva direttamente da fonti del ministero dell'Economia, dopo che da Bruxelles è trapelata la notizia della possibile messa sotto "monitoraggio" dell'Italia da parte della Commissione. Nelle prossime raccomandazioni in arrivo mercoledì, l'Europa potrebbe infatti arrivare a condizionare alla soluzione del problema pensioni il via libera all'uso della flessibilità richiesto dall'Italia per attenuare la regola del debito e il percorso di rientro del deficit strutturale. Un'eventualità in cui il governo non vuole in nessun modo incappare.
 

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Politica

Cdm: nuovo decreto bonus edilizi, test psicoattitudinali per diventare magistrati e registro nazionale affido minori

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Il governo corre ai ripari sui rischi di nuovi sforamenti dei conti da parte del Superbonus e dei bonus fiscali ed energetici.

“Norme nate in modo scriteriato e che hanno prodotto risultati devastanti per la finanza pubblica”, dice senza giri di parole il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. “Qualcuno sorrideva sul mal di pancia – aggiunge – Confermo che fa malissimo a me a tutti gli italiani”.

Così il Consiglio dei ministri approva a sorpresa un nuovo decreto sui bonus edilizi, portato fuorisacco. Scompare lo sconto in fattura, arriva la dichiarazione preventiva, vengono bloccate le compensazioni con l’agevolazione Ace (che riguarda le imprese), i crediti vengono prima compensati con le eventuali ‘cartelle’ degli accertamenti fiscali.

La misure – dice con chiarezza Giorgetti – “sono tese a chiudere definitivamente la eccessiva generosità” della misura.

Test psicoattitudinali per diventare magistrati

Via libera del governo ai test psicoattitudinali per l’accesso alla professione dei magistrati dal 2026, forse simili a quelli cosiddetti ‘Minnesota’, che valutano la personalità dei candidati. Il decreto legislativo approvato in Consiglio dei ministri ha avuto modifiche fino all’ultimo minuto, che però non mitigano le proteste dell’Associazione nazionale magistrati: sarà il Consiglio superiore della magistratura a nominare i docenti universitari in materie psicologiche che – su indicazione Consiglio universitario nazionale, organo indipendente dell’università – faranno parte della commissione giudicante.

Il colloquio psicoattitudinale si svolgerà durante la prova orale, ma già dopo quella scritta riceverà dei test su un foglio, individuati dal Csm, sul modello di quelli utilizzati per quelli effettuati agli agenti di polizia. Questi costituiranno la base per il futuro colloquio psicoattitudinale, che sarà comunque diretto dal presidente della commissione esaminatrice, e non da uno psicologo (il quale sarà presente solo come ausilio), alla quale è demandato in maniera collegiale il giudizio finale sul complesso delle prove.

Minori in affido

Il Cdm ha approvato anche il registro nazionale per l’affido dei minori. Fino ad oggi la legge per i ragazzi in affido prevedeva l’obbligo degli istituti di assistenza pubblici o privati e delle comunità di tipo familiare di trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica, presso il tribunale per i minorenni del luogo, l’elenco di tutti i minori collocati con l’indicazione della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica trasmetteva poi una relazione informativa, ogni sei mesi, e poteva compiere delle ispezioni negli istituti, per accertare l’eventuale stato di abbandono dei minori. Con la nuove disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento, a firma dei ministri per la Famiglia Eugenia Roccella e della Giustizia Carlo Nordio, approvate oggi dal Consiglio dei ministri, verranno istituiti al Dipartimento per le Politiche per la Famiglia un Registro e un Osservatorio nazionali ed inoltre ci sarà un registro in ogni Tribunale, sia dei minorenni sia ordinari.

Il caso Bari

Nel corso del Consiglio dei ministri, secondo quanto si apprende, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha svolto un’informativa sul tema degli accessi ai Comuni e dello scioglimento degli enti locali, con una ricognizione sui provvedimenti adottati negli ultimi anni, dopo il caso Bari. Nel corso della riunione, sempre a quanto si apprende, è stato deciso lo scioglimento di due comuni e sono stati prorogati alcuni commissariamenti.

Nordio: sui test polemiche sterili, mi rammarico . Nessuna invasione di campo del governo
“Quando entrambe le Camere ti inviano determinate osservazioni è un dovere quasi del governo quello di adeguarsi. Purtroppo abbiamo assistito in questi giorni a una polemica di cui mi rammarico come magistrato, come quando è stato criticato il concorso ai soli giudici onorari senza leggere la bozza di un testo ancora in fieri. Sono polemiche sterili, vuote astrazioni polemiche, nessuno ha mai pensato di introdurre valutazioni periodiche dell’attitudine e della psiche dei magistrati”. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio.

“Sui test non c’è un’invasione di campo da parte del governo nei confronti della magistratura. Non vi sono interferenze da parte del governo. Non c’è nessun vulnus nessuna lesa maestà”, ha sostenuto Nordio.

“Mi sono sottoposto ai test psicologico del Minnesota, che è quello che vorremmo introdurre qui”, ha detto il Guardasigilli. “Non c’è nulla di male se una persona cerca di capire com’è fatta e magari può cercare di correggersi persone che hanno in mano le vite degli altri, come i medici”. A chi gli ha chiesto se fosse possibile ripetere l’esame di accesso alla magistratura qualora il candidato non superasse i test, il ministro ha risposto: “L’esame di accesso alla magistratura si può ripetere quattro volte”.

Sarà il Csm a nominare i docenti universitari in materie psicologiche – su indicazione del Consiglio universitario nazionale, organo indipendente dell’università – che costituiranno la commissione giudicante per i testi psicoattitudinali per i magistrati. Il colloquio psicoattitudinale si svolgerà durante la prova orale e chi avrà superato la prova scritta, prima dell’orale riceverà dei test scritti individuati dal Csm, sul modello di quelli utilizzati per quelli effettuati agli agenti di polizia. Questi ultimi costituiranno la base per il futuro colloquio psicoattitudinale.

Il colloquio orale sarà comunque diretto dal presidente della commissione esaminatrice, e non da uno psicologo, che sarà presente solo come ausilio. Infine la commissione esaminatrice, che valuta collegialmente, formulerà il giudizio conclusivo sulla totalità delle prove. Ci sarà dunque un doppio livello di garanzia: il Csm disciplinerà i test in via generale e poi la commissione esaminatrice deciderà.

Giorgetti: stop a sconto in fattura e cessione del credito, basta generosità eccessiva

“Il governo ha approvato un decreto in materia di bonus edilizi che elimina ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito per tutte le tipologie che ancora lo prevedevano; abbiamo eliminato la disposizione della remissione in bonis che avrebbe consentito fino al 15 ottobre le correzioni con il pagamento di minime sanzioni di tutte le comunicazioni già intervenute e previsto per tutte le nuove fattispecie una nuova comunicazione preventiva, quando si inizia il lavoro, in modo da avere un monitoraggio del fenomeno e non solo quando le fattura vengono caricate”. Lo ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Le misure adottate con il decreto sul superbonus e sui bonus edilizi “sono tese a chiudere definitivamente la eccessiva generosità di una misura che come è noto ha causato gravi effetti sulla finanza pubblica e i cui effetti, definitivamente, potremo contabilizzare tra pochi giorni quando si caricherà la finestra per tutte le fatture e i lavori eseguiti entro il 31 dicembre 2023”, ha detto Giorgetti.

“Sicuramente aspettiamo i dati definitivi, le sorprese purtroppo non sono mancate, sempre in senso negativo. Già il conto è salatissimo, anche se qualcuno ne è entusiasta, il prezzo per la finanza pubblica e sul debito graverà per diversi anni a venire. L’obiettivo di questo decreto è mettere un punto finale rispetto all’impatto sul 2023, fatto salvo le valutazioni definitive di Eurostat”, ha precisato Giorgetti.

“Il fatto che introduciamo norme di monitoraggio testimonia che queste norme sono nate in modo scriteriato e hanno prodotto risultati devastanti per la finanza pubblica, l’ho detto dall’inizio, continuo a sostenerlo, qualcuno sorrideva sul mal di pancia, confermo che fa malissimo a me a tutti gli italiani”, ha detto ancora Giorgetti.

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Ambiente

Clima, l’Organizzazione meteorologica mondiale lancia l’allarme rosso: siamo a un soffio dalla soglia di riscaldamento da non oltrepassare

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Il rischio è quello di disastri ambientali incontrollabili

Nel 2023 il riscaldamento globale è arrivato a 1,45 gradi sopra i livelli pre-industriali.

Siamo a un soffio dal limite di 1,5 gradi fissato dall’Accordo di Parigi, e poi dalla Cop26 di Glasgow. Per questo, l’Organizzazione meteorologica mondiale, la Wmo, parla di “allarme rosso” per il clima.

L’agenzia dell’Onu aveva già rivelato a gennaio che il 2023 era stato l’anno più caldo mai registrato da quando ci sono rilevazioni scientifiche, cioè dalla metà dell’Ottocento. Non solo, aveva aggiunto che il 2024 potrebbe essere ancora peggio. Oggi, con un nuovo rapporto, ha rincarato la dose. La temperatura media globale sulla superficie terrestre nel 2023 è stata di 1,45 gradi sopra la media pre-industriale 1850-1900. L’Accordo di Parigi nel 2015 aveva fissato a 2 gradi dai livelli pre-industriali la soglia di riscaldamento da non oltrepassare, pena disastri ambientali incontrollabili. La Cop26 di Glasgow del 2021 aveva ulteriormente abbassato questa soglia, a 1,5 gradi.

Il problema, certifica ora la Wmo, è che questa soglia il mondo l’ha quasi raggiunta. E non ci sono segnali che il riscaldamento debba fermarsi. L’aumento delle temperature, ricorda la Wmo, è dovuto all’aumento in atmosfera dei gas serra di origine umana. Le concentrazioni dei tre principali gas (anidride carbonica, protossido di azoto e metano) hanno raggiunto livelli record nel 2022, e mostrano una continua crescita nel 2023. Oggi, i livelli di Co2 nell’atmosfera sono del 50% più alti rispetto all’era pre-industriale. Per di più, l’anno scorso all’effetto dei gas serra si è aggiunta l’influenza nel Nino, il riscaldamento periodico del Pacifico centromeridionale e orientale.

“Non siamo mai stati così vicini, anche se per ora temporaneamente, al limite più basso dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico, 1,5 gradi -, ha commentato la segretaria generale dell’Organizzazione, Celeste Saulo -. La nostra comunità della Wmo lancia l’allarme rosso al mondo”. Nel 2023 quasi un terzo degli oceani, il 32%, è stato colpito quotidianamente da un’ondata di calore, contro il record precedente del 2016, il 23%. Alla fine dell’anno, oltre il 90% degli oceani aveva registrato ondate di calore in qualche momento durante l’anno. Sulla terraferma, i ghiacciai hanno perso il maggior volume di ghiaccio mai registrato. Il riscaldamento globale, col suo codazzo di siccità, alluvioni, ondate di calore e incendi, ha avuto effetti disastrosi sui paesi più poveri e vulnerabili. Il numero di persone soggette ad acuta insicurezza alimentare nel mondo è più che raddoppiato oggi rispetto a prima della pandemia: da 149 milioni si è arrivati a 333 milioni nel 2023. La Wmo segnala che la finanza per il clima nel biennio 2021 – 2022 è arrivata a quasi 1.300 miliardi di dollari, quasi raddoppiando rispetto ai livelli 2019-2020. Si tratta però dell’1% del Pil mondiale. Per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, gli investimenti di finanza climatica dovrebbero aumentare di 6 volte, arrivando a 9.000 miliardi al 2030 e ad ulteriori 10.000 miliardi al 2050.

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Castelli Romani

Asl Roma 6, apre un nuovo ambulatorio per la gestione delle patologie cardiovascolari nelle persone affette da malattia renale cronica

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A partire dal prossimo 19 Marzo 2024, presso l’ambulatorio della UOC di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale dei Castelli, sarà aperto un nuovo ambulatorio per la gestione delle patologie cardiovascolari in pazienti affetti da Malattia Renale Cronica. Il servizio, unico nel suo genere nell’ambito del territorio nazionale per quanto riguarda la nefrologia, si propone di garantire anche ai pazienti con funzione renale compromessa la possibilità di usufruire di terapie di secondo e terzo livello per la cura di patologie cardiovascolari quali l’ipercolesterolemia (in quei pazienti intolleranti alla terapia di prima linea) e lo scompenso cardiaco, nonché di ottimizzare terapie croniche come, ad esempio, quelle riguardanti il trattamento con farmaci anticoagulanti diretti per la prevenzione delle complicanze tromboemboliche della fibrillazione atriale.
“Quest’attività ambulatoriale si propone – spiega il Dott. Luca Di Lullo, Direttore della UOC di Nefrologia e Dialisi dell’Azienda USL Roma 6 – di fornire uno strumento per la gestione terapeutica di patologie croniche di natura cardiovascolare in quei pazienti per i quali la compromissione della funzione renale può creare degli ostacoli alla prescrizione da parte dei Colleghi di altre specialità. I suddetti Colleghi, infatti, potranno ora richiedere, qualora lo desiderino, una visita nefrologica ad hoc e saremo noi Nefrologi ad interfacciarci con loro per stabilire i più corretti regimi di terapia per una popolazione di pazienti particolarmente fragile”.
La richiesta di appuntamento dovrà avvenire tramite RECUP per le prime visite (impegnativa a cura dei Colleghi specialisti in Medicina Interna, Cardiologia ovvero Nefrologia) e con percorso interno per quanto concerne le visite di controllo.



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