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La Regina dei Sussurri: Bungie fa centro con la nuova espansione di Destiny 2

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Destiny 2 è un gioco in continua espansione e chi lo ama lo sa bene, ma l’insieme degli eventi narrati nella campagna de La Regina dei Sussurri (ultima espansione rilasciata per il titolo targato Bungie) non è altro che un concentrato di momenti epici ed estremamente esaltanti che rendono l’espansione inaugurale dell’Anno 5 la più interessante di sempre. Dopo aver esaminato a fondo tutte le novità disponibili al lancio del DLC, siamo pronti a spiegarvi i motivi per i quali l’ultima avventura dei Guardiani non va sottovalutata, ma anzi merita davvero di essere vissuta in tutta la sua bellezza. La Regina dei Sussurri offre una campagna che non solo dà finalmente una scossa alla lenta narrazione che ha caratterizzato i primi anni del gioco, ma riesce a proporre missioni all’altezza dal punto di vista prettamente ludico. La nuova espansione del titolo di Bungie segue le incredibili rivelazioni emerse di recente, che hanno portato alla scoperta del malvagio piano di Savathun, la Megera Regina. La sorella di Oryx è infatti la protagonista assoluta del DLC e, dopo una missione iniziale sul suolo di Marte, condurrà i guardiani dritti nella sua enorme dimora: il Tronomondo di Savathun. Proprio da questo luogo prendono il via tutta una serie di quest e sotto quest che porteranno i guardiani ad affrontare una minaccia senza pari e che, di fatto, è in grado di trasmettere sensazioni che non si provavano dall’uscita del Re dei Corrotti, la prima grande vera espansione del primo Destiny. Gli avversari affrontati sino ad oggi in Destiny 2, fatta eccezione per Ghaul e la sua Legione Rossa, non hanno infatti mai rappresentato una reale e concreta minaccia per l’umanità, ma con Savathun il discorso è ben diverso. La regina degli inganni infatti ha messo le mani sulla Luce e guida un esercito chiamato Alveare Lucente che, come suggerisce il loro nome, è costituito perlopiù da guerrieri in grado di sfruttare gli stessi poteri che rendono così forti i Guardiani. Addentrarsi nello splendido regno dell’imprevedibile nemico, e sconfiggere i suoi combattenti più valorosi distruggendone gli Spettri, è divertente ma allo stesso tempo shockante, perché sarà come guardarsi allo specchio. La stessa Savathun è un personaggio ben caratterizzato, e sicuramente è uno dei “cattivi” più meglio approfonditi dell’intera storia di Destiny 2. Senza voler spoilerare nulla, possiamo assicurarvi che le vicende narrate tra una missione e l’altra sono dense di colpi di scena, momenti toccanti e rivelazioni che gli appassionati della “lore” del titolo Bungie stavano ormai attendendo da anni, sebbene queste rispondano solo parzialmente ai tanti dilemmi sul mondo di gioco e diano vita ad altri forse ancora più grandi. È sempre più chiaro che l’epica lotta tra Luce ed Oscurità stia per arrivare al suo apice.

Per quello che concerne il lato strettamente ludico, la modalità storia di Destiny 2: La Regina dei Sussurri è davvero interessante da giocare per diversi motivi. Il primo è senza ombra di dubbio l’introduzione della difficoltà leggendaria, che aumenta a dismisura il livello di sfida e blocca il Livello Potere, così che non abbia più importanza quanto siano forti le armi e le armature presenti nell’inventario. Noi abbiamo intrapreso questa sfida in solitaria e vi assicuriamo che è stato divertente, difficile e nello stesso tempo molto appagante. Ogni livello svolto in “leggendario” ci ha tenuti impegnati per un bel po’, e ci ha costretti ad avere un approccio alle attività molto più cuto, ragionato e strategico. Per la prima volta nella storia del titolo, infatti, non si andrà alla ricerca del pezzo di equipaggiamento che dia quel punto di potere in più, ma tutto verterà sull’abilità di chi gioca e sulle caratteristiche di ciascuna bocca di fuoco e da ogni pezzo di corazza indossato. Tra una missione e l’altra abbiamo passato diversi minuti a modificare attentamente i perk delle armature, ad applicare i bonus alle armi e a ritirare fuori dal deposito armamenti utilizzati in passato. Vivere una campagna in questo modo è stato molto più soddisfacente del normale, poiché evita che i contenuti si esauriscano in una manciata di ore per lasciare spazio alla scalata al cap di Potere. Portare a termine la storia in modalità Leggendaria garantisce inoltre un’arma esotica inedita e un intero set di equipaggiamento al 1520 che, considerato il soft cap al 1500, può essere reputato un ottimo incentivo per affrontare tale sfida. Il merito però non è tutto del livello di difficoltà, poiché è la struttura delle missioni che contribuisce a rendere la storia raccontata ne La Regina dei Sussurri davvero molto interessante. Ogni missione ha una durata notevole ed è arricchita da fasi platform, arene colme di nemici e numerosi boss che non sono i classici bersagli su cui scagliare una pioggia di proiettili, ma sono nemici che vanno sconfitti risolvendo piccoli puzzle che ricordano più le meccaniche di un’Incursione che quelle di un Assalto. Ovviamente chi ha un po’ di esperienza col titolo di Bungie non avrà particolari difficoltà a capire come abbattere tali nemici, ma per chi si avvicina per la prima volta a Destiny 2 la sfida sarà senza dubbio molto interessante. Parlando degli assalti, La Regina dei Sussurri introduce due nuove attività che come sempre si possono avviare dal menu delle Destinazioni o in maniera casuale nella Playlist dell’Avanguardia (senza contare i Cala la Notte): La Culla del Male e La Lama di Luce, il cui inizio contiene una splendida citazione. In entrambi i casi ci si dovrà addentrare in luoghi affascinanti con l’obiettivo di sconfiggere pericolosi boss e completare mini puzzle ispirati alle meccaniche proposte nel corso della campagna. Insomma, tutto perfettamente in linea con gli altri Assalti, sebbene i nuovi ereditino buona parte del fascino delle ambientazioni del DLC. Volendo parlare di difetti, una delle pecche de La Regina dei Sussurri è forse rappresentata da una certa pigrizia per quello che riguarda il design nemici, che non sono altro che le solite truppe dell’Alveare con un’estetica lievemente ritoccata. Fanno eccezione i guerrieri dell’Alveare, veri e propri mini-boss che si comportano esattamente come i Guardiani e in battaglia sfoggiano le loro abilità Solari, ad Arco e del Vuoto, che a difficoltà Leggendaria sono in grado di eliminare un giocatore al massimo degli scudi con un paio di colpi. Considerando che questi particolari boss sono sempre circondati da una schiera di nemici che sparano senza pietà, se non si sta particolarmente attenti la morte è assicurata.

La Regina dei Sussurri ovviamente non è solo una bellissima campagna, ma come i più sapranno Destiny 2 vive di attività end game che accompagnano i giocatori fra una stagione e l’altra. Naturalmente con la nuova espansione e con i contenuti sono arrivate anche importanti novità. Fra queste la più interessante è senza dubbio la Forgia, una meccanica di gioco che viene introdotta nel corso della storia e stravolge una delle caratteristiche di Destiny 2 in un modo che alcuni giocatori apprezzano e altri no, ovvero la ricerca del “god roll”, ossia le armi con i perk migliori. Le bocche di fuoco leggendarie che si possono ricevere al completamento delle attività o in maniera casuale scalando i gradi dei vari vendor, propongono caratteristiche casuali e occorre affidarsi alla fortuna per ottenere quella con le caratteristiche perfette. Grazie alla Forgia, questo elemento viene a mancare in buona parte, poiché viene data al giocatore la possibilità di creare una discreta quantità di armi e deciderne ogni singolo perk. Sia chiaro, il farming non viene meno con la Forgia, poiché i materiali per il crafting vanno accumulati nel tempo e gli stessi progetti richiedono ore di gioco per essere sbloccati e potenziati. C’è però una differenza sostanziale tra l’andare alla ricerca del “god roll” ripetendo infinite volte una stessa attività e giocare liberamente utilizzando un’arma alla quale non solo ci si affeziona nel tempo, ma che può anche essere progressivamente migliorata fino a rispecchiare esattamente quello che è il nostro canone di perfezione. Gli utenti più accaniti continueranno ad accumulare ore di gioco per ottenere le armi che non fanno parte dei telai della Forgia, ma chi non ha intenzione di cedere a questi meccanismi può ora procedere con calma e relax, instaurando anche un feeling con l’equipaggiamento, che è un fattore da non prendere sotto gamba in un prodotto del genere. Proprio attraverso la Forgia viene introdotta una nuova arma, ossia il Falcione, una sorta di picca che va ad ampliare le possibilità offerte nel corpo a corpo, ma che è anche in grado di sparare letali colpi a distanza. Il nuovo strumento possiede anche un notevole potere difensivo, visto che per qualche secondo è possibile attivare una specie di scudo grazie al quale vengono assorbiti per breve tempo i colpi. Interessante anche tutto il nuovo armamentario esotico, con alcune armi che riescono a distinguersi dalla massa per caratteristiche estetiche uniche come la letale mitraglietta Osteo Striga, che spara proiettili velenosi, o il possente Grande Ouverture, una sorta di ibrido tra mitragliatrice leggera e fucile a fusione lineare. Tra le varie modifiche apportate al gameplay, che include l’eliminazione totale delle munizioni cinetiche e il potenziamento di alcune esotiche, non si può certo non menzionare la rivoluzione delle classi del Vuoto. La Regina dei Sussurri, infatti, porta avanti il processo di trasformazione delle classi di Destiny 2 iniziata lo scorso anno con la Stasi, grazie alla quale è stato premuto l’acceleratore sull’inserimento di una componente ruolistica più profonda. Attualmente, la schermata di personalizzazione delle classi appartenenti al Vuoto è perfettamente in linea con quella della Stasi, con tanto di possibilità di aggiungere una serie di modificatori che alterano le statistiche e aggiungono effetti secondari alle abilità dei guardiani. Si tratta insomma di un piccolo grande cambiamento che verrà sicuramente ampliato alle sottocolassi del fuoco e dell’arco.

Parlando del nuovo Raid, ossia “La promessa del discepolo” possiamo dire che Bungie ha davvero colpito nel segno. L’entrata diretta verso la piramide presente sul Tronomondo (ossia la location del nuovo raid) è caratterizzata da una fase prevalentemente incentrata sul movimento. Una volta entrati ci si trova in un luogo ancora più strano rispetto alle piramidi già viste su Europa o su la Luna. Qui sono presenti i tratti caratteristici delle strutture già citate, ma viene fuori la personalità di colui che aspetta i guardiani alla fine. Fra simboli da ricordare e massima coordinazione, l’incursione presente sul Tronomondo risulta essere impegnativa, divertente, ma soprattutto appagante. Solo un team davvero coeso e unito riuscirà a portare a termine l’esperienza. Come anticipato da Mara Sov all’inizio del Raid, questa piramide è diversa dalle altre, poiché governata da un’entità oscura. Essa accoglie i giocatori e si presenta subito con il nome di Rhulk Ciò che si deve affrontare è qualcosa di totalmente diverso da qualsiasi altro “raid boss” mai affrontato in Destiny. Un’entità diversa che si muove con estrema compostezza e allo stesso tempo combatte con tremenda aggressività allontanandosi dal classico archetipo del boss che rimane fermo per qualsivoglia motivo durante una fase danni. Rhulk vuole l’eliminazione dei guardiani, durante tutta la fase danni perde la compostezza che lo caratterizza e avanza verso i giocatori con fare animalesco per raggiungerli e punirli. Diventa necessario danneggiarlo e allo stesso tempo sfuggirgli costantemente prima che ponga la parola fine sul team da sei giocatori. Promessa del Discepolo mantiene la stessa eccellenza presente nel resto dell’espansione e proprio per questo verrà ricordato come uno dei raid più interessanti di Destiny2. Per quanto riguarda la nuova ambientazione de La Regina dei Sussurri, ossia il Tronomondo di Savathun, l’area è splendida e propone un particolare dualismo che contrappone allo sfarzo della dimora della Regina Megera (la cui architettura ricorda molto i bastioni presenti sulla Luna) una marcescente palude in cui si aggirano prevalentemente Infami. Le dimensioni della mappa sono più generose di quanto ci saremmo aspettati, e la porzione di mappa esplorabile liberamente è più vicina ad aree come il Cosmodromo che alla più piccola Città Sognante. Se l’area paludosa del Tronomondo non eccelle dal punto di vista estetico, a stupire è invece tutto il resto: Bungie ha saputo creare un ambiente di gioco semplicemente spettacolare che eredita le architetture tipiche dell’Alveare e le stravolge dal punto di vista cromatico, quasi a voler comunicare con le immagini il contatto tra la fazione nemica e la Luce del Viaggiatore. La quasi totalità della fortezza della sorella di Oryx è luminosissima e presenta strutture color avorio, arricchite da rigogliose piante di un rosso acceso che rendono i paesaggi uno spettacolo per gli occhi. Armi, armature, ambientazione, narrativa, comparto audio e attività. L’insieme magistrale messo in atto da Bungie per La Regina dei Sussurri è davvero in grado di rendere questa espansione una fra le migliori in assoluto. Ognuno degli ambiti appena citati è ricco di arte, e ogni singola parte è collegata perfettamente da un filo rosso coerente e armonioso che esalta tutti i lati positivi di ogni aspetto. Savathun e il suo Tronomondo sono una splendida bellezza da esplorare. Un parco giochi orrorifico in cui sguazzare in cerca di segreti e misteri, cercando gli ampi spazi aperti per ricevere una bocca di ossigeno dagli angusti corridoi della fortezza. L’epopea fantascientifica di Bungie si è dimostrata ancora una volta una fucina di design in grado di sovvertire regole e canoni pur rimanendo fedele ai più alti crismi del genere di riferimento. Anche e soprattutto a livello audio, La Regina dei Sussurri eccelle proponendo sia una colonna sonora di altissimo livello sia un sound design incredibile che accompagna il giocatore nelle discese più oscure con temi orrorifici, ma anche lo incalza nei momenti concitati in spazi aperti con una spinta emozionale notevole. Ottimo e coerente come sempre il comparto audio che, tutto in italiano, accompagnerà i giocatori nel corso di questa nuova avventura. Tirando le somme, con La Regina dei Sussurri Bungie è riuscita a portare su Pc, PlayStation e Xbox un’espansione in grado di catturare l’attenzione dei fan di vecchia data, ma anche di avvicinare tutti quei giocatori che non hanno mai intrapreso la via dei guardiani o che l’hanno abbandonata.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9

Longevità : 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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Innovazione e tradizione, come le due possono coesistere

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Produttività e competitività sono due elementi essenziali per le industrie moderne. Sono le parole d’ordine che ogni impresario ed azienda, italiana e non, deve considerare per sopravvivere nel mondo dell’economia globale. Per questo, settori produttivi che sono considerati tradizionali hanno dovuto cambiare, trasformarsi per far fronte a consumatori che fanno shopping online e ad imprese che riducono sempre di più i costi.

Per raggiungere questi obiettivi ed essere competitive, le industrie hanno introdotto la digitalizzazione nella loro vita quotidiana. Dal lavoro pesante in magazzino fino al lavoro ripetitivo in ufficio, software, app e dispositivi tecnologici hanno permesso a tradizione ed innovazione di non solo coesistere, ma di prosperare.

Un’industria considerata tradizionale è quella tessile che ha iniziato la sua storia con telai difficili da maneggiare e lane filate a mano. Ora, le imprese tessili non usano solo le macchine per velocizzare e facilitare il lavoro. Infatti, la digitalizzazione ha portato molti vantaggi a questa industria come la riduzione delle scorte in magazzino e la personalizzazione dei prodotti, che sono sempre più fatti su misura. I QR code permettono di tracciare i capi d’abbigliamento, mentre le applicazioni per smartphone permettono ai consumatori di provare i vestiti e di accedere ad offerte online.

Quindi, il tessile è un esempio di come la digitalizzazione benefici sia le imprese che il cliente finale. Lo sa bene l’industria vinicola, un settore italiano tradizionale. L’uso di nuove tecnologie come i sensori consente alle aziende di monitorare dati importanti come quelli del suolo o di aumentare la qualità della produzione. Tra i tanti sensori disponibili per questa industria ci sono i trasmettitori di pressione per i liquidi e le sonde di temperatura con comodi display.

In questo modo, il processo produttivo diventa più snello ed efficace e le imprese vinicole italiane possono concentrarsi sull’e-commerce, un’altra forma di digitalizzazione. Ci sono anche industrie che fanno scoperto il mondo digitale durante la pandemia. Una di queste è quella del gioco d’azzardo e, più precisamente, dei casinò online. Con gli stabilimenti terrestri chiusi, molti giocatori hanno cercato il divertimento su siti Web ed app per smartphone. Così, si sono potuti godere un gioco di roulette online, slot machine o tornei di poker dal vivo da casa.

Se quella dei casinò online è un’industria interna, fatta per gli italiani, un esempio del miglior made in Italy è sicuramente il settore dell’arredamento e dei mobili. Maxalto, Cassina e Natuzzi sono solo alcuni dei nomi conosciuti in tutto il mondo e, secondo una recente indagine, il design italiano è più vivo che mai. Con un fatturato di 28,1 miliardi nel 2022 (+11% rispetto al 2021), l’Italia è quarta in Europa e con un aumento stimato del 42% entro il 2025, l’industria del mobile nazionale è viva e vegeta e parte del suo successo si deve alla digitalizzazione.

Non è solo la produzione ad essere digitale, ma anche i mobili stessi sono tech. Come i telecomandi per avviare il riscaldamento da remoto, i divani con impianto audio integrato e le sedie che fanno anche massaggi. Sicuramente, uno dei vantaggi della digitalizzazione è la personalizzazione, che ha permesso all’industria dell’arredamento italiana di guadagnare clienti da tutto il mondo.

Insomma, tradizione ed innovazione possono vivere ed andare mano nella mano. Le imprese moderne non devono rinunciare a nulla mentre i consumatori possono aspettarsi un’esperienza sempre più su misura. In Italia e non solo.

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A Roma va in onda “Digital ergo sum”: festival della società e della cultura digitale

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Il primo evento a Roma che mette insieme il mondo del digitale e quello del sociale
 
 
Sabato 20 maggio, Technotown, centro della scienza creativa di Roma situato all’interno di Villa Torlonia, ospiterà la  prima edizione di DIGITAL ERGO SUM – Festival della Società e della Cultura Digitale. L’evento, organizzato da Zètema Progetto Cultura in collaborazione con ASSIPOD.org – Associazione Italiana Podcasting e Siamoumani.org – SiamoUmani Business Lab, si rivolge ad appassionati di digitale, studenti, professionisti, docenti e formatori, giornalisti, imprenditori e operatori del sociale che vogliono essere protagonisti del cambiamento e promuovere un approccio consapevole all’utilizzo del      digitale. Le tecnologie digitali fanno sempre più parte della vita quotidiana, con risvolti positivi e negativi, ma con impatto sulla cultura e sulla società.
 
Durante l’evento si rifletterà su come rimettere al centro dell’innovazione tecnologica l’uomo e la società, per promuovere iniziative di inclusione e sostenibilità.
 
Dalle 10.00 alle 13.00 avranno luogo tre tavole rotonde sui temi: Humans of Digital (in lingua inglese), Technology for Peace (in lingua italiana), Dalla comunicazione alla Comunità Digitale.
 
Dalle 15.00 alle 18.30 interverranno numerosi esperti di digitale per condividere esperienze e casi di successo sull’utilizzo virtuoso delle nuove tecnologie e social media parlando di temi come raccolta fondi, narrativa digitale, digitale a scuola,  lavoro digitale, video e podcast, marketing e comunicazione.
 
Dalle 18.30 alle 20.00 l’evento si concluderà con un aperitivo di networking.
 
Con il biglietto di ingresso giornaliero di 1 euro, acquistabile sul posto presso la biglietteria, si potrà partecipare a tutte le iniziative del Festival.



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Scienza e Tecnologia

Redfall, un titolo incompreso dalle enormi potenzialità

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Redfall è un titolo che in moltissimi si aspettavano su Pc ed Xbox. Sia perché sarebbe stato gratuito al lancio per tutti i possessori del Gamepass di Microsoft, sia perché aveva creato un’aspettativa enorme fra i fan. Purtroppo però qualcosa non ha funzionato e il gioco non è arrivato al lancio come in molti si aspettavano, così i media e il pubblico nella quasi totalità dei casi a caldo ha letteralmente distrutto il gioco. Noi prima di pronunciarci abbiamo voluto aspettare di finirlo e lo abbiamo spolpato a fondo con grande cura e adesso ci sentiamo pronti a esprimere il nostro verdetto. Redfall non è un brutto gioco, anzi è un prodotto che ha delle basi solidissime, purtroppo però soffre di alcuni problemi che, soprattutto per i giocatori più esigenti, rappresentano dei macigni. A nostro avviso i più gravi sono senza dubbio l’intelligenza artificiale dei nemici umani che è davvero imbarazzante, il framerate a 30 fps che subisce dei repentini cali (ovviabili eliminando il motion blur, il movimento della testa del personaggio mentre cammina e altre impostazioni grafiche), e alcune texture che impiegano molto tempo a caricarsi. Insomma, il titolo di Arkane Studios si è presentato al lancio in forma non perfettamente smagliante, ma a nostro avviso non è un titolo da buttare(cosa che in molti invece hanno asserito). Fatta questa premessa, andiamo a recensire il gioco nel modo più onesto possibile. Redfall era una ridente cittadina costiera del Massachussets, situata nella parte orientale di un’isola rinomata per i frutti di mare e le coste ventose. A partire dal riuscito incipit della vicenda raccontata nel gioco, invece, si può vedere cos’è diventata Redfall oggi, dopo essere caduta totalmente in mano ad un branco di vampiri assetati di sangue la cui origine sembra sia legata ai sinistri esperimenti della Aevum, una casa farmaceutica alla ricerca della cura per tutte le malattie che affliggono l’uomo. Come se non bastasse, gli umani, invece di fare fronte comune di fronte alla minaccia sovrannaturale, si sono perlopiù schierati con i vampiri, creando un farneticante culto in cui, come enormi contenitori di cibo, fanno la fila in attesa di essere divorati (a sentire loro, “elevati”) da uno dei molteplici “succhiasangue” che si aggirano per la cittadina. Nonostante un intreccio in tono minore rispetto ad altre produzioni del medesimo team di sviluppo, l’ambientazione di Redfall è, come da tradizione, estremamente ben ricreata e curata in ogni minimo dettaglio, con una grande quantità di interni da esplorare, una direzione artistica da b-movie degli anni ’80 molto coerente con i temi trattati e un’atmosfera generale che ci ha rapito sin da subito e che, a conti fatti, risulta uno dei principali punti di forza della produzione. Il giocatore sarà chiamato ad indossare i panni di uno di quattro sopravvissuti, tutti sufficientemente differenziati in termini estetici e di abilità, per far fronte a questa invasione e riportare le cose alla normalità, a partire dal sole oscurato e dalla barriera di onde che, sin dai primi secondi di gioco, impedisce a ogni umano vivo la fuga dall’isola. I 4 protagonisti dell’avventura sono: Devinder un inventore inglese, nonché autore letterario, che si ritrova bloccato sull’isola dov’era intervenuto ad un evento di presentazione del suo ultimo libro. Poi c’è Jacob che offre uno spaccato della vicenda dal punto di vista dei cattivi (o presunti tali), visto che è un ex cecchino militare assoldato da una milizia privata per trarre in salvo gli ultimi civili della Aevum rimasti a Redfall. Assalito con tutta la sua squadra da un vampiro maggiore, viene privato di un occhio ma guadagna al suo posto la capacità di evocare un corvo spiritico che gli consente un’ampia visuale a volo d’uccello di tutti i campi di battaglia. Poi c’è Layla, una brava studentessa universitaria squattrinata che ha scelto, per soldi, di sottoporsi ad esperimenti con la Aevum, ricavandone poteri telecinetici e la possibilità di evocare il suo ex ragazzo, nel frattempo trasformatosi in un vampiro, per ripulire la scena da ospiti indesiderati. Conclude il quartetto Remi De La Rosa, sboccata volontaria portoricana amante della tecnologia che va sempre in giro con il suo robot Bribon, che le offre un diversivo formidabile per i nemici, che lei stessa può bersagliare impunemente mentre il droide ne attira l’attenzione nei modi più chiassosi possibili. Insomma, il quartetto di protagonisti che ha il difficile compito di ripulire Redfall dai vampiri è senza dubbio molto variegato e offre tantissime possibilità di approccio.

Redfall è uno shooter in prima persona con elementi gdr, infatti man mano che si prosegue nell’avventura i personaggi potranno potenziare i propri poteri e abilità attraverso uno skill-tree molto ricco, ma soprattutto potranno raccogliere equipaggiamento ed armi di diversa rarità che offrirà loro bonus più o meno validi. Uno dei pregi di Redfall risiede nel fatto che, essendo affrontabile sia in solitaria che fino a un massimo di 4 giocatori insieme, offre una certa pluralità di soluzioni per superare le missioni secondarie, con qualche limitazione in più legata invece a quelle principali. Tra uccisioni ambientali legate ai generatori o alle numerose taniche di liquido infiammabile sparse per le ambientazioni, possibilità di aggirare i nemici, cecchinaggio da lontano e persino la possibilità di condurre una delle tre fazioni nemiche presenti sulle mappe per fare il proprio lavoro sporco e assottigliare i ranghi nemici, è possibile affrontare molte missioni come meglio si crede. Se questa libertà è rinfrescante per uno sparatutto in prima persona, lo è meno se confrontata con i precedenti lavori di Arkane perché, in assenza persino di un tasto dedicato alle eliminazioni silenziose alle spalle, in Redfall è inevitabile finire a premere il grilletto: tanto lungo la campagna principale quanto durante le caotiche e spassose sessioni multigiocatore, mettere mano al proprio arsenale e fare fuoco è sempre l’unica soluzione possibile, mortificando approcci stealth e possibili percorsi alternativi alla carneficina. Il sistema di shooting è nel complesso buono, ma non eccezionale se paragonato ai mostri sacri del genere, ma fortunatamente il tocco Arkane arriva in soccorso del gameplay in più istanze, dalla possibilità di organizzare delle trappole alla buona varietà del loot. Redfall però dà il meglio di se soprattutto se viene giocato con due o più amici, grazie anche ad un level design raramente banale, il divertimento decolla perché, pur abbandonando le atmosfere tese e tendenti all’horror della modalità in giocatore singolo, Redfall offre il meglio di sé nell’interazione tra personaggi, nel gioco di squadra, nella diversificazione delle bocche da fuoco e delle rispettive abilità uniche. La scelta del protagonista, poi, influenza fortemente lo stile di gioco e favorisce la rigiocabilità della campagna, che in sè non si rivela troppo lunga, e la sperimentazione in sede di multiplayer, con i poteri degli eroi che si intersecano e che possono rendere il team virtualmente imbattibile, quantomeno se i suoi membri sanno cosa stanno facendo. La progressione ruolistica, dal canto suo, si rivela secondaria, e solamente le abilità di livello più alto, raggiungibili dopo diverse ore di cooperativa riescono a spostare realmente gli equilibri negli scontri più duri con i vampiri di alto livello o nei nidi più ardui da conquistare. A proposito di nidi: questi sono eventi generati proceduralmente dal gioco, la cui influenza continua ad espandersi di giorno in giorno durante la campagna, grazie al ciclo giorno/notte completo di cui Redfall è dotato, e rappresentano uno dei pochi momenti di vera sfida offerti dal prodotto.

Ma veniamo ora alle dolenti note, uno dei maggiori problemi della produzione risiede nel bilanciamento della difficoltà, tanto in single player, quanto, soprattutto, durante le sessioni in cooperativa: Redfall è, semplicemente, troppo facile, soprattutto se giocato con gli amici. Se già dopo pochi minuti della campagna principale in single player è stato necessario innalzare al massimo livello di difficoltà, quando ci siamo dedicati al multiplayer il fattore sfida è calato notevolmente, perché il gioco non scala adeguatamente la forza dei nemici per rapportarla a quella del party, limitandosi ad aumentare il numero di personaggi di supporto ai mostri principali e ad allungarne la barra della vita, rendendoli delle vere e proprie spugne per i colpi del gruppo di survivors. Il risultato è che, passata l’inevitabile esaltazione iniziale, che viene dal buon feeling delle armi e dalla cura riposta nell’ambientazione il party diventa troppo forte troppo presto. In single player, poi, la sovrabbondanza di kit medici, munizioni e gadget consumabili finisce con il banalizzare la stragrande maggioranza degli scontri con i nemici comuni. Anche perché, e qui giungiamo al problema di Redfall di cui parlavamo in apertura, l’intelligenza artificiale dei nemici umani si è rivelata assolutamente deficitaria: attaccati dalla distanza, si limitano a correre in linea retta verso il giocatore incuranti della propria incolumità, o, in alternativa, scaricano inutilmente il caricatore di un’arma a corto raggio mentre chi gioca li bersagliano dalla distanza finendoli in un paio di colpi. Negli interni, la loro capacità di avvistamento è ancora più limitata, se possibile, e basta nascondersi dietro ad una porta o in un sottoscala per ucciderli tutti uno ad uno man mano che si avvicinano, senza alcun tentativo da parte loro di stanare i giocatori con una granata, di circondarli o di intrappolarli, nonostante la schiacciante superiorità numerica. Va un po’ meglio con i vampiri, capaci di teletrasportarsi e decisamente più resistenti ai colpi, ma anche loro si limitano a caricare a testa bassa. Altro neo di Redfall riguarda l’aspetto tecnico, che fortunatamente sarà comunque soggetto, come già anticipato dal team di sviluppo, a numerose patch, tra le quali quella del day-one e, più in là, quella che aggiungerà i famigerati 60 fps, assenti nell’unico preset disponibile al lancio, che prevede una definizione in 4K con un blocco a 30 fps. La totalità della nostra prova è avvenuta su Xbox Series X, e abbiamo risolto il problema dei cali sotto i 30 fps maneggiando un po’ le opzioni grafiche e di gioco, cosa che consigliamo a chiunque voglia giocarlo. Esteticamente parlando il taglio generale che fa il verso alle produzioni horror a basso budget di fine anni ’80, l’estetica dei vampiri, la caratterizzazione delle diverse zone di Redfall: dall’immancabile area portuale dove si può quasi sentire il tanfo di pesce marcito al sole alle zone vip, dense di villette e di verde: Redfall è un prodotto che riesce a fare centro senza alcuna difficoltà nell’immaginario del giocatore, con uno stile immediatamente riconoscibile ed impossibile da non amare. Ottimo il lavoro anche dal punto di vista sonoro: le musiche rappresentano uno dei punti più alti della produzione, sempre sul pezzo e sempre incalzanti al punto giusto quando le cose a schermo si fanno incandescenti. A tal proposito, il doppiaggio italiano fa segnare un altro punto a favore della produzione Arkane: per scelta delle voci, prove recitative e missaggio dei volumi, la traccia nostrana non ha nulla da invidiare a quella originale. Tirando le somme quindi a nostro avviso Redfall non è assolutamente il mostro di bruttezza colmo di difetti che in molti hanno voluto dipingere. Certo è un titolo che ha alcuni problemi, ma vi assicuriamo che se settato a dovere e giocato con attenzione e non con superficialità, è un gioco che sa sorprendere, con una buona trama e che vi farà passare di sicuro diverse ore di divertimento.

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise

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