L'antieroe Rocco Schiavone. I motivi di una fiction riuscita.

di Paolino Canzoneri

 
Dopo le prime fiction televisive autunnali discutibili, la TV di Stato trasmette da novembre una nuova serie che appare da subito come una diversa visione del genere poliziesco. Le indagini del vicequestore Rocco Schiavone, serie tratta dai romanzi di Antonio Manzini e interpretate da uno dei migliori attori contemporanei Marco Giallini. Gli episodi si svolgono nella fredda e nevosa Aosta dove per quanto piccola possa essere la città, casi di omicidi e gialli di ogni genere sembrano non mancare mai. Rocco Schiavone è un vicequestore di origini romane, un uomo nevrotico, ostile e costantemente sofferente per tutto che, nella sua vita, ha perso tragicamente la moglie ma non riesce a superarne il trauma e vive e le parla come se fosse presente nonostante sia consapevole della sua assenza fisica. Un uomo fuori dalle righe e indisciplinato che in questura fa uso di sostanze stupefacenti nella frenetica ricerca di qualcosa che lo sedi e che lo aiuti a vivere in quella città cosi diversa dalla sua Roma. Solitario, a volte rozzo, preferisce arrivare alle soluzioni del caso per vie spesso illegali facendosi aiutare da un gruppo di amici romani poco raccomandabili che sono sempre felici di offrire il loro aiuto a volte un po troppo "scalmanato". Le ragioni del successo della serie vanno ricercate nella bellezza dei gialli ma sopratutto nel personaggio principale mostrato come antieroe e come persona che vive una vita fatta di "lavori forzati" come a costante espiazione di colpe ataviche che lo stressano e gli fanno condurre una esistenza travagliata slegata da qualsiasi  speranza di miglioramento senza spiragli di felicità. La serie porta con se anche qualche elemento umoristico pensato ad hoc per stemperare la drammaticità del personaggio principale ed ecco che come con la serie cult del commissario Montalbano tratta dai libri capolavoro di Andrea Camilleri, anche la serie di Rocco Schiavone conta la presenza di collaboratori di questura un po duri di comprendonio e poco svegli Deruta e D'Intino che danno vita alle volte a brevi "gag" proprio come il famoso Agatino Catarella. La serie è retta da un'ottima regia di Michele Soavi e ogni episodio sradica sempre di più il classico concetto di eroe, portando a galla le debolezze umane del vicequestore e incutendo una certa simpatia e affezione che non lasciano indifferente il pubblico e critica che non hanno tardato il loro plauso. Una polemica invece si è levata da parte delle forze armate per gli atteggiamenti di Rocco Schiavone spesso violenti e per l'uso degli stupefacenti negli uffici della questura, polemica risibile e fuori luogo visto che si tratta di una fiction romanzata. La prima stagione composta da 6 episodi rappresenterà il trampolino di lancio per altre stagioni. La TV di Stato stavolta mette a segno un colpo felice in un palinsensto  spesso pieno di fiction dal sapore insipido.